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Autore: Sweetpeace    04/10/2013    3 recensioni
"Insomma, una giornata come le altre, o almeno così si era presentata, fino a quel momento."
Genere: Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Komachi Akimoto/Cure Mint, Nuts/Nattsu, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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-No... Non può essere successo... Non alla mia sorellina...- Madoka era rimasta paralizzata nel venire a conoscenza del rapimento di Komachi, la solita luce allegra e spensierata che regnava nel suo sguardo sembrava essersi spenta, anzi, sembrava non essere mai esistita. Tremava come non aveva mai fatto in vita sua, fremeva dalla voglia di saltare in sella alla sua moto e correre a cercarla, ma era come se fosse trattenuta da una forza invisibile che nemmeno lei riusciva a spiegarsi, voleva andare, ma i suoi piedi non erano disposti a staccarsi dal pavimento della cucina. Il telefono ancora premuto sull'orecchio con forza.

-Ti prego Nozomi, dimmi che stai scherzando...- la voce spezzata, un groppo in gola che non voleva saperne di lasciarla tranquilla, si sentiva in colpa, ma non sapeva nemmeno lei perché, era come se fosse stata responsabile di quel fatto anche se non era nemmeno stata presente. Sentì dei singhiozzi dall'altra parte del telefono, Nozomi aveva ripreso a piangere, anche se era stata ben attenta a non farsi sentire, almeno non troppo.

-Non sai... Non sai quanto lo vorrei anch'io...- riuscì a dire tra un singhiozzo e l'altro. Un colpo al cuore, sperava da quando le era stato detto tutto che fosse uno scherzo, ci aveva sperato con tutta sé stessa, ma, a quanto pareva, non era bastato. Crollò a terra, concedendosi un piccolo singhiozzo.

Chissà come stava ora la sua sorellina...



Non sapeva dove si trovava, si era svegliata con le mani e i piedi legati. Probabilmente era svenuta quando quell'uomo l'aveva violentemente sbattuta nel portabagagli dell'auto. Si guardò i polsi, erano graffiati, la corda era troppo stretta, faceva male, ciò che la spaventò di più fu, però, la catena avvolta sopra la corda e inchiodata al muro, non poteva muoversi. Provò ad aprire la bocca per gridare, magari facendosi sentire da qualcuno che avrebbe potuto aiutarla, ma le si gelò il sangue nelle vene non appena si accorse che aveva la bocca chiusa con del nastro isolante; provò a muovere le labbra, ma l'adesivo del nastro gliele strappava, procurandole dei piccoli tagli e pungendole la lingua con il sapore ferroso del sangue.

Aveva paura come mai in vita sua, il terrore la paralizzava, il respiro si faceva irregolare e il battito cardiaco aumentava di minuto in minuto. Non sapeva come comportarsi, nemmeno quando era una Pretty Cure aveva mai provato qualcosa del genere. Si guardò intorno, non sapeva dove si trovava, era in una stanza molto piccola, poco ma sicuro. Così stesa, sul pavimento, aveva freddo, molto freddo. Provò ad alzarsi, mettendosi seduta, si guardò intorno e la vide, una porta di lamiera, interna rispetto alle pareti, il che voleva dire, se tanto le dava tanto, che le pareti dovevano essere spesse circa un paio di metri. Non sarebbe riuscita a scappare, non sarebbe riuscita a difendersi, sarebbe stata in balia di quell'uomo.

Nel bel mezzo di tutti i suoi pensieri, il rumore secco della serratura che scattava la ridestò. Fu presa di nuovo dal panico. Un uomo, alto, con occhi e capelli scuri, fece capolino dalla porta e si avvicinò pericolosamente a lei. La bocca tirata in un ghigno malvagio.

-Ciao Komachi, come ti trovi nella tu nuova stanza?- la ragazza strizzò gli occhi non appena quel ragazzo avvicinò una mano al suo volto.

-Non  devi avere paura di me, in questo momento mi servi viva- detto questo con una falsa voce innocente, prese l'angolo del nastro adesivo tra il pollice e l'indice e lo strappò con forza. Komachi sentì qualcosa di denso e caldo percorrere l'angolo della bocca; la reazione del ragazzo non si fece attendere, con il dorso della mano, coperta da un guanto, raggiunse la bocca della ex Pretty Cure della tranquillità e ce lo sfregò sopra, rivelando a Komachi che quella sostanza che aveva sentito scendere lungo il viso era sangue, probabilmente provocato dallo strappo del nastro isolante. Il ragazzo si lasciò andare in una risata compiaciuta. Gli piaceva procurarle dolore. Doveva soffrire.

Le prese il viso  tra le mani e si avvicinò pericolosamente alla sua bocca. Voleva baciarla. Con tutta la forza che aveva in corpo, Komachi alzò le gambe e le spinse con forza sul petto del ragazzo, per farlo indietreggiare. Lo spinse contro la parete, ansimando. Lui alzò lo sguardo verso di lei, un'espressione infuriata dipinta sul viso. Si alzò e le si avvicinò nuovamente, poi, senza alcun preavviso, le diede un pugno, poi un calcio e un altro ancora. Solo quando fu sicuro che stesse sanguinando e che non ce la facesse più se ne andò.

Komachi cominciò a piangere sentendo il sangue sgorgarle dalla gamba e percorrerle il polpaccio, sporcandole la gonna. Sentì la guancia gonfiarsi, le botte cominciare a diventare lividi, sentì anche che aveva preso a sanguinare dalla fronte, doveva avere un taglio sopra il sopracciglio destro. Poi ripensò che quel mostro voleva baciarla, e sorrise, aveva agito d'istinto, ma ne era fiera, lei voleva baciare solo una persona, e quella persona era Natsu. Le lacrime che le rigavano il viso per il dolore, ora erano causate dalla nostalgia, voleva tornare dalla sua famiglia, dalle sue amiche, da Natsu. Quanto avrebbe voluto poter essere alla Nattshouse, seduta tranquillamente a parlare del più e del meno, quanto avrebbe voluto poter essere in compagnia di sua sorella e dei suoi genitori... Sua sorella. Sua sorella Madoka. Avrebbe fatto qualunque cosa per lei, aveva paura che si sarebbe messa nei guai. Aveva come uno strano presentimento, sua sorella avrebbe fatto qualche cavolata, di solito non si sbagliava su queste cose. Chissà come stava, sperava vivamente che non le succedesse nulla, quel ragazzo le ricordava qualcuno, ma non sapeva chi. Non voleva che anche sua sorella si trovasse in una situazione del genere.

Chiuse gli occhi, facendo un respiro profondo e tentando di calmarsi. Cercò di ammorbidire la presa della corda sui polsi, muovendoli leggermente, ma non ci riuscì, i graffi bruciavano troppo. Avvicinò le gambe a se e si lasciò andare nuovamente in un pianto, uno sfogo disperato. Almeno non aveva la bocca chiusa...



Angolino non meritato dell'autrice:

Scusate lo spaventoso ritardo!!! *si inginocchia* spero che vi piaccia, se avete voglia vi sarei grata se recensiste, ma non vi obbligo, alla prossima.
Sweet.
  
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