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Autore: LerbyMoments    10/10/2013    1 recensioni
*Dal primo capitolo*
“Resisti Sum, resisti!” le dissi lasciando che le gambe, ancora in alto, cadessero toccando il pavimento. “Come non detto” sbuffai.
“Tienimi la mano Jamie. Sempre insieme..” iniziò a dire. “Ogni secondo, nella buona e nella cattiva sorte, in palestra e sul letto, sudate e non, con Faith e senza Faith finché morte non ci separi!”
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton, Irwin, Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Sorpresa
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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A ROLLECOASTER 



Jamie’s POV
Feci due respiri molto profondi e mi sedetti sul divano. Gli sguardi di Ashton e Michael erano puntati su di me. Pretendevano una spiegazione e, nonostante avessi detto il contrario, io non potevo dargliela. Non potevo svelare quel segreto. Non potevo farlo sia per noi ma soprattutto per loro. Non dovevano sapere: loro non c’entravano niente e non avrei permesso a niente e nessuno di fargli del male.
Un rumore, fuori dalla finestra, attirò la mia attenzione costringendomi a voltarmi. La mano di Summer si poggiò sulla mia spalla e quasi come un fulmine, un insieme di ricordi si fece spazio nella mia mente riportandomi al giorno in cui era iniziato tutto.
 
Flashback..
Il freddo mi penetrava fin dentro le ossa, le persone mi passavano accanto segna degnarmi di uno sguardo, il cielo era completamente ricoperto da orrendi nuvole grigie, gocce di pioggia mi ricadevano sul volto e io, ancora una volta, mi ritrovavo su quella strada dritta all’inferno. Ero uscita di casa dopo una discussione con i miei che, ormai, sembrava quasi di routine. Non ne potevo più di loro: continuavano a parlare di cose inutili e non si rendevano conto di ciò che stavo affrontando io. Il lavoro: ecco l’unica cosa fondamentale nelle loro vite. Il lavoro prima di tutto: prima della casa, prima della famiglia, prima degli amici, prima della loro stupida e inutile figlia.
Avevo chiamato Big Bob per chiedergli di incontrarci. Erano mesi che uscivo di casa con lo zaino in spalla e lo raggiungevo nel suo piccolo nascondiglio. Melbourne era una città poco riservata, eppure lui aveva trovato un posto in cui nascondersi e fare affari.
Camminai per qualche isolato quando, una volta girato l’angolo, mi ritrovai davanti la figura del mio nuovo amico.

“Hey signorina Fox!” richiamò la mia attenzione.
“Ciao Big Bob!” lo salutai incerta. “Il solito.”
Porsi la mano verso di lui e attesi che cacciasse dalla tasca ciò di cui avevo bisogno. La mia solita dose di PCP. Non avevo idea di cosa fosse quella roba ma ero sicura del fatto che aveva la capacità di farmi stare bene. La prima volta che l’avevo provata mi aveva provocato delle allucinazioni spaventose ma, col tempo, avevo imparato a controllarle e a farle diventare parte di me. Stavo per passargli le banconote richieste quando, dall’altro lato della strada, una figura incappucciata attirò la mia attenzione.
“Grey?” chiese Big Bob. “Vedo che oggi le mie clienti migliori non riescono a fare a meno di me.” Ridacchiò fastidiosamente. “Jamie Fox” attirò la mia attenzione. “Lei è Summer Grey! Credo che dovrete dividervi la dose perché non mi aspettavo una vostra visita!” commentò ancora una volta.
Grey.. Grey.. avevo già sentito quel nome ma non ricordavo dove. Improvvisamente, la ragazza con il cappuccio si mostrò ai miei occhi, lasciando che i capelli castani le ricadessero lungo le spalle. I suoi occhi chiari mi attraversarono come una lama e il suo finto sorriso mi illuminò la mente.
Jack Grey: l’imprenditore più importante della città, nonché collega di mio padre.

“Io ti conosco!” le puntai il dito contro.
“e io conosco te!” fece una smorfia. “Quando sei venuta a casa mia non sembravi una drogata!”
“Nemmeno tu, eppure!” commentai sarcastica.
“Allora vuoi darmi la mia parte o..?” chiese vaga.
Un improvviso suono di sirene costrinse Big Bob ad allarmarsi e noi a scappare di lì. Corremmo per circa due isolati prima di fermarci e sederci su una panchina. Summer Grey era la ragazza più strana che avessi mai conosciuto. Secondo i miei lei era la figlia modello, non aveva problemi con i suoi genitori né a scuola e sembrava una ragazza per bene, eppure era lì nello stesso posto in cui mi trovavo io.
“La tua vita non fa schifo! Perché ti droghi?” chiesi interrompendo il silenzio.
“Fatti miei!” sbottò. “Piuttosto non hai pagato grazie a me!”
“La polizia è stata opera tua?” la guardai ad occhi spalancati.
“Già!” commentò divertita. “Non amo pagare Big Bob, quindi ogni tanto mi invento qualcosa!”
“Ragazza sei un genio!” esclamai sbalordita. “Ma non hai risposto alla mia domanda..”
“La mia vita non è perfetta come dicono i miei! La mia vita è un po’ come la tua: anche io ho bisogno dei miei svaghi!” spiegò. “E sai cosa? Visto che siamo così simili da oggi io e te divideremo tutto: la vita, la droga e quella che le persone normali chiamano amicizia!”
“Non esiste l’amicizia.. gli amici non esistono!” realizzai.
“allora fingeremo che sia altro.” Sorrise.
“Bhe.. iniziamo da qui allora.. Amica!”
Le passai la bustina che avevo nascosto nella tasca sinistra della mia felpa e lasciai che dividesse il numero di pillole colorate presente al suo interno. Contò fino a tre e contemporaneamente lasciammo che quella sostanza s’impossessasse dei nostri organismi fino a perdere la testa…
Fine flashback…
 
Era successo tutto così: una stupida coincidenza nel giorno sbagliato e al momento sbagliato. Ecco come avevo conosciuto quella che poi sarebbe diventata la mia migliore amica. Ecco cosa Ashton e Michael non dovevano sapere. Ecco il motivo per il quale i nostri genitori ci avevano mandato a Sydney e lo stesso per cui Big Bob ci stava cercando: io e Summer avevamo cercato di farci beffa dello spacciatore più conosciuto in tutta l’Australia ma non era finita bene. I nostri genitori ci costrinsero a lasciare la città, mentre noi avevamo ancora un conto da pagare: un conto che Big Bob stava aspettando da tempo.
Dentro di me, anche se lo avevo nascosto a Summer, sapevo che un giorno ci avrebbe ritrovate. Conosceva gente in tutto il mondo, gli bastava fare una telefonata e ciò che desiderava finiva sotto il suo naso. Big Bob era potente e due stupide ragazzine di quindici anni non potevano di certo scappare da lui.
Stavo per far uscire dalla mia bocca una possibile scusa che avrebbe placato la curiosità dei ragazzi di fronte a me, quando qualcuno suonò il campanello.
“chi è a quest’ora?” chiese Michael preoccupato. “è tardissimo!”
A quelle parole il mio cuore prese a battere forte e la paura s’impossessò di me. Guardai Summer preoccupata ma il suo sorriso mi fece capire che lei già sapeva la risposta alla domanda.
“Il nostro taxi!” annunciò.
“Quando..?” chiesi confusa.
“Prima.. di sopra..” commentò a testa bassa. “dobbiamo andare..”
“Cosa?!”  sbottò Ashton. “Voi ci dovete una spiegazione!”
“Non possiamo.” Ribatté Summer. “Dobbiamo prendere il treno..”
“Ti chiamo..” mi avvicinai al biondino e attirai la sua attenzione. “Lo prometto. Ti voglio bene Ash.”
Lo abbracciai ma lui non ricambiò, così come la sua risposta non arrivò. Ashton rimase impassibile, fermo lì a fissarmi come se si trovasse in un altro mondo. La sua reazione fece si che il mio cuore si frantumasse in mille pezzi. Odiavo me stessa perché stavo andando via per proteggerlo ma questo lui non poteva saperlo.
Summer si staccò da Michael, dopo un abbraccio durato quasi due minuti, lasciando che io potessi salutare il tipo dai capelli blu. Lo abbracciai e mi assicurai che si prendesse cura di Ashton.
“Sum!” Michael la richiamò prima che potessimo salire sul taxi. “Ti voglio bene!”
“Te ne voglio anche io Mike!”
Summer chiuse la portiera e indicò al tassista il luogo in cui portarci. Arrivammo in stazione qualche minuto dopo. Prendemmo i biglietti e salimmo sul treno che ci avrebbe riportate a casa.
Casa: che parola grossa. Quella non era più casa nostra. La nostra casa era a Sydney, con i nostri amici e la nostra vita.
 
Summer’s POV
Sentivo il cuore esplodermi in petto mentre, con il viso poggiato al finestrino, continuavo a guardare i luoghi che avevo imparato a riconoscere anche se sommersi dal buio. Gli stessi luoghi che avevo visto il giorno in cui quello stesso treno ci aveva portate a Sydney. Non riuscivo a credere al fatto che stessimo lasciando quella favolosa città. Non riuscivo a credere di dover tornare nel posto in cui tutto era cominciato. Non riuscivo a credere di dover rivedere i miei genitori e scontrarmi, di nuovo, con la dura realtà. Avevo paura: paura che Melbourne potesse cambiarci di nuovo, paura di non rivedere più Michael e Ashton, paura di non ritornare più indietro, paura di Big Bob.
Dopo dure ore e mezza di viaggio, finalmente, arrivammo alla stazione di Melbourne. Il silenzio ricopriva la città mentre intere famiglie erano ancora coricate sotto le coperte. Melbourne dormiva, così come i suoi abitanti.
Io e Jamie uscimmo dalla stazione e, con a seguito le nostre valigie, ci incamminammo verso casa.
Non avevo idea di cosa sarebbe successo ma sapevo che non sarebbe stato niente di buono. I nostri genitori non avrebbero capito la nostra decisione in quanto per loro l’importante era soltanto il cognome di famiglia e non quello che ci stava succedendo. Big Bob ci aveva minacciate di distruggere la nostra reputazione ma a loro non importava niente di tutto questo dato che nulla poteva essere peggio dell’infangare il nome dei Fox e dei Grey.
Io e Jamie abitavamo a pochi isolati di distanza; la lasciai  perciò fuori al cancelletto della sua casa e m’incamminai verso la mia, pronta ad affrontare un’ennesima discussione in quella casa. Non mi erano affatto mancati in tutto quel tempo.
Mi soffermai davanti al vialetto ed osservai attentamente quella porta in legno bianco che, in tutti questi anni, non era proprio cambiata. Feci un respiro profondo, cercando di ispirare tutta l’aria che mi circondava, e mi avvicinai alla porta. Presi le chiavi sotto lo zerbino ed aprii. La casa era completamente silenziosa. Poggiai la valigia accanto al muro, chiusi la porta alle mie spalle, e salii al piano di sopra per accertarmi che i miei stessero ancora dormendo. Con mia grande sorpresa, la casa era del tutto vuota. Presi il cellulare e chiamai Jamie. I miei erano sicuramente partiti per un viaggio di lavoro e non avevo intenzione di restare da sola.
Composi il numero e dopo qualche squillo rispose.
“Va tutto bene?” chiese riferendosi ad una possibile discussione con i miei.
“Perfetto direi” risposi sarcastica. “Sono sola.”
“Anche io.” Rispose di rimando.
“Ti va di venire qui? Possiamo stare insieme in questi giorni.” Proposi incerta.
“arrivo subito!” rispose staccando la chiamata.
Ero in cima alle scale ad osservare la porta alla fine del corridoio. Erano anni che non vi entravo e non sapevo cosa aspettarmi. Mi avvicinai e con molta calma poggiai la mano sulla maniglia ed aprii. La stanza era così come la ricordavo. La mia camera non era cambiata di una virgola. Il letto a baldacchino, al centro delle quattro mura, aveva ancora la coperta a fiori rosa che avevo messo prima di partire. Accanto ad esso c’era l’enorme scrivania di un marroncino chiaro e sull’altra parete la tv al plasma che avevo costretto i miei a comprarmi. La libreria era ancora lì, in quell’angolo abbandonato, piena di libri che, forse, non avevo ancora avuto il tempo di leggere. Aprii la finestra e sorrisi mentre mi soffermavo a guardare quello che per anni era stato il mio luogo segreto. Il piccolo terrazzino, fuori la mia camera, era dotato di un muretto sul quale mi sedevo abitualmente di notte quando ero un po’ giù. Mi sedevo e guardavo il verde che mi circondava. Lì mi sentivo libera, come se non avessi mai avuto problemi, come se la mia vita non fosse mai stata un cumulo di problemi e bugie e come se tutto quello schifo che mi ero costruita con le mie mani non fosse mai stato mio.
Il suono del campanello attirò la mia attenzione. Tornai al piano di sotto ed aprii la porta. Jamie entrò e, come se si fosse trovata a casa sua, poggiò la valigia accanto alla mia e si diresse in cucina per prendere un bicchier d’acqua.
“Ma che silenzio c’è in questa in questa casa!” sbottò. “Metti subito MTV!”
Non glielo lasciai ripetere due volte e mi fiondai sul telecomando per accendere la tv. Selezionai il canale e lasciai che la musica riempisse la casa. Abbassai di poco il volume per evitare che i vicini potessero lamentarsi per l’ora e, poi, mi avvicinai alla mia amica. Come da comando, iniziammo a muoverci inventando passi strani. Se qualcuno avesse potuto riprenderci in quel momento, ci avrebbe rinchiuso in un manicomio.
Richiamai l’attenzione di Jamie, dirigendomi in cucina, e preparai qualcosa per colazione. Latte e cereali per la bionda, latte e biscotti per me.
Un rumore proveniente dall’altra stanza attirò la nostra attenzione. Mi voltai verso la porta quando le figure dei miei genitori si fecero spazio davanti ai nostri occhi.
“Summer?” chiese mia madre ad occhi spalancati. “Cosa ci fate qui?”
“Mamma! Papa!” esclamai spaventata.
“Signori Grey!” continuò Jamie con il mio stesso tono di voce.
“Qualcuno ha intenzione di rispondermi?!” sbottò mia madre. “Cosa diavolo ci fate qui?”


Spazio delle autrici: Hey hey hey! Eccoci di nuovo! Innanzitutto scusate il ritardo (ritardissimo) abbiamo avuto un po’ di problemi in questo periodo e non siamo riuscite a scrivere. Inoltre ci scusiamo per la lunghezza del capitolo, promettiamo che il prossimo sarà molto ma molto più lungo J
Parliamo proprio del capitolo… Allora allora..
Punto uno: Finalmente abbiamo saputo cosa nascondevano Jamie e Summer. Voi lo avreste mai immaginato? Noi no haha Ma a quanto pare Ashton e Michael non lo sapranno mai per il loro bene. Parlando di Ashton. Cos’è successo? Perché non ha voluto salutare Jamie? Rancore per il segreto o tristezza per la sua partenza? Lo scopriremo presto!
Punto due: Jamie e Summer sono tornate a casa e la loro paura di parlare con i genitori è sparita subito. Ma i loro piani sono andati in fumo! Le due non passeranno insieme la settimana se non per dare spiegazioni. Povere ragazze!
Punto tre: volete saperlo? Continuate a seguirci!
Baci L&B
  
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