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Autore: 9Pepe4    09/10/2013    4 recensioni
Il Maestro Qui-Gon Jinn non ha nessuna intenzione di prendere un nuovo apprendista… Ma l’incontro con Obi-Wan Kenobi, un Iniziato di sette anni, potrebbe cambiare le cose.
Peccato che il passato, in un modo o nell’altro, trovi sempre la maniera di fare lo sgambetto al presente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Obi-Wan Kenobi, Qui-Gon Jinn, Yoda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 06 – Consulenze

Le pecche di Obi-Wan, però, non potevano essere corrette in una sola lezione.
Così, Qui-Gon prolungò la propria permanenza al Tempio, e la sera – dopo l’ultima lezione della giornata – il bambino si presentava nel suo alloggio, dove rimaneva sino all’ora di cena.
Obi-Wan era un buon allievo, volenteroso ed obbediente.
A dirla tutta, talvolta Qui-Gon avrebbe voluto che il bambino contestasse qualcuna delle sue disposizioni, e soprattutto gli sarebbe piaciuto vederlo più indipendente da quelle regole e da quelle lezioni che sapeva ripetere tanto bene.
In fondo, però, l’Iniziato aveva solo sette anni; era logico che la sua autonomia fosse ancora tutta da svilupparsi.
«Maestro Jinn?» chiamò Obi-Wan, alla fine della quarta lezione. «La Maestra Yula mi ha chiesto di riferirti che le piacerebbe parlare con te».
Qui-Gon increspò la fronte. «La Maestra Yula?»
«È uno dei supervisori del mio clan» spiegò il bambino.
«Capisco» disse l’uomo, in tono asciutto.
Obi-Wan lo guardava con tutta l’aria di essere seduto in un roveto. «Credi che non le stia bene?» chiese a bruciapelo. «Che io venga qui la sera, voglio dire».
Effettivamente, Qui-Gon si era domandato se i supervisori del Clan del Dragone vedessero di buon occhio quelle lezioni.
Dopotutto, dovevano esserci altri Iniziati che avevano difficoltà con la meditazione. Era giusto che Obi-Wan Kenobi ricevesse un ulteriore aiuto?
Per lui, francamente, l’importanza di quella domanda era relativa.
Ciò che contava, era che davanti a lui c’era un bambino che aveva bisogno d’aiuto… Voltargli le spalle sarebbe stato intollerabile.
Era vero: due giorni dopo averlo conosciuto, Qui-Gon aveva cercato di allontanare il bambino, ma allora pensava che fosse meglio in quel modo. Che Obi-Wan non avesse alcun bisogno di lui.
Ora la situazione era cambiata.
Accorgendosi che l’Iniziato stava aspettando la sua risposta, l’uomo gli fece notare: «Non la conosco nemmeno. Come potrei intuire la sua opinione?»
«È vero». Obi-Wan si morse il labbro inferiore, chiaramente ansioso.
«Non preoccuparti prima di quando sia necessario» lo ammonì allora il Maestro Jedi. «È inutile fasciarsi la testa prima di essersela rotta».
Il bambino parve un po’ imbarazzato. «E se non le andasse bene?» si lasciò scappare.
Qui-Gon aggrottò la fronte. Durante quelle lezioni, era incoraggiante quanto bastava, ma cercava di non portare il suo rapporto con Obi-Wan ad un piano troppo personale, e teneva le loro conversazioni incentrate sulla meditazione… Ma l’Iniziato sembrava davvero inquieto al pensiero di non avere più appuntamento col Maestro Jedi.
«Se non le andasse bene…» L’uomo lanciò uno sguardo ad Obi-Wan, poi, deciso a non promettere nulla, affermò: «Penseremo al problema quando il problema si porrà».
«Sì, Maestro Jinn» mormorò il bambino.
«E quando e dove vorrebbe incontrarmi, la Maestra Yula?» indagò l’uomo.
«Domani dopo l’ora di pranzo, nel suo alloggio» rispose diligentemente il bambino, per poi dare a Qui-Gon le indicazioni necessarie.
Dalla sua espressione concentrata, pareva che le avesse imparate a memoria.
Il Maestro Jedi annuì. «Molto bene» disse, «fa’ sapere alla tua Maestra che sarò lieto di parlare con lei».
«Sì, Maestro Jinn» rispose Obi-Wan, ma sembrava ancora un po’ preoccupato.
L’uomo si alzò in piedi. «Penso sia ora di cena, ormai… E non vorrei farti perdere il pasto».
Obi-Wan si tirò su a propria volta. «Sì» disse, e poi: «Grazie per la lezione, Maestro Jinn».
«Di nulla» replicò Qui-Gon.
Lo accompagnò sino alla porta, e tenne gli occhi sul bambino fino a quando quella sua testolina arruffata non scomparve dalla sua vista.

Così, il giorno successivo, Qui-Gon si recò alla porta della Maestra Yula.
Quest’ultima era una donna dal fisico atletico, con lunghi capelli neri che teneva raccolti in una crocchia, e lo accolse con grande cortesia.
Lo fece accomodare sul divano, e gli offrì un tè caldo mentre iniziavano a parlare.
«Allora» esordì lei, quando ebbe preso una tazza anche per sé, «come se la cava il piccolo Kenobi?»
Il Maestro Jedi rispose con onestà: «Ha ancora delle difficoltà, ma impara in fretta».
La donna parve quasi compiaciuta. «Sì, è un ragazzino brillante. Penso che il Maestro che lo prenderà come Padawan sarà molto soddisfatto dalla sua intelligenza».
Qui-Gon la fissò da sopra la propria tazza, ma il commento della Maestra Yula non pareva un modo per chiedergli se voleva prendere Obi-Wan come apprendista.
«Lo penso anch’io» si arrischiò perciò a rispondere.
«In effetti» disse lei, scrutando con aria assorta dentro alla propria tazza, «c’è chi sospetta che il Maestro Yoda abbia messo un occhio su di lui». Sollevò lo sguardo sull’uomo e sorrise. «Forse vorrà attendere ancora qualche anno… ma ormai, il piccolo Kenobi ha proprio l’età giusta per essere preso. Anche il giovane Cin Drallig sembra pensarla così, e lui conosce molto bene il Gran Maestro».
Qui-Gon si accorse di essersi immobilizzato, e chinò il viso per prendere un sorso di tè.
Conosceva il ragazzo a cui aveva accennato la Maestra Yula; Cin Drallig era un Umano ventunenne, dai capelli scuri, col naso un po’ largo e gli occhi luminosi, molto bravo nel combattimento.
Era ancora un Padawan, ma spesso riceveva lezioni di spada dal Maestro Yoda in persona.
Ciò che aveva preso Qui-Gon alla sprovvista, piuttosto, era l’ipotesi che Yoda avesse intenzione di prendere Obi-Wan come allievo.
D’altra parte, Taren gli aveva detto che tra il bambino ed il vecchio troll sembrava esserci un rapporto speciale…
Si scrollò di dosso quei pensieri.
Yoda era un grande Maestro. Se era vero che intendeva allenare personalmente Obi-Wan, lui avrebbe dovuto rallegrarsi per il bambino.
Ma non riusciva a liberarsi dell’idea che il Maestro Yoda avrebbe incoraggiato l’obbedienza dell’Iniziato, così come il suo legame con la Forza Unificante… e questo non gli piaceva del tutto.
La Maestra Yula lo trattenne un altro po’, narrandogli qualche aneddoto su Obi-Wan. Non sembrava lo facesse per pettegolezzo: quei racconti parevano uscirle dalle labbra senza che lei ci pensasse.
Alla fine del loro incontro, la donna lo ringraziò per l’aiuto che stava dando all’Iniziato, Qui-Gon ringraziò lei per il tè, si inchinò ed uscì dall’alloggio.
Nel corridoio, avvertì immediatamente una presenza familiare. Aggrottò la fronte, e con un paio di ampie falcate svoltò l’angolo… sorprendendo un bambino dai capelli ramati e gli occhi chiari.
«Iniziato Kenobi».
Obi-Wan ebbe un sussulto colpevole, ma fu svelto a nasconderlo. «Salve, Maestro Jinn» lo salutò, in tono sin troppo innocente.
«Adesso dovresti essere davvero col tuo clan, o mi sbaglio?»
Il bambino si fissò i piedi, quindi rialzò gli occhi. «Volevo sapere cosa ti ha detto la Maestra Yula» ammise.
Qui-Gon non ne fu affatto sorpreso. «Mi ha chiesto come stanno andando le nostre lezioni, e mi ha ringraziato per l’aiuto che ti sto dando».
Obi-Wan parve sollevato. «Vuol dire che posso continuare a venire?»
«Puoi continuare a venire» confermò l’uomo. «Ora, però, dovresti tornare dai tuoi compagni di clan…»
«Va bene, Maestro Jinn» si sottomise il bambino, ma prima di scappar via gli rivolse un sorriso luminoso… forse un po’ impertinente?
Qui-Gon lo seguì con lo sguardo. Obi-Wan era piccolo per la sua età, e quando si trovava negli ampi corridoi del Tempio sembrava ancora più minuscolo.
L’uomo scosse appena la testa, e si recò a cercare Taren.
Quest’ultimo, naturalmente, si trovava nella palestra… A quell’ora del giorno, c’erano anche alcuni Jedi che si allenavano a coppie.
«Sei qui per duellare?» gli chiese Taren, senza preamboli.
«Penso che sarebbe un buon modo per passare il tempo, sì» confermò Qui-Gon.
L’amico gli rivolse un’occhiata indecifrabile. «A proposito di passatempi» replicò, «ho sentito che trascorri preziose ore delle tue serate con Kenobi».
«Ha problemi con la meditazione» rispose Qui-Gon, impassibile. «Io gli do qualche suggerimento, così che non ne abbia più».
Taren sbuffò, alzando gli occhi al cielo. «Obi-Wan Kenobi non è il primo Iniziato ad aver problemi con la meditazione, né sarà l’ultimo» osservò, «ma da quanto mi risulta è l’unico a cui tu abbia deciso di dare i tuoi suggerimenti».
Qui-Gon non aveva intenzione di discutere di quell’argomento. Con naturalezza, portò una mano alla propria cintura. «Riguardo al duello?» chiese.
«Riguardo al duello mi dispiace, sono prenotato» ribatté Taren. «Devo aiutare due bambini del Clan del Katarn… E il Padawan Drallig mi ha già chiesto se più tardi posso duellare con lui».
Metaforicamente parlando, Qui-Gon drizzò le orecchie. «Il Padawan Drallig?»
«Già» disse Taren, un po’ laconico. «Dovresti vederlo combattere. È bravo».
«Ricordo che studiava lo stile Ataru…»
Un’ombra di sorriso comparve sulle labbra di Taren. «Sei rimasto nel passato, amico mio. Di questi tempi, Cin Drallig padroneggia bene le basi dei primi quattro stili».
Qui-Gon tacque, colpito. «La pratica col Maestro Yoda sta dando i suoi frutti…»
«Quello» concordò Taren, «più il fatto che il ragazzo è uno spadaccino nato. Penso che, dopo essere diventato Cavaliere, arriverà persino ad imparare la settima forma di combattimento».
Qui-Gon si concesse un attimo di silenzio pensoso. La settima forma, lo Juyo, era accuratamente evitata da gran parte dei Jedi, e coloro a cui veniva insegnata erano selezionati con attenzione.
Questo perché, a differenza degli altri stili di combattimento, lo Juyo richiedeva di far leva sulle proprie emozioni per rendere gli attacchi più vigorosi… E ciò conduceva al rischio di passare al Lato Oscuro.
Qui-Gon tornò a concentrarsi su Taren. «Non temi che possa sottrarti il posto di Maestro d’Armi?»
«Certo che me lo sottrarrà» replicò l’altro, imperturbabile. «Ma credimi, non sarà tragico dovergli cedere il ruolo. Così sarà lui a divertirsi con gli Iniziati…»
Qui-Gon sorrise appena. «Ho il sospetto» commentò poi, «che il Maestro Dooku non approverebbe la versatilità di Drallig. Lui è dell’opinione che un Jedi debba imparare bene un solo stile, quello che più gli si addice. Dilettante in tutte, esperto in nessuna… questo sostiene».
«Il Maestro Dooku è difficile da compiacere» osservò Taren. «Riguardo Drallig, non fatico a immaginare cosa lo spinga ad immergersi con tanta devozione nello studio del combattimento con la spada laser. Essere l’allievo del suo Maestro non sembra molto eccitante».
«Vale a dire?» chiese Qui-Gon.
«Non conosci il Maestro di Cin Drallig?» domandò l’altro. «Ha una sessantina d’anni, una passione smodata per i nostri Archivi, e va raramente in missione. Va bene che il vecchio troll non si fa pregare ad istruire Drallig, ma tra le lezioni agli Iniziati e le sedute del Consiglio, non ha poi tutto questo tempo libero. E così, a quel povero ragazzo, non resta altra scelta che elemosinare un duello con altri Jedi».
Qui-Gon aggrottò la fronte, pensando ad Obi-Wan.
Non poté fare a meno di tracciare un parallelismo con Cin Drallig. Visti i suoi doveri al Tempio, anche Yoda andava raramente in missione. Se Obi-Wan fosse diventato il Padawan del Gran Maestro, si sarebbe trovato bloccato su Coruscant?
«Non che il Padawan Drallig si lamenti» aggiunse Taren. «Devo dire che affronta la situazione con più serenità di quanto riuscirei a fare io, e sembra sinceramente felice del fatto che il suo vecchio Maestro l’abbia scelto come apprendista…»
Già, pensò Qui-Gon. Era probabile che anche Obi-Wan sarebbe stato felice, se Yoda lo avesse scelto come allievo. Dopotutto, era un bell’onore.
«Talvolta» disse a Taren, «sembri una di quelle vecchie comari che sanno sempre tutto di tutti».
«Sono solo un Maestro Jedi che sa guardarsi bene attorno» replicò l’altro, quasi con sussiego.
«Oppure hai trovato degli informatori eccellenti» commentò Qui-Gon.
«Per lo meno» rispose Taren, senza pensarci, «io non faccio affidamento su informatori che il Consiglio disapprova apertamente e a ragione».
Un istante dopo, parve pentirsi di quell’uscita, e distolse lo sguardo.
Qui-Gon, dal canto suo, aveva capito benissimo a chi si riferiva l’uomo. «Stai parlando di Daken?»
Con una certa riluttanza, Taren tornò a guardarlo. «Sai, Qui-Gon, non ho mai capito come tu facessi a lavorare con lui» ammise. «Mi dava i brividi».
L’uomo rimase in silenzio per un istante, mentre alcuni ricordi si affacciavano alla sua mente.
Aveva conosciuto il suo informatore dopo aver preso un secondo apprendista.
Daken era l’abitante medio dei bassifondi di Coruscant: famiglia disastrata, scarsa istruzione, fedina penale tutt’altro che immacolata.
Che ai Jedi piacesse o meno, però, talvolta era necessario conoscere qualcuno della sua risma… Daken conosceva bene la criminalità della capitale galattica. Per forza: si sarebbe potuto dire che ne faceva parte.
Prima della maggiore età, era stato arrestato diverse volte per furto. A diciannove anni, era stato coinvolto nell’omicidio di un adolescente, ma era stato rilasciato dopo aver denunciato gli effettivi assassini, due criminali che il Corpo di Polizia di Coruscant cercava da tempo d’incastrare.
Qui-Gon era al corrente di tutto… ma aveva deciso di dare al suo informatore il beneficio del dubbio.
Primo di tre fratelli, Daken era cresciuto senza padre, con una madre alcolizzata che non si era mai curata molto dei propri figli. Non aveva mai trovato una famiglia adottiva, ed in sostanza aveva trascorso l’infanzia ad entrare ed uscire dal riformatorio.
Alla fine, la compassione di Qui-Gon aveva superato il suo orrore nei riguardi dei gesti compiuti dal ragazzo… E, almeno all’apparenza, Daken aveva reagito bene alla gentilezza del Jedi. Si era spesso rivelato un prezioso aiuto, e in un paio di occasioni gli aveva anche salvato la vita.
Poi, un anno prima che il secondo apprendista di Qui-Gon lasciasse l’Ordine, era andato tutto a rotoli.
L’uomo serrò le labbra. Non amava ricordare quegli eventi. «A quanto pare» disse, «ho talento a scegliere i miei informatori tanto quanto ho talento ad insegnare».
Taren si accigliò. «Questa storia l’ho già sentita…»
Qui-Gon scosse la testa. Non avrebbe dovuto dare una possibilità a Daken, così come avrebbe dovuto lasciare che qualcun altro addestrasse il suo secondo allievo.
«Se assistessi al tuo duello con Drallig» domandò a Taren, cambiando argomento, «ti dispiacerebbe?»
L’altro gli scoccò un’occhiata, poi fece un cenno di diniego. «Fai come vuoi».
Così, quando Taren fu tornato dalla sua lezione ai due piccoli del Clan del Katarn, e Cin Drallig si presentò nella palestra, Qui-Gon era già lì… Seduto su una panca con le mani in grembo, osservò tutto il duello.
L’apprendista era davvero dotato, e riuscì a duellare abilmente con Taren – un Maestro Jedi che, di fatto, aveva circa il doppio dei suoi anni e della sua esperienza.
Osservandoli, Qui-Gon non poté fare a meno di pensare che non c’era da meravigliarsi, se il Maestro Yoda trascorreva un po’ del suo tempo ad insegnare a quel Padawan.
Alla fine del match, Taren e Cin Drallig si avvicinarono alla panchina dov’era seduto Qui-Gon.
Quando il ragazzo vide l’uomo, ebbe un sussulto. «Maestro Jinn» lo salutò, «non so se vi ricordate di me, sono…»
«Certo che mi ricordo di te, Padawan Drallig» lo interruppe Qui-Gon, gentilmente. «E devo dire che, dall’ultima volta che ti ho visto combattere, il tuo Ataru è ulteriormente migliorato».
Il ragazzo sorrise al complimento. «Tuttavia, dubito di averne la padronanza che ne avete voi… o il Maestro Yoda…» Fece una pausa. «Vi andrebbe di duellare con me?»
Qui-Gon portò una mano alla spada laser, sfiorando il metallo con le dita. «Sarà un piacere».
Fu un piacere davvero.
Il Padawan Drallig era già stanco, e fu Qui-Gon ad aggiudicarsi il match senza troppe difficoltà, ma il ragazzo si batté bene e l’uomo rimase abbastanza soddisfatto.
«Certe sequenze dell’Ataru sono molto aggressive» commentò l’apprendista, asciugandosi un po’ di sudore dalla fronte, «ma dopotutto è una forma offensiva… e secondo il Maestro Yoda si adatta bene al mio stile di combattimento».
«Non ha torto» disse Qui-Gon.
«Mi chiedo» intervenne Taren, guardando l’altro Maestro, «se l’Iniziato Kenobi sarebbe portato per l’Ataru».
L’uomo lo ignorò, ma Cin Drallig si voltò verso di lui. «Obi-Wan Kenobi?» chiese.
Quella domanda attirò l’attenzione di Qui-Gon. «Lo conosci?»
Il giovane annuì. «Certo» assicurò, con un breve sorriso. Sembrava che per lui fosse una risposta quasi scontata, ma non si dilungò sul perché. «Sapevate che c’è chi crede che potrebbe essere il prossimo Padawan del Maestro Yoda?»
«L’ho sentito dire proprio oggi» rispose Qui-Gon.
«Avevo interrogato il Gran Maestro in proposito…» accennò Drallig. «Gliel’ho proprio chiesto: “È vero che vuoi prendere Obi-Wan Kenobi come tuo futuro Padawan?”».
«E lui cos’ha risposto?» chiese Qui-Gon.
«Ha risposto a modo suo» rispose il Padawan. «Certe cose – mi ha detto – non dipendono solo dalla volontà dei singoli, ma anche e soprattutto dalla volontà della Forza».
«Sarà stata un’impresa, capire se si trattasse di un sì o di un no» osservò Taren, con l’aria di simpatizzare pienamente col giovane.
«Direi che è caratteristico del Maestro Yoda» commentò Qui-Gon.
Cin Drallig si limitò a scrollare il capo. «Ci sono abituato, ormai».

Quella sera, quando si presentò nell’alloggio di Qui-Gon, Obi-Wan sembrava piuttosto provato.
Poiché, durante il loro breve incontro di quel pomeriggio, il bambino gli era sembrato vispo come di consueto, Qui-Gon suppose che la lezione di Yoda fosse stata abbastanza impegnativa.
Fortunatamente, la meditazione non richiedeva un gran dispendio di energie… Con un gesto, Qui-Gon invitò Obi-Wan ad accomodarsi nel solito posto, sotto la finestra.
Il bambino era quieto, e questa non era una novità, ma sembrava anche un po’ distratto.
«Iniziato Kenobi» chiese Qui-Gon ad un certo punto, «va tutto bene?»
Obi-Wan lo guardò. «Sì, Maestro Jinn. Mi sento solo un po’ strano».
«Strano?» ripeté Qui-Gon, in tono indagatore. «E da quanto?»
L’Iniziato sembrò doversi impegnare, per rifletterci su. «Da… dalla fine della lezione del Maestro Yoda, mi sembra».
«Avresti dovuto dirglielo» affermò Qui-Gon.
«Perché?» domandò Obi-Wan. Strizzò gli occhi. «Sono… sono solo un po’ stanco».
Lui diceva così, ma la Forza e l’esperienza sembravano suggerire a Qui-Gon tutta un’altra cosa…
L’uomo si protese verso il bambino e gli posò una mano sulla fronte, scoprendola ben più calda di quanto fosse normale.
«Invece hai una bella febbre, temo» disse, mentre Obi-Wan tirava indietro la testa. «Sarà meglio fare un salto dai Guaritori».
Quando si alzò, prese un braccio di Obi-Wan per aiutarlo a sollevarsi a sua volta.
Il bambino sembrava un po’ frastornato. «Ma… e la nostra lezione?» obiettò.
«La nostra lezione aspetterà che tu sia tornato in salute» replicò Qui-Gon, guidando Obi-Wan verso l’uscita dell’alloggio.
L’Iniziato guardò in su, verso il volto del Maestro Jedi. «Vuol dire che non te ne andrai?»
Qui-Gon fu sorpreso da quella domanda, o forse dal modo in cui venne posta. «Di certo non me ne andrò domani» rispose alla fine.
Obi-Wan non sembrò molto soddisfatto, ma non aggiunse nient’altro.
Ben presto, la sua testa iniziò a ciondolare, e i suoi passi si fecero più incerti; Qui-Gon, dal canto suo, gli teneva una mano sulla spalla per guidarlo.
Presero l’ascensore, e Obi-Wan si poggiò pesantemente contro il Maestro Jedi, chiudendo gli occhi.
«Obi-Wan?» lo chiamò Qui-Gon.
«Mi fa male la testa» mugolò il bambino, premendosi una mano contro le palpebre.
«Siamo quasi arrivati» lo confortò l’uomo.
Le porte dell’ascensore si aprirono, e i due uscirono, arrivando alle Sale dei Guaritori.
Obi-Wan doveva essere davvero una faccia nota, da quelle parti. L’apprendista dietro al bancone della reception, infatti, non parve per nulla sorpreso di vederlo.
«Il Guaritore Von Le è in ambulatorio…» si limitò a dire. «Seconda porta a destra».
Qui-Gon annuì, e guidò Obi-Wan dove indicato.
La stanzetta in questione comprendeva un lettino e una piccola scrivania. Dentro c’era solo il Vultan, che gettò ad Obi-Wan uno sguardo quasi rassegnato.
Aiutò il bambino a sedersi sul lettino, e gli sentì la fronte col dorso della mano.
Obi-Wan aveva le dita strette ad un lembo della toga di Qui-Gon, così l’uomo dovette star fermo lì accanto.
«Ha detto che si sente strano da un po’ di tempo, e mentre venivamo qui ha iniziato a fargli male la testa» spiegò al Guaritore.
Von Le annuì, e visitò rapidamente il bambino. «Influenza» fu il verdetto. «È una forma virale che è in giro in questi giorni…»
Obi-Wan alzò su di lui i propri occhi. «Devo restare qui?» chiese, con una manifesta mancanza di entusiasmo.
«Lo preferirei» gli rispose Von Le, con franchezza. «Ma non preoccuparti: la febbre e gli altri sintomi dovrebbero passare in quattro giorni al massimo».
Il bambino non sembrò trovarlo un lasso di tempo trascurabile, e strinse la presa sulla toga di Qui-Gon.
Gli occhi di Von Le balenarono per un istante sulla mano di Obi-Wan. «Vediamo di sistemarti in una delle stanze» disse poi. «Informerò la Maestra Yula che il Maestro Jinn ti ha portato qui».
Dopodiché lui, Qui-Gon ed il bambino uscirono in corridoio.
Von Le li fece entrare nella prima camera libera… Qui-Gon prese subito nota dell’ambiente: un letto dalle lenzuola immacolate, un paio di sedie per eventuali visitatori, alcuni monitor spenti.
Siccome il Guaritore aveva da fare, lui restò per aiutare Obi-Wan a cambiarsi nel camice azzurro chiaro dei pazienti…
La febbre si era alzata: la pelle del bambino era diventata bollente, e lui tremava come una foglia.
Si raggomitolò subito sotto le coperte, e Qui-Gon gli passò una mano sulla schiena inarcata. «Dovresti distenderti» gli suggerì.
Battendo i denti, Obi-Wan gli lanciò uno sguardo con due occhi arrossati.
«Se ti distendi» disse allora l’uomo, «il sangue circola meglio… e dovresti scaldarti».
Un po’ riluttante, il bambino seguì il consiglio dell’uomo… All’inizio, rabbrividiva quasi convulsamente, ma poco a poco i tremiti si attenuarono.
«Maestro Jinn» chiese il bambino, «puoi spegnere la luce? Mi dà fastidio».
Un gesto dell’uomo, e la stanza si oscurò.
Qui-Gon era chino sul bambino e, quando si sollevò, si accorse che Obi-Wan aveva nuovamente chiuso una mano sulla sua toga.
«Iniziato Kenobi…» iniziò.
«Puoi… puoi restare?» implorò il bambino. «Solo un po’. Per favore».
Qui-Gon esitò, una mano su quella di Obi-Wan, già pronta a staccare quelle piccole dita dalla stoffa scura. Lentamente, l’uomo si sedette sul bordo del letto. «Va bene».
Quasi un’ora più tardi, Obi-Wan si addormentò.
Qui-Gon si alzò con cautela, continuando a guardare verso il letto. Contro il cuscino, poteva vedere la sagoma della testa del bambino.
Piano, gli sfiorò la nuca, quindi si raddrizzò e se ne andò in silenzio.






























Note:
Mmm. Capitolo chilometrico, introduzione di altri personaggi… Siete ancora vivi?
Cin Drallig fa la sua – brevissima – comparsa nel terzo film: interpretato da Nick Gillard (il coordinatore degli stunt della nuova trilogia), è uno dei Jedi che Obi-Wan vede nelle registrazioni di sorveglianza del Tempio… E, da quanto ho capito, deve avere un ruolo più consistente nel videogioco de “La vendetta dei Sith”…
Un grazie a tutti coloro che leggono!
(Per inciso, qualsiasi recensione sarebbe riverita come se si trattasse di George Lucas in persona u.u)
A martedì 15 ottobre!
  
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