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Autore: BlueAngelxx    01/10/2013    2 recensioni
"Mi mancheresti anche se non ci fossimo mai conosciuti"
Castiel Novak è un promettente medico nella città di Boston, eppure qualcosa nella sua vita non va... E' tormentato da visioni e allucinazioni di una vita che non ricorda di aver mai vissuto. Sarebbe tutto estremamente semplice se le sue fantasie non fossero più reali della stessa realtà
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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Ho scritto questo capitolo tra una pausa e l’altra dal mio lavoro (diciamo così) di baby sitter ai miei cugini più piccoli. Ho avuto un pò di problemi a casa ma, spero che questo non si veda più di tanto nel capitolo.
Iniziamo ad entrare nel vivo della storia...Spero che vi piaccia questo nuovo capitolo =D

 

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Dopo aver finito in bagno diedi un bacio ad Anna e entrai in camera di Dean per salutarlo. Continuò a dormire nonostante il bacio che gli diedi sulla guancia.

Lo senti mugugnare qualcosa << Sammy ti proteggerò io! >>. Abbozzai una risata, da quando aveva conosciuto il suo amico a scuola 4 anni fa  si preoccupava sempre per lui, lui diceva che gli voleva bene come un fratello. La prima volta che era venuto avevo visto un bambino della stessa età di mio figlio, anche se piuttosto alto per la sua età. Gli occhi bruni e i capelli leggermente lunghi tradivano le emozioni di un bambino che, nonostante la sua giovane età, aveva già sperimentato la sensazione della perdita di una persona cara.  

Adesso Dean e Sam erano diventati migliori amici, avevano anche lo stesso gruppo di amici anche se da quel che avevo potuto notare era più aperto e più sicuro di sè. Speravo davvero che la loro amicizia durasse, ero davvero sicuro che avrebbero potuto prendersi cura l’uno dell’altro. 

 

Uno strano dolore alle scapole mi dissolse dai miei pensieri. Ero proprio da buttare, mi ritrovai a pensare mentre accarezzavo la testa di Dean che tirò a sè gelosamente le coperte quasi volesse diventare il bozzolo di una crisalide. Mentre uscivo dalla camera un’altra immagine mi invase la mente.
Di nuovo quello strano ragazzo biondo. Solo che questa volta non era da solo, ma in compagnia di un uomo alto e ben piazzato i due si sorridevano e si abbracciavano quasi non si vedessero da un sacco di tempo. Sentì un dolore all’altezza della bocca dello stomaco. Avevo già provato quella sensazione molte volte. Ero geloso? Di chi? Del ragazzo biondo? Come potevo essere geloso di un ragazzo che non avevo mai visto? 

<< Sammy! >> a quelle parole il gigante si girò. L’espressione e i gesti ricordavano molto quelli dell’amico di Dean. 

Veloce così come era venuta, la mia visione sparì e io decisi che era giunto decisamente il momento per tornare al lavoro. 

Mentre cercavo di fare ordine nella mia testa, con scarsi risultati dovevo ammetterlo, arrivai all’ospedale. Lavorando nella città di Boston ero abituato al duro lavoro anche se, salvo pochi e spiacenti episodi, il mio lavoro di pediatra generale era abbastanza stabile e poco movimentato. 

Passando davanti all’accettazione salutai le segretarie e le infermiere per poi dirigermi verso il mio ufficio per mettere in ordine le ultime scartoffie. Giocherellando con un pallina che avevo sulla scrivania decisi di fare, per quanto possibile, mente locale.

In quell’anno passato mi era capitato di sognare le cose più disparate, da incubi sull’inferno, sui demoni, sugli angeli e su purgatorio e paradiso sempre e comunque in tematiche abbastanza generali. Era inutile ricapitolare che le visioni e le allucinazioni erano una novità aggiunta al buffet delle mie stranezze. 

Dopo aver finito ed essermi cambiato mi diressi verso il reparto. Per raggiungere il mio reparto ero costretto a passare anche per i vari reparti. 

Una volta arrivato incrociai un’infermiera bionda che, dandomi tranquillamente del tu, mi chiedeva di raggiungerla in una stanza dalla quale proveniva la voce di un bambino. 

Avrei potuto scommettere che il più grande non raggiungesse nemmeno gli 8 anni. << Non devi essere triste, vedrai che ci rimetteremo presto. >> disse ad una bambina seduta vicino al suo letto, probabilmente una sua compagna di stanza, che con un pigiama rosa stringeva un orsacchiotto di peluche.
Quello più grande aveva un occhio nero e diversi lividi sulla faccia e sospirando disse << Non devi preoccuparti, io sto bene, è solo un graffio il mio! >>  disse spavaldo. Notai in un attimo l’atteggiamento che avevo visto molte volte fare a Dean quando succedeva qualcosa che lo feriva quando non eravamo a casa. In quel momento riuscì a vedere la fasciatura che partiva dal gomito e ricopriva tutto il braccio fino alle dita. 

L’altra non rispose ma, abbassando lo sguardo con gli occhi lucidi, strinse con violenza il suo peluche. Lui fece una specie di faccia imbronciata e mise le mani sui fianchi come a volersi dare un tono. Non potei resistere e un sorriso di tenerezza mi si dipinse sul volto, solo dopo alcuni secondi realizzai. 

<< Hey Jess. >> dissi sottovoce girandomi verso l’infermiera bionda che mi aveva chiamato poco prima. Lei mi rivolse uno sguardo preoccupato e si avvicinò.  << Chi sono questi due bambini? >>

Lei sospirò e incrociò le braccia. << Hai visto si che roba? Sono due fratelli. Lui ha un’ustione su tutto il braccio. Lei invece fortunatamente sta bene. >>
Notando che non risposi alle sua ultima informazione continuò. << Ci ha chiamato la bambina ieri sera tardi, è scoppiato un incendio a casa loro. >>

<< I loro genitori dove sono? >>

<< Non ci sono e no, non sono orfani. Semplicemente i genitori sono via, anche se devo ammettere che non ho ben capito dove. Per questo motivo li ho fatti stare qui e non li ho mandati via dopo che li avevamo medicati. >>

<< Te l’hanno detto loro? >> lei annui di nuovo sospirando di nuovo 

<< Quanti anni hanno? >>
<< Lui ne ha 7, lei 4 >>

<< Quando è successo? >>

<< Stanotte alle 3 >>

Non riuscì a contenermi e sbottai. << STANOTTE? COME STANOTTE? E PERCHE’ NON MI HAI CHIAMATO? >>

Lei sobbalzò spaventata. << Magari dormivi. >>

A quel punto fui io a sospirare << Jess, quanto tempo è che non dormo di notte? >>

<< Lo so, lo so bene, solo che ogni notte spero che ti addormenti, quindi ci penso sempre prima di chiamarti nel cuore della notte. D’altronde siamo amici no? >>

Strinsi il pugno, come potevano succedere delle cose simili? Erano solo dei bambini!

Jess mi guardò sospirando. << A questa gente non so cosa gli farei! >> 

Era arrivata da parecchio e si era abituata in poco tempo alla vita dell’infermiera professionista. Tuttavia delle cose come quella la facevano spazientire e le impedivano di ragionare. Si faceva sempre prendere l’emotività
e non si era ancora abituata alla vita da infermiera regolare. Tirai fuori dalla tasca due lecca-lecca per poi entrare nella stanza e darne uno a testa ai due fratellini. 

<< Fai attenzione >> mi disse Jess << ...da quel che ho capito lei non parla quasi con nessuno che non sia il fratello. >>
<< Attenzione? >> replicai io, << Non sono mica dei cerberi infernali Jess, sono dei bambini. >>

Lei fece una smorfia, indecisa se prendere la mia ultima frase come un complimento o come un’offesa. 

Decisi di sedermi sul lettino per poter guardare entrambi i bambini negli occhi e vidi lui prendere il lecca-lecca con una lentezza che tradiva allo stesso tempo un non so che di famelico mentre lei, più scontrosa e meno fiduciosa si allontanò. Sentì il fratello scusarsi per la bambina.

<< Da quando i nostri genitori sono andati via lei è molto più scontrosa... >>

Come darle torto, ero sicuro che se avessi fatto una cosa del genere Dean sarebbe venuto a cercarmi per dirmene di tutti i colori. 

<< Assaggialo... >> le dissi comunque senza muovermi << ...è buono sai? Sa di frutti di bosco, a te piacciono? >> nonostante continuasse a guardarmi con l’aria sospettosa e non lasciasse andare un momento il suo peluche la vidi annuirmi e prendere dalla mia mano il lecca lecca con una velocità che era paragonabile solo a quella di una rana che cattura una mosca in trappola. Scartava il mio regalo a testa bassa e io non potei fare a meno di sorridere, i codini la facevano sembrare un batuffolino.

<< Sei un dottore? >> mi chiese e, mentre annuivo riuscivo a vedere lo sguardo attonito del fratello. 

<< Non sembri come gli altri adulti >> sorrisi, non poteva che essere una bella cosa detto da quella bambina. << Ebbene no! >> dissi muovendo l’indice per puntarlo su di lei a mo’ di gioco. << Ma tu mi hai scoperto, io sono un dottore che vive su una nuvola che esaudisce i desideri e fa sparire gli incubi dei bambini [1] >>

Lei sembrò abbozzare un piccolo sorriso per poi riprendere a parlare << Puoi esaurire anche i miei di desideri? Non c’è un numero massimo come i geni delle lampade vero? >>

Sapevo quasi per certo che mi avrebbe chiesto una cosa del genere, però ero abbastanza sicuro di poter fare qualcosa, quei bambini erano sul fondo, dovevo pur provare no?

<< Ferisci i miei sentimenti dicendo che non potrei esaurire i tuoi desideri. Certo che posso sono o non sono un Dottore? >>

Lei a quel punto mi sorrise <<< Il primo è che io abbia di nuovo dei genitori. Il secondo è che mio fratello possa vivere la sua vita senza doversi occupare di me. Il terzo è che lui non venga più preso in giro dai suoi compagni e poi... >> la vidi portarsi il dito alla bocca e pensare. << ...poi vorrei che il mio orsetto diventasse gigante e mi facesse sempre compagnia, ma credo che se avessi dei genitori non mi servirebbe. >>
Sorrisi e le misi una mano sulla testa, mentre il fratello abbassava la testa e continuava a fare finta di essere spavaldo. 

<< Per quanto riguarda i tuoi genitori e tuo fratello io posso darti delle valide alternative, ma ci vuole anche la tua collaborazione. >> lei determinata annui e mi porse il mignolo << E’ una promessa? >>

<< Certo >> le dissi porgendole il mio. Dopo poco la vidi alzarsi e appoggiarmi la mano su un fianco << Su! Vai a cercare i miei genitori >>  mi stava letteralmente spingendo fuori dalla camera

 

Dopo esser stato buttato fuori dalla stanza dalla mia piccola pazienza sentì la sua voce mentre si rivolgeva al fratello << Sembra un bravo adulto, non come gli altri. Sono sicura che ci troverà dei genitori! Sono stata brava vero? >>

Vidi Jessica vicino a me con gli occhi lucidi e le braccia incrociate. << Dottor Novak, a volte ti detesto, mi hai appena fatto cariare un dente, ma poi, questa storia del dottore e dei sogni ma da dove ti è venuta? >>

<< La guardi mai la tv Jess? >> lei scosse la testa

<< Mi pare che non ho tutto questo tempo. >> 

<< Non sai che ti perdi, dovresti farti dare qualche consiglio cinematografico da Dean >> abbozzai una risata e lei alzò gli occhi al cielo. << Povera me. >>

 

***

 

Non feci in tempo a continuare il mio discorso che rimasi bloccato sulla porta mentre il paesaggio intorno a me cambiava di nuovo. Eccola là, un’altra visione. Non ne avevo mai avute e ora venivano tutte insieme, avrebbero anche potuto essere un pò meno ravvicinate, giusto per darmi il tempo di abituarmi. Vidi quella stessa bambina della mia camera solo che però stava davvero parlando con un orso di peluche gigante e il fratello che si divertiva a sollevare una macchina [2]. Per un pò pensai che poteva essere solo una “normale” visione, per quanto potessero essere  definite normali le visioni. 

Riuscì in quel momento a sentire uno strano profumo che sembrava tipico dell’aria nei primi giorni di primavera in cui i fiori iniziano a sbocciare e l’erba comincia a crescere più velocemente. Sembrava quel miscuglio di odori che ti riportano in un punto ben preciso della tua vita. Non seppi ben spiegare qual era il luogo preciso che quello strano profumo mi ricordava eppure sapeva di vita, di realtà, di verità. Quel profumo sapeva di casa mia. Quando riuscì a riconoscerlo riconobbi alcuni degli odori da cui era composto. Aveva qualcosa di fuoco, di cenere e metallo, qualcosa che ricordava la terra bagnata e il fieno, era nitido il profumo dell’erba e delle foglie bagnate dalle gocce mattutine di rugiada e allo stesso tempo riuscivo a scorgere l’odore pungente e, allo stesso tempo dolce e caldo del coriandolo. 

***

 

A far sparire quella sensazione di appartenenza e quel profumo fu proprio Jessica, che scuotendomi una spalla mi riporto al freddo e sterile odore dell’aria dell’ospedale. Ricordo di aver pensato proprio in quel momento che nella mia vita c’era qualcosa di sbagliato. 

<< Cass? >> la sua voce mi rimbombava nella testa quasi fosse un sogno << Cass! >> la seconda volta risuonò più nitido e alla terza ero ritornato al punto di partenza. 

<< Cosa succede? >>

Un principio di tosse mi venne su dalla gola << Niente, è solo la mancanza di sonno. >>
Non avevo proprio necessità di dirle che mi stavano venendo le visioni e che stavo decisamente impazzendo. 

 

***

Il resto della giornata passò tranquilla e io potei fare tutte le mie visite giornaliere senza tuttavia avere strane “foward-visioni” come le avevo ribattezzate. 

Tornando a casa il pomeriggio quasi rimasi perplesso nel vedere Dean che corse ad aprirmi vestito da Cowboy. Dopo avermi salutato con un abbraccio mi disse 

<< Guarda papà! Sembro un bowboy [3 ]vero? >>

Risi mentre lo prendevo in braccio << Si dice Cowboy, Dean >>

lo vidi riflettere un attimo  << Ah già!! >> fece spallucce e dopo di che decretò  

<< Vabbè e’ uguale! >> 

<< Sai Dean, ancora non capisco perchè proprio il cowboy >>

<< Cowboys are cool [4]  >> mi rispose giocherellando con il cappello che aveva in testa. << Poi i vampiri e le altre creature sono cattive! L’ho visto in un documentario. Se esistessero diventerei un cacciatore e le ucciderei tutte >> incrociò le braccia.

<< Esistono dei cowboy cattivi però! >>

<< Si si, però io sono lo sceriffo [5] quindi mi occupo io dei cattivi>>

La logica non faceva una piega, ammisi che aveva ragione e mi diressi in cucina per andare a salutare Anna. Potevo comunque raccontarle solo una parte della mia giornata, certo dirle che avevo iniziato a “vedere” cose strane l’avrebbe solamente turbata. 

 

***

Facendo scendere Dean e osservandolo mentre si dirigeva verso la sua camera per andare a prendere le ultime cose per la festa a cui doveva andare l’immagine cambiò di nuovo. 

C’era il solito ragazzo biondo che mi osservava e mi sorrideva, vestito in modo quasi uguale a mio figlio. << Andiamo Cass! Cosa c’è che non va nel mio vestito? Sembro proprio uno sceriffo! >> 

Di nuovo quella strana sensazione alla bocca dello stomaco. Mi guardava di sbieco e la sua espressione imbronciata mi provocò un senso di tenerezza, sentì in quel momento l’impulso di abbracciare quella strana figura.  I muscoli si intravedevano dal gilet di pelle e il cappello marrone sembrava creato apposta per i suoi occhi verdi. In una frazione di secondo mi ritrovai a pensare che, a prescindere dal fatto che sembrasse o no uno sceriffo era proprio bello. 

***

Quando svanì l’immagine rimasi quasi dispiaciuto, scossi la testa quando sentì la voce di Anna, che andavo a pensare? Ero sposato, non ero gay e come facevo a voler contemplare un sogno? 

<< Vado ad accompagnare Dean alla festa, stasera vai tu a riprenderlo? >>
Io annui alle parole di mia moglie e dopo di che la vidi uscire. 

 

 

Note:

[1]  = La citazione di Clara Oswin Oswald nella puntata 7x06 di Dottor Who 

[2] = Riferimento alla puntata de “Il pozzo dei desideri”.

[3] =  Errore intenzionale

[4] = Ripreso dalle comuni citazioni dell’ 11° Dottore “Bowties are cool” “Fezzes are cool”

[5] = Riferimento alla puntata “Terra di frontiera”

 

Spero vivamente di aver fatto capire qualcosa in più rispetto al prologo, cosa aspetta il nostro Dottor Novak?
Pubblicherò presto il nuovo capitolo =) Mi raccomando! Ditemi cosa ne pensate!

   
 
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