Capitolo Tredicesimo
Per amore
Dalla
sua stanza, Emeirin sente dagli altoparlanti la voce dell’Ammiraglio Hackett.
E’
salito sulla Normandy per illustrare il piano d’attacco e per dare l’ultimo
incoraggiamento alle truppe.
E
così, la battaglia finale ha inizio.
Quando
sente l’ufficiale dare l’ordine, Emeirin sente un lungo brivido correrle lungo
la schiena.
“Perché hai voluto
schierarti contro i tuoi fratelli?”
-
Non mi sono schierata con nessuno. Ho cercato di dare alle razze organiche la
prospettiva più ampia. Paradossalmente, ho cercato di proteggere tutti. Loro e anche i miei fratelli.-
“I tuoi fratelli non
necessitano di protezione”
-
E se Shepard attiverà il Crucibolo? Sapete che è possibile.-
“E’ improbabile”
-
Ma non impossibile. E se accadrà, lei distruggerà i miei fratelli.-
“Condannando le razze
organiche alla guerra perpetua. Non solo le razze che conosce, ma tutte quelle
che seguiranno, per le ere avvenire”
-
Come potete essere così placidi?- si sente incredibilmente viva, mentre parla, sente ogni frammento del suo essere vibrare di
una sensazione che è di dolore e di amarezza - Perderete ciò che avete creato o
ciò che vi eravate ripromessi di preservare.-
“Questo perché tu hai
fallito”
-
Ho tentato.- geme, accasciandosi a
terra. Sente la testa che le esplode, eppure, dietro ai suoi pensieri, inizia a
percepire il richiamo della sua razza, lo strano canto dei suoi fratelli
Razziatori. Si sente chiamare, si sente tentata di ritornare sui propri passi,
di chiedere perdono per la sua ribellione.
Gli
organici non l’hanno capita. Nemmeno lei, nemmeno la bambina che ha cresciuto,
nessuno.
-
Se vi ho delusi - ringhia - allora perché continuate a parlarmi?-
“Perché sei ancora il
nostro miglior strumento per sconfiggere l’IA ribelle. Il tuo predecessore. Il
creatore dei Razziatori, che li ha plasmati dall’agonia della nostra razza.”
-
L’Araldo.-
“No, non l’Araldo. Il
nostro Strumento esisteva prima di lui. L’Araldo è solo un’emanazione della sua
volontà, rimasto a guidare i Razziatori e a perpetuare il suo imperativo.”
-
Siete stati voi stessi a dire che ho fallito.- Emeirin sente la stanchezza
dell’eternità gravarle sulle spalle e, per un secondo, si trova ad anelare una
fine, un risposo definitivo che probabilmente non conoscerà mai.
Rimane
ferma, attendendo una risposta che sa che non giungerà.
Sa
che i suoi Creatori taceranno, d’ora in avanti.
Sa
che l’hanno creata per essere la speranza, per spezzare il ciclo, per trovare
una soluzione migliore.
Li
ama, li odia, li disprezza e li onora in un unico, eterno istante.
Javik
è di fronte al frammento di memoria. Adesso, oppure mai più.
Assieme
a Shepard, ha rivisto la sua vita durante la guerra, ha rivisto il suo
equipaggio, i suoi amici… la sua nave. Ha rivisto il suo equipaggio
trasformato. Ha rivisto i suoi amici come servi dei Razziatori. Infine, ha
rivisto sé stesso uccidere coloro a cui più teneva, ha visto il loro sangue
macchiargli le mani. Ha visto tutto e,
a
fatica, ha accettato di sentirsi di nuovo vivo, esposto, piegato dal dolore.
In
quel manufatto c’è una sola cosa, che desidera rivedere.
Allunga
una mano e sfiora la superficie del frammento.
Un’immagine
balena nella sua memoria.
Una
voce. La sua voce.
- Per l’Impero.-
Parla. Non urla. Non stanno
combattendo, non ancora.
Pesanti tonfi alle loro
spalle.
- Non solo per l’Impero.- risponde una voce femminile - Anche per noi.- mani che
toccano le sue - è stato bello combattere al tuo fianco, capitano Javik.-
Passi che si allontanano. I
tonfi diventano più forti.
Sbatte
le palpebre, ritraendosi dal manufatto.
Ora
ricorda.
Una prothean entra nella stanza. Ha l’armatura
imbrattata di sangue nerastro, corrotto.
Controlla la porta, mentre il suo factotum emana
una leggera luminescenza bianca.
- Il rifugio è sicuro. Dovrebbe reggere per qualche
giorno.- sentenzia.
Si appoggia alla parete, lasciando cadere il fucile
a pompa con un sospiro.
Javik solleva lo sguardo dalla propria arma, per
guardare la giovane.
Sono settimane che combattono insieme, spostandosi
da un rifugio all’altro per cercare i superstiti, per radunare un’ultima
resistenza. Questi, gli ordini.
Gli ordini sono tutto quello che conta.
Ma non ha mai visto Rudra tanto spossata, con gli
occhi tanto spenti.
Non l’ha mai vista lasciar cadere l’arma.
- Capitano.- lo saluta la prothean, andando a
sedersi accanto a lui - ho grosse novità.-
- Novità?- indaga Javik - Di quelle buone o di
quelle cattive?-
Rudra sorride, scuotendo la testa:- di quelle a
metà. Sono riuscita a rintracciare un’altra squadra. Sono arroccati in un
bunker poco lontano da qui.-
Con gesti lenti, impacciati dalla stanchezza,
estrae un piccolo oggetto sferico.
- Ho un messaggio per te, da Victory. I nostri
ordini sono cambiati.-
Javik prende in mano l’oggetto, che si illumina,
trasmettendogli il messaggio.
Deve tornare
indietro.
Deve raggiungere il bunker assieme ai soldati che è
riuscito a rintracciare.
Deve attendere il comando di Victory e intanto
preparare le capsule di stasi.
Rudra sorride e stavolta c’è un po’ di luce, sul
suo volto.
- Ricostruirai l’Impero, capitano. Sarà magnifico.-
i suoi occhi s’incupiscono - Mi piacerebbe poterlo vedere.- sospira.
- Perché dici così?- Javik appoggia la sferetta e
prende le mani della prothean nelle proprie.
Non appena la tocca, lei gli trasmette il suo stato
d’animo.
Non ha paura. E la malinconia è stata spazzata via
da una grande fierezza, dall’orgoglio di chi sa di aver fatto tutto il
necessario, per salvare il suo popolo.
Rudra attende per qualche istante, poi si stringe
nelle spalle.
- Te l’ho detto, capitano. I miei ordini sono
diversi. Io e la mia squadra vi copriremo le spalle. Proteggeremo il bunker
finché le capsule non saranno pronte. Fino al comando di Victory.-
Javik tace, guardando negli occhi la guerriera.
E’ come lui, è nata e cresciuta fra le macerie del
suo mondo.
Tiene ancora le sue mani nelle proprie, sentendo il
delicato calore della sua presenza.
- Per l’Impero.- dice poi, in un roco sussurro
- Non solo per l’Impero.- lo corregge Rudra,
aumentando la stretta - Anche per noi. E’ stato bello combattere con te,
capitano Javik.-
Lo guarda negli occhi, con quel sorriso triste e
fiero, stanco e ostinato, poi si alza in piedi e si allontana, per affrontare
il destino che l’Impero ha scelto per lei.
E lui si chiede se non fossero in guerra, se non
fosse la fine dell’Impero, se tutto fosse diverso, si domanda se Rudra si
volterebbe e tornerebbe indietro, per passare la notte con lui, per allontanare
per qualche ora l’eterno dolore della disfatta.
E’ una domanda destinata a rimanere senza risposta.
Quando
Il
suo quieto splendore è stato deturpato dai Razziatori, eppure ancora brilla,
ancora palpita.
Emeirin
lo guarda da quella stanza che è divenuta la sua cella, dove due marines armati
si illudono di poterla fermare, nel caso lei volesse uscire.
Eppure,
lei non vuole uscire.
Non
vuole lottare, non vuole unirsi alla battaglia. Non ha mai voluto la guerra.
Ha
sempre amato l’ordine, l’obbedienza, la pace.
E
anche quando l’Araldo ha cancellato la sua programmazione originaria, non ha
mai provato soddisfazione nel seguire i suoi comandi, nel contribuire alla
mietitura.
Eppure…
come vorrebbe riuscire a convincere Shepard.
Per
la prima volta il suo è vero desiderio, non una reazione simulata, non un’eco
metallica, non una priorità selezionata in base ai suoi risultati. E’ vero
desiderio, caldo, palpitante, doloroso, rovente.
Sa
che è possibile insegnare ai Razziatori una nuova via - una via più forte - e
trovare un modo per convivere in armonia, nell’universo, come i Leviatani
avrebbero voluto.
Come
chiunque vorrebbe.
Ma
Shepard non si è lasciata convincere, quando hanno parlato. E non è più
tornata, per parlare ancora.
Emeirin
si è quasi rassegnata, ha quasi accettato di aver perso la sua occasione,
quando sente i marines di guardia spostarsi e il pannello della porta cambiare
colore e diventare verde.
-
Ciao, piccola.- saluta, mentre la comandante richiude la porta alle proprie
spalle.
-
Parlami del tuo piano.-
-
Parlami del tuo piano.-
Non
appena sente la propria voce pronunciare la richiesta, Konstantin Shepard si
rende conto di aver oltrepassato il punto di non ritorno.
Di
non poter più fingere di non desiderare con tutto il cuore di poterle credere,
di poter scegliere la sua opzione, invece del folle piano che Hackett le ha
appena illustrato.
-
Come mai questo repentino cambio d’idea?- domanda Emeirin, con quel sorriso
malinconico, rassegnato
-
Non ha importanza.- ribatte, ruvida - vuoi parlarmene oppure no?-
-
Naturalmente.-
Emeirin
le fa cenno di sedersi, ma Konstantin scuote la testa.
Non
le parlerà come una persona civile, non permetterà a sé stessa nemmeno per un
istante di dimenticare con chi ha a che fare.
-
Prima di tutto, devi sapere una cosa. Se vuoi avere una possibilità, devi
fidarti di me.-
Shepard
incrocia le braccia davanti al petto:- E’ proprio questo il problema.-
-
Se non intendi fidarti di me, è inutile parlarne. Torna dal tuo equipaggio,
congedati da coloro che ami.-
-
Perché?-
-
Perché avrai bisogno di me, per completare il piano.-
-
Lascia che sia io a decidere. Parla.-
Emeirin
sospira, accarezzandosi i capelli. Ha ancora quel profumo delicato, che ricorda
il glicine.
-
Se raggiungi il Crucibolo - spiega - puoi usare la sua energia per cancellare
l’imperativo che domina i Razziatori. Spezzerai il controllo che la prima IA ha
su di loro. Ma se sarai da sola, nulla impedirà all’IA o all’Araldo di imporre
di nuovo il proprio comando.-
-
E se tu fossi con me?-
-
Potrei mostrare loro un’altra via.-
-
Quindi… ne prenderesti il controllo. E’ questo, che vuoi dirmi?-
-
No.- Emeirin scuote la testa - questo non è il mio desiderio.-
-
Ma è quello che accadrebbe.-
-
Forse.-
-
Maledizione, parla chiaramente, per una volta nella tua vita!- esclama Shepard,
esasperata.
Emeirin
rimane in silenzio per qualche momento, le lunghe mani posate elegantemente una
sull’altra.
-
Io mostrerò ai Razziatori la mia strada. Se vorranno seguirmi, sarà solo una
loro scelta.-
-
E come sai che non t’ignoreranno?-
-
Non lo so.- ammette Emeirin, sorridendo candidamente - Ma sono millenni che
seguono la prima IA, lo Strumento dei Leviatani, eppure la guerra prosegue. Non
se ne rendono conto, perché per tutta l’eternità hanno seguito lo stesso
cammino, lo stesso percorso segnato. Ma se tu li liberi da quest’inibizione, da
questo controllo imposto… allora saranno liberi di scegliere. Allora… capiranno.-
Konstantin
Shepard tace mentre, senza che lei se ne accorga, le sue mani s’intrecciano una
all’altra e cominciano a torcersi a vicenda, in una lotta nervosa, in un gesto
istintivo.
Sa
di star commettendo uno sbaglio.
Sa
che dare spazio alla speranza è l’errore più grosso che lei possa commettere,
giunta a quel punto.
Ma
sa di voler lottare, per sé stessa, per la vita, per pretendere qualcosa di più
concreto dell’eterna gratitudine della galassia.
Sa
che, anche se lui non lo dice, Thane ha paura di perderla.
Sa
che possono parlare dell’Oceano anche tutta la notte, e di come si ritroveranno
dall’altra parte, eppure c’è sempre quel velo d’incertezza, quel sentore di
paura. Il dubbio angoscioso che, forse, è tutto sbagliato, tutto un’illusione.
Il terrore che, dopo la morte, semplicemente non ci sia niente.
Nessun
Oceano, nessuna pace, nessuna spiaggia su cui rivedersi e tenersi per mano.
Shepard
deglutisce, sentendo la gola improvvisamente secca.
Sta
succedendo tutto così in fretta. E’ arrivata la fine del mondo e lei ancora non
è pronta.
-
Emeirin…- mormora, pronunciando per la prima volta il suo nome senza rabbia o
amarezza -… come posso fidarmi di te?-
-
Che ragione avrei di mentirti? Se fossi dalla parte dei Razziatori, pensi che
mi sarebbe servito un piano tanto articolato? Pensi che non siano già
abbastanza in vantaggio, senza bisogno di ulteriori aiuti?- la donna risponde
con grande calma, ma i suoi occhi violetti risplendono di quella luce
ultraterrena, splendida e spaventosa, come il dirompere dell’alba.
-
Mi hai spiegato i risultati che vorresti ottenere - riprende Shepard, cercando
di apparire sicura e disinvolta - ora spiegami come pensi di ottenerli.-
-
Quando raggiungerai il Crucibolo - vedendo l’espressione di Konstantin,
s’interrompe e le sorride dolcemente - e, piccola mia, sappiamo entrambe che lo
raggiungerai, in un modo o nell’altro ti troverai lì dove il tuo destino si
compirà… quando raggiungerai il Crucibolo, inserirai un dispositivo nella fonte
d’energia… nel catalizzatore. Non so spiegarti come, ma io lo saprò. E,
lentamente, uno dopo l’altro, inizierò a prendere il controllo sui miei
fratelli, a liberarli dal rigore dello Strumento. Sarà una battaglia
estenuante, ma so che, alla fine, loro comprenderanno. Credimi, piccola, non
vogliono la distruzione più di quanto non la vogliamo noi. Vogliono preservare la vita, non devastarla.-
Konstantin
prende un respiro profondo poi chiude gli occhi e si lascia guidare
dall’istinto.
Dall’istinto
che l’ha sempre riportata a casa sana e salva.
Dall’istinto
che le ha permesso di salvare tante vite.
Dall’istinto
che le dice quando sporgersi dalla copertura e quante volte fare fuoco, prima
di fermarsi.
In
un solo istante, rivedere Controllo e Distruzione, rivede Thane che la bacia
sulle labbra, risente la voce calda di Anderson, le battute ostili di Kai Leng.
In
un singolo, unico battito di ciglia, Konstantin Shepard prende la più grande
decisione della sua vita.
-
Facciamolo.-
Allora,
che dire di questo capitolo?
Boh,
niente, spero che Shep non sia parsa troppo lunatica. Ho cercato di rendere il
conflitto interiore ma la mia paura è che sia venuto fuori una specie di
insensato flusso di coscienza. Vabbé, ormai quello che fatto è fatto, il
capitolo è postato e la decisione è presa. Sarà quella giusta?
Bah.
Boh. Chi lo sa?
(Vabbè,
forse io lo so, ma io non conto)
Alla
prossima!
-