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Autore: Feel Good Inc    05/04/2008    5 recensioni
Mi hai catturato l'anima e l'hai chiusa dentro te / Io non posso più resistere, incontrollabile la voglia di dirti che / Ti vedo ridere, sei così semplice / Indispensabile sapere che per me sei un angelo...
("Forse un angelo", Studio 3)
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Li Shaoran, Sakura Kinomoto, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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FORSE UN ANGELO

Benvenuti nel nono capitolo… Vi anticipo subito che per i tre ragazzi è ora di tornare in città… In più, è ora che Li sveli a Sakura qualcos’altro, che le faccia la sua seconda confessione… Forse avrete capito di che si tratta, o forse no… Ad ogni modo, buona lettura!

 

 

FORSE UN ANGELO

 

 

Capitolo 9

- La stazione -

 

 

“Ti regalerei una stella, ma non servirebbe a nulla

Luce dopo la tempesta, un desiderio resterai

Semplicemente stupenda, unicamente te…”

 

 

Sakura si mise la borsa da viaggio in spalla, salutò un’ultima volta l’addetto alla reception e si diresse alla porta. Nel farlo mi passò accanto, mi lanciò uno sguardo di sfuggita e distolse immediatamente gli occhi.

Era tutto il giorno che andavamo avanti così.

Quella mattina, tornati in albergo, a Tomoyo era bastata un’occhiata per capire cos’era successo. Aveva guardato Sakura che le sfrecciava accanto e andava a barricarsi nel bagno della stanza 118, poi si era voltata verso di me con aria scoraggiata.

«Gliel’hai detto, vero?», aveva mormorato con voce appena udibile.

Io avevo scrollato le spalle.

«Come vedi, non è servito a molto», avevo ribattuto poi, nello stesso tono basso e arrendevole.

Lei si era rattristata.

«Mi dispiace.»

Già. Dispiaceva anche a me.

Mentre guardavo Sakura, ancora ostinata nel far finta di niente, uscire dalla porta dell’albergo, seguita da Tomoyo, che mi fissava di sottecchi con aria triste, capii che davvero la stavo perdendo per sempre.

Sospirai e uscii anch’io.

Stavamo tornando alla stazione.

Stavamo tornando a casa.

E ancora dovevo dirle che presto io sarei tornato alla mia. Lontano da lei.

 

 

Avevo sperato in una reazione diversa. Non pretendevo certo che mi gettasse le braccia al collo, che piangesse di gioia e che mi confessasse che anche lei mi amava segretamente… Mi sarebbe bastato che non ignorasse la situazione. Invece, per tutto il viaggio, Sakura non mi evitò, fu quella di sempre, solo un po’ più forzata, come se si ostinasse a credere che non fosse successo nulla, e questo faceva mille volte più male che se mi avesse detto esplicitamente che non ricambiava i miei sentimenti.

Il messaggio, comunque, era lo stesso.

Lei non mi ricambiava. Io ero il suo migliore amico, certo, ma nulla più. Dovevo farmi bastare questo. Dovevo accontentarmi del fatto che ancora parlava e rideva con me, che mi indicava nuvole strane dal finestrino del treno, e che mi stava facendo il favore di non ignorarmi completamente.

Non era altro che il mio desiderio irrealizzabile.

Se pensavo che, solo due giorni prima, in quello stesso treno, lei aveva tenuto la testa sulla mia spalla e mi aveva fatto sentire al centro del mondo…

Ora mi sentivo solo spento dentro.

Era il tramonto inoltrato quando fu ora di scendere dal treno.

Tomoyo saltò a terra per prima. Sakura la seguì guardandomi solo di sfuggita. Non le facevo un torto, se voleva continuare a fingere, ma non potevo impedirmi di star male.

La macchina venuta a prendere Tomoyo era già arrivata. Lei si voltò verso di noi.

«Ciao, ragazzi. Mi sono divertita molto, con voi. Ci vediamo a scuola, va bene?»

«Ciao, Tomoyo», la salutò Sakura, sempre forzatamente allegra.

Io le rivolsi solo un cenno della mano, ma Tomoyo capì. Tomoyo aveva sempre capito, anche se io credevo che nessuno potesse capirmi.

Salì in macchina e si allontanò nel crepuscolo.

«Che strano, Toy dovrebbe essere già qui», bofonchiava Sakura, guardando su e giù lungo la banchina della stazione, evitando di soffermarsi su di me.

Mi guardai i piedi. Finora ero rimasto concentrato sulla prima delle due cose che avrei voluto e dovuto dirle. Ma la seconda questione, che avevo relegato in secondo piano, era importante quanto la prima, e andava affrontata subito.

Mi decisi. Era il momento di dirle anche ciò che finora le avevo tenuto nascosto. Avrebbe sofferto, così come avrei sofferto io, ma arrivati a questo punto non c’era davvero altro da fare.

«Sakura…», mormorai.

«Giuro che appena lo prendo, gli faccio passare la voglia di arrivare in ritardo.» Non mi aveva sentito. O forse fingeva anche stavolta. «Dove diavolo sei, Toy?...»

Abbassai di nuovo la testa. Se non mi avrebbe ascoltato, pazienza. Ma dovevo dirglielo.

«Tra una settimana torno a Hong Kong.»

In quell’istante, un treno partì sferragliando dal binario alle nostre spalle. Nel rumore assordante, Sakura si voltò a guardarmi. Bastarono i suoi occhi a dirmi che aveva sentito perfettamente.

Sostenni il suo sguardo, stavolta senza arrossire, senza paura, perché non c’era più motivo di averne, perché non c’erano più segreti.

Per un lungo minuto, il rumore del treno in partenza ci impedì di dire o fare qualsiasi cosa.

Quando alla fine il suono sferragliante si perse in lontananza, si udì il suono di un clacson.

«Ehi, Sakura!»

La voce di Toy.

Sakura si voltò automaticamente nella direzione da cui si avvicinava la macchina di suo fratello.

E mentre non mi guardava, stavolta fui io a scappare da lei.

«Ci vediamo», mormorai, poi mi sistemai la borsa in spalla e le diedi le spalle.

Iniziai a correre per uscire dalla stazione.

Sentii che mi chiamava, o forse lo immaginai soltanto. Ma non mi voltai.

All’uscita mi fermai a riprendere fiato. Anche stavolta, non mi guardai indietro.

Mi incamminai più lentamente, mentre il cielo iniziava già a riempirsi di stelle, ripensando a ciò che avevo visto negli occhi di Sakura quando le avevo detto che sarei partito. La confusione che vi avevo scorto faceva lo stesso effetto di un’accusa silenziosa. Potevo immaginare benissimo cosa pensasse: Prima mi dici che mi ami, e mi sconvolgi, e poi ugualmente senza preavviso mi dici che te ne vai?

Avevo fatto sempre e solo degli errori con lei.

Ma che altro potevo fare, accidenti?

Affondai le mani nelle tasche. Pensandoci bene, forse era quello il motivo per cui non le avevo ancora detto che me ne sarei andato. Forse speravo di non aver bisogno di andarmene. Sarebbe bastato un suo sorriso, una parola soltanto, quel giorno al faro, e subito avrei lasciato perdere, e sarei rimasto per sempre al suo fianco. Probabilmente per questo avevo nascosto a lei e perfino a Tomoyo l’eventualità che tornassi in Cina.

Non lo sapevo. Non ne ero certo. Era tutto troppo complicato. Io avevo solo una testa, solo un cuore, e non riuscivo a tenerci troppe cose insieme chiuse dentro. E in quel momento come sempre, sia la testa che il cuore erano pieni di lei, e non c’era spazio per nient’altro.

Mi passai una mano tra i capelli, sospirando sconfortato, e in quel momento vidi la macchina di Wei avvicinarsi, diretta certamente alla stazione.

Mentre il maggiordomo mi vedeva, accostava al marciapiede e scendeva per prendere il mio zaino, e mentre rispondevo laconicamente al suo saluto, mi dissi che quella notte avrei dovuto iniziare a preparare un altro bagaglio.

 

 

Ebbene sì, stiamo per giungere alla fine della storia. Cosa succederà?

Se vorrete accompagnarmi fin lì, vi aspetterò con il decimo e ultimo capitolo…

PS. Carissima Evans Lily, non preoccuparti… Mi fa sempre piacere leggere le tue recensioni e sono sempre felicissima di sapere che mi segui con attenzione… Detto questo, ringrazio anche tutti gli altri recensori, in particolare le fedelissime Sakura Bethovina, Ponpon, Sakura182blast e Sakura93thebest. Spero di rivedervi tra i prossimi commenti… E spero di non deludervi!

   
 
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