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Autore: Evilcassy    30/09/2013    1 recensioni
"Il paesaggio cambiò quasi quando al crepuscolo attraversammo il cancello di ferro battuto della tenuta Usher.
La stradina passava in mezzo ad una galleria di alberi talmente fitti ed alti da non lasciare trapelare la luce. Vi erano un paio di statue cadute a terra e divorate dal muschio e dalle foglie, rami spezzati e morti ed erba incolta: rimanemmo colpiti dall'incuria di quel giardino che sembrava aver vissuto un fastoso passato, e la penombra ci fece perdere la serenità che aveva contraddistinto il nostro viaggio sino a quel momento, come se fossimo entrati in una dimensione diversa, un mondo grigio e decadente.
Anche il clima sembrava più freddo che sulla strada che avevamo appena percorso, e una leggera foschia si alzava tra gli alberi e i rami bianchi abbandonati a terra. Venni pervaso da un insistente stato d’angoscia, un senso di squallore e abbandono. Non sembrava esserci nulla di vivo, pittoresco o colorato in quel giardino e la quiete ovattata era la stessa di un cimitero."
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il Palpito di Casa Usher

 

 

 

 

Capitolo 3: Il Delirio.

 

 

“Padre, vi vedo molto turbato stamani. Avete passato una brutta nottata?” L’espressione di Francis, dall’altra parte del tavolo era mortificata e cercai di fare il possibile per esprimere almeno la pallida imitazione di un sorriso.

“Non è niente, mi ha solo tenuto sveglio il vento.”

“Solo quello?”

Era una domanda innocente ed interessata, eppure non riuscii a dissimulare il mio smarrimento, nella mente l’immagine della porta del salotto aperta sul corridoio vuoto mentre avevo Madeline tra le braccia. Scossi appena la testa, cercando di recuperare il controllo: “Un paio di pensieri sui nostri affari a Leicester. Vorrei recarmi in città per sincerarmi di un paio di evenienze.”

“Sicuro. Chiedo che ci venga preparata una carrozza.”

“Puoi restare qui, se vuoi.”

“Vorrei partecipare e…” sospirò, gettando un'occhiata furtiva attorno, il coltello con cui imburrava il pane fermo a mezz'aria: “Prendere una boccata d’aria. Questo posto…”

“Comprendo” annuii. “Domani mattina partiremo verso casa, ci lasceremo alle spalle questo buio.”

“Va bene. Anche se ammetto che mi dispiace per Roderick. A proposito, non è ancora sceso per la colazione.”

 

Lord Usher si presentò nel salotto mentre ci accingevamo a partire, gli occhi cerchiati di scuro ed un’espressione terrea in volto, mentre ci porgeva le sue scuse per non essersi presentato prima: “Mia sorella questa mattina si è svegliata in preda alla febbre” spiegò con una voce angosciata che mi fece stringere lo stomaco in una morsa. “Ho mandato la governante a chiamare il medico, sarà qui a breve.”

Francis si prodigò per rassicurarlo ed io lo invitai a restare al suo fianco, impaziente come non mai di recarmi fuori dal cancello di Casa Usher. Ma anche mio figlio sembrava dello stesso avviso, e complice una stretta di mano e una frase rassicurante di Roderick, mi seguì fuori nel cortile e poi sulla carrozza.

Oltre i cancelli, le colline erano illuminate da una manciata di raggi di sole.

Troppo pochi per rischiarare i nostri animi; restammo entrambi in silenzio per tutto il tempo.

 

A mano a mano che la carrozza si riavvicinava alla tenuta Usher il temporale aumentava di intensità, come se stesse preannunciando una tragedia in corso in quel nero teatro.

La governante ci accolse sulla porta d'ingresso aggiornandoci subito con notizie funeste: "Le condizioni di milady si sono ulteriormente aggravate" spiegò torcendosi le mani dall'ansia "Il dottore è ancora qui, sta tentando di tutto, ma la febbre è molto alta e preda di deliri."

Fu come un pugno allo stomaco per entrambi: Francis sbiancò in viso e si appoggiò allo stipite della porta, prima di farsi coraggio ed entrare in casa alla ricerca di Roderick, mentre io seguivo la governante nella penombra del salotto per accasciarmi su una poltrona.

Non riuscivo a staccare gli occhi dal canapè: nei cuscini, nello scialle abbandonato sul bracciolo, rivedevo la sua forma del suo pallido corpo. Sullo schienale vi era ancora il filo nero e sottile di un suo capello.

Come poteva essere possibile? Era stato un sogno, incredibilmente realistico, ma pur sempre irreale. Era tutto frutto della mia immaginazione, di una fantasia perversa spuntata fuori da chissà dove e per chissà quale motivo.

Una fantasia pericolosa che prosperava nella mia testa.

Una malattia, forse. I primi segni di demenza senile, senz'ombra di dubbio.

Sentendo la governante tornare mi tersi velocemente il sudore dalla fronte con il fazzoletto, mentre lei appoggiava il vassoio del the sul tavolino tra me e il canapè per poi uscire dalla stanza nel più mesto e meditabondo dei silenzi.

Mi versai una tazza e mescolai lo zucchero senza riuscire realmente a concentrarmi.

Dal piano superiore arrivò un singhiozzo sommesso, e poi un altro ancora. Supposi fosse Roderick ed il cuore mi si appesantì. Abbandonai la tazza di the e mi alzai dirigendomi verso la scalinata di mogano scuro.

Faceva freddo, molto più che nel resto della casa: probabilmente qualcuno aveva lasciato una finestra aperta e trovai ciò alquanto deprecabile, vista la presenza di una malata.

Poi sentii bisbigliare.

Non una voce sola e non una parola in particolare; man mano che salivo i gradini i mormorii aumentavano di numero. Erano più voci, più persone, più entità che parlavano a voce bassissima, in tono concitato.

Pensai alla goverante ed al resto della servitù, ma quando arrivai al piano superiore non vi era nessuno e le voci si erano ammutolite.

Guardai istintivamente le pareti, i quadri anneriti dal tempo e dall'incuria della famiglia Usher: volti dai lineamenti spigolosi, fronti ampie e sguardi solenni o malinconici alternati da nature morte di selvagginia e trofei di caccia.

Infine, ad attirare la mia attenzione e farmi mancare il cuore di un battito fu la statuina sopra uno dei mobili che opprimevano il corridoio angusto e buio.

Era il fauno che avevo visto nel salotto, quello che era mi era caduto e si era frantumato dopo che ne avevo visto il respiro.

Nel mio sogno in cui c'era anche Lady Madeline.

Era ancora appoggiato su un fianco, ancora con il piccolo viso appoggiato sul mobile, il corpo bianco percorso da una ragnatela di crepe, come se fosse stato ridotto in cocci ed incollato in fretta e furia.

E anche qui, sulla superfice di cristallo del mobile si allargava e si restringeva l'alone umido di condensa.

Mi allontanai tremando, finendo per sbattere contro un altro mobile, facendo cadere una piccola collezione di pastorelli di ceramica, che colpirono il tappeto sul pavimento senza rompersi. Percorsi a ritroso il corridoio, arrivando al bivio che conduceva alle stanze da letto, ma invece di dirigermi verso la mia, mi cadde lo sguardo nella direzione opposta.

 

La luce filtrava dalla porta socchiusa, da dove proveniva un debole lamento.

I sussurri e i bisbigli erano tornati.

Ora parevano tutti all'unisono, quasi la litania di una preghiera.

Sudavo e tremavo e non riuscivo a fermarmi: andavo nella direzione della porta con la vista offuscata ed i piedi fuori dal mio controllo.

Si aprì quando quasi potevo sfiorarne la maniglia, facendo uscire la cameriera con un fagotto di lenzuola sporche in mano e l'aria stravolta. "Signor Anderson, mi perdoni. La Signorina non è stata bene ed io..."

"Resto io con lei, finché non tornerete." La rassicurai, sentendo le guance in fiamme e la mia voce aliena.

 

Lady Madeline aveva gli occhi chiusi, pallida come i cuscini sui quali era sprofondata, le coperte che arrivavano sotto il petto ansante ed un velo di sudore freddo sul viso e sulle mani.

"Roderick?" mormorò sentendomi entrare e sedere, stordito, nella sedia a lei vicina. Aprì gli occhi, liquidi e scuri come la notte. Mi sentii raggelare, quando li posò su di me pronunciando il mio nome con un sospiro accorato: "Geoffrey..." Strinse la mano sulla manica della mia giacca. "Son bella ancora, Geoffrey?"

"Lady Madeline..."

"No... no... solo Madeline, ti prego. Rispondimi, Geoffrey, son bella ancora? Come ieri notte?" Non riuscivo a frenare il mio tremore, il cuore che batteva furiosamente quasi a volersi staccare dal petto: "Come ieri notte nel tuo sogno?"

"Come...?"

Rise, un colpo di tosse a scuoterle il petto ansante: "Io so tutto, ora, Geoffrey. Perché questa casa mi ha parlato. E mi parla ancora, continuamente. Sento l'anima di questa casa, esattamente come dice mio fratello. Sento l'anima di questa casa in me, Geoffrey, come ti sentivo in me ieri notte, senza essere davvero tua. E mai lo sarò, per tua fortuna: presto farò anch'io parte di questa casa, sarò anch'io un brandello della sua anima... " Iniziò a tossire violentemente, piegandosi su se stessa.

Mentre cercavo di aiutarla a sistemarsi nuovamente sui cuscini la porta si aprì e la cameriera entrò trafelata seguita da Roderick e dal medico.

Mi allontanai per lasciare che il dottore prestasse le sue cure a Madeline, e solo allora mi resi conto del fiotto di liquido nero che aveva vomitato imbrattandomi le lenzuola e la manica della giacca: era scuro e odorava di marcio, tanto da ricordarmi le acque nere e putrescenti dello stagno della tenuta.

Uscii a ritroso, quasi inciampando su una sedia e trovando le braccia di Francis a sorreggermi. Mi riaccompagnò nella mia stanza senza dire nulla, atterrito.

Vi restammo per tutta la sera, nessuno chiamò per la cena e noi non la cercammo.

Non uscimmo finché la governante non ci venne ad avvisare, con le lacrime agli occhi, della morte di Lady Madeline Usher.

 

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Terzo e penultimo capitolo!

Che altro dire se non ringraziare chi è passato di qui e chi ne ha addirittura lasciato traccia?

Critiche e commenti son sempre ben accetti, se volete perdere un minuto del vostro tempo per farmi avere un vostro parere, vi ringrazio sentitamente.

Ma anche se solo passate di qui e leggete.

Grazie ancora!

PS: per ogni domanda o curiosità, vi rimando al mio ask: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos

Grazie!

EC

 

   
 
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