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Autore: Clix_Clix    31/03/2008    2 recensioni
Doveva per forza aver sentito male.
Era stanca.
Aveva trascorso una giornata a dir poco intensa.
Ed era tardi, molto tardi.
Veronica Mars per quanto ci provasse non riusciva in nessun modo a prendere sonno e, nella penombra di quella tiepida notte di fine marzo, se ne stava stesa nel letto, supina, con i lunghi capelli biondi sparsi sul cuscino di lino bianco in una trama di ciocche ondulate.
[Una nuova casa, un nuovo mistero... un epico amore. Per riprendere da dove eravamo rimasti...]
Genere: Romantico, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO SETTE








“Tu te lo aspettavi?”
“A dirtela tutta non ne avevo dubbi! Potevo metterci la mano sul fuoco che prima o poi quei due sarebbero finiti di nuovo insieme!” Rispose Mac a Wallace passandogli la scatola dei cereali.
“Passami anche il latte… comunque non ho ancora deciso se esserne contento o meno.”
“Si capisco che intendi.”
“Io no, spiegamelo un po’?” Veronica, ancora in pigiama, era appena entrata nel salotto e si era fermata di soppiatto ad origliare i due ragazzi che parlavano di lei e Logan mentre facevano la consueta colazione pre-universitaria. Si avvicinò a loro sorridendo e prese posto su uno sgabello della cucina mentre si versava una tazza di caffè bollente. Veronica sapeva che i suoi amici avrebbero accolto con i piedi di piombo la notizia della sua riunione con Logan, dopotutto l’avevano vista soffrire a causa sua più di una volta e l’avevano affettuosamente sostenuta dopo ogni rottura, quindi non poteva stupirsi né volergliene male se adesso si preoccupavano che questo potesse riaccadere.
“Siamo solo un po’ preoccupati per te… non tanto eh! Il giusto. Sai da te che…”
“Si Mac, lo so bene.” Disse Veronica interrompendo l’amica, “dal vostro punto di vista ne avete tutto il diritto. Ma ragazzi ve lo assicuro, è così che doveva andare, non potrei esserne più sicura. Questa volta non dovete preoccuparvi.” Il sorriso trasognato di Veronica non poteva lasciare dubbi sulla veridicità della sua sicurezza.
“In ogni caso io tengo pronta la rete di salvataggio per ripescarti in caso dovessi precipitare di nuovo!”
“Guarda Fennell che io non sono mai stata una che precipita!”
“Ma davvero Mars? Allora vediamo un po’ quali esempi posso fare…”
“Ma quali esempi Wallace??” Veronica rideva mentre fingeva di arrabbiarsi col suo amico, a sua volta falsamente accusatore.
“Ci fidiamo del tuo giudizio e chiudiamo il discorso, ok?” Mac cercava sempre di mediare gli scherzosi battibecchi tra i suoi coinquilini, più per la sua indole tranquilla e amante la quiete che per un reale bisogno di intervento. “E dov’è Logan? Non sarà mica sgusciato via nel cuore della notte?”
“No sta ancora dormendo. E proprio per questo io approfitterò del fatto che voi state ancora mangiando per rubarvi la doccia!”
“Sai che novità!” Le rispose Wallace lanciandole una mollica di pane.
“Ma non mangi niente?”
“No Mac, ora non ho fame.” Veronica si alzò dallo sgabello e sciogliendosi i biondi boccoli dal fermaglio che li teneva prigionieri si avviò verso il bagno con aria pensierosa. I due amici, osservandola, non potevano non imputare quel suo strano atteggiamento alla stanchezza per una notte che sicuramente l’aveva tenuta impegnata fino a tardi ed infatti si scambiarono un’occhiata complice. In realtà non potevano immaginare che a impensierire Veronica fosse tutt’altro. Stava ancora pensando alla rivelazione fattale da Logan la notte scorsa.
Lynn Echolls…
Assurdo…
Lynn Echolls ancora viva…

Quella rivelazione l’aveva travolta e ancora non riusciva a superare lo stupore. Lei stessa al liceo si era impegnata a cercare la madre di Logan, ma ogni indizio che aveva raccolto all’epoca portava a dare credito alla veridicità del suo suicidio. Invece era tutta una messa in scena… i sospetti che Logan nutriva all’epoca erano assolutamente fondati, anche se non avevano trovato alcuna conferma. Era stata lei ad essere approssimativa o quella donna si era dimostrata troppo astuta anche per le sue straordinarie capacità investigative? Forse era meglio non avere una risposta a questa domanda.
Mentre faceva scorrere l’acqua della doccia e aspettava che si facesse calda, Veronica cercava di rielaborare quella notizia.


°°°




Durante l’estate appena trascorsa, pochi giorni prima che Veronica partisse per la Virginia, Logan aveva ricevuto una lettera. Era firmata da sua madre. Era scritta al computer ma la calligrafia della firma era la sua, non c’era dubbio. Non diceva molto. Solo che immaginava di provocargli uno shock inviandogliela, ma che era necessario e che avrebbero parlato di tutto a tempo debito. Doveva assolutamente vederlo. In Australia.
Logan non era mai stato uno sprovveduto. Nonostante la perfetta imitazione della grafia era certo che dovesse trattarsi di uno scherzo. Aveva già provato a dimostrare che non fosse morta e a cercarla, ma l’esito delle disperate ricerche aveva dato torto alle sue speranze. Aveva già tentato questa strada e in fondo vi aveva trovato solo altro dolore. Si era già illuso una volta e non aveva alcuna intenzione di commettere di nuovo lo stesso straziante errore.
Dopo circa due ore dall’arrivo di quella lettera Logan aveva acceso il computer e aveva acquistato un biglietto di prima classe per Sidney. Se laggiù c’era qualche sadico idiota che si divertiva a fargli scherzi di questo tipo lui non si sarebbe certo tirato indietro. Si era precipitato in Australia con l’intenzione di incontrarlo e fargli rimpiangere di essere nato, per poi trascorrere il restante tempo a surfare spensierato sull’azzurro delle onde australiane.
Ma quando dopo due giorni di viaggio aveva raggiunto la località periferica e l’indirizzo indicati nella lettera – una villetta bi-familiare con gli infissi celesti, le tendine alle finestre e vasi di ginestre ad ogni davanzale – Logan aveva dovuto fare richiamo a tutta la sua forza e a tutto il suo carattere per impedire che lacrime e singhiozzi si impadronissero di lui nel momento in cui sua madre gli aveva aperto la porta.
Era cambiata. Aveva lunghi capelli biondi tenuti indietro da un cerchietto verde e l’abito a fiori colorati che indossava indicava che non era rimasta più traccia del suo antico stile californiano.
Ma era lei.
Era proprio sua madre e lo stava guardando al di là della porta a vetri con le lacrime agli occhi.
Logan non ricordava di averla mai abbracciata con tanta intensità e tanta disperazione in tutta la vita. Non immaginava di poter tornare bambino in un secondo. Per un breve istante cessare di essere il ragazzo forte, sicuro di sé e indipendente che ormai, più per necessità che per desiderio, era da anni e concedersi di essere un bambino che finalmente può smettere di lottare da solo e abbandonarsi nelle braccia di sua madre.
Sopraffatto, confuso e bisognoso di risposte Logan Echolls si era lasciato docilmente introdurre in quella casa modesta e semplice, adatta a una normale famiglia che si mantiene nella vita con un lavoro onesto, cercando di sbarcare il lunario vendendo prodotti ortofrutticoli e conserve al mercato locale.
Una famiglia.
Una madre – sua madre – ma anche un padre e due bambine dai capelli castani che riuniti al tavolo del salotto sembrava lo stessero aspettando. Eppure la loro identità non era la prima domanda che martellava la mente di Logan, almeno non con la stessa potenza del desiderio di sapere la verità sulla scomparsa di sua madre. Di sapere. Perché, perché, perché, mamma, mi hai abbandonato? Perché mi hai fatto credere che fossi morta quando vivi felice con un’altra famiglia in un altro continente? Che volessi fuggire da mio padre lo posso capire, ma perché, perché, perché hai ingannato anche me? Perché non ti sei fatta viva prima? Perché solo ora? Perché, perché, perché…
Lynn Echolls non poteva non sapere quali domande affollassero la testa di suo figlio, ma sembrava ignorarle e, servendogli il the come a qualunque banale ospite, gli raccontò sorridente come la sua storia con Aiden Connor, quell’uomo affascinante seduto al tavolo, padre di due gemelle undicenni frutto di un primo infelice matrimonio, fosse iniziata clandestinamente già prima della sua scomparsa da Neptune, molto prima, finché lei non si era finalmente decisa a fuggire dalla manesca prigionia di Aaron Echolls e a raggiungerlo in Australia per vivere con lui sotto falso nome, Lucienne Connor.
Basta mamma, basta! Taglia questo patetico scorcio di vita familiare! Togliti quel sorriso spensierato e noncurante dalla faccia e parla! Parlami! Dimmi quello che voglio sentire! Perché solo ora mi hai aperto le porte di questa tua nuova vita quasi surreale? Fai la fruttivendola insieme a questo tizio??? Ma, andiamo! Che me ne frega di queste stronzate! Me le racconterai quando mi avrai detto perché hai aspettato tutto questo tempo per farmi sapere che eri viva. E soprattutto perché hai deciso di farlo proprio ora. So che sai quello sto aspettando, so che lo vedi nei miei occhi ora che li stai fissando. Allora se lo sai, avanti!
Logan aveva ragione. Sua madre lo sapeva. Sapeva che era il momento di smettere di fingere di far finta di niente, che era il momento di prendergli le mani tra le sue e spiegargli dolcemente il motivo per cui lo aveva chiamato laggiù.
Ma quando Logan si alzò in preda alla rabbia e uscì da quella casa sbattendo la porta, sua madre poté vedere nitidamente la profonda ferita che aveva causato in suo figlio. Poté capire perfettamente quanto lui avesse accolto male quel motivo. E mentre si affrettava a rincorrerlo fuori, poté capire anche che ormai era troppo tardi per riparare, perché l’auto a noleggio di Logan stava già sfrecciando via lungo il viale alberato di quel tranquillo quartiere periferico.
Per tutto il successivo tempo che Logan aveva trascorso sulla costa opposta dell’Australia, a rincorrere le onde più alte, a ubriacarsi in bar fatiscenti in compagnia di perfetti sconosciuti e a dormire in auto, non poteva non pensare a quanto la scelta di non aiutare sua madre fosse stata egoista e insensibile. Se ne rendeva conto perfettamente, sapeva che negandole l’aiuto che gli aveva chiesto lei e la sua nuova famiglia sarebbero andati incontro alla rovina – sfratto, disoccupazione, difficoltà – ma sinceramente se ne infischiava. Quella donna lo aveva privato dell’amore di una madre, lo aveva abbandonato nelle mani di un padre violento e maniaco, gli aveva fatto credere che fosse morta, causandogli un dolore struggente che non si era ancora rimarginato, e aveva aspettato tutto quel tempo per avvertirlo di come invece stesse vivendo felicemente lontano da lui. E perché adesso lo aveva chiamato? Perché sentiva la sua mancanza? Perché aveva capito il suo errore? Perché voleva riparare al tempo perduto e tornare ad essere sua madre? No. Perché aveva bisogno di soldi! Aveva saputo che ora era lui l’erede di tutto il patrimonio Echolls e al primo problema non aveva esitato a portarlo dall’altra parte del mondo solo per chiedergli la sua parte, fregandosene ancora una volta dei suoi sentimenti e calpestandoli senza pietà. Neanche una parola su cosa lui avesse passato credendo che sua madre si fosse suicidata e restando solo in quella famiglia, neanche una scusa, niente. Nel vederselo di nuovo davanti, fragile, commosso, felice per aver ritrovato finalmente sua madre, lei in realtà vedeva solo il suo conto in banca.
“Caro figliolo, so che te lo puoi permettere, mi serve un piccolo aiuto economico, ne abbiamo veramente bisogno sai…”
Ma vada al diavolo! Quale razza di madre fa questo ad un figlio! Quella non è mia madre! Mia madre non mi avrebbe mai fatto questo! Che vada in rovina, se lo merita! Perché mai dovrebbe importarmene…
In cinque minuti, cinque miseri minuti, quello che era stato il magnifico rapporto che li aveva legati in passato si era dissolto per sempre. Per Logan era come aver perso sua madre due volte, ma con quest’ultimo gesto lei era riuscita a distruggere anche il ricordo di quello che li aveva tanto uniti. Doveva per forza essere stato tutto falso.
A lei non è mai fregato un bel niente di me!
Logan soffriva, soffriva terribilmente, perché quella era sua madre e lui la amava, la aveva sempre amata e per quanto in quel momento la odiasse per come si era comportata con lui, una parte di sé non poteva non preoccuparsi per lei e per le sue difficoltà e proprio questa sua debolezza, questo ascendente che lei esercitava su di lui nonostante tutto, lo portava ad odiare anche se stesso.
Come fai ad essere così stupido Logan?? Come puoi dispiacerti per lei dopo quello che ti ha fatto? Idiota…
No, non si sarebbe di nuovo lasciato illudere, non avrebbe più mostrato il suo lato debole, non si sarebbe più fatto incantare da lei. Ora basta. Era inutile farsi illusioni, era solo. Logan decise che avrebbe combattuto contro l’amore incondizionato per lei, contro l’impulso ad aiutarla nonostante tutto, contro la voglia di sentirsi comunque suo figlio. Per quanto provasse dolore per la sorte di sua madre, avrebbe ignorato quella preoccupazione. No, non poteva aiutarla.
Avrebbe cavalcato le onde australiane, si sarebbe abbronzato e divertito come se la sua vita fosse un appassionante romanzo d’avventura, uno spensierato squarcio di vita giovanile, e avrebbe lasciato quella donna al misero destino che la attendeva senza i suoi soldi. Non era più affar suo.
E per tutto il resto dell’estate Logan aveva mantenuto i suoi propositi, con quel dolore sordo e latente che quasi ogni notte tornava spietato a fargli visita, comprimendogli il cuore.


°°°




Quando Veronica riaprì la porta del bagno lasciando uscire insieme a sé una bianca nuvola di vapore, i suoi coinquilini era già usciti per andare all’università e la casa era silenziosa. Con indosso solo l’accappatoio si diresse verso la cucina per bere un’altra tazza di caffè, cercando di non fare rumore per non svegliare Logan che doveva stare ancora dormendo nella sua camera.
Appena entrata nella stanza però lo vide lì, in cucina, con il giornale aperto sul tavolo davanti da sé ma lo sguardo perso fuori dalla finestra, verso gli alberi del parco assolato al di là della strada. Era serio, come raramente lei ricordava di averlo visto. Parlare con lei di sua madre quella notte doveva aver riaperto in lui la ferita ancora sanguinante. Negli ultimi tempi Veronica si era creata mille fantasie sul misterioso viaggio di Logan in Australia, ma non avrebbe mai potuto neanche immaginare quale fosse la verità. Nonostante le avesse causato un violento sbigottimento era felice di saperla, ma soffriva terribilmente nel vedere Logan così, soffriva per quello che lui aveva passato durante l’estate, soffriva perché aveva dovuto affrontarlo da solo… venire a sapere con una lettera che tua madre è ancora viva, attraversare pieno di speranze l’oceano per ritrovarla, scoprire che ti ha cercato solo per chiederti trecentomila dollari per salvare casa e lavoro, per salvare la sua nuova vita di cui tu non fai parte. Veronica lo amava e non poteva non soffrire insieme a lui. Ma soprattutto lo capiva. Nessuno avrebbe potuto capirlo quanto lei. Anche lei era stata tradita da sua madre, conosceva bene quel cocente dolore.  
Logan non si era accorto che Veronica era entrata nella stanza e si era fermata in silenzio a pochi passi da lui ad osservarlo perdersi nei suoi pensieri, finché lei non lo abbracciò dolcemente alle spalle facendolo trasalire.
“Buongiorno…” Gli sussurrò accarezzandogli il collo.
“Ciao piccola.” Logan si voltò e la baciò, tenendola stretta alle sue labbra per la nuca. “Si sta bene qui, sai? Mi piace... non me ne andrei mai.” Le disse lasciandola andare, mentre Veronica prendeva posto su una sedia accanto a lui e si versava il caffè.
“Nessuno dice che devi farlo! Che dice il giornale?” Veronica decise che quel giorno avrebbe fatto di tutto per scacciare i tristi pensieri dalla mente di Logan e avrebbe cominciato regalandogli il suo miglior sorriso e iniziando a ricostruire la piacevole quotidianità della loro vita insieme. Leggere il giornale come una qualsiasi coppia spensierata poteva essere un buon inizio.
“Parla di tuo padre.”
“Mhm.” Forse non era così buono come inizio. Veronica ripiegò il giornale e, iniziando ad imburrare un fetta di pane tostato, decise di virare altrove. “Programmi per la giornata?”
“Beh, intanto ho intenzione di godermi la nostra prima colazione insieme… poi mi godrò la nostra seconda colazione insieme… poi il pranzo…” Logan sorrideva, stava cominciando di nuovo a rilassarsi, “… e qualunque altra cosa decideremo di fare oggi, l’importante è che sia insieme. Ti piace come programma?”
“Si! E’ molto simile al programma che avevo in mente io!”
“Beh, io lo tengo in caldo da ieri!”
“Si lo so, mi dispiace!”
“Ah, già mi stavo dimenticando… una cosa da fare in realtà ce l’ho. Pochi minuti fa ho ascoltato un messaggio che mi ha lasciato Dick in segreteria, mi chiede di raggiungerlo in hotel il prima possibile e di tenermi libero per stasera.”
“E perché mai?”
“Non l’ha detto. In effetti è strano, aveva una voce un po’ misteriosa nel messaggio, spero non abbia in mente qualcosa…”
“Non mi illuderei troppo.” Rispose sfiduciata Veronica rubando un morso della fetta di pane che Logan teneva in mano.
“Comunque mia dolcissima fidanzata, qualsiasi cosa quel ragazzo abbia in mente per questa sera, potresti farmi il regalo di venire a scoprirlo insieme a me…” Logan le prese la mano e scherzosamente assunse un’aria supplichevole mentre Veronica rimase in silenzio a fissarlo perplessa per qualche secondo… cercò di resistere a quello sguardo, ma alla fine fu costretta a cedere.
“Farmi trascinare al buio nei programmi serali di Dick non è proprio una della mie massime aspirazioni… ma se me lo chiedi con quegli occhi…”
“Devo ricordarmi di usarlo più spesso questo trucco degli occhioni imploranti… funziona sempre con te!”
 “Ehi!!!” Veronica fece finta di arrabbiarsi e stava per voltarsi a dare le spalle a Logan, ma lui ridendo di gusto la cinse prontamente alla vita con le braccia e la trasse a sé fino a baciarla, vincendo le finte resistenze esibite dalla ragazza.
“E ora piccola parliamo di cose serie. Perché diavolo non mi hai aspettato per fare la doccia??”


Un paio di ore più tardi Logan tornò nella sua suite e appena varcò la soglia della stanza inciampò in una valigia abbandonata aperta proprio davanti alla porta. Riuscendo agilmente a rimanere in piedi la scavalcò con un salto e appena entrato nel soggiorno trovò Dick intento a riporre il suo stereo in uno scatolone.
“Ehi amico ma che cavolo stai facendo?”
“Non si vede? I bagagli.”
“Si questo lo vedo. Intendevo perché, Dick!”
“Te l’ho detto, non posso continuare a vivere a qui.”
“E dove vivrai allora?”
“Alla confraternita.” Rispose Dick entrando frenetico nella sua camera da letto e cominciando a buttare scompostamente in una grande valigia i suoi vestiti già sparsi sul letto.
“Senti puoi fermarti un secondo? Smettila con questa idiozia! Sai benissimo che puoi restare qui!”
“No grazie.”
“Dì un po’ sei completamente impazzito da un momento all’altro?” Logan iniziava a innervosirsi per l’irragionevole comportamento dell’amico, tra loro non si erano mai fatti di questi problemi e non capiva perché proprio adesso lui dovesse iniziare a porsi stupide questioni di orgoglio. “Senti Dick, non ti starai veramente creando un problema per i soldi, andiamo! E lascia stare quella maledetta valigia!”
“Io non voglio vivere a scrocco.”
“Stai parlando come se tuo padre ti avesse lasciato senza un soldo, invece ogni mese prederai molto di più di quanto un normale studente della nostra età potrebbe disporre! Dovrai solo privarti di qualche lusso, ma la tua vita non deve cambiare così radicalmente!”
“Appunto. Io preferisco non sprecare tutti i soldi della rendita per pagare questa suite, ma poter continuare a togliermi tutti gli sfizi che voglio!”
“Ma ti ripeto che non c’è bisogno che tu te ne vada…”
“Senti Logan ti prego di non insistere, voglio fare questa cosa.” Sempre più agitato Dick sembrava non avere alcuna intenzione di ascoltare il suo compagno di stanza.
“Ma non capisco perché ora, cavolo non è passato neanche un giorno! Torno e da un momento all’altro ti trovo in preda a un raptus di follia! Ma che ti prende?? Aspetta un po’ di tempo, non c’è fretta!”
“Ottenere una camera dai Pi Greco non è facile, ora si è liberato un posto e tanto vale che ne approfitti subito senza rischiare in futuro di dover finire in una pidocchiosa stanza del dormitorio comune con qualche idiota che non si lava, ascolta musica folk e non sa come è fatto un reggiseno! Per cosa? Solo per aver rimandato una cosa che tanto devo fare??”
Logan era indeciso se essere confuso o imbestialito dall’irragionevolezza e dalla testardaggine che Dick stava dimostrando. Quel ragazzo non era solito difendere con tanta tenacia e ostinazione le sue decisioni e a Logan non era mai capitato di non saper cosa dire in una discussione con lui. Veramente non sapeva cosa pensare e, cosa che lo stupiva ancora di più, non gli veniva in mente nessun argomento per convincere l’amico a tornare ad essere sé stesso, il solito affabile, noncurante e spensierato Dick.
“Ok amico, ma almeno puoi rallentare un attimo? Fermati, sediamoci un secondo dai.”
Questa volta Dick non obbiettò e, lanciando sul letto il paio di jeans che stava per infilare in valigia, si accomodò tranquillamente sul divano del soggiorno accettando la tazza di caffè che Logan gli stava porgendo.
“Sei proprio sicuro di questa decisione?”
“Senti, non ti ho chiamato per discutere, ma solo perché mi aiutassi a portare la mia roba alla confraternita ok?”
“Come vuoi.”
“Comunque non cambierà nulla tra noi… insomma, voglio dire… la nostra amicizia… continueremo a vederci come abbiamo fatto finora no?”
“Ti ripeto che può anche non cambiare niente.”
“Senti non è di che questo che ho bisogno ora ok? Ho bisogno di poter contare sul fatto che tra noi resterà tutto come prima.”
Prima che Logan potesse rispondere all’amico, la tasca dei suoi jeans cominciò a vibrare, distraendolo dalla confusione che gli stava causando il discorso appena intrapreso da Dick. Prima di tornare a dargli attenzione, lesse velocemente il messaggio di Veronica – Cambio di programma, raggiungimi in ufficio. V.
“Sinceramente non capisco questa tua preoccupazione Dick… comunque no, certo che no.”
“Benissimo. Stasera c’è una festa da noi, allora ti aspetto!”
“Era qui che voleva portare questa tua ridicola scena smielata?”
“Ovviamente ricordati che non c’è mai stata! E se mai te ne dovessi uscire sappi che negherò fino alla morte… ho una reputazione da difendere io!”


Dopo aver comprato il pranzo, che ora giaceva in una busta di carta bianca sul sedile del passeggero, Logan parcheggiò la sua auto a pochi metri dall’ingresso della Mars Investigation. Una volta fuori dall’abitacolo, rimase un istante in piedi con la portiera ancora aperta a pensare all’ultima volta in cui si era trovato in quel posto, tumefatto, sanguinante, infuriato, dopo aver pestato a sangue l’ex ragazzo meteora di Veronica, Piz, credendolo responsabile di aver fatto circolare su internet il video di una scena di intimità di cui lei era protagonista. Raramente ricordava di aver perso il lume della ragione come nel momento in cui aveva visto il corpo nudo della sua Veronica attraverso lo schermo di quel computer, ripreso a tradimento in tutta la sua proibita bellezza. Logan chiuse la portiera e fece scattare con il telecomando la chiusura automatica della sua auto che lo salutò con un bep bep, ma appena si trovò a pochi passi dall’ingresso dell’ufficio ne vide uscire un affrettato Keith Mars. Il suo primo impulso fu quello di infilarsi furtivamente nel negozio adiacente prima che l’ex sceriffo potesse scorgerlo, ma lui stesso si sentì stupido per quel pensiero. In fondo perché mai avrebbe dovuto nascondersi? Lui amava Veronica e non l’avrebbe più lasciata, quindi prima o poi Keith avrebbe dovuto abituarsi alla sua presenza nella sua vita, e anche se per adesso Veronica non aveva ancora trovato occasione per spiegare al padre come stavano le cose, questo certo non toglieva a lui il diritto di andarla a trovare ogni qual volta ne avesse voglia! Stava facendo la cosa più normale del mondo! E comunque un giorno o l’altro avrebbe conquistato quell’uomo, Logan era fermamente determinato in quel proposito.
“Salve signor Mars” lo salutò con naturalezza Logan fermandosi accanto al sorpreso detective.
“Logan, ciao. Che ci fai qui?”
“Cercavo sua figlia.”
“Te lo sento dire spesso in questi giorni eh?” La faccia allusiva di Keith mentre pronunciava quella frase con gli occhi fissi sulla busta del pranzo che Logan teneva in mano, non rendeva difficile a chiunque capire che aveva già fiutato qualcosa. Logan poteva comprendere dal suo tono che qualunque idea l’uomo si fosse fatto, questa non doveva entusiasmarlo particolarmente, al punto da portarlo a colorire la sua voce con quell’accenno di sarcasmo. Logan si sorprese ad esserne infastidito e stava quasi per rispondergli, se il suo buon senso non lo avesse reso certo che una sfida verbale col padre della sua fidanzata sarebbe stata la chiave meno adeguata per entrare in quella famiglia. Si limitò quindi a sorridere leggermente imbarazzato dalla sua posizione scomoda, cosa che diede a Keith lo spunto per proseguire. “Comunque Veronica è dentro, sta lavorando.”
“Devo solo chiederle una cosa.” Logan fece buon viso a cattivo gioco, scegliendo di ignorare l’avvertimento scoraggiante che Keith gli aveva non troppo velatamente trasmesso, pur non potendo evitare di dispiacersi della costatazione che evidentemente quell’uomo doveva disprezzarlo più di quanto lui pensasse. Ma come poteva biasimarlo? Era un padre e ai suoi occhi lui era il ragazzo che in passato aveva fatto del male alla sua bambina. In fondo loro due avevano molto in comune: anche Logan dichiarava guerra aperta a chiunque si azzardasse anche solo a guardare storto Veronica. Ne era certo, prima o poi Keith Mars avrebbe imparato ad apprezzarlo.
I due si scambiarono un approssimativo saluto di congedo, e mentre Keith riprendeva la sua strada con la stessa fretta con la quale era uscito dall’ufficio, Logan aprì la porta della Mars Investigation ed entrò, trovandosi davanti la consueta immagine che lo aveva accolto quasi ogni volta che aveva varcato quella soglia: Veronica era seduta alla sua scrivania e stava parlando al telefono, probabilmente con un potenziale cliente, a sentire la conversazione.
“… e questo è il nostro pacchetto base. Altrimenti possiamo scavare anche più a fondo, ma ovviamente saliamo di prezzo. … Ma certo, ci pensi pure. Va bene, aspettiamo che ci faccia sapere la sua scelta. A lei, a presto. … Ciao straniero!” Attaccando il telefono Veronica salutò Logan con un sorriso luminoso e si alzò per accoglierlo con un bacio.
“E’ lei il detective?”
“Si. Ma devo avvertirla che in questo momento siamo chiusi… sto aspettando il mio fidanzato che aveva promesso di portarmi il pranzo!”
Logan sventolò la busta bianca sotto il naso di Veronica e sorrise della contentezza che lei stava dimostrando mentre si sedeva sul divanetto dell’ingresso e cominciava a rovistare tra i caldi contenitori per scoprire quali delizie celavano.
I due ragazzi trascorsero una piacevole mezz’ora a mangiare e chiacchierare serenamente. Logan raccontò a Veronica della situazione di Dick, confessandole il suo dispiacere nel perdere il suo ormai storico coinquilino, e ribadendole l’impegno per la serata. Nonostante fosse riuscito a strapparle un consento a tradimento già quella mattina, Logan impiegò altri 10 minuti buoni per convincerla ad andare con lui dai Pi Greco e dovette dare fondo a tutte le sue doti di abile persuasione per farle vincere le sue resistenze a mescolarsi con quella categoria di studenti così diversi da lei. E anche da lui. Appena Veronica, sospirando sconsolata, accettò di dargliela vinta e di accompagnarlo alla festa, il telefono dell’ufficio squillò nuovamente, costringendola a scendere dal divano sul quale si era comodamente rilassata con le gambe stese su quelle di Logan.
“Mi credi che ci sono giorni in cui il telefono non squilla neanche una volta? … Pronto, Investigazioni Mars…”
Mentre Veronica prendeva nota di alcune informazioni che Cliff le stava fornendo al telefono circa un caso seguito da suo padre, notò che Logan, ancora seduto sul divano, con la testa reclinata all’indietro e lo sguardo fisso sul soffitto, sembrava essersi perso nei suoi pensieri. Dall’aria vagamente intristita che aveva assunto, la ragazza comprese che non stava semplicemente rimuginando sul frivolo discorso che avevano appena interrotto, doveva essere qualcos’altro e Veronica sperò che il logorroico avvocato tagliasse corto la sua noiosa arringa lasciandola libera di andare a scoprire cose turbasse Logan.
“Ehi, che ti prende?” Gli disse riagganciando il telefono e affrettandosi a raggiungerlo nuovamente sul divano.
“Scusa… mi sono solo impensierito…”
“Qualcosa non va?”
“No piccola, anzi, va tutto benissimo.” Le rispose Logan baciandole dolcemente la mano che lei gli aveva appoggiato preoccupata sul petto. “Solo che…”
“Solo cosa?” Lo incalzò Veronica.
“Niente, mi stavo chiedendo…” Logan tornò a guardare il soffitto appoggiando la testa alla spalliera del divano, “… tu cosa faresti se tua madre tornasse a Neptune e ti chiedesse aiuto?”
Veronica aveva intuito che si trattasse di questo, sapeva che questo argomento non si sarebbe potuto rimandare ancora a lungo. La notte precedente Logan si era limitato a resocontarle i fatti, le aveva raccontato che aveva trascorso il resto dell’estate a fare surf in Australia e aveva concluso con un laconico “questo è tutto”. Neanche una parola su cosa avesse provato, su cosa sentisse adesso, su cosa quella shoccante scoperta avesse provocato dentro di lui. E lei aveva preferito non forzarlo, non gli aveva fatto domande, non gli aveva chiesto spiegazioni circa i suoi sentimenti, circa la sua decisione di non aiutare la madre, anche perché Veronica per prima non aveva idea di cosa avrebbe fatto se fosse stata lei a trovarsi nella medesima situazione. Non poteva giudicarlo per la sua scelta, una scelta che a molti avrebbe forse potuto apparire egoistica e infantile, perché lei sapeva bene quale dolore causasse una ferita inferta dalla propria madre. Quella notte si era limitata ad abbracciarlo e a tenerlo stretto in silenzio finché il sonno non si era impadronito di entrambi, ma sapeva che a breve Logan avrebbe dovuto confrontarsi con il peso che incombeva sulla sua anima, perché era impensabile che non vi fossero conseguenze e, a quanto pareva, l’ombra del senso di colpa stava già cominciando a insinuarsi nella corazza che lui si era costruito, nel momento in cui aveva lasciato la casa di sua madre, per difendersi dalla sofferenza. E adesso doveva farci i conti. Logan sapeva di avere tutte le ragioni per disinteressarsi delle sorti di quella donna che lo aveva abbandonato e lo aveva ricercato solo per chiedergli i suoi soldi, si sforzava di convincersi che non era lui a doversi creare dei problemi, ma quella era sua madre e di fronte a questo pensiero ogni seppur valida ragione finiva per vacillare.
“Sinceramente non lo so…” Veronica era abbastanza impreparata a rispondere a quella domanda, neanche lei avrebbe mai voluto essere costretta a porsela: cosa avrebbe fatto se sua madre fosse tornata un’altra volta a chiederle aiuto? Le avrebbe detto che ormai aveva sprecato tutte le chance che lei era disposta a concederle e l’avrebbe cacciata a male parole, come le suggeriva il suo primo istinto, o alla fine, dopo sofferte resistenze, l’avrebbe aiutata nonostante tutto, facendo prevalere la razionalità sul suo cuore ferito? “Quello che so Logan, è che sicuramente sarebbe difficile tenere fuori il risentimento dalla mia scelta.”
“Già.” Logan ancora non la guardava, ma lei sapeva bene cosa gli stesse passando per la testa. Stava tornando sulla sua decisione, stava cominciando a pensare di aiutare sua madre, stava decidendo di essere superiore. E Veronica lo stimava per questo. Era questo il Logan che conosceva e amava e lei glielo trasmise con il suo tacito assenso, limitandosi a stringergli ancora più forte la mano. “Sai qual è la cosa assurda?” Logan riprese a parlare. “Che per tutto questo tempo, dal giorno in cui ritrovarono l’auto di mia madre su quel ponte, io ho sempre continuato a sperare che fosse viva, ma non perché tornasse da me… solo per sapere che stava bene. Non mi importava dove e con chi, l’importante era che stesse bene, anche se lontano da me. Credimi, lo desideravo con tutto me stesso! Invece quando l’ho vista lì… con la sua nuova vita, la sua nuova famiglia… felice… io… non lo so, mi sono sentito così irrilevante per lei, tutte le mie vecchie priorità se ne sono andate al diavolo in un secondo e… non lo so, mi è scattato qualcosa. Poi nell’ultimo mese lei ha provato a chiamarmi in hotel… non sai quante volte Veronica, non sai quante. Non lo so, non lo so, forse ho sbagliato…” Mentre Logan scuoteva la testa Veronica pensava che non c’era molto che lei potesse dire o fare, a parte fargli sentire tutta la sua vicinanza. “Ascolta Veronica, ho bisogno che tu faccia una cosa per me.”
“Certo...”
“Puoi scoprire se mia madre ha detto la verità? Insomma, se non ha mentito circa la situazione economica della sua famiglia. E anche trovare il suo numero di telefono.”
“Lo farò subito. Ma, Logan… perché proprio ora?” In fondo aveva avuto quasi due mesi per metabolizzare l’accaduto, per cambiare idea, e ora, dal giorno alla notte, sembrava già così deciso.
Logan sorrise. Era il primo a non saperlo. “Non lo so. Forse solo in questo momento la mia vita mi impedisce di essere troppo accecato dalla rabbia.”
Veronica rispose al suo sorriso cogliendo il riferimento a se stessa e lo baciò. “Scrivimi nuovo nome e indirizzo, quando passerai a prendermi stasera dovrei già avere tutto.”
“Pensi che stia facendo la cosa giusta?”
“Sai che ti appoggerò qualunque cosa tu decida di fare.”
Logan non aveva bisogno di sentire altro e lentamente tornò a rasserenarsi, aiutato dal caffè che Veronica si era preoccupata di preparare in pochi minuti. Purtroppo però non poteva concedersi di rilassarsi ancora per molto su quel divano, dato che lo aspettavano due noiosissime lezioni pomeridiane alla Hearst. Per un po’ accarezzò l’irresponsabile idea di evaderle, ma tanto doveva lasciare che Veronica si mettesse a lavoro nelle ricerche che le aveva chiesto, quindi dopo un’ultima mezz’ora di svago, lasciò controvoglia la Mars Investigation per assumere i panni del diligente studente che si dirige all’università puntuale per l’inizio delle lezioni.








  
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