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Autore: Deb    25/09/2013    8 recensioni
Non c'erano molte occasioni nelle quali potersi vedere e stare un po' insieme. Avevamo tutti e due una vita frenetica, io con le mietiture e poi con i Tributi, [...]
Non sapevo bene quando fosse iniziato, quando mi innamorai di lui. Ma successe e, fortunatamente, ero ricambiata.

{Crack!Pairing ♥ Sai già che te l'ho dedicata, vero, regina delle crack? :3} {Hayffie | Effie/Sorpresa (?)}
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A PervincaViola,
la regina delle crack!paring!
Lo so che questa... cosa non è all'altezza delle tue meraviglie,
ma... nulla, volevo dedicartela, cara! ♥


Non potevo certo fare la schizzinosa

Non solo dovetti riportare i miei bravissimi e simpaticissimi vincitori a Capitol City per rientrare nell'Arena, ma non avevo neppure potuto superare il lutto. Non potei piangere, né salutarlo. Ripartii per il Tour della Vittoria, poi per gli abiti nuziali di Katniss. Non avevo più avuto un minuto per me e, quando lo avevo, non volevo di certo rimanere da sola. Preferivo la compagnia e le risa al vuoto ed al pianto.
Dovevo essere felice per loro e lo ero davvero. I miei vincitori. Non uno, addirittura due e non era tutto merito di Katniss e Peeta, no.
«Immagino che non sia un buon momento per dirvi che io ho impiccato un manichino e ci ho scritto sopra il nome di Seneca Crane, vero?» Alzai lo sguardo, sorpresa, sentendo quelle parole. Aveva impiccato Crane, perché? Cosa le era saltato per la testa?
«Tu... hai impiccato... Seneca Crane ?» Disse Cinna, togliendomi le parole dalla bocca.
«Sì. Stavo facendo vedere come sono diventata brava a fare i nodi e all'improvviso me lo sono trovato appeso al cappio».
«Oh, Katniss», sussurrai. «Ma come fai a sapere di questa cosa?» Non avrei voluto dirlo ad alta voce, ma non ne potei fare a meno.
«È un segreto? A giudicare da come ne parlava il presidente Snow non sembrava. Anzi, sembrava che non vedesse l'ora di dirmelo», rispose ed io non riuscii a non alzarmi dalla tavola, con il tovagliolo premuto sul volto per coprire le lacrime che cominciarono a bagnarmi le guance ed appannarmi la vista. *
Sembrò quasi una crisi: la piccola e dolce Effie si sentiva triste perché la sua vincitrice conosceva la verità, ma non me ne poteva fregare di meno, anche se forse potevo sembrare cinica.

Non c'erano molte occasioni nelle quali potersi vedere e stare un po' insieme. Avevamo tutti e due una vita frenetica, io con le mietiture e poi con i Tributi, mentre lui lavorava sempre a Capitol City, chiuso dentro una sala riunione a creare strategie per i Giochi.
Non sapevo bene quando fosse iniziato, quando mi innamorai di lui. Ma successe e, fortunatamente, ero ricambiata.
Adoravo parlare con lui, ridere o trascorrere le serate – poche ma buone – a baciarlo o a letto, insieme.
Ci eravamo conosciuti ad una festa, già lo conoscevo di nome visto il ruolo che ricopriva, ed ero così emozionata nel parlargli. Era così perfetto con quel sorriso sincero sul volto e scoprii, poi, che era anche molto dolce. Un piccolo pasticcino tutto mio.
Nessuno sapeva di noi, come noi ci divertivamo a non farlo sapere. Il nostro rapporto – non ne avevo mai capito il motivo – non collideva bene con il nostro lavoro. Avrebbero licenziato me o lui – più probabilmente me – e non volevo certo che accadesse una cosa del genere! Era da quando vedevo gli Hunger Games da bambina che sognavo di condurre una mietitura, non potevo certo perdere il lavoro per lui, anche se forse, ma soltanto forse, magari in futuro, avrei potuto farci un pensierino. Forse.
«Da domani non ci conosceremo più», mi baciò una spalla nuda ed io sorrisi.
Mi girai dalla sua parte ed appoggiai la testa sul suo petto, «oh, vorrei tanto che tu non fossi il capo degli Strateghi, Seneca. E speriamo che quest'anno avrò nel mio gruppo il vincitore, vorrei davvero avere una promozione, sarebbe anche ora!»
Rise e posò le labbra sulle mie, «poi comunque potremo stare insieme, dopo gli Hunger Games. Non vedo l'ora!» Aggiunsi sorridente.
«Tieni a bada Abernathy».
«Non parlarmi di quel zoticone, te ne prego. È colpa sua se nessuno dei miei Tributi vince i Giochi! Non fa altro che ubriacarsi. È così frustrante, Seneca!» Lo strinsi a me, per l'ultima volta, prima di dovermi alzare e tornare nel mio appartamento per prepararmi al viaggio.
Ero felice, però, mi sarei divertita, come ogni anno, e dopo le braccia di Seneca mi avrebbero stretto ancora una volta.
«Vorrei proprio che avessi il vincitore tra le mani, questa volta».
Gli feci l'occhiolino, «beh, dammi una mano, allora, no?!»
Lo sentii ridere e lo vidi scuotere la testa, «lo sai che non posso fare favoreggiamenti, anche se, davvero, per te lo farei».
Ci congedammo con un ultimo bacio, sicuri che saremmo stati nuovamente insieme, felici.


Mi soffiai il naso e piansi tutte le lacrime che non avevo avuto modo di liberare nei mesi passati. Le parole di Katniss mi diedero la consapevolezza che Seneca non c’era più, come se fino a quel momento non avessi voluto pensarci. Seneca stava lavorando, lontano da me, ma non morto. Non giustiziato da Capitol City per... probabilmente per avermi aiutato a far vincere i miei Tributi.
L'aveva fatto per me? No, i miei piccoli Tributi avevano fatto breccia nel cuore di Seneca, come l'avevano fatto con me. Era un tipo sentimentale e non poté voltarsi altrove, osservandoli. Il loro amore piaceva al pubblico e lui li aveva aiutati soltanto per aumentare l'audience. Non aveva fatto nulla di male, ma l'avevano ucciso.
Quando mi sentii meglio, tornai di là, per guardare con gli altri i punteggi di tutti i Tributi. Avevo ancora gli occhi rossi e gonfi, ma non importava. Anche le donne forti, di tanto in tanto, avevano momenti di debolezza, no?!

Quando Katniss e Peeta andarono a letto, decisi che era arrivata l'ora di congedarmi. Haymitch sarebbe sicuramente rimasto sveglio, non riusciva a dormire la notte o qualcosa del genere, ma mi stupii il fatto che mi prese per un polso e mi trascinò – con il suoi soliti modi assolutamente fuori luogo – nel terrazzo.
Mi strinsi nelle spalle, c'era vento ed avevo freddo. Non poteva discutere con me all'interno dell'alloggio?
Sussultai leggermente quando sentii Haymitch appoggiarmi sulle spalle una giacca. Non dissi nulla, ma mi strinsi in essa godendomi un po' di calore.
«Senti, non ho voglia di congelarmi qui fuori, Haymitch!» Esclamai, irritata. Avevo ancora gli occhi gonfi e prima di dormire avrei voluto applicarmi un po' di crema occhi.
«Che ti è preso prima, dolcezza?»
Odiavo il modo in cui mi chiamava, ma lo faceva con tutte, quindi avevo imparato a soprassedere ai suoi fantastici nomignoli.
«Katniss non doveva sapere quella cosa. È così triste!» Mentii, ovviamente.
Lo vidi annuire e portarsi la bottiglia alla bocca, «ma tu non avevi smesso di bere? Ed io che ho rinunciato al vino, in treno, perché eri diventato così bravo!»
«Faccio quello che voglio, non rompere».
Feci qualche passo e mi sedetti per terra, osservando il cielo scuro davanti a me, «Haymitch, questa volta non riusciranno ad uscirne vivi tutti e due. Non li rivedremo mai più», parlai, ignorando il fatto che mi avesse detto di non rompere. Non avrebbe mai imparato le buone maniere.
«Uno di loro potrebbe vincere».
Roteai gli occhi, «hanno vinto la scorsa edizione soltanto per fortuna, non credo che questa, con tutti quei vincitori così forti, possano avere qualche chance».
Haymitch mi raggiunse, sedendosi al mio fianco, «non ne sarei così sicuro, dolcezza».
«Anche se fosse? Anche se uno di loro vincesse? Cosa succederebbe? Si amano, come potrebbero solo pensare di uccidersi a vicenda se rimanessero gli ultimi? Non funzionerebbero più le bacche, Haymitch, non senza Seneca che li ha aiut...» Mi bloccai, stavo per fare una gaffe. Guardai con la coda dell’occhio Abernathy che sorrise malizioso, o qualcosa del genere. Non capivo mai del tutto le sue espressioni, era sempre troppo ubriaco.
«Oh, non credevo fossi tu la sua amante», scherzò, facendomi anche arrossire.
«Io non ero la sua amante. Eravamo innamorati» Mi strinsi nelle spalle e mi liberai la coscienza con lui, raccontandogli la nostra storia e, stranamente, mi stette ad ascoltare. Ascoltò ogni parola, ogni frase, senza mai interrompermi, bevendo ogni tanto, ma senza mai sembrare distante.
«Mi stai dicendo che gli hai chiesto di aiutarti a far vincere i tuoi Tributi?»
Annuii, «ma scherzavo. Insomma, sì, l'avrei voluto davvero, ma non mi aspettavo che... È colpa mia se è morto, Haymitch?»
Negò con la testa, «no, Effie. Non è colpa tua».
Ripresi a piangere, senza un motivo preciso, ero triste, ma al contempo felice di aver potuto raccontare a qualcuno la nostra storia, anche se quel qualcuno era quello zoticone di Haymitch. E lui, semplicemente, mi abbracciò.
Mi lasciò di stucco questa sua azione, forse si era fatto prendere dal sentimentalismo anche lui, visto che i nostri due vincitori stavano per ritornare nell'arena. Loro erano diventati un po’ come i nostri figli. Li volevamo vivi, insieme ed era deprimente il fatto che invece sarebbero morti entro pochi giorni.
Mi strinsi maggiormente a lui, quando lo sentii allontanarsi da me. «Stringimi ancora per un po', te ne prego. Non lo diremo a nessuno, sarà il nostro piccolo segreto. Da domani... ci odieremo come prima, promesso». Gli chiesi. Avevo bisogno di un po’ di calore umano e, a quanto pareva, solo lui poteva darmelo. Non potevo certo fare la schizzinosa.
Grugnì, ma appoggiò comunque il suo mento sopra la mia parrucca, affondandoci dentro e sputando poi i finti capelli che gli rimasero in bocca.
«Dannazione a te e a queste cose diaboliche!»
«Mi fai male!» Urlai, quando sentii la parrucca tirare, strappandomi anche i capelli sottostanti, «ed io che avevo cominciato a rivalutarti! Rimarrai sempre uno zoticone, Haymitch!»
Si alzò in piedi, procedendo a grandi falcate verso il nostro alloggio.
«Vai al diavolo, dolcezza».
Sbatté la porta, lasciandomi sola nella terrazza, con ancora addosso la sua giacca – o forse di qualcun altro, non lo potevo sapere – a chiedermi cosa fosse accaduto. Ero stata stranamente bene in sua compagnia, ma, come al suo solito, aveva dovuto rovinare tutto.
Raccolsi la parrucca da terra e rientrai anche io, dirigendomi verso la mia stanza, srotolando davanti agli occhi il programma per il giorno successivo, non prima di deviare verso di lui e rubargli la bottiglia dalle mani, trovando così la sua attenzione scocciata.
«Sarai anche uno zoticone, ma grazie per avermi ascoltato», dissi, sorridendogli.
Stava quasi per rispondermi, quando appoggiai la bottiglia lontano da lui e battei le mani freneticamente, «ed ora a letto, Haymitch! Domani sarà una grande, grande, grande giornata!»

* Il dialogo iniziale è ripreso dal libro Catching Fire. (Questa volta ho scritto il titolo giusto! xD Riferimenti ad altre note, in altre mie fic, sono puramente casuali).

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Ed anche Deb si cimenta nelle crack!pairing. Tutta colpa (o merito?) tuo, Vì! ♥ *deb ti abbraccia*
La verità è che, quando ho letto di Effie che si alza da tavola con un tovagliolo contro il viso e poi che torna con gli occhi rossi, non ho potuto fare a meno di pensare: "tra Crane ed Effie c'è stato qualcosa!" u.u Così ci ho scritto su. xD
Spero che vi sia piaciuta un pochetto :3
*Deb ringrazia, come al solito ormai, _eco per aver letto la storia in anteprima e Ili91 per il betaggio!* :)
Baci
Deb
   
 
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