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Autore: BlueAngelxx    28/09/2013    3 recensioni
"Mi mancheresti anche se non ci fossimo mai conosciuti"
Castiel Novak è un promettente medico nella città di Boston, eppure qualcosa nella sua vita non va... E' tormentato da visioni e allucinazioni di una vita che non ricorda di aver mai vissuto. Sarebbe tutto estremamente semplice se le sue fantasie non fossero più reali della stessa realtà
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più stagioni
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Per l’ennesima volta, come ogni giorno da un anno, mi svegliai di soprassalto nel cuore della notte, i miei incubi continuavano a tormentare i miei sogni, impedendomi di dormire tranquillo almeno una notte completa. Mi misi seduto sul letto, cercando di pensare a quello che avrei potuto fare, ormai avevo preso l’abitudine di avvantaggiarmi con il lavoro o risistemare le poco rumorose faccende di casa, anche perchè una volta che mi svegliavo nel cuore della notte non riuscivo mai a riaddormentarmi. Ero abituato agli orari più difficili, d’altronde ero pur sempre un medico eppure non riuscivo a passare le nottate a metà. Quando avevo il turno notturno era tutto più semplice ma quando dovevo lavorare la mattina non sapevo proprio come fare.

Lanciai un’occhiata prima alla sveglia e poi al cielo. Non era possibile! Erano ancora le tre di mattina e, a giudicare dal cielo il sole non era ancora sorto, però si poteva prevedere una bella giornata soleggiata sopra la città di Boston, nel Massachusetts.

Mi alzai per poi andare in bagno, l’immagine del mio ultimo incubo continuava a riecheggiarmi nella memoria quasi fosse marchiata a fuoco nella mia memoria. Sentì un leggero dolore provenirmi dalla costola destra.
<< Cosa c’è Cass? Ancora i tuoi incubi?? >>

La voce preoccupata di mia moglie Anna mi riscosse dai miei pensieri. Io annui silenziosamente. Mi dispiaceva rovinare le sue nottate così, anche se comunque lavorava in casa. Si era messa seduta con le gambe incrociate e mi guardava dolcemente attraverso i suoi occhi nocciola. Ormai non mi chiedeva neanche più di cosa parlassero, sapeva benissimo che non riuscivo a parlarne.

<< Andiamo >> disse alzandosi, la camicia da notte bianca le ricadeva sui fianchi dandole allo stesso tempo un’aria angelica ma piena di forza. << Per stanotte credo che sia meglio che io ti faccia compagnia >>
Ero abituato a passare le nottate da solo con i miei sogni e il caffè, tanto che ormai stavo seriamente pensando di iniziare a scrivere un diario, d’altronde potevano essere tranquillamente scambiati per la trama di un libro. Cercai invano di convincerla ma dovevo ammettere che quando si metteva in testa una cosa era impossibile smuoverla, quasi fosse un generale di una squadra di fanteria. 

Una volta scesi in cucina la vidi armeggiare con il forno a microonde, con la testa appoggiata ad una mano potevo immaginare che mi stesse preparando una camomilla.
<< Anna davvero, non serve che ti preoccupi sono abituato >> in tutta risposta alle mie parole mi si avvicinò, per poi abbracciarmi da dietro e darmi un bacio su una guancia << Non so come aiutarti, lascia almeno che io faccia del mio meglio per starti vicina. Hai questi incubi da quasi un anno e io mi sento inutile Cass >> sentivo una nota di malinconia nella sua voce.

Sorrisi teneramente e le baciai una mano per poi alzarmi dalla sedia e allontanarla.  Se solo avesse saputo cosa nascondevo dentro di me non sarebbe stata così tenera con me, ne ero certo.
. La vidi guardarmi con gli occhi tristi e, non potendo resisterle mi avvicinai per abbracciarla. Lei affondò la testa nell’incavo del mio collo. << Mi dispiace, davvero. Non voglio essere un peso per te >> la senti sussultare, in un rumore che sembrava una via di mezzo tra una risata ed un singhiozzo. Mi si spezzava il cuore a vederla in quello stato. Eravamo sposati da quasi sei anni e non riuscivo a capire perché i miei sogni-incubi mi portassero in una direzione della mia vita che sentivo essere quella sbagliata. 

Sospirai di nuovo mentre sorseggiavo la mia tazza di camomilla e lanciai uno sguardo al calendario appeso sul frigorifero, 31 Ottobre. Con una strana ironia abbozzai una risata di scherno << Oggi è esattamente un anno. >> Non ottenni la minima risposta alle mie parole, sapevamo entrambi cosa voleva dire. Anna rimase in cucina con me per circa due ore e mezzo, dopo decise che sarebbe stata la cosa migliore andare a dormire, d’altronde doveva portare nostro figlio a scuola. Salimmo insieme le scale che dalla cucina portavano alle camere e, mentre lei si diresse verso la nostra camera io decisi di aprire piano piano la porta della camera. C’erano giocattoli sparsi in giro in tutto il pavimento. << ...e meno male che aveva detto di mettere a posto. >> borbottai, facendo in modo di non svegliarlo, avrebbe messo a posto comunque una volta alzato o tornato a casa nel pomeriggio. Entrai, buttando un’occhiata sul cartello scritto da lui e appeso alla parete di fronte la porta, “Dean’s Room” che, secondo lui, avrebbe impedito a qualsiasi futuro fratello o sorella di rubare la sua camera. Appeso all’armadio c’era il costume che aveva deciso di indossare per la festa di Halloween. Lo fissai, cercando di capire perchè avesse voluto proprio quel costume da Cowboy lasciando perdere senza neanche il minimo pensiero i costumi classici da licantropo o da Vampiro.  Avevamo cercato di seguire la sua logica ma non c’eravamo riusciti né io né Anna e alla fine avevamo lasciato perdere, non c’era motivo di scatenare una tragedia. Dovevo comunque ammettere che lo scintillio che avevo visto nei suoi occhi azzurri mi aveva convinto senza se e senza ma. Lo baciai delicatamente sulla fronte, scostandogli i capelli neri dalla fronte. Quanto all’aspetto era quasi la mia fotocopia ma il carattere lo aveva preso tutto da sua madre. Mentre continuavo a guardare mio figlio mi mi venne in mente il viso di un uomo che non avevo mai visto. Ricordava mio figlio Dean anzi, avrei potuto giurare che fosse lui cresciuto, solo che i suoi capelli normalmente bruni e spettinati erano  biondi con un taglio di poco più lungo dei capelli a spazzola e i suoi occhi non erano azzurri come i miei ma di un verde che somigliava al colore di un prato all’inglese. Solo guardando meglio mi accorsi che quegli occhi contenevano una strana malinconia e sembravano arrossati dal pianto. Cosa c’era che si nascondeva?
La sensazione che ebbi in quel preciso momento era quella di uno straniero che visita per la prima volta uno di quei boschi dell’Irlanda nel quale rimane per sempre intrappolato.

Mi tirai su dalla posizione accovacciata che avevo preso per baciare Dean e uscendo cominciai a ripensare a quello che avevo visto. La mia avrebbe potuto anche essere una visione ma guardando quel volto e soffermandomi suoi suoi lineamenti degli zigomi e del mento la prima reazione che ebbe il mio fu un brivido e un calore che partiva da dentro. Non sapevo come potesse essere possibile, però quegli occhi mi nascondevano e allo stesso tempo mi dicevano più di quello che era possibile vedere con una normale occhiata.  C’era un mondo in quel verde. Un mondo che non mi sapevo spiegare perchè avesse bisogno di essere scoperto.

Sospirai, un’altra cosa strana da aggiungere alla mia lista e, dopo aver lanciato un’occhiata al letto in cui Anna si era rimessa a dormire beata, entrai nel mio bagno per preparare la divisa che avrei dovuto indossare una volta arrivato all’ospedale. D’altronde quel giorno in turno in pediatria spettava a me.

   
 
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