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Autore: FireMC    04/10/2013    1 recensioni
Ho sempre amato molto la coppia KeixHil e mi dispiace molto non aver più letto fanfiction su loro due. Questa è un'idea che avevo da un po' di anni. Ho preso ispirazione dai libri della Confraternita del Pugnale Nero, la storia parlerà di vampiri ed avrà appunto per protagonisti Kei ed Hilary. Spero possa piacervi.
Genere: Azione, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 4



Quando Hilary aveva deciso di trovarsi un lavoro, inizialmente non aveva avuto grandi pretese, credendo che molto probabilmente sarebbe finita a fare la cameriera in qualche squallido bar o la commessa alla cassa in un fast food.
Incredibilmente, mentre adocchiava vari annunci esposti sulla bacheca di un'agenzia lavorativa, aveva visto un semplice volantino stampato su carta bianca, del tutto anonimo e per nulla attraente rispetto a tanti altri dai colori sgargianti.
Un poco conosciuto giornale locale stava cercando un fotografo, anche alle prime armi.
Hilary non aveva perso tempo e si era presentata nell'ufficio del direttore del giornale, il signor Daitenji, quella mattina stessa, spiegandogli il suo disperato bisogno di lavorare per riuscire a mantenersi da sola.
Fortunatamente la ragazza aveva ereditato da sua madre la passione e la bravura con la macchina fotografica, perciò non era stato affatto difficile per lei fare una buona impressione al il direttore. Questo l'aveva infatti immediatamente messa alla prova per una settimana, affiancandola al giovane reporter Max Mizuhara e in breve tempo, notando la sua dedizione per quel lavoro e la sua diligenza, l'aveva definitivamente assunta come nuova fotografa.
La giovane era orgogliosa di se stessa e sicuramente, se sua madre fosse stata viva e avesse potuto vederla, lo sarebbe stata anche lei.
Al giornale tutti l'avevano accolta amichevolmente e con calore, facendola sentire come parte di una grande, allegra, felice famiglia.
In particolare il signor Daitenji, una persona davvero molto piacevole, l'aveva presa sotto la sua ala protettrice, trattandola più come una figlia, che come una dipendente.
Era un omino piuttosto basso e cicciottello dall'aria simpatica ed il sorriso gentile, in grado di mettere a proprio agio chiunque in qualsiasi momento o circostanza.
In qualche modo Hilary gli si era affezionata, per quanto questo potesse essere possibile per una come lei che rifiutava e si teneva ben alla larga da qualsiasi possibile relazione umana.
Non era certamente quella che si poteva definire una ragazza allegra e socievole, ma non le dispiaceva stare in mezzo alla gente e il relazionarsi con i colleghi al lavoro non le era mai parso troppo difficile.
Il suo unico problema era costituito dal tragitto dal collegio alla sede del giornale, che doveva obbligatoriamente fare in autobus, sempre troppo affollato e chiassoso per lei. Nell'angusto spazio del mezzo, dove circa centoventi persone o poco più se ne stavano in piedi -in mancanza di posti a sedere- pressate le une contro le altre, si sentiva sempre a disagio. L'aria era pesante e faceva fatica a respirare, il coincitato brusio della gente le perforava i timpani facendole inevitabilmente venire il mal di testa e l'odore di chiuso e sudore le dava sempre un senso di nausea.
Avrebbe perfettamente potuto prendere un taxi, ma il costo sarebbe stato troppo elevato e lei non era proprio il tipo che buttava via in quel modo i soldi che duramente si guadagnava. Non poteva permettersi di sprecare nemmeno un penny.
Fortunatamente quel sabato c'era solo una decina di passeggeri sparpagliata tra i sedili oltre a lei.
Una vecchina era seduta tra i primi posti e discorreva amabilmente con l'autista. Da dove si trovava, Hilary non riusciva bene a sentire tutto, ma intuì che l'argomento principale era l'imminente apertura del nuovo centro commerciale poco lontano dai giardini pubblici.
Qualche sedile avanti a lei, una donna cullava il figlio canticchiando sottovoce una ninnananna. Al fianco di questa stava seduta una bambina, che sonnecchiava con la testa poggiata sulla spalla della madre.
In piedi, davanti alla porta dell'autobus, stava un ragazzo ad occhio e croce sui quattordici anni che batteva ritmicamente il piede a terra, mentre sgranocchiava delle patatine al formaggio, a giudicare dall'odore che arrivò al naso di Hilary. Poco distante da lui, la giovane intravide la figura di un uomo che dormiva con la schiena appoggiata al finestrino e le gambe stese sui sedili. Doveva essere parecchio alto, si ritrovò a notare osservando la posizione poco comoda nella quale era costretto quell'individuo. Le sole altre caratteristiche che riuscì ad individuare in lui furono la muscolatura non indifferente messa in evidenza dalle braccia incrociate sul petto e i lunghi capelli corvini dalle tenui sfumature blu raccolti da una coda. Il viso le era precluso alla vista dato che era interamente coperto da berretto rosso.
Infine, in fondo al mezzo, quattro ragazzi occupavano l'ultima fila di sedili parlando ad alta voce e ridendo sguaiatamente.
La giovane non prestò loro molta attenzione, preferendo oncentrarsi sul ragazzino poco più avanti rispetto a lei. Era strano, non c'era alcun dubbio. Indossava una maglietta blu sbiadita e consumata con le maniche arrotolate fin sopra le spalle, qua e là riuscì ad individuare qualche macchiolina di salsa al pomodoro e mayonese. I suoi jeans erano chiari e strappati in più punti e ai piedi portava delle scarpe da ginnastica bianche sporche ed evidentemente vecchie. Ma la cosa che attirò maggiormente la sua attenzione furono i capelli di un rosso acceso sollevati grazie ad una quantità esorbitente di gel.
"Eccentrico" pensò la ragazza "ma originale."
Le piaceva quello stile sciatto e trasandato, ma notevolmente comodo. Lei di abiti ne aveva davvero pochi, poichè in tutti quegli anni aveva utilizzato per la maggior parte del tempo le divise del collegio di sua madre o qualche tuta da ginnastica che si era potuta permettere quando aveva iniziato a lavorare, nonostante il suo armadio fosse colmo dei vecchi vestiti di sua madre, ma gonne colorate e camice eleganti non facevano proprio al suo caso. Ricordava vagamente che, da piccola, la Minamino si ostinasse a vestirla con pizzi e merletti con una gamma di colori che andava dal giallo limone al rosa confetto. Assolutamente orribile. Se fosse stata una ragazza normale, probabilemente lo stile di quel ragazzino sarebbe stato perfetto per lei.
Improvvisamente qualcosa in fondo all'autobus la distrasse.
-...molto carina eh?-stava dicendo uno dei ragazzi che aveva precedentemente notato.
-Quanti anni avrà secondo voi? Sarà maggiorenne?-chiese un'altro.
-Anche se non lo è che importa? Io ci provo lo stesso.-affermò con sicurezza un terzo e, anche se Hilary non poteva vederlo, riuscì comunque a capire che questo si era alzato e si stava dirigendo verso...evidentemente verso di lei.
Un'espressione annoiata prese forma sul suo viso mentre lo sentiva avvicinarsi e notò che lo scambio di battute avvenuto non era affatto passato inosservato, attirando lo sguardo vagamente preoccupato della donna con i due bambini che aveva improvvisamente interrotto il suo canto.
Avertì con chiarezza l'approssimarsi di quel tipo, ma fece finta di nulla, continuando a guardare davanti a sè.
-Ciao dolcezza.- alitò il giovane quando si fu fermato al suo fianco.-Posso sedermi qui?-le chiese indicando con un cenno del capo il sedile vuoto.
Hilary lo guardò inespressiva per alcuni secondi. Capelli biondo cenere, occhi verdi, abbronzatura da surfista e sorriso sfrontato. Indubbiamente un bel ragazzo, ma incrociando il suo sguardo percepì uno strano brivido solleticarle la pelle e il sapore di metallo sulla lingua, una sensazione spiacevole, come se il suo corpo la stesse avvertendo di tenersi alla larga dal pericolo. Quel ragazzo era malvagio, non seppe dire con certezza da che cosa derivasse questa consapevolezza, ma ne era sicura al cento per cento.
-No, è occupato.-rispose infine, lasciando interdetto il biondino.
-Ma è vuoto.-protestò recuperando il suo ghigno spavaldo.
La ragazza sbuffò pesantemente mentre spostava la sua traccolla dalle sue gambe al sedile libero.
-Ora non più.-ribattè con una smorfia divertita, prima di riportare l'attenzione su altro, sicura che quel tizio insopportabile non l'avrebbe più infastidita.
Si sbagliava dato che il ragazzo, non dandosi pervinto, si sentì in diritto di spostarle la borsa e prendere posto.-Come fai la difficile, dai...voglio solo parlare un po'.-
La giovane si sentì pervadere da un moto di rabbia, mentre sentiva le dita pizzicare e il sapore metallico farsi ancora più forte. Strinse forte i pugni e cercò di respirare lentamente per calmarsi. Aveva sempre odiato la gente insistente, la faceva andare su tutte le furie.
-Dimmi qualcosa di te tesoro, sei così carina.-
"Lasciami in pace, vattene via."continuava a ripetersi in testa, mentre il repriro si faceva più corto e pesante. Ecco, stava per avere l'ennesimo attacco di panico. Le tempie cominciarono a pulsare ad un ritmo spaventoso, sembrava che la testa stesse per scoppiarle, mentre i suoni esterni si facevano sempre più ovattati. In un attimo di lucidità pensò che probabilmente sarebbe collassata nel giro di qualche secondo se quell'ameba non si fosse sbrigato a chiudere il becco girando i tacchi e tornandosene al suo posto. Ma le mani di quel verme erano troppo vicine a lei per i suoi gusti e la sua voce continuava a perforarle i timpani dandole il tipico fastidio dello stridio prodotto dal gesso sulla lavagna.
-Ehy idiota, se non ti risponde vuol dire che non le interessi.-
Il dolore sparì all'improvviso, quando udì la voce del ragazzino con i capelli rossi.
Perfino il surfista ne era rimasto spiazzato, voltandosi a guardare chi aveva preso le difese di quella che considerava la sua preda.
-Come hai detto moccioso?-domandò con voce irosa.
-Le stai dando fastidio a giudicare dalla sua espressione schifata, dovresti davvero toglierti dai piedi e tornartene dai tuoi amici.- continuò sprezzante il piccoletto.
-O loro potrebbero raggiungerci qui.-disse il biondo in tono minaccioso, facendo un cenno ai compari rimasti in fondo al bus, i quali non persero tempo iniziando ad avvicinarsi.
"Qui si mette male."pensò Hilary osservando quei tre ragazzoni sghignazzanti.
Uno dei tre, con un ciuffo nero alla John Travolta e il chiodo di pelle, prese il ragazzino per la maglia, alzandolo da terra di alcuni centimetri.
-Mettilo giù scimmione.-sibilò la ragazza, scattando in piendi.
-Stà buona piccola, ora io e te ci divertiamo.-la riprese il surfista da strapazzo posandole una mano sul fianco.
"Questo non dovevi farlo."
Successe tutto in pochi secondi, un lasso di tempo così breve che pure Hilary stessa fece fatica a capire l'esatto svolgimento dei fatti, ma quando ritornò a ragionare stava aiutando il ragazzino con i capelli rossi a rimettersi in piedi, mentre questo la stava guardando con bocca ed occhi spalancati.
"Oddio, che diavolo ho fatto?"si domandò sgomenta, voltandosi ad osservare la pietosa scena del surfista e del Danny Zucco della situazione, a terra doloranti, mentre gli altri due se ne stavano imbambolati a fissarla come se fosse stata un mostro a due teste.
Il biondo scosse la testa, massaggiandosi la guancia arrossata.-Mi hai dato un pugno...brutta puttana, mi hai colpito.-inveì contro di lei furioso, per poi rivolgersi agli altri due.-Che aspettate idioti, prendeteli.-
Senza rifletterci troppo, Hilary agì d'istinto premendo il pulsante rosso di fermata più vicino, prima di afferrare il braccio del ragazzino e correre verso l'autista, il quale frenò bruscamente, aprendo immediatamente la porta davanti.
Mentre sfrecciava accanto al conducente e alla vecchina, Hilary potè distintamente afferrare ciò che le stavano dicendo.
-Mi occupo io di questi vandali ora.-
-Bel gancio ragazza.-
La giovane si sentì fiera di sè e si ritrovò a ridacchiare come una scema appena scesa dal mezzo di trasporto, senza nemmeno capirne il perchè.
-Wow...tu sì che sei strana forte.-commentò scettico il rosso.
Hilary si risollevò subito cercando di ridarsi un tono, ma non abbandonando l'espressione divertita e soddisfatta che le si era dipinta in viso.
Si schiarì la voce borbottando delle scuse.
-Certooo...-bisbigliò il piccoletto inarcando un sopracciglio-...comunque...-abbandò l'espressione dubbiosa, per mostrarne una sopresa es entusiasta-Come hai fatto?-domandò eccitato.
-Fatto cosa?-chiese Hilary.
-Ma che vuol dire 'cosa'? Li hai stesi, sei stata fenomenale accidenti, a malapena sono riuscito a vederti finchè ti muovevi!!-esclamò esaltato, gesticolando ampiamente.
-Ehm...-non sapeva proprio che cosa rispondere, nemmeno lei sapeva che cosa aveva fatto.-Autodifesa...corso avanzato.-propinò la prima idea valida che le era saltata in mente.
L'altro si fermò scrutandola con gli occhi ridotti a fessure-Tu non me la racconti giusta...-sussurrò, fissandola per qualche istante.-Mah...fatto stà che sei stata grande e mi hai salvato la pellaccia...ti devo un favore.-disse infine.
-Non serve davvero, grazie comunque.-gli rispose ottenendo un'incurante alzata di spalle.-Io sono Hilary.-si presentò.
Il ragazzino si strofinò l'idice sotto il naso sorridendole.-Daichi, mi chiamo Daichi!-









I teppistelli erano stati gentilmente sbattuti al fresco per un po' in seguito alla chiata effettuta dall'autista. Probabilmente sarebbe servita loro per il futuro, d'ora in avanti magari avrebbero fatto più attenzione pensadoci due o tre volte prima di infastidire delle ragazze. Soprattutto ragazze come Hilary.
"Niente male la ragazzina."pensò ridacchiando divertito il giovane uomo abbassando la visiera del cappello sugli occhi e tornando a far finta di dormire. "Se ne vedranno delle belle."



 
  
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