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Autore: biberon    10/10/2013    2 recensioni
Dieci anni dopo il reality, Courtney incontra per caso Trent e Duncan, il quale nel frattempo ha avuto un figlio con Gwen. Pazza di gelosia, Courtney si lancia in una storia flash con Trent e cade in una gravidanza indesiderata.
La sera in cui lo confida alla sua migliore amica Heather, inquietanti sms e messaggi cartacei iniziano a perseguitarla. C'è qualcuno che sa tutto di lei, che sa TROPPO di lei, della sua storia con Trent, del suo amore, della sua vita.
Ma lei non l'aveva detto a nessuno oltre che a Heather.
Ma non può essere stata lei, non la sua migliore amica. Ma allora, chi ...?
Dal testo, capitolo 10
- Courtney, io chiamo la polizia. Se quel bastardo è in casa tua possiamo prenderlo.
- Heather, non so se è veramente lì o lo dice solo per depistarmi …
- C’è un solo modo per scoprirlo.
Io annuii.
Heather frugò nella borsa, poi mi guardò con gli occhi sbarrati.
- Courtney … non trovo più il mio cellulare.
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen, Heather, Trent | Coppie: Duncan/Courtney, Duncan/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Ogni singolo muscolo del mio corpo era teso e pulsante.
Ero in una situazione paradossale.
In una limousine, parcheggiata davanti ad un ospedale, con una pistola puntata sulla nuca.
“Buffo.” Pensai.
Io, Courtney Barlow, la brava ragazzina di 12 Surrey Streer, a un passo dalla morte.
Soffocai una risatina nervosa.
“E così ce l’hanno fatta, a portarti fin qui.” Disse quella voce.
Avevo il sospetto che chiunque stesse parlando, avesse un registratore per modificare la voce.
Forse, se avessi fatto come diceva, non  mi avrebbe sparato. Per sopravvivere dovevo solo essere accondiscendente.
“A quanto pare.” Sussurrai, così piano che quasi non mi sentii.
Anche lui ( o lei) rise.
Ma era una risata diversa dalla mia.
La sua era una risata che trasudava malvagità.
“Almeno, se vuoi uccidermi, dimmi prima dov’è Heather.”
Prese un grosso respiro. Stava soppesando l’idea di dirmi tutto.
“Mh … ma sì, dai. Tanto tu non uscirai viva da quest’auto. Lo sapremo solo io e il tuo cadavere.”
“Ah, hai intenzione di uccidermi per davvero?”
“Tu non hai ubbidito al mio ordine. Non … tu non hai abortito e non ti sei trasferita da questa città.”
“Ma ...”
“Sta’ zitta!”
“Okay ...” mi rilassai un po’ appoggiando la testa ancora più vicino alla canna della pistola.
Inspirai, espirai.
“Heather è a poca distanza da noi.”
“non puoi dirmi nulla di più preciso?”
“No.”
Tossicchiò e sentii parecchi fruscii dietro di me.
La sua mano libera, che non teneva la pistola, mi accarezzò la guancia lentamente.
“Se devo morire, posso almeno vederti in faccia una volta sola?”
“NO.” Rispose freddamente.
Le sue dita mi sfiorarono i capelli.
“Perché?” chiesi timidamente.
Forse stavo riuscendo ad ammorbidirlo, pensai.
“Perché no.” Rispose con freddezza, e le sue dita si strinsero, provocandomi un acuta fissa.
Strinse i miei capelli sempre di pi, e sentii la pistola che scavava nella pelle sudata del collo, come se stesse per sparare.
“Ora basta chiacchierare.” Disse, e m’inchiodò la testa contro il finestrino, restando nascosto dietro il sedile.
Ero immobile. Tolse la pistola dalla nuca e me la puntò in fronte.
“Siamo davanti ad un ospedale, Courtney. Questa è la tua ultima possibilità. Abortisci o muori. Conterò fino a dieci, poi sparerò, a meno che tu non cambi idea su tuo figlio.”
Il respiro mi si mozzò in gola.
“Uno …”
Strinsi i pugni, scavai con le unghie nel sedile.
“Due …”
Non potevo farlo.
“Tre …”
Non potevo uccidere quel che avevo nel ventre, e avevo capito perché.
Era il frutto di un rapporto d’amore sincero e ingenuo, un rapporto d’amore vero e dolce.
“Quattro …”
Non era stato rude come le altre volte, non era stato rude o fissato. A lui interessava solo rendermi felice, ci siamo uniti perché volevamo stare più vicini che mai.
“Cinque … sei …”
Non avevamo bisogno di sesso, stavolta no.
Avevamo bisogno di qualcosa, o qualcuno, a cui aggrapparci, quando sembrava che tutto quello in cui credevamo fosse svanito per sempre.
“Sette, otto …”
Io avevo avuto bisogno di lui e lui aveva avuto bisogno di me.
Forse avevamo solo bisogno d’amore.
Ed era proprio per questo che non potevo uccidere quel bambino.
“Nove …”
Decisi.
Qualunque cosa mi aspettasse dall’altra parte, dopo la morte, io l’avrei affrontata con coraggio e a testa alta.
Ero fiera dell’amore che avevo dato e che avrei potuto dare a mio figlio se fossi sopravvissuta.
Ero fiera di me stessa.
Non lo facevo per qualcuno in particolare.
Già.
Forse, per la prima volta nella mia vita stavo facendo qualcosa per me stessa.
Non ero più Courtney la brava ragazza. Non ero più Courtney la gentile. Non ero più Courtney la fifona.
In quel momento ero Courtney la coraggiosa.
“Dieci.”
Vidi chiaramente il suo dito avanzare di qualche centimetro per premere il grilletto.
E vidi ancora più chiaramente la mia mano che scattava in avanti con una velocità che non sapevo di avere e gettare la pistola via dalle mani del persecutore.
Il colpo partì comunque.
Mi abbassai istintivamente e sentii un rumore fortissimo di vetro rotto e un sacco di schegge penetrarmi sotto la pelle.
Era un dolore fortissimo, ma non ci feci caso.
Ero troppo occupata ad aprire la portiera con un calcio e rotolare fuori.
Sentii il sangue che si espandeva a macchia d’olio sulla pelle sporcando i vestiti, a causa delle troppe ferite.
Finii con la faccia nella neve.
Mi rialzai barcollando, la faccia gelata e il corpo in fiamme.
Vidi la portiera della macchina aprirsi di nuovo e vidi una mano cercare la pistola sul cruscotto.
Ma era troppo tardi.
Io la stringevo forte nella mano.
Nel rotolare fuori l’avevo afferrata.
Mi avventai su chiunque stesse uscendo dall’auto.
Solo il busto era fuori, era ancora seduto sul sedile.
Puntai la pistola sulla sua fronte.
Sentii un singhiozzo spezzato a metà.
Lo guardai: si vedeva solo la testa, che era coperta da un passamontagna nero.
“Vuoi sapere chi sono?” chiese in un filo di voce.
“Lo sai?” dissi io, cercando di ignorare le schegge conficcate ovunque nel mio corpo, “Non mi importa. non mi importa chi sei o perché hai fatto quel che hai fatto. Voglio solo che tutto questo finisca.”
“C’è un solo modo per farlo. Nessuno lo saprà. Potrai dire che mi sono suicidato. Qui è una lotta alla sopravvivenza, cara. O tu uccidi me, o io uccido te. È questo, il destino. Io il predatore è tu la vittima. È stato così fin dall’inizio. Uno dei due deve morire. Cosa scegli?”
“Tu … sei pazzo.” Esclamai incredula, con troppa enfasi.
“COSA SCEGLI?!” urlò lui bruscamente.
Io lo guardai con un misto di disgusto e pena.
Potevo farlo.
Potevo premere il grilletto e mettere fine alla mia sofferenza.
Avrei detto che lui si era sparato e io avevo cercato di salvarlo.
Non c’erano telecamere, tutti avrebbero creduto alla studentessa che raccontava la storia del pazzo che si suicidava pentendosi della sua opera di stalking.
Ma io cel’avrei davvero fatta a sparare a qualcuno?
Avrei avvero avuto tanto fegato da ucciderlo?
Lo guardai negli occhi. Erano azzurri, azzurri come il mare. Aveva uno sguardo disperato.
Sì, sparandogli sarebbe finito l’incubo.
Avrei avuto la pace.
Pace, sì, pace.
Volevo solo quella, in fin  dei conti.
Cel’avrei fatta, no?
Dopotutto io ero Courtney, la coraggiosa.
Fu per questo che girai la pistola e lo colpii forte alla nuca, facendolo svenire.
Barcollai all’indietro e lasciai cadere l’arma a terra.
Ci vuole molto più coraggio per non uccidere che per farlo.
Mi accasciai a terra, la schiena calda, rovente.
Mi lasciai dietro una scia di sangue. Mi portai una mano lì e constatai con orrore che una scheggia delle dimensione del palmo di una mano mi si era conficcata per qualche centimetro nella carne.
Mi avvicinai strisciando e stringendo i denti al corpo svenuto del persecutore.
Chi era, in realtà?
Avevo paura di scoprirlo.
La vista mi si annebbiò e comincia a vedere doppio.
Con dita tremanti, reggendomi a fatica sulle ginocchia alzai il bordo del passamontagna, scoprendo prima un mento, poi una bocca, un naso, due occhi, dei capelli.
Non posso descrivere quel che provai vedendo quel volto.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime.
Oddio.
Avevo appena colpito alla nuca con una pistola …
Un bambino.
Cominciai a vedere delle macchie rosse ovunque, tutto prese a girare …
“Q-Quentin.” Fu l’ultima cosa che dissi, prima di stramazzare a terra.
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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