FOX
Aveva i
capelli lunghi fin quasi alle natiche – quelle invitanti, sode rotondità al
momento a malapena coperte da impalpabili slip lilla; le guardò con desiderio
per qualche istante, ricordando alla perfezione tutte le posizioni in cui le
aveva strette e costrette durante quella lunga serata. Infine, accorgendosi che
era un po’ troppo tardi per quell’ennesimo round fra le lenzuola, si decise a
scacciare il pensiero, distrarre lo sguardo da quei due obiettivi che
ciondolavano a pochi passi da lui e riprendere la sua analisi.
Aveva i
capelli lunghi fin…. Mmm.
Aveva i
capelli molto lunghi. E folti. Al
momento erano pure notevolmente scarmigliati, ma il disordine non toglieva
alcunché al loro fascino. Forse, anzi, lo arricchiva dei ricordi di quegli
amplessi bollenti oramai consumati… quante volte
glieli aveva tirati? Merlino. A un certo punto si era pure lamentata. Quando?
Forse l’ultima volta, sul divano, lui era sopra. Non l’aveva fatta apposta,
erano così lunghi che ricoprivano ogni superficie. Per qualche istante erano stati
perfino sul suo.. eh-ehm.
Cazzo.
In
tutti i sensi.
Così
non andava.
Il
coprifuoco scadeva fra pochi minuti e no, non poteva piegarla a novanta di
nuovo. Non ce n’era il tempo.
Rosso. Ecco
su cosa si doveva concentrare. Sul rosso. Sul rosso dei suoi capelli. Luminoso.
Dorato. Quasi baciato dal sole. Rosso oro. In pratica aveva lo stemma Griffyndor sulla testa. Che cazzo si poteva aspettare da
una Weasley, in fondo?
Eppure gli
piaceva. Inteso il colore. Anche lei gli piaceva, tanto. Ma questo era più
complicato. Meglio soffermarsi su quanto apprezzasse la sfumatura della sua
chioma di fuoco. Rendeva la sua pelle bianca quasi iridescente, perfetta
all’inverosimile, preziosa come un gioiello.
E di
gioielli ne aveva visti altri due in quel viso celato al suo guardare. Gli dava
ancora le spalle mentre si rivestiva con gesti chiaramente stanchi e
infastiditi. I quali, in tutta sincerità, gli dispiacevano parecchio. Ogni
volta sembrava che il sesso fra loro fosse un’imposizione sgradita, piuttosto che
quello che era veramente: attrazione. Folle richiamo sensuale. Al solo pensiero
sentì l’inguine tendersi in un familiare bisogno.
Merlino.
Cazzo.
Merlino,
che sortilegio avevano lanciato su di loro? Per quanto volesse che lei facesse
finalmente pace col suo istinto, non poteva darle torto se vedeva nella loro
“relazione” solo un errore abominevole. Una Weasley e
un Malfoy che fornicano è roba tosta. Da storia
dell’orrore. Certo, a lui del parere del pubblico non fotteva un emerito cazzo,
però sapeva bene cosa passava in testa alla gente. E cosa passava in testa a
lei non era difficile da decifrare.
Anche
perché aveva appena sbattuto con ferocia il tappo del suo portagioie in
porcellana sulla relativa scatolina. Chissà se era sopravvissuto allo schianto.
Mah.
“Qualche
problema?” Osò domandare.
“Non trovo
il reggiseno.” Sbottò lei. Anzi, ringhiò. Uuuuh, la bambina era arrabbiata!
Strano.
Ginevra si
voltò di scatto, fulminandolo coi suoi occhi di cioccolato.
Eccoli là
gli altri due gioielli di quella splendida collezione targata Griffyndor: quelle iridi cupe, ombrose, passionali.
Attente, diffidenti, selvagge. Sfuggenti. Non riusciva mai a catturarle nel suo
sguardo cinerino. Ci aveva provato anche prima, fermandole la testa con le
mani. Voleva vederla venire. Voleva vedere quel sentimento di godimento estremo
riflettersi lì, negli specchi oscuri della sua anima segreta. Molto romantico,
in fin dei conti. Il risultato, tuttavia, era stato disastroso. Le aveva
bloccato l’orgasmo, l’aveva fatta incazzare e si era beccato una testata, di
cui probabilmente aveva ancora il ricordo sulla fronte. Poi lei si era messa
cavalcioni su di lui e aveva ripreso il gioco, raggiungendo ciò di cui lui
prima l’aveva involontariamente privata. Vabbé,
pazienza, succede.
“Sotto il letto… hai provato?” Consigliò con cautela. Non sapeva bene
che tono usare per evitare il linciaggio. Quando era in quello stato tutto era
possibile.
“Sì, e non
c’è.” Grugnì lei. Non era di buon umore. Che cazzo, come si fa a non essere di
buon umore dopo del buon sesso? Donne. Bah. “Ti spiacerebbe aiutarmi? Il
coprifuoco è fra dieci minuti!”
Draco sbuffò, annoiato. Certo che gli
spiaceva aiutarla, era così soddisfacente vederla gironzolare seminuda per la
stanza, perché doveva privarsene? “Ok…” Mugugnò, tuttavia.
Di negarle l’aiuto non se ne parlava, sapeva bene che la sua volpe non era
calda solo sotto le lenzuola. Così, mentre lei cercava in un lato della stanza,
lui si mise a cercare nell’altro.
Non ci volle
troppo perché trovasse il pezzo della biancheria che lei ambiva riavere
indietro. Era finito, chissà come, in uno dei divani del suo salottino
personale, al fianco della sua bacchetta.
E fu vedendo
la bacchetta che gli venne in mente una brutta idea.
Qualcosa
che suonava tipo come trascorrere tutta la notte con lei.
Ovviamente
si sarebbe trattato di ospitalità coatta, ecco il perché della necessità di
usare la bacchetta per sigillare le porte della camera. Cosa le sarebbe potuto
succedere, in fondo? Era sabato, il giorno dopo non avevano lezione. E lui
aveva una gran voglia di chiarire quella situazione tra loro. Si andava avanti
così da mesi. Quattro, per l’esattezza. Era tanto, troppo tempo. Specie tenendo
conto che da un po’ si era accorto di non volere altre ragazze oltre lei.
Così
allungò il braccio, sigillò la porta e, infine, si voltò a guardarla.
Ovviamente
lei non si era persa un solo attimo di quella scena, e nei suoi occhi intelligenti
stava riflessa la paura. L’aveva colta di sorpresa. La sua volpe non sapeva
dove scappare.
“Rimani
qui.” Le disse.
“No.”
Replicò subito lei.
“Non era
una richiesta.”
In un
attimo lo spiazzamento lasciò spazio alla rabbia. Per le ascelle di Morgana, ora
era lui ad avere paura! Cazzo, in che pasticcio si era ficcato? Quella non era
una femmina con cui scherzare!
“Come ti
permetti di impormi una tua volontà, eh?” Sbottò, con tono di voce crescente.
Incurante della sua nudità, coi capelli che le ricoprivano il busto a mo’ di
criniera, lo sfidava apertamente come mai nessuno si era permesso di fare.
Nel
guardarla Draco aveva la pelle d’oca per il terrore
che facesse saltare in aria lui e la stanza con la semplice forza della sua
collera, e il pisello bello sveglio per la voglia di possederla.
“Chi ti
credi di essere?!” Continuò la sua fiamma Gryffindor.
Lui si
schiarì la voce, cercando di darsi un certo tono. Non era tipo da cose serie, o
almeno, non lo era mai stato. Fuggiva la serietà come il peggiore dei mali. Ma
in questo caso – con lei di mezzo – aveva intenzione di smettere di latitare. “Devo
chiarire una questione con te.”
“Non mi
interessa chiarire nulla con te!” Strano. Di solito era così loquace.
“A me sì.”
Inamovibile, una roccia. Il suo tono era sicuro e dominante. Ma lei riuscì a fanculizzarlo ugualmente.
“E allora
parlatene da solo!”
“E’ con te
che devo parlarne!” Sbottò, iniziando a perdere la flemma. Ok, era deciso a
conquistarla. Però lei era piuttosto irritante, non gli semplificava le cose.
“Ti ho
detto che non mi interessa!”
“Trombiamo
da quattro mesi, Ginevra Weasley!” Urlò, perdendo le
staffe. La pazienza non era mai stata il suo forte. Non per niente era
l’emblema del ricco pargolo viziato dalla nobile stirpe. “Sempre qui, nella mia
stanza! Fuori dalla quale tu neanche mi saluti!”
“Perché ti
dovrei salutare?!” Strillò lei, allibita.
Lui sbarrò
gli occhi, senza parole. “Come perché?! Io infilo il mio bolide nella tua
porta, e tu mi chiedi perché?!”
“Beh…”
“Eh…?!”
“Che
paragoni fai?!” Commentò, scioccata.
“Posso non
usarne affatto, se preferisci.” La trivialità non lo spaventava, anzi. Cazzo,
quanto gli piaceva!
“Draco…” Mormorò lei, ormai assai più calma. Anzi, appariva
particolarmente provata dall’argomento che lui aveva tirato in ballo.
“Ginevra.”
“Mi
chiamano tutti Ginny…” Buttò lì, quasi in automatico.
“Nomignolo
del cazzo.” Commentò con tutta la sua elegante sincerità.
“Sei sempre
tutto a modo tuo.” Osservò lei, sorridendo lievemente e portandosi con una mano
indietro le ciocche ribelli che le cascavano di continuo sul viso. Nel farlo,
uno dei piccoli seni venne fuori dalla matassa rossa, rapendo subito lo sguardo
del suo amante.
“Sono un Malfoy.” Rispose il ragazzo, con l’acquolina in bocca.
Aveva voglia di assaggiare quel bocciolo rosa. Aveva voglia di assaggiarla
tutta, a dire il vero. Di impazzire di nuovo fra le sue gambe. Ma le parole di
lei lo riportarono brutalmente alla realtà. Soprattutto, la tristezza con cui
furono pronunciate.
“Eccolo, lo
hai detto. Sei un Malfoy. Ed io sono una Weasley, aggiungo.”
Tombola.
Ma guarda
un po’, non aveva intuito che fosse quello il problema. “Cosa ce ne frega?”
Arguì dunque, con la sua nota nonchalance.
“Ho sei
fratelli, un padre e una madre. Tanti amici. E tutti, nessuno escluso, ti
disprezzano.”
“Non sei
molto d’accordo con loro se passi la maggior parte del tuo tempo libero qui
nascosta con me.”
“Niente
affatto. Capisco perfettamente perché ti odiano. Alle volte ti odio pure io.”
“Effettivamente
mi hai dato una testata prima…”
“Te la
meritavi.”
“… Ciononostante
vedi qualcosa di buono in me. Non può essere solo sesso!” Esclamò, aprendo le
braccia come a sottolineare l’ovvietà della sua deduzione. “Tu sei una Weasley, non può
essere solo sesso!”
Silenzio.
Lui rimase
a fissarla mentre lei, a sguardo chino, gli impediva di scrutare i suoi occhi e
carpirne qualche informazione. Tipico. La vedeva in bilico, indecisa senza
dubbio fra le scelta di esternare i suoi sentimenti e quella di tenerseli per
sé. Sperava seriamente nella seconda.
“Non lo è.”
Disse poi, finalmente.
Oh, sì! Draco
percepì chiaramente la tensione - che non si era accorto di provare - abbandonargli
il corpo e la mente. Illuminato dalle sue parole, in due balzi la raggiunse,
stringendola fra le sue braccia e tempestandole le labbra di baci.
Era sua.
Ginevra era sua.
“Vorrei… vorrei…” Mormorava, ma
ogni volta anziché continuare si interrompeva per baciarla di nuovo. “Vorrei
uscire con te, passeggiare per i giardini al tuo fianco, baciarti per i
corridoi, portarti a cena a Hogsmead...” Poi scese,
baciandole il collo e ancora più giù, arrivando finalmente al tanto ambito
capezzolo.
“Oh… sì…” Mormorò lei, già
travolta dalla passione.
“Pensi sia
possibile farlo?” Domandò lui, tutto pimpante, alzandosi di scatto e fissandola
negli occhi. Sì, eccoli là i suoi occhi ribelli, al momento completamente spaesati,
rapiti nel suo sguardo.
“Cosa?!”
Brontolò Ginevra, non capendo. Era già in un altro mondo. Non appena lui la
toccava, il cervello si faceva poltiglia.
“Te l’ho
detto! Le uscite assieme, i bacini per via, le passeggiate…”
“Oh…”
La vide
spegnersi, rabbuiarsi. E allontanarsi da lui, anche se solo di pochi
centimetri.
Perse il
suo sguardo, di nuovo.
Dannazione.
“Credo sia
un po’ troppo prematuro …”
“Prematuro?!”
Lo stava prendendo per culo? Quattro mesi di sesso animalesco per lei rendevano
prematuro un passo del genere?
“Sì, Draco. Forse sarà sempre troppo prematuro.”
“Mi stai
facendo girare i coglioni.” Si alterò lui, subito.
“Con un
calcio rimediamo al problema.” Lo redarguì lei, fulminandolo con gli occhi di
cioccolato. Quando parlava di castrazione stranamente non si faceva problemi a
fissarlo bene in faccia.
Lui sbuffò.
“Ginevra, non puoi dirmi di no solo perché chi ti sta attorno così farebbe. Non
ho chiesto a tuo fratello di fare ufficialmente la parte del mio fidanzato.”
Storse il naso. “E il solo pensiero mi manda in cancrena le budella!”
Qualcosa di
quel che aveva detto parve piacerle perché l’aria da erinni furiosa scomparve
all’istante, lasciando spazio a un sorriso dolcissimo. Ridacchiò perfino, divertita,
stringendosi un pochino più a lui dopo aver mormorato “… fare ufficialmente la parte della tua fidanzata?”. Oh, ecco cosa le
era piaciuto. E ora gli stava facendo perfettamente sentire il suo corpo nudo
attraverso la vestaglia di seta verde acido in cui lui era stretto. Senza
malizia, un gesto così spontaneo e innocente da fargli sobbalzare il cuore.
Per Morgana, che bello…
La
abbracciò, non riuscì a farne a meno. E depositò pure un tenero bacio sul suo
capo. L’anima appagata, non solo il sesso.
“E’ bello
stringerti così.” Le disse con voce tremante.
“Sì, è
bellissimo.”
“Se sapessi
cosa provo, mia piccola volpe…”
“Se sapessi
cosa provo io…”
“Eppure,
non è un sì, vero?”
“Non lo è.
Non è ancora tempo.” Sospirò Ginevra, affranta. “Però, adesso che so cosa provi
e cosa pensi, potrò vivere più tranquillamente il nostro rapporto.”
“Per questo
eri così tesa nei miei confronti? Pensavi ti stessi prendendo alla leggera?”
“Puoi
farmene un torto?”
“No.” Disse
Draco, scuotendo il capo. Era il trombatore
più noto di Hogwarts, nulla di strano che avesse
pensato qualcosa del genere. “Per questa notte, comunque, il mio invito è
sempre valido. Anche perché, ormai, credo abbiamo sforato alla grande i termini
del coprifuoco.”
Lei
sorrise. “Una notte fra le tue braccia. Si può fare. Ti accontenterai di
questo? Riuscirai a fare a meno di passeggiatine e bacini pubblici?”
“E sia, mi
accontenterò di averti fra le mie lenzuola. Per averti al fianco davanti al
mondo attenderò ancora. Anche tutta la vita se necessario, mia piccola volpe.” Cazzo,
che sviolinata pazzesca. Però era tutto vero. In quel momento sentiva che
avrebbe davvero potuto fare una cosa del genere per lei.
La prese in
braccio, percorrendo quel breve tratto che li separava dal letto, dove la
depose con cautela. Senza troppo pensarci, scostò i capelli che come tende di
rubino celavano al suo sguardo i suoi piccoli seni, e si chinò per baciarne
uno.
“Perché mi
chiami volpe?” Chiese la più piccola dei Weasley.
“Perché lo
sei.”
“E’ un
complimento?”
“Alle volte
è una gran rottura di scatole per il sottoscritto… ma
sì, è un complimento.” Spiegò, salendo sul materasso e mettendosi a cavalcioni
sopra di lei. Quella pelle. Merlino.
Impazziva solo guardandola.
“…?”
“Le volpi
sono animali particolari.” Iniziò a spiegare Draco.
Non aveva gran voglia di dare spiegazioni in quel momento, ma doveva. Ora che
lei gli aveva aperto (vabbé, socchiuso) il suo cuore, doveva. Ma
non mancò dal proseguire con la sua opera di adorazione, riempiendo di baci
quella via che lo avrebbe condotto al paradiso più dolce fra tutti. “Intelligenti.”
Bacio. “Diffidenti.” Bacio. “Istintive.” Bacio. “Selvagge.” Bacio. “Sfuggenti.”
Bacio. “E assolutamente….” Mormorò, togliendole le
mutandine. “Bellissime.” Fremette,
stringendole i glutei fra le mani mentre moriva al sol pensiero di cosa le
avrebbe fatto fra pochi istanti.
“Draco…” Sospirò lei, colpita dalla sua passione.
“Sì,
continua, Gin. Continua a dire il mio nome.” Ringhiò lui, sentendo l’istinto
selvaggio di possederla montare violento in lui. “Dillo per tutta la notte.”