Capitolo Dodicesimo
La quarta scelta
- Riscriverli.-
Nell’attimo
esatto in pronuncia quella parola, Emeirin Stone sente qualcosa spezzarsi,
dentro di sé.
Forse
un limite, forse un’illusione, forse un ricordo. Forse è la sensazione di essere
riuscita a dare qualcosa, proprio lei,
che un tempo era così abile a portare via.
-
Che intendi dire con “riscriverli?”- domanda Shepard, incredula
“Follia” rimbomba la voce del Leviatano,
nella mente del suo strumento
-
Intendo dire - prosegue Emeirin, ignorandolo -che ora che il Crucibolo è
terminato, potresti utilizzare la sua energia per riscrivere i Razziatori. Per far
dimenticare loro l’imperativo che li muove, l’ordine che è stato impresso nelle
loro menti dall’Araldo e dallo Strumento, prima di lui.-
-
E’ possibile?- Konstantin guarda la donna, ancora scettica.
Se
è vero che una volta ha riscritto un branco di geth è anche vero che i
Razziatori sono molto più evoluti, maestri di una tecnologia che va ben oltre
quella di cui dispongono le razze organiche.
I
Razziatori sono la migliore tecnologia della galassia, plasmati per essere
perfetti.
Emeirin
scuote il capo, lentamente, ormai abituata alla sensazione dei capelli sulla
schiena.
-
Ho iniziato la ricerca dopo la caduta dell’Impero prothean - spiega poi, con
calma, mentre le tenebre iniziano a dissiparsi e le pareti della Normandy
tornano solide, attorno a lei e a Shepard - e l’ho portata avanti mentre le
civiltà superstiti crescevano e si evolvevano. Una volta, l’Araldo mi ha
riscritta - mi ha imposto il suo volere, mi ha fatto accettare le sue scelte
invece delle mie - e questo, inevitabilmente, ha lasciato dei segni dentro di
me. Analizzando questi segni, pezzo dopo pezzo, ho trovato la soluzione. Se li
riscrivi, se utilizzi l’energia del Crucibolo per compiere questo cambiamento
radicale dentro di loro, li spingerai a rinnegare la soluzione che hanno
trovato. Li spingerai a rinnegare la mietitura. Se fossero completamente
sintetici, come i geth, riscrivendoli distruggeremmo la loro stessa essenza… ma
loro, in parte, sono organici. Una sintesi perfetta, efficiente. Nel suo…
eccezionale. La riscrizione potrebbe non funzionare con tutti, ad esempio, di
certo non fermerà l’Araldo, ma darà ai Razziatori più recenti la possibilità di
liberarsi da ciò che credono inevitabile. Sarà sciocco, ma quello che ti
propongo è, in effetti, di spingere i Razziatori a cambiare idea. -
-
Parli dei Razziatori come se avessero una volontà.-
-
Perché l’avrebbero, se fosse loro
concessa.- la voce di Emeirin è dolce e al contempo esasperata, come se
cercasse di trasmettere un’idea complessa con un vocabolario troppo scarso.
Come se dovesse spiegare il rosso in un mondo in bianco e nero - potrebbero
scegliere, se l’Araldo non si fosse imposto con il suo ordine, che ora appare
come un imperativo ineluttabile, l’unica strada della vita stessa.-
Mentre
parla, Emeirin stessa si domanda se sia possibile.
Non
se sia attuabile - è certa che il congegno che ha creato funzionerà e che
l’unica cosa che gli manca è l’energia del Crucibolo - ma se sia semplicemente possibile. Attende una smentita da un
momento all’altro, attende l’ennesimo imprevisto, attende quel piccolo errore
che condanna il mondo.
In
realtà, ancora aspetta che Konstantin sollevi il braccio armato e prema il
grilletto.
E,
alla fine, l’intoppo si verifica.
-
No.- dice Shepard, risoluta - Non posso rischiare.-
-
Rischiare cosa?-
-
Mi hai mentito… e sei la cosa più dannatamente vicina ad un Razziatore che mi
sia mai capitato d’incontrare. Se questo fosse tutto un inganno… no, non posso
permettermi di sbagliare adesso.-
Gli
occhi violetti di Emeirin si riflettono in quelli turchesi della comandante.
-
Cosa conti di fare, allora, piccola mia?- domanda la donna, con dolcezza
-
Conto di riprendere il controllo della mia nave, innanzitutto. Con le buone o
con le cattive. Conto di riunirmi con la flotta e di raggiungere
Emeirin
annuisce, distante, con una calma sovrannaturale.
-
Sai che quest’impresa esigerà la tua vita, non è vero?-
-
Non possiamo saperlo.- ribatte Shepard, fingendo una sicurezza che non prova.
Eppure,
Emeirin sembra in grado di leggerla, come un libro aperto.
-
Ho visto i tuoi sogni, piccola mia.- sussurra, contro il suo viso - ho visto il
fuoco, il dolore lacerante, ho visto il rimpianto e la determinazione.- abbassa
ancora la voce, accarezzando lo zigomo di Konstantin con le dita leggere e
tiepide -… ho visto Distruzione.-
-
Era solo un sogno.- replica lei, allontanando da sé il braccio di Emeirin - E…
e se anche fosse? Sono disposta a morire, pur di annientare i Razziatori. Sono
disposta a qualunque cosa.-
Mentre
lo dice, Shepard si ricorda di una conversazione avuta con Javik, poco tempo
prima.
Una
conversazione in cui lui la rimproverava di non essere pronta a fare il
necessario, per concludere la guerra. In cui le rimproverava di non aver già
sacrificato tutto quello che c’era da sacrificare, in cui le chiedeva di rinunciare
a sperare, a vivere, ad immaginare un domani migliore.
E’
dunque cambiata così in fretta?
La
risposta - glaciale, rapida, ineluttabile - la raggiunge come un colpo di
pistola. Sì. E’ cambiata.
Ed
è cambiata in un battito di ciglia, mentre guardava i ricordi di Emeirin Stone.
E’ cambiata dopo aver visto la distruzione di una grande civiltà dietro
l’altra, gli ultimi, terribili giorni di agonia. E’ cambiata perché, attraverso
gli occhi di Emeirin, ha visto quello che succederà alla galassia, se i Razziatori
non saranno fermati. Quindi sì, ora è pronta a tutto, a sacrificare ogni cosa:
vita, speranze, onore. Tutto, purché sia la
fine.
-
Sono disposta a qualunque cosa.- ripete, in un soffio, quasi senza rendersene
conto
Emeirin
la guarda, scuotendo il capo, poi le posa di nuovo una mano sulla spalla.
-
Ma io ti sto dando una possibilità di sopravvivere.
Una chance in più per realizzare le tue speranze, i tuoi progetti per il
domani. Una chance per vivere una vita lunga e felice, assieme all’uomo che ami.-
Per
un attimo, Shepard si sente gli occhi bagnati di lacrime.
-
Non posso rischiare.- ribadisce, schiarendosi la gola - E ogni secondo che
passiamo a parlare è un secondo in più che mi separa dallo scontro finale,
dall’epilogo di questa guerra maledetta. Quindi, te lo chiederò un’ultima
volta, prima di aprire il fuoco. Vuoi ridarmi il controllo della mia nave
oppure no?-
Emeirin
sospira e i suoi grandi occhioni viola riflettono una malinconia infinita.
Si
volta e, con gesti lunghi e distesi, riprende il suo factotum. A guardarlo da
vicino, non è nemmeno un vero factotum, è un dispositivo sconosciuto, integrato
con una tecnologia sconosciuta.
Digita
alcuni comandi, inserisce interminabili stringhe di numeri.
-
-
Bene.- Shepard abbassa la pistola, per voltarsi verso la porta.
La
serratura, che prima era bloccata, ora splende di una confortante luminescenza
verde.
-
E adesso, piccola mia?- sussurra Emeirin, un istante prima che Konstantin lasci
la stanza - che progetti hai per me? Se non ti fidi della mia storia, non ha
senso che tu mi mantenga in vita. Non hai una prigione, qui, sulla Normandy.-
Shepard
non si volta nemmeno. Si stringe nelle spalle e prosegue, con lo sguardo fisso
davanti a sé.
La
verità è che non lo sa. Non sa che cosa sia giusto fare, non sa se può fidarsi
della storia di Emeirin e delle sue buone intenzioni, non sa se stia vendendo
la vicenda sotto la luce sbagliata, per via dell’affetto che prova per lei,
eppure non se la sente di arrogarsi il diritto di decidere per la sua vita.
Forse,
vuole solo dimenticare quella conversazione.
Fuori
dalla stanza, i membri del suo equipaggio le si stringono intorno
-
Cacchio, Lola!- impreca James, rompendo il silenzio - ci hai fatti stare in
pena.-
Konstantin
sorride, ma il suo sorriso è freddo e distante:- IDA, rapporto sulla
situazione.-
-
Il virus non sembra aver danneggiato in alcun modo i sistemi della Normandy. Si
è disinstallato e ora tutti i controlli sono di nuovo funzionali. Possiamo
ritornare alla nostra posizione.-
-
Bene, IDA, molto bene. Voglio essere lì prima che l’Alleanza si renda conto che
ci siamo spostati.-
-
Comandante, che ne facciamo di lei?- la richiama la voce di Javik, che mai come
in quel momento le sembra un ringhio
-
Chiudetela da qualche parte. E dopo… dopo…- per qualche istante non riesce a
continuare, come se qualcosa le bloccasse la gola. Prende un respiro profondo e
la morsa si allenta - rintracciate il resto dell’equipaggio. C’è qualcosa di
cui vi devo parlare.-
(Normandy, cabina del
comandante.
E’ qualcosa di estraneo,
qualcosa che striscia e sibila sotto la sua pelle.
Un gelo perenne, che dovrà
affrontare per tutte le ore dell’eternità.
C’è un intruso, nella sua
mente… o forse no. Forse lei stessa è diventata l’intrusa.
L’idea che aveva di sé
stessa cozza violentemente contro quello che è divenuta.
La morsa del freddo non si
placa, il vuoto cosmico la risucchia con forza irresistibile.
Cede, solo per un attimo.
Una luce blu l’acceca, la stacca dal mondo.
L’intruso esplode, occupa
la sua mente, dilania il suo corpo, mentre
E’ nello spazio oscuro,
ora. Una dimensione incomprensibile, di buio e freddo, di paura.
E’ circondata dai
Razziatori. Inerti. Placidi. Assopiti.
La consapevolezza la
raggiunge in un battito di ciglia: sono sotto il suo controllo.
Lei li controlla. Lei è
parte di quell’esercito di mostri devastatori, lei ha accettato dentro di sé
qualcosa che prima combatteva. Si è offerta a loro, ha aperto la sua mente e il
suo corpo.
Lo spazio oscuro. La sua
nuova casa. Il vuoto perenne li ha inghiottiti, perché è a lui che
appartengono.
E’ divenuta il capo di ciò
che voleva disintegrare. Ha perso sé stessa, per sempre.
E ora, lentamente, i suoi
ricordi iniziano a svanire…
Thane,
“Ti amo, siha” sussurra una voce, che ora Konstantin Shepard non riesce a
riconoscere.
Poi niente. Solo l’esercito
dei Razziatori, riunito sotto un’unica mente, un’unica volontà.
Un unico Controllo.
Konstantin
Shepard si drizza a sedere sul letto. Ha freddo, la sua pelle è coperta di
brividi.
Non
è il primo incubo, da quando la guerra è iniziata (il bambino, Ashley… e poi Distruzione) ma è diverso da tutti
quelli che ha fatto finora. Le ha trasmesso
una sensazione diversa.
Nel
buio della cabina, le lenzuola bianche sembrano emanare una lieve luminescenza.
Accanto
a lei, Thane le sfiora appena una mano
-
Ne vuoi parlare, siha?- domanda,
dolcemente
-
Non è niente.- lo tranquillizza lei, tornando a distendersi
Il
drell si gira su un fianco, per guardarla negli occhi
-
Non posso combattere i tuoi sogni, siha.-
mormora, accarezzandole la guancia - ma posso aiutarti ad accettarli.-
-
Non c’è molto da accettare.- ammette Shepard, stringendosi nelle spalle -
Credo… credo solo di avere paura. Tutto qui. Non solo della guerra ma anche… ho
paura di sperare. Ho paura di essere arrivata fino a qui solo per… solo per morire, ecco.-
Thane
annuisce, spingendo indietro i capelli di Konstantin, che le cadono davanti
agli occhi.
Lei
si sforza di sorridere, intercetta la sua mano e la tiene stretta, nella
propria.
-
Ti amo.- sussurra.
Mentre
Thane le risponde, dolcemente, posandole un bacio sulle labbra, Konstantin
trattiene a stento un sospiro.
E’
arrivata fino a quel momento, fino all’assalto finale… e per la prima volta ha
paura di morire. Non vuole morire, vuole restare aggrappata alla vita fino
all’ultimo secondo, vuole vedere la fine della guerra, non solo immaginarla
mentre s’immola per la causa.
E’
facile dimenticare quei pensieri, quand’è sul campo di battaglia, quando libera
la guerriera e non deve preoccuparsi di altro che di mirare e colpire.
Ma
in quei momenti di quiete, passati accanto a Thane o a parlare con i suoi
amici… in quei momenti si sente infinitamente fragile e sa che si è imbarcata
in un’impresa più grande di lei. In un’impresa che la distruggerà.
- Siha?- mormora Thane, baciandola
sull’angolo della bocca
-
Va tutto bene.- sorride lei, di rimando, ma la sua voce è distratta, i suoi
occhi sono pensierosi - adesso cerchiamo di riposare un po’.-
Thane
annuisce, senza parlare. Sa che non è il caso di insistere, che la vita ha
insegnato a Konstantin a tenersi dentro le preoccupazioni e le angosce, finché
non diventano semplicemente troppo grandi. Ma sa anche che, quando verrà il
momento, lui sarà lì e non l’abbandonerà.
Le
accarezza un’ultima volta la guancia, poi torna a girarsi su un fianco, per
dormire.
Konstantin
rimane supina, a guardare il soffitto.
“Sono disposta a morire,
pur di annientare i Razziatori. Sono disposta a qualunque cosa.”
Così,
ha detto ad Emeirin. Eppure, la sicurezza di poco prima è scemata
all’improvviso, lasciandole quel senso di vuoto, quella paura agghiacciante. E’
davvero disposta a dare la vita, per salvare la galassia. Ma… ma se ci fosse davvero un’altra via? I Razziatori potrebbero
trasformarsi da nemici in alleati?
“Diavolo,
Konstantin, smettila!” si redarguisce.
Lei
distruggerà i Razziatori. Chiaro e semplice, nessun compromesso etico, nessun
dubbio.
Li
vedrà esplodere in una marea di fuoco. E poi tornerà sulla Terra, per aiutare a
ricostruire ciò che sarà andato perduto.
E’
inutile rimuginare su altre ipotesi o vie migliori. Questo è quello che
avverrà.
Chiude
gli occhi e, quando si addormenta, sogna di nuovo Distruzione.
-
Signori
e signore, questo è in effetti il fulcro del capitolo, il piano geniale che la
mia mente (un po’ bacata e per niente fantascientifica) è riuscita a partorire.
Spero non vi faccia scoppiare a ridere e, se anche fosse, pace, a me piace così
J
Saluti
a tutti e grazie per essere giunti fin qui!!
Alla
prossima!
-