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Autore: moni_cst    08/10/2013    9 recensioni
SPOILER 6x02
Castle viene dimesso dall'ospedale dopo la 6x02 e il medico prescrive un periodo di convalescenza.
E' il momento di portare a Washington abitudini newyorkesi: clothes off moments, cappuccini speciali, xbox e presunti omicidi.
dal testo
Gli faccio una carezza in viso e lo sento caldo, forse troppo. Mi sporgo verso di lui e poggio le labbra sulla sua fronte. Mia madre faceva così quando avevo la febbre. Sorrido al ricordo e sorrido perché lo sento fresco. Aveva ragione mamma: la temperatura delle mani inganna, il calore delle labbra no.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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- Questa storia fa parte della serie 'Rick e Kate'
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Capitolo 2. Rientro al lavoro

 

Oggi è il gran giorno.

Guardo fuori dalla finestra e vedo dei nuvoloni neri che si avvicinano minacciosi. Si sentono tuoni in lontananza.

Sorrido.

Non so come mai ma da quando sto con Castle ogni momento importante è sottolineato da tuoni e lampi. Ogni volta che succede qualcosa di nuovo tra di noi, Giove Pluvio si scatena.

Sorrido, di nuovo. Porto istintivamente una mano al petto e tocco gli anelli infilati nell’incavo tra i miei seni. Penso che quando ci sposeremo sicuramente verrà giù il diluvio universale. Ne sono sicura. Non mi importa. Non ho mai apprezzato i fulmini e il fragore dei tuoni quanto da un po’ di tempo a questa parte.

Sono persa nei miei pensieri e un odore di bruciato mi riporta con i piedi per terra. Accidenti ma da quand’è che sono in trance? Il sugo si è quasi attaccato. Sto cercando di anticiparmi il pranzo così quando Castle si sveglia l’aiuto a farsi la doccia e magari entro dentro con lui. Sta molto meglio anche se il suo fisico è provato da questa esperienza. La tossina che lo ha avvelenato lo ha davvero annientato ma in questi tre giorni di riposo forzato a letto si è piano piano rimesso. Ieri sera abbiamo fatto l’amore, piano, molto lentamente e dolcemente. Visto come stava nei giorni precedenti non pensavo si sarebbe ripreso così velocemente ma tutto è nato spontaneamente all’improvviso. Stavamo coccolandoci nel letto, ridendo e scherzando e ad un certo punto mi ha baciato con un’intensità e una passione crescente. Mi sono stretta a lui e, sentendolo, ho sorriso nelle sue labbra. Il mio cuore ha iniziato a battere forte per l’emozione e le mie mani hanno iniziato a farsi strada accarezzando a lungo il suo torace, soffermandosi ogni tanto a sentire il suo.

Mi sono sentita emozionata come una ragazzina, anzi molto di più.

Mi sono commossa con lo stesso entusiasmo che prova una ragazza che fa una nuova scoperta e con la veemenza di una donna consapevole di ciò che quel momento significa.

Sono scivolata piano sopra di lui e ci siamo amati intrecciando le nostre mani per tutto il tempo. Senza dire una sola parola ma comunicandoci il mondo intero con i nostri occhi.

Continuo a girare il sugo e penso a come farò a tornare a lavorare. Questi tre giorni insieme ci hanno legato se possibile ancora di più. Abbiamo avuto modo di parlare di tantissime cose, abbiamo fatto progetti e abbiamo parlato tantissimo di Alexis. Rick non la riconosce più da quando è tornata dalla Costa Rica. Non riesce proprio a farsene una ragione che ormai Alexis è una donna. Ho cercato di fargli capire che a quell’età ormai si è spiccato il volo ma lui non lo accetta. Ancora. Gli ci vuole un po’ di tempo. Semplicemente gli ho raccontato alcune cose di me di cui non gli avevo mai parlato. Come ero io all’età di Alexis.

Si è spaventato.

Meno male che non l’ho conosciuto allora, anche se lui ha avuto una vita ancora più dissoluta della mia. Forse è per questo che è tanto preoccupato. Ma per un genitore un figlio non cresce mai e la cosa più difficile è rendersi effettivamente conto che ormai è un adulto. Dovrà accettare Pi, almeno fino a quando sarà così importante per Alexis.

Mentre spegnevo la piastra elettrica, ho cominciato a sentire dei rumori provenire dall’altra stanza. Castle aveva sicuramente intruppato qualcosa nel buio.

“Buongiorno, Rick”

“’Giorno, Kate. Ma che ore sono?”

“Non ti preoccupare per l’ora, non mi sembra tu abbia impegni.”

“Mhh”

Castle la mattina è uno spasso. Ha dei tempi di reazione lunghissimi e impiega diverso tempo prima di riuscire a connettere e ad articolare frasi coerenti.

Lo seguo in bagno e lo guardo mentre ancora addormentato cerca di concentrarsi per non sbagliare mira. Sorrido e mi avvicino al lavabo, prendo il suo spazzolino da denti e glielo preparo mettendoci sopra un po’ di dentifricio. Abbiamo fatto colazione presto questa mattina ma poi lui si è riaddormentato.  Si avvicina, si sciacqua le mani e prende lo spazzolino che gli sto porgendo. Poi ad un certo punto sembra essersi risvegliato all’improvviso, mi attira a sé e mi stringe forte.

Assecondo il suo abbraccio apprezzando quella stretta così calorosa.

“Ciao Kate.”

Mi sorride. Finalmente riesce a connettere.

Gli sorrido. Quanto è bello!

“Più dormo e più mi sento rincretinito”.

“Stai recuperando, Castle. E’ normale questa sensazione”

“Come vanno le gambe, ti reggono?”

“Sì, oggi va decisamente meglio di ieri.”

“Dai, una bella doccia ti farà bene. Ti aiuto io”.

“Kate ce la faccio, sto meglio di ieri. Non ho bisogno che tu mi sorregga. Mi vergogno che ieri mi hai dovuto aiutare in quel modo”.

Gli sorrido. A me fa piacere aiutarlo ma capisco quanto possa essersi sentito umiliato a non farcela da solo in questi giorni.

“Rick, non voglio sorreggerti oggi, voglio insaponarti o comunque farti compagnia” sussurro.

E comincio a sbottonarmi la camicia.

Vedo che mi guarda perplesso.

“Che c’è?” gli chiedo alzando un sopracciglio.

Intanto appoggio la camicia nel piccolo mobiletto accanto al lavandino e, togliendomi le scarpe, sbottono i pantaloni.

“Kate…”

“Sì?”

I jeans elasticizzati scendono a fatica sulle mie gambe e mi aiuto con le mani continuando a guardarlo con fare interrogativo.

“Io… non credo di essere in grado… sotto la doccia. Cioè ieri lo so che… ma sotto la doccia… ecco... non so se ce la faccio a sorreggerti.”

E’ decisamente imbarazzato e avvilito e non era mia intenzione metterlo a disagio.

Volevo solo la sua vicinanza.

Ancora una volta.

Ormai è una droga. Più ti fai e più non riesci a farne a meno.

Più assapori la sua vicinanza e meno ti riesci a staccare da lui.

Mi avvicino a lui e gli accarezzo il volto.

“Castle! Non avevo nessuna intenzione… volevo solo … insomma possiamo fare la doccia insieme, solo per accarezzarci un po’” dico e mi rendo conto che sto arrossendo.

Come è possibile arrossire davanti ad un uomo che fa ormai parte della tua vita da tempo? Sono irrecuperabile.

Mi accarezza il viso sollevandomi il mento, apre l’anta della doccia, apre il miscelatore, sentendo la temperatura dell’acqua e poi, senza dire una sola parola, mi prende la mano e mi porta dentro.

***

 

Abbiamo finito di pranzare e Castle si è accomodato sulla poltrona. Sto finendo di sparecchiare e di sistemare la cucina e mi sento due occhi fissi su di me. Ogni tanto mi giro e gli sorrido silenziosamente. Adoro questa quiete, questo scorrere lento del tempo, questo non avere impegni e faccende improrogabili da sbrigare. Probabilmente lo dico perché apprezzo ciò che non mi capita mai.

Devo ancora dirgli della sorpresa.

Ma non è ancora il momento, stasera magari oppure quando piagnucolerà che da domani si annoierà tutto solo.

Domani devo rientrare al lavoro.

Ho chiesto a Castle se voleva tornare a New York e stare con sua madre e sua figlia ma sembra che preferisca stare qui solo tutto il giorno ad aspettare il mio rientro.

Ne sono lusingata e tanto felice.

Finalmente tornare  a casa  la sera sarà un enorme piacere.

In ogni caso sto tranquilla perché sta molto meglio e può cavarsela da solo. In quel momento gli squilla il cellulare, gli faccio un cenno di non alzarsi, mi asciugo le mani in un canovaccio e gli avvicino il telefono.

“Madre!”

E’ sorpreso. Mi giro anche io, Martha ha già chiamato questa mattina e ha parlato prima con me e poi con il figlio. Strano che richiami a distanza di poche ore.

“No, mamma, no!”

Ecco, ci deve essere qualche problema evidentemente.

“Non ce li voglio. Dì loro che la casa di Kate è troppo piccola!” si sta notevolmente agitando.

“No-oooo. Mamma, si certo che mi fa piacere vedere Alexis ma …”

Mi guarda con gli occhi sbarrati, scuote la testa. Mi sa che un uragano rosso si sta abbattendo su di noi. Prendo dal frigo la papaia, su cui abbiamo riso e scherzato nei giorni scorsi ma che non abbiamo ancora mangiato e la mostro a Castle. Lui mi guarda sconsolato e annuisce lentamente.

Un uragano rosso che porta frutta esotica, a quanto pare.

“Mamma, non ce lo voglio qui, ok? Fermali!”

“Certo che puoi! Lo so che è mia figlia… ma voglio stare tranquillo”

“Non ragiona, hai detto? Me ne sto accorgendo. Qualcosa dei geni di Meredith sta uscendo fuori tutto insieme.” Dice sempre più sconsolato.

“Senti ma perché non me la passi?”

“Sono già in volo? E’ per questo che mi stai avvisando?”

“Ok, grazie, madre. Sopravvivrò”

“Sì, te la saluto.” E dicendo così sbuffa lanciando il telefono sul divano lì accanto.

“Non me lo dire…” mi avvicino.

Mi guarda dispiaciuto.

“Alexis e Pi sono in volo per DC. Fra qualche ora piomberanno qua dentro e addio ai nostri clothes off moments”

Sospiro. Non è davvero questo il problema.

“Non ti lamentare. Abbiamo avuto la nostra buona dose, no?” cerco di sdrammatizzare.

“Mi dispiace, Kate”.

“A me dispiace per te. Io domani torno al lavoro quindi ti lascio in balia del fruttariano! Pensa quanto sei fortunato: domani a quest’ora mangerai bistecca di papaia. Abbiamo tutti gli ingredienti in frigo. Vedi sono stata previdente!” dico non riuscendo a nascondere la mia ilarità.

Mi afferra una mano e di scatto mi tira a lui. Perdo l’equilibrio e gli crollo letteralmente addosso. Vedo il suo sorriso soddisfatto per avermi colto impreparata. Ma qui a casa non sono in modalità detective. Agente. Ancora non mi abituo all’idea che non sono più un detective.

“Ehi!” protesto.

“Ti prego fammi un po’ di spesa in modo che domani io possa cucinarmi da solo una bella bistecca di manzo!”

“Sarà fatto” replico.

“Comunque Kate non ti preoccupare, spedirò Alexis e Pi in albergo. Qui davvero non possono stare. E poi hai solo questo divano letto ed è piccolissimo. Chiamo subito il Four  Seasons.”

Mi diverte quando tratta Alexis come una ragazzina. Ancora non riesce a rendersi conto che è una donna e ancora cerca di salvaguardare le sue virtù.

“Non penserai di prenotare due stanze vero?”

“No?”

“No. Castle, ascolta non prenotare, troveranno posto da soli, così tu non ti dovrai preoccupare della loro sistemazione e non sei connivente. In ogni caso se vuoi possono stare qui”.

“Non ci penso neanche a dormire su questo divano letto con Pi! Scordatelo!”

“Castle! Ma come ti viene in mente una cosa del genere?”. E’ il momento di distrarlo e di approfittare degli ultimi momenti di beata solitudine e tranquillità. Devo farlo prima che inizi a sragionare completamente.

Infilo una mano sotto la sua maglietta e gli sussurro ad un orecchio.

“Ho una sorpresa per te, per non farti annoiare domani… anche se adesso hai Pi.” Lo prendo in giro. Quanto mi diverte.

“Io non ho Pi, ho Alexis”. Ma vedo che nonostante cerchi di controllarsi inizia a guardarsi intorno.

Mi divincolo dal suo abbraccio e mi avvicino al mobile della Tv, apro lo sportello e con gesto teatrale indico la nuova Xbox che ho comprato per lui.

“Già istallata per te!”

“Kate! Fantastico, davvero”

“E guarda un po’ una collezione di giochi nuovi, credo tu non li abbia. E ti avverto, non sono di azione ma di strategia”

“Mmh”

“FBI – simulator. Speravo che risolvere qualche caso sull’Xbox ti potesse piacere e magari ti facesse sentire più partecipe della mia vita.” Gli strizzo un occhio.

“Mhhh”

“Che c’è?” chiedo stupita del poco entusiasmo che dimostra. Pensavo sarebbe impazzito dalla felicità quando ho comprato quel gioco.

“Kate ma… non potresti organizzare un altro omicidio finto? Tanto per farmi passare il tempo”.

Non posso crederlo che lo abbia davvero detto, anzi che lo abbia davvero pensato. Ci ho messo settimane ad organizzare l’omicidio finto per il suo compleanno e Martha mi ha aiutato tantissimo. Possibile che pensi che sia stato così facile?

Sono sconvolta.

Se ne accorge.

“Kate, scherzavo. Grazie.”

“Ci sono rimasta male, pensavo che ti piacesse l’xbox“

“Mi piace tantissimo. Vieni qui.”

Mi avvicino. Mi bacia.

Voglio stupirlo ancora, volevo dirglielo quando sarebbe stato in grado di giocarci ma visto le circostanze…

“C’è un’altra cosa…un’altra tradizione che ho importato qui a DC”

“Cosa?” è visibilmente curioso, finalmente.

“Aspetta” mi alzo e a piedi nudi mi dirigo in camera da letto, frugo nell’armadio, mi spoglio in un attimo e torno da lui in biancheria intima ricoperta di un tessuto metallico brandendo una spada laser. Nell’altra mano ho dei boxer dello stesso tessuto del mio intimo.

La sua bocca si apre e non si richiude più. Questa volta l’ho stupito!

Mi avvicino, punto la spada sul suo petto.

“Se la sente, Mr. Castle, di fare una battaglia laser all’ultimo vestito?”

Respira affannosamente. Mi guarda e lo so che non mi resiste quando gioco ad imitare Lara Croft. E’ più forte di lui.

“Ecco sì… subito” si alza e inizia a spogliarsi dopo aver afferrato i suoi boxer. Non dice niente ma continua a guardarmi attento.

“Le regole sono queste: si arriva a 100 punti, chi perde, toglie un pezzo”.

“Ehi ma io sono svantaggiato. Non vale!”

“Vale, vale… se il tuo avversario ha tanta voglia di perdere” replico mordendomi un labbro.

Mentre sta togliendosi i pantaloni, guardandomi fisso negli occhi un DLIN DLON del campanello della porta ci paralizza.

“Oh no! Di già!” esclamiamo insieme.

 

Spazio di Monica:

Eccoci qui con la fine di questa storia. Vi ringrazio per le belle parole che mi avete riservato nelle recensioni del primo capitolo, spero di non avervi deluso con questo.

Ringrazio chi mi ha letto, recensito, incoraggiato o messo la mia storia tra le seguite o preferite. Alla prossima.

  
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