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Autore: Kirara_Kiwisa    12/10/2013    1 recensioni
Volume 2. Seguito di: "Victoria's Memories. Il Regno dei Demoni".
Victoria e Nolan si allontanano prendendo due strade diverse, la protagonista vorrebbe dimenticarlo ma il marchio che il demone le ha imposto le impedisce di essere realmente libera. Pur essendo legata a lui, tenta almeno di affezionarsi sentimentalmente ad una nuova persona. Ma l'amore non può durare quando appartieni al prossimo Re dei Demoni...
"Mi rivoltai verso la persona che mi aveva afferrata, verso Elehandro. Gli saltai addosso, iniziando a combattere e a rotolarmi sotto la pioggia con un vampiro che presentava un buco nel petto.
Nonostante le ferite, alle fine fu lui che riuscì ad atterrarmi. Mi bloccò a terra, sedendosi sopra di me stringendomi forte i polsi [...] Il sangue che perdeva dal petto mi gocciolava addosso, macchiandomi. Qualche goccia mi cadde sulle labbra. Lo assaggiai, anche se non necessitavo di possederlo. Il suo sangue mi stava già crescendo dentro. "
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Victoria's Memories'
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Raggiunsi Barbas, iniziando il mio turno di lavoro silenziosamente.
A stomaco vuoto e piena di rabbia in corpo, assistetti il demone nella manutenzione delle armi. Attesi di scorgere la figura del Capitano da un momento all’altro. Lo immaginavo entrare furente con la spada sguainata, pronto a giustiziarmi.
Non arrivò.
Le ore trascorsero lente, quella notte la vissi con ansia. Al sorgere del sole salutai il mio datore di lavoro, sempre con la sua fiasca di liquore fra le mani. Evitai di andare a mangiare, nonostante avessi una fame tremenda. La vista si offuscava e ogni tanto vacillavo ma non avevo il coraggio di scendere, di incontrare Hunter. Mi chiusi in camera, sperando che nessuno bussasse alla porta per venirmi a prendere. Faticai ad addormentarmi proprio per quel motivo. Ogni passo che udivo in prossimità della mia camera, mi metteva in allarme. Alla fine cedetti alla stanchezza e riaprì li occhi solo al tramonto. Un’intera giornata era trascorsa, un intero turno di giorno. Il turno di notte stava per cominciare e, questa volta, non potevo proprio saltare il pasto. Mi preparai velocemente, quasi correndo verso la mensa. Dopo più ventiquattro ore senza cibo, il desiderio di non incontrare lo stregone passava in secondo piano. Entrai in mensa senza degnare nessuno di uno sguardo. Mi avventai semplicemente sul cibo, iniziando a divorare tutto quello che trovai nel reparto della colazione. I demoni non ci fecero proprio caso, mangiavo esattamente come loro. Ebbi un attimo di titubanza quando Thos passò accanto a me, salutandomi. Non avevo la forza di guardarlo negli occhi. Gli avevo salvato la vita per poi minacciare di togliergliela.
Ricambiai il saluto distrattamente, cercando di non incrociare troppo il suo sguardo. Il demone parve comprendere che non avevo voglia di parlare e se ne andò, con un leggero disappunto. Feci un respiro di sollievo ricominciando a mangiare, quando lui si sedette al mio tavolo.
- Ciao-
Sbottò Hunter, poggiando i gomiti sul tavolo e fissandomi seriamente.
- Ciao-
Risposi, tralasciando momentaneamente la colazione.
- Mi…mi dispiace per come ho reagito ieri-
Ammise lo stregone, sorprendendomi. Quelle parole mi fecero piacere ma cercai di non darlo troppo a vedere.
- A me dispiace per aver minacciato di denunciare Thos-
Confessai.
- Non lo farai allora?-
- Tu hai ancora intenzione di andare dal Capitano?-
- Il tuo demone non verrà qui ad ucciderci tutti?-
Feci una smorfia.
- Lui non è il mio demone-
Spiegai, irritata.
- E comunque no, non lo farà-
- Bene-
- Bene-
Distolsi lo sguardo da lui, riprendendo a mangiare per sopperire a quel silenzio.
- Siamo di nuovo amici?-
Chiese candidamente, come un bambino piccolo. Io sorrisi istintivamente.
- Sì Hunter. Devo ancora ringraziarti per avermi difeso con Lucyndra-
L’attenzione passò immediatamente al mio polsino nero, che avevo prontamente lavato e messo ad asciugare prima di andare a dormire.
- Figurati. Era una soddisfazione che volevo togliermi da tanto. A chi importa se adesso mi odia?-
- Hunter-
La voce del Capitano, in piedi di fianco al nostro tavolo, ci fece sussultare entrambi. Era comparso all’improvviso, come solo i demoni sapevano fare.
- Capitano!-
Sbottò il ragazzo togliendo la mano dal cuore, che aveva rischiato seriamente di arrestarsi.
- Cosa ci fate qui?-
- Hai offeso mia sorella ieri. Non fa che lamentarsi con me per questo-
Ad Hunter scappò istintivamente un’occhiata verso di me. Calò il silenzio nella mensa. L’equipaggio si bloccò, smettendo di mangiare, per vedere cosa stesse succedendo.
- E’ terribilmente fastidiosa quando qualcuno osa affrontarla e lei non può ucciderlo, lo sai vero?-
- Sì Capitano-
Rispose il ragazzo, meccanicamente.
- Posso sapere cosa è successo?-
- Un conflitto d’opinioni-
Calò nuovamente il silenzio.
- Un…un conflitto di opinioni?-
Misteriosamente, il Capitano mi fissò per un attimo.
- Riguardo a…?-
- Una banalità-
Espose lo stregone, seduto tranquillamente al tavolo.
- Che genere di banalità?-
Incalzò il comandante, mettendo in difficoltà il ragazzo.
- E’ stata colpa mia-
Sbottai. Il vampiro si volse verso di me, incrociando le braccia rassegnato.
- Chissà perché non ne sono sorpreso-
Lo fissai stizzita, domandandomi perché mai non ne fosse sorpreso. Mica avevo scritto “combina guai” sulla fronte.
- Purtroppo non ci sono molti altri capelli da tagliare-
Toccai istintivamente la mia chioma decimata.
- Come dovrei punirti questa volta?-
Sobbalzai, mentre i brividi mi correvano lungo la schiena.
- E’ stata colpa di Lucyndra-
Affermò Hunter, alzandosi in piedi. I demoni iniziarono a borbottare, molto sorpresi da quell’affermazione.
- Come prego?-
- E’ la verità. La ragazza non aveva fatto niente di male. Vostra sorella la maltratta da quando la strega ha messo piede sulla nave-
- Sei stato nominato suo difensore personale?-
- Un’ingiustizia è pur sempre un’ingiustizia, Capitano. Le stava facendo del male, non potevo restare a guardare-
Il comandante si volse verso di me.
- Ti ha fatto del male?-
Sobbalzai, non sapendo cosa dovessi rispondere. Alla fine rimasi ammutolita, a bocca aperta davanti agli occhi neri del demone.
- La stava ferendo con il solo scopo di farla soffrire, non di ucciderla né di nutrirsene. La sua cattiveria non poteva restare impunita-
- Cattiveria, Hunter?-
Il ragazzo salì in piedi sulla panca, forse per raggiungere il livello del comandante ma in realtà lo superò. Lo fissò dritto negli occhi, dall’alto verso il basso, prima di continuare. Si trattava di un affronto dietro l’altro.
- Cattiveria, avete capito bene-
Il comandante Hyner fulminò il mozzo con lo sguardo, irrigidendosi completamente a quelle parole.
- Ok, ok-
Esordì Thos, afferrando di peso lo stregone e poggiandolo a terra.
- Per oggi basta Hunter-
Brontolò il demone muscoloso tenendolo stretto per le spalle, così da impedirgli di liberarsi.
- Credo che tu abbia detto abbastanza-
Il ragazzino tentò di divincolarsi ma fu tutto inutile.
- Vogliate perdonarlo Capitano. In questi giorni è un po’ irritabile-
- Già-
Mormorò il vampiro, fissandolo a braccia conserte quasi chiedendosi cosa farne di lui.
- Mi chiedo perché-
- Non sono irritabile!-
Sbottò lo stregone.
- E’ sua sorella che…-
Thos gli coprì la bocca, sorridendo imbarazzato.
- Non sopporto la tua indisciplinatezza, Hunter-
Affermò il Capitano.
- Per punizione questa notte assisterai il carpentiere di notte, riparando per lui tutte le parti dello scafo danneggiate e quando avrai finito, ti recherai in cambusa. C’è bisogno di un nuovo inventario-
Il ragazzo iniziò a scalciare, tanto che Thos dovette sollevarlo da terra.
- Certo che lo farà Capitano!-
Rispose il demone per il compagno, continuando a sorridere. A quel punto Hunter gli morse la mano, riuscendo così a rispondere.
- Maledetto!-
Imprecò contro il comandante.
- Sai che non sopporto il carpentiere!-
Thos tornò prontamente a tappargli la bocca.
- Fingerò di non aver sentito-
Sibilò il vampiro, avvicinandosi al volto del ragazzino per fissarlo dritto nei suoi occhi nocciola.
- Adesso basta, tutti a lavoro!-
Ordinò infine, voltando le spalle allo stregone.
- Lo spettacolo è finito-
Se ne andò, nonostante questo Thos ancora non mollò il mozzo. Un gruppo di demoni si riunirono intorno a due, circondandoli completamente. Mi avvicinai, cercando di ascoltare le loro voci e di vederli attraverso i corpi giganteschi dei demoni.
- Si può sapere cosa ti è preso?!-
Sentì gridare.
- Forse volevi dire, cosa gli sta prendendo in questi giorni-
- Giorni? Sono ormai due settimane che fa così-
Continuarono a confabulare, mentre ad Hunter era ancora impedito di parlare. Finalmente Thos lo lasciò, subendo tutta la sua ira.
- Fatevi gli affaracci vostri!-
Urlò, aprendosi un varco fra i compagni e sparendo fuori dalla mensa. Fissai il demone muscoloso leggermente preoccupata, notandolo Thos mi sorrise.
- Solitamente non è così-
Spiegò.
- E’ molto gentile, allegro, un buon amico. Questo non è proprio il suo carattere. Non l’ho mai visto arrabbiato fino a…a due settimane fa. Da allora non ha più smesso-
- Cosa è successo due settimane fa?-
- Niente-
Rispose il demone alzando le spalle.
- Ha iniziato a fare così dal nulla e, a quanto pare, non riesce a smettere-
Se ne andò, mollandomi lì.
 
Seppi che Hunter non si presentò dal carpentiere, né in cambusa. Comparve tranquillamente il giorno dopo come se niente fosse successo, senza che nessuno sapesse dove fosse stato fino ad allora. Lo incontrai poco prima di scendere a mangiare, quando venne a chiamarmi per fare colazione con il comandate.
- Perché?-
Domandai, preoccupata.
- Credo che voglia parlarti-
Affermò il ragazzo, agitandomi maggiormente.
- Ma non ne sono sicuro, non ho indagato. Sono solamente venuto a chiamarti-
- Tu gli hai detto qualcosa?-
- Io non gli ho detto niente!-
Ribadì lo stregone, facendomi strada lungo i cunicoli che portavano alle stanze del Capitano.
- Così…-
Iniziai dicendo, seguendolo diligentemente.
- Tu e il comandante vi parlate?-
- Certo, perché?-
- Non lo so-
Sbottai.
- Forse per quello che è successo ieri-
- Cosa è successo ieri?-
- Avanti, la scenata di fronte a tutti…-
Sperai che capisse e che non dovessi aggiungere altro. Scese un silenzio imbarazzante, prima che il mozzo rispondesse con un risolino.
- Ah sì. Ma quello non è stato niente. E’ tutto apposto adesso-
Tentai di tacere, di non fare domande. Purtroppo la curiosità prese il sopravvento.
- Cosa ti è successo?-
Il ragazzo parve non ascoltare e continuò a camminare svelto nelle viscere della nave.
- Perché hai reagito così? Non ti avevo mai visto…-
- Sei qui da nemmeno sette giorni-
Interruppe Hunter con voce ferma, voltandosi verso di me repentinamente.  
Il suo sguardo mi congelò.
- Credi di conoscermi?-
Mi bloccai impietrita.
- Anche gli altri hanno detto…-
- Gli altri-
Ripeté con tono seccato, ridacchiando beffardamente.
- Nemmeno gli altri non mi conosco-
Affermò rabbiosamente, riprendendo a camminare. Lo seguì in silenzio per qualche istante, poi non riuscì più a contenermi.
- Cosa ti sta succedendo, Hunter?-
- Non mi sta succedendo niente!-
Gridò, voltandosi di scatto verso di me. Indietreggiai ai suoi occhi. C’era qualcosa di diverso in loro. Non nel colore, non nella forma. Però c’era un’ombra, un’ombra nascosta che non riuscivo bene a visualizzare.
- Sono stanco! Stanco di tutti voi che pretendete di conoscermi!-
Sferrò un pugno contro la parete ed io indietreggiai ancora, non capacitandomi della sua reazione.
Stava per dire altro, sfogarsi ulteriormente quando la smorfia di rabbia sul suo volto si affievolì. Sbiancò completamente, vacillando verso la parete.
- Hunter-
Cercai di raggiungerlo, di afferrarlo prima che cadesse ma la Gold prese ad oscillare.
Sembrava in prede alle onde, alte onde che sbattevano contro lo scafo. Raggiunsi un oblò e vi guardai fuori. Il sole era appena tramontato e la tenue luce mi permise di intravedere ancora il mare. Era completamente calmo. Non c’era una tempesta in atto.
- Sto bene-
Bofonchiò il ragazzo, attirando la mia attenzione. Mi scostai dall’oblò, osservando lo stregone appoggiato al muro con il viso rivolto contro di esso. Il vascello aveva smesso di ondeggiare, permettendo al mio corpo di muoversi. Lasciai la parete in legno, raggiungendo cautamente il mozzo. Mi dava la schiena, il volto era nascosto e solo avvicinandomi maggiormente scorsi il colorito che lentamente tornava a catturare le sue guance. Ansimava ma il mancamento sembrava passato.
- Sicuro di star bene?-
Domandai, ponendogli una mano sulla schiena.
- Sì-
Rispose sorridendo, leggermente.
Si volse verso di me, fissandomi in volto. Sobbalzai, notando che l’ombra era sparita.
- Va tutto bene. Ho solo…avuto la sensazione…-
- Cosa? Cosa è successo?-
Incitai prudentemente, non volendo scatenare una seconda reazione di aggressività.
- Che il cuore si fosse fermato-
Rivelò il ragazzo, con una nota di preoccupazione.
- Ma solo per un attimo. Ora sto bene-
Ripeté, questa volta sfoggiando un sorriso a trentadue denti. Iniziò a ballonzolare come a suo solito, con una mano fra i capelli imbarazzato.
- Devo solo aver lavorato troppo-
Rimasi in silenzio, ammutolita.  
- Allora? Ci diamo una mossa? Il Capitano ti aspetta!-
L’ultimo pezzo di strada lo fece saltellando, fino a giungere alla porta in mogano del comandante. Bussò con impeto, entrando entusiasta nella stanza non appena il vampiro gli diede il permesso.
Io lo raggiunsi più lentamente, preoccupata dal comportamento di Hunter e dal motivo della chiamata di Hyner.
Squadrai con attenzione la stanza buia in cui dovetti entrare. Gli appartamenti del demone comprendevano almeno tre camere diverse, con grandi finestre che davano proprio sul mare. Da esse si potevano vedere le stelle. La libreria nella prima stanza era più ampia e curata della mia. Nell’altra camera osservai di sfuggita due letti matrimoniali separati, già ben rifatti. Nella terza e in quella in cui mi trovavo contai in tutto due grandi armadi, cinque poltrone sempre in velluto, una grande scrivania e un tavolo pieno di mappe navali. Vicino alla finestra era stato sistemata una grande tavola, già apparecchiata.
- Sembri di buon umore, Hunter-
Si congratulò il Capitano, accennando anche lui ad un lieve sorpresa. Entrai di soppiatto, quasi senza voler essere vista. Hyner sorrideva, sembrava che i brutti momenti della sera prima fossero solamente un lontano ricordo.
- Dovrei non esserlo?-
Domandò il ragazzo ridacchiando.
- Hai offeso me e il comandante-
Ricordò Lucyndra, nascosta nell’ombra della camera. Sobbalzai, non essendomi assolutamente accorta della sua presenza.
- E hai disertato la punizione. Essere di buon umore è un atto irresponsabile-
Continuò appoggiata ad un lungo mobile in legno pregiato, fissando malignamente lo stregone a braccia conserte. Vista la scenata del giorno precedente, mi chiesi come il ragazzo avrebbe reagito alle sue parole. Sconcertandomi, la raggiunse a mezzo metro di distanza per poi farle semplicemente la linguaccia. La donna roteò gli occhi, volgendo il capo altrove per non dover vedere la sua faccia. Il demone dagli occhi neri cercò di contenersi dal non ridere, tentando di parlare di cose serie.
- Cosa è successo un attimo fa? Abbiamo sentito la nave oscillare-
- Niente-
Sbottò il ragazzo, allontanandosi dalla vampira con il suo solito candido sorriso stampato in faccia.
- Quello non sembrava niente-
Replicò il Capitano.
- Solo un mancamento-
- Non hai mai avuto mancamenti, in trecento anni-
- E’ ovvio che sta solo fingendo-
Eruppe Lucyndra.
- Per farvi dimenticare l’affronto di ieri-
- Si può sapere che problema hai?!-
Gridò improvvisamente lo stregone.
- Sei così piena di veleno che se uno scorpione ti pungesse, morirebbe lo scorpione!-
Tentai con tutte le forze di non ridere ma la faccia del comandante in seconda mi impediva di restar seria. La sua espressione, così furibonda e oltraggiata, mi fece scappare un risolino che non passò inosservato.
- Vuoi aggiungere qualcosa?-
Domandò furente la donna, venendo verso di me.
- Perché lui non posso ucciderlo ma te sì-
Minacciò, venendomi ad un palmo dal volto.
- Adesso basta-
Ordinò il Capitano.
- Fuori-
La vampira si allontanò da me, fissando il volto dell’uomo.
- Hunter va a calmarti da qualche parte-
- Sì, Hunter. Va a sbollirti fuori di qui-
Canzonò la ragazza, a braccia incrociate mentre il mozzo sfilava verso la porta. La ignorò completamente, quasi sollevato di doversene andare.
- Anche tu Lucyndra-
La donna ebbe un sobbalzo, fissando prima me poi il Capitano.
- Volete rimanere solo con lei?-
Domandò ringhiando, divenendo paonazza per la rabbia.
- Fuori ho detto. Non farmelo ripetere ancora-
Continuò fermamente il vampiro, costringendo la sorella ad andarsene, se pur contro voglia. Uscì gettandomi un’occhiata carica d’odio, lasciandomi sola in quella grande stanza.
- Mi dispiace-
Si scusò il comandante, avanzando verso la tavola imbandita.
- Queste scene non sono degne di noi-
Spiegò, sospirando.
- E’ qualche tempo che quei due si comportano stranamente. Hunter da due settimane e Lucyndra…-
Si bloccò, sospirando di nuovo.
- Beh, Lucyndra da quando ho fatto salire te a bordo-
Sospirai anch’io, sospettandolo.
- Posso sapere il motivo della vostra convocazione?-
Chiesi, cambiando del tutto discorso.
- E’ un semplice invito a colazione-
Mi tranquillizzò.
- Volevo parlarti, conoscerti meglio. E’ quasi una settimana che navighi sulla Gold e sei ancora tutta intera. Credevo che meritassi le mie attenzioni. Forse dovevo convocarti prima ma sono stato molto occupato-
- Sapendolo, avrei indossato qualcosa di più elegante-
Ammisi, osservando la divisa del Capitano.
- Come uno di quegli strani e buffi abiti nel mio armadio. Li avete comperati duecento anni fa?-
L’uomo sorrise, accompagnandomi alla tavola.
- La moda deve essere un po’ cambiata, sulla terraferma-
- Già-
Mi aiutò a sedermi, come vuole la galanteria. Dopodiché raggiunse l’altra estremità del tavolo, sedendosi anch’esso.
- E’ cambiata da qualche secolo-
- Molti vestiti erano in dotazione con la nave. C’erano già quando ne sono entrato al comando. Mi scuso se non sono stati di tuo gradimento-
- Non importa-
Fissai il cibo posto innanzi a me. Il vampiro per me aveva fatto portare ogni sorta di brioche, dolci, marmellate, biscotti, uova, prosciutto, thè, caffè e aranciata. Dal suo lato del tavolo invece vi erano solamente tante diverse ciotole e calici ben chiusi.
- Ne vorresti altri di questo genere?-
- Come?-
- Pantaloni e camicie. Ne vorresti altri?-
- Oh sì-
Sbottai, rincuorata.
- Sarebbe fantastico-
- Te li farò avere-
Garantì il demone, bevendo qualcosa che non doveva essere vino rosso.
- Se posso chiederlo, perché una nave d’oro? Non dà troppo nell’occhio?-
L’uomo sorrise.
- E’ una lunga storia…come hai detto di chiamarti?-
Feci una smorfia, leggermente offesa che il vampiro dopo una settimana non ricordasse il mio nome.
- Victoria-
Calò un attimo il silenzio.
- Ma certo, ora ricordo dove ti ho vista-
Smisi di mangiare, posando la forchetta e cercando di deglutire.
- Ho visto i tuoi volantini nel regno delle fate. E delle streghe-
La fame passò quasi del tutto.
- Capisco perché hai chiesto a me di imbarcarti. Sei un’assassina, non è vero?-
- Non proprio di professione, ma sì. Nel regno delle fate sono ricercata per omicidio-
- Che buffo. Non sei un demone ma fai cose da demone-
- Vi prego, raccontate della vostra nave-
Sviai, tornando a mangiare. L’uomo sorrise, accontentandomi.
- Questo è un antico galeone appartenente al diciassettesimo secolo. Una grande regina dell’epoca volle mostrare tutto il suo potere costruendo una nave completamente d’oro. Usò il bottino di guerra di un antico popolo a lei confinante. Doveva essere il simbolo del suo grande regno, della sua forza, della sua tenacia e anche della sua bellezza-
Cercai di mangiare, constatando che dovesse essere la donna che avevo visto nella mia prima camera.
- Ma?-
- Ma era solo un sciocca umana un po’ troppo superba. Non diede ascolto ai suoi ingegneri. Il vascello doveva essere solo ammirato, lei invece pretendeva che navigasse. Così la nave affondò non appena lasciò il porto, con la regina ancora dentro. Solo lei morì, gli altri scapparono mentre la regina non si decise ad accettare la sconfitta. Era sopravvissuta a decine di guerre ma morì, uccisa dalla sua stessa cupidigia e pazzia-
- Cosa accadde alla nave?-
Chiesi io incuriosita, smettendo per un attimo di mangiare.
- La leggenda vuole che quella regina così caparbia abbia guidato la nave anche da morta, sotto gli abissi. Dal porto, la nave è finita a miglia di distanza in un crepaccio profondo. Nessuno sa realmente come sia giunta lì e nessuno poté mai recuperarla-
- Fino a quando non siete giunto voi-
L’uomo sorrise, continuando a bere. Rimasi molto colpita da una storia così antica, che adesso si trovava proprio sotto i miei occhi. Una donna ambiziosa era morta per difendere il suo orgoglio, non aveva accettato i consigli di nessuno e per mostrare la sua forza aveva perso la vita.
Non volevo diventare così, non volevo finire in quel modo.
- Ho viaggiato il mondo per decadi intere con una bellissima nave-
Continuò a raccontare il vampiro.
- Ma quando ho udito la storia della Gold Sea me ne sono innamorato. Decisi che sarebbe diventato il mio simbolo di forza, tenacia e bellezza. Così la raccolsi, portandola in superficie e rendendola alla luce-
- Siete stato proprio voi a farlo?-
Chiesi sospettosa e il capitano rimase in silenzio qualche istante.
- Tutto sotto il mio comando, ovviamente-
- Ovviamente-
Risposi sorridendo.
- In realtà è stato Hunter che l’ha riportata alla superficie e che rende possibile il suo galleggiamento-
Quasi mi strozzai con il cibo.
- Cosa?-
- Non te lo ha detto? Lui è l’unico che non può mai lasciare questo vascello, altrimenti affonderebbe all’istante-
- La magia di Hunter tiene la nave a galla?-
Il vampiro annuì, procedendo nella colazione.
Istintivamente toccai i miei capelli, perduti quando lo stregone era stato atterrato da un pugno e la nave si era inclinata. Ora capivo. Quando Hunter vacillava, la Gold vacillava con lui.
- Perché ti sei imbarcata sulla Gold Sea, Victoria?-
Rinsavì, osservando l’uomo che stava passando alla seconda ciotola d’argento. Essa conteneva ancora un denso liquido rosso, di colore leggermente più scuro rispetto all’altro.
- Avete visto i volantini. Sono un’assassina, lo avete detto anche voi-
- Non sembri una che sta scappando dalla legge. La tua storia non mi convince neanche un po’-
Affermò, facendomi passare nuovamente la fame. Questa volta, del tutto.
- Nei tuoi occhi non leggo preoccupazione, ragazza. Non hai chiesto aiuto perché ti stanno inseguendo, non hai paura delle guardie della regina. Nei tuoi occhi io vedo il dolore Victoria. Chi è stato a provocartelo?-
Allontanai il piatto, stringendo istintivamente il polsino nero. Abbassai lo sguardo, portandomelo al ventre mentre il cuore batteva talmente forte da farmi male.
- Come fate a vedere tutto questo?-
- Sono un vampiro. Riesco ad intravedere l’anima di chiunque attraverso la luce dei suoi occhi. Allora, da chi stai scappando?-
- Perché vi interessa tanto?-
- Desidero solo conoscere chi ho fatto salire sulla mia nave. Non è un privilegio che concedo a tutti-
Rimasi in silenzio, continuando a stringere il polso destro fino a farmi male. Digrignai i denti, perdendomi nei ghirigori della tovaglia bianca. La luce della luna li illuminava, mostrandoli argentati. Anche la pelle del comandante sembrava argentata, mentre le sue parole si mostravano alle mie orecchie come lame d’acciaio.
- Volevo solo allontanarmi-
Sussurrai, mantenendo lo sguardo basso.
- Non c’è altro-
La creatura tacque, continuando a mangiare. Sapeva che stavo mentendo, sapeva perfettamente che c’era molto altro.
- Sicura di non mettere a rischio la mia nave?-
Attesi prima di rispondere, non desiderando mentire una seconda volta.
- Quanto sono forti i vostri uomini?-
Domandai pensando ad Abrahel e ad Isaac.
- Il mio equipaggio è il più forte che abbia mai solcato queste acque-
- Allora non dovete preoccuparvi-
Il vampiro sorrise, fissando per un attimo l’orizzonte avvolto dalle tenebre.
- Chissà perché ho la sensazione che tu mi metterai nei guai, ragazzina-
Sobbalzai, alzando lo sguardo verso i suoi occhi scuri.
- Volete…farmi scendere?-
- Ma no-
Sbottò l’uomo scrollando le spalle.
- Potrebbe essere divertente. I soliti arrembaggi ci hanno un po’ annoiato-
 
Terminata la colazione cercai di raggiungere Barbas. Quella notte avrebbe dovuto iniziare a spiegarmi i fucili. Sospirai, non essendo proprio interessata all’argomento. Immersa nei miei pensieri, complici anche gli intricati cunicoli della nave, sbagliai strada e finì sul ponte.
Non c’era nessuno in quel momento. Il timone procedeva magicamente da solo, mentre l’equipaggio mangiava e si dava il cambio. Il turno di giorno terminava e quello di notte prendeva il suo posto, lasciando il ponte incustodito. Diedi uno sguardo a quello spettacolo spettrale. La nave di notte assumeva uno strano fascino, avvolta dalle tenebre. Ogni rumore era enfatizzato, ogni scricchiolio acuito. Stavo per tornare indietro, mettermi nuovamente alla ricerca dell’armeria, quando udì un battito d’ali.
Mi volsi di scatto, con il cuore in gola. Lui era lì, in piedi sulla prua del vascello: Abaddon.
- Cosa vuoi?-
Urlai, avanzando verso la sua figura minacciosa. L’angelo sorrise, scrutandomi con i suoi occhi da lontano.
- Tagliarti i capelli e farli arancioni non ti aiuterà a nasconderti-
- Sono rossi!-
Brontolai nervosamente.
- Il colore non ti è venuto molto bene-
Lo intensificai immediatamente, ordinando ai capelli di divenire maggiormente vermigli sotto la luce della luna.
- Fatto-
Sbottai, rendendomi conto che la colorazione magica perdeva tonalità molto in fretta.
- Adesso vattene Abaddon! Non tornerò indietro!-
Gridai.
- Non sono qui per riportarti indietro-
Assicurò la creatura, prendendo il volo e raggiungendomi in un istante. Indietreggiai, trovandomi innanzi le sue grandi ali nere spiegate. Alzai lo sguardo fino al suo, a mezzo metro dal suo busto.
- Allora cosa ci fai qui?-
Domandai, spalancando bene gli occhi.
- Ti ho raggiunto per congratularmi-
Affermò, spiazzandomi.
- Approvo la tua scelta e sono qui per intimarti di non tornare-
Indietreggiai ancora, disarmata in ogni parola.
- Lui…non ti ha ordinato di trovarmi?-
- Certo che lo ha fatto ma, stranamente, io non ti ho ancora trovato-
Pronunciò con i suoi occhi gelidi.
- Ma il marchio…-
- Qualcuno deve aver oscurato il suo potere-
Continuò l’angelo, sogghignando.
- Sei sparita alla sua vista. E farai meglio a continuare a sparire, a stare lontana sia da lui che da Abrahel-
Il cuore provò un brivido. Sentì le mani divenire congelate, mentre mi veniva quasi da ridere, istericamente.
- Mi odi così tanto, Abaddon?-
- Io non ti odio. Però amo il mio padrone, lo servo e voglio proteggerlo. Tu per lui sei pericolosa, instabile quando un serpente. Non possiamo sapere quando lo tradirai nuovamente, la prossima volta che ti rivolterai contro di lui-
Spiegò durante.
- Il mio signore quando sta con te diventa vulnerabile e terribilmente sciocco. Se tu gli stessi accanto, si farebbe uccidere nel giro di tre giorni-
Mi posi una mano sullo stomaco, al contempo gli occhi iniziarono a bruciare. Smisi di retrocedere, Abaddon non poteva farmi già più male di così.
- Gli ho impedito di trovarti, offuscando il marchio, solamente per il suo bene-
Annuì, asciugando velocemente le lacrime sulle guance. Tornai a fissare il suo volto, così serio e duro mentre pronunciava quelle parole. Lo ringraziai, promettendo che non sarei tornata.
- Non desidero tornare. Mi hai fatto un favore ad annullare il marchio. Adesso vattene-
- Un’ultima cosa-
Proferì l’uccellaccio, preparando le ali per spiccare il volo.
- Te lo ripeto, non avvicinarti al principe Abrahel. Per il bene del mio Signore, non fare in modo che lui ti usi in alcun modo. Se accettassi di aiutare il principe senza trono, dovrò tornare ad ucciderti-
Se ne andò, in fretta e senza aggiungere altro. Tornò da Nolan mentre io rimasi sul ponte, con il cuore che urlava. Scoppiai a piangere, cadendo al suolo. Mi posi entrambe le mani sul volto, desiderando fermare quelle lacrime così incessanti. Non avrei dovuto essere triste. Finalmente ero libera. Abaddon mi aveva donato la libertà eppure ciò che provavo non si avvicinava minimamente alla gioia.
Rimasi a singhiozzare fino a che il mio corpo non si calmò, rendendomi capace di respirare.
Puntai lo sguardo al cielo, sulle stelle, con il volto rigato di lacrime.
Ogni sua parola era vera, ogni cosa detta così aspramente rispecchiava la realtà. Forse per quello faceva così male.
- Tutto bene?-
Domandò una voce alle mie spalle. Mi asciugai il viso velocemente, alzandomi e voltandomi verso Barbas.
Mi stava fissando, uscito per primo sul ponte dopo il pasto.
- Non ti ho vista arrivare e sono venuto a cercarti-
Spiegò.
- Credevo che Lucyndra fosse finalmente riuscita ad ucciderti-
Riuscì a strapparmi un sorriso.
- Il Capitano mi aveva convocato. Poi per venire a lavoro mi sono persa-
Raccontai.
- Sicura di star bene?-
- Certo-
Bofonchiai.
- Sto bene-
- C’era qualcuno con te?-
- Nessuno, perché?-
Domandai, fissando il vecchio con gli occhi arrossati.
- Mi era sembrato di sentire la voce di qualcun altro-
- Siamo in mezzo all’oceano-
Ricordai, con un mezzo sorriso.
- Nessuno potrebbe salire e fuggire dal nulla, non credi?-
- Già-
Sussurrò il demone, non del tutto convinto. Si avvicinò a me, cercando di osservarmi meglio sotto la luce della luna. Arretrai, per nascondermi alla sua vista.
- Hai pianto per caso?-
Scossi la testa, cercando di sforzarmi di più nel sorridere.
- Sono caduta. La solita maldestra-
- Sicura? Non è che il capitano ti ha sgridato? Ti ha tagliato di nuovo i capelli per caso?-
- No-
Sorrisi.
- Al contrario è stato gentile. Ora, parlami dei fucili. Non vedo l’ora-
 
Mi comportai normalmente per tutto il mio turno di lavoro. Sorrisi, risi alle battute di Barbas, ascoltai attentamente le sue spiegazioni e alla fine tornai in camera. Fu lì che ebbi la seconda reazione alle parole di Abaddon. Finalmente sola, mi sedetti a terra appoggiando la schiena contro la porta, respirando profondamente. Le parole dell’angelo mi facevano terribilmente male, più di ogni ferita inferta da un’arma. Chiusi gli occhi avvolta dalle tenebre della stanza, rannicchiandomi sul pavimento ricoperto di moquette nera. Io rendevo Nolan vulnerabile.
Raggiunsi il letto, ricordando esattamente quante scelte sciocche e avventate avesse effettuato a causa mia. Strinsi il marchio per la rabbia. Dovevo smettere di amarlo, dovevo smettere di pensarlo. Se davvero tenevo a lui, dovevo dimenticarlo.
 
Non riuscì a dormire. Mi alzai presto, quando ancora il sole era alto in cielo.
Iniziai a camminare senza meta per la nave, fino a che non finì nella biblioteca. Sbirciai velocemente al suo interno, pareva immensa.
Ancora mi stupivo dello spazio che la Gold riuscisse a nascondere. Solo poco prima avevo trovato una sala di allenamento dedicata forse agli esercizi di scherma, un salone per la musica pieno di strumenti e pianoforti, una sala per le feste e adesso una biblioteca.
L’avrei ribattezzata la nave infinita, altro che Gold Sea.   
Stavo per varcare la soglia quando notai un cartello, inchiodato sulla porta.
Vietato l’ingresso all’equipaggio.
Lo osservai attentamente, forse per qualche istante, secondi in cui stavo valutando se seguire o meno il consiglio. Alla fine l’istinto prese il sopravvento, feci spallucce ed entrai.
In fondo io ero un ospite, non facevo proprio parte dell’equipaggio.
Avanzai di soppiatto, non riuscendo a frenare la mia curiosità. Volevo vedere da vicino quegli alti scaffali pieni di libri sui demoni. Potevo solo immaginare le meravigliose leggende contenute in essi, in possesso di un vampiro centenario come Hyner. Probabilmente li aveva raccolti nelle sue scorribande, dunque provenivano da ogni parte del mondo. Regioni e paesi in cui non ero ancora stata. Forse c’era qualcosa sui draghi neri del Nord, forse alcuni arrivavano addirittura dall’arcipelago a Est del Regno delle Fate. Forse qualche volume proveniva da Ovest del Regno dei Demoni. Rabbrividì dall’emozione.
Proseguì all’interno della biblioteca, camminando con maggior convinzione. Nessuno sarebbe riuscito a scacciarmi da quel luogo.
Davanti a me scorsi un grande tavolo rotondo in legno massiccio e qualche sedia. Molte poltrone erano sparse presso gli scaffali che circondavano il tavolo a ferro di cavallo. Erano disposti simmetricamente, su un gigantesco tappeto che ricopriva tutto il pavimento. Non avevo mai visto un tappeto così grande, forse era il bottino di un qualche assalto ad una nave di ricchi mercanti. Sembrava prezioso e ben tenuto.
Lo percorsi, costeggiando il tavolo. Improvvisamente tornai a percepire un brivido, questa volta non per l’emozione. Mi volsi velocemente, cercando il responsabile di quella strana sensazione che mi aveva catturato. Osservai attentamente ma non vidi niente, non vidi nessuno.
Continuai a fissare il punto esatto che corrispondeva al centro della stanza, a pochi passi da me. Percepivo qualcosa di sinistro, qualcosa di triste posizionato esattamente lì. Innanzi al tavolo.
C’era qualcosa da vedere che non riuscivo a vedere.
Ripetei a me stessa che niente mi avrebbe buttato fuori dalla biblioteca, dunque cercai di calmarmi. Ritenevo, molto superbamente, che ciò che non poteva essere visto non fosse degno di essere preso in considerazione. Mi dedicai ai volumi che tanto agognavo, faticando per cercare quello che realmente mi interessava. “Magia e Incantesimi” e “Demoni di ogni mondo”.
Rimasi impalata davanti alle decine di copertine rilegate, indecisa su quale leggere per prima. Adesso che ero sola dovevo imparare ad usare la magia dai libri, come avevo sempre fatto fin da piccola. Presi dunque un volume sulla magia nera, stringendolo forte. Lo aprì delicatamente, odorando il profumo delle sue vecchie pagine ingiallite. Lo misi da parte, scorgendone improvvisamente uno che attirò particolarmente la mia attenzione. Era il più grande di tutti, con una rilegatura in pelle: il libro sulla famiglia reale dei Demoni.
La mia mano vacillava, indecisa se afferrarlo o meno. Là dentro, fra tutti i membri della stirpe Lancaster, sicuramente vi era anche lui. Allungai il braccio, certa che nell’ultima pagina ci sarebbe stato raffigurato il suo volto. Accarezzai la copertina, chiedendomi se fosse una buona idea. Quei libri erano incantati, si aggiornavano da soli con ogni notizia sui Lancaster in tempo reale. Leggendolo avrei saputo tutto ciò che stava facendo, senza di me. Lo afferrai, senza aprirlo.
- Cosa ci fai qui?-
Gridò una voce infastidita, che mi fece sussultare. Mi volsi di scatto e vidi una donna, con i capelli biondi e raccolti. Aveva in mano dei libri e, dall’abbigliamento, sembrava la bibliotecaria.
Forse si trattava solo di uno stereotipo ma gli occhiali da vista, la camicia bianca e la gonna nera la rendevano estremamente simile ad una responsabile di biblioteca.
- Mi scusi…-
Iniziai dicendo, colpevole di essere entrata nonostante il cartello.
- Non pensavo che fosse vietato-
Mentì spudoratamente.
- E non credevo neanche che ci fossero altre donne su questa nave…-
- Beh, sei in torto su ambo i lati ragazzina-
Dichiarò duramente la donna, avvicinandosi.
- Questa biblioteca è privata, i membri della ciurma non ci possono entrare. Dio solo sa cosa potrebbero fare quei rozzi uomini a questi preziosi libri. Per di più ciò che hai detto è un’offesa nei confronti delle donne, pensi che il mare sia degli uomini?-
- N-No-
Balbettai, non avendo il tempo di dire altro.
- Io sono la bibliotecaria qui, la detentrice del sapere. Credi che un uomo possa fare meglio il mio lavoro?-
- Affatto…lei…lo sta svolgendo benissimo-
- Bene, dunque devo chiederti di andartene ragazzina. Questo non è un parco giochi-
Disse mostrandomi la porta e facendomi avanzare, allontanandomi dagli scaffali.
- Ma io sono venuta per leggere, non rovinerò i libri-
- Non sai quante volte l’ho sentito. Avanti, restituisci questi volumi-
Vacillai un attimo, tentata di porgere i due libri nelle mani della donna. Mi bastò osservare la copertina con lo stemma della famiglia reale per ripensarci. Non volevo separarmene.
- No-
- No? Come ti permetti?! Potrei farti gettare fuori bordo per questo-
- La prego, chiuda un occhio. Voglio davvero leggere questi libri, sono importanti per me-
- E perché mai? Sono solo pezzi di carta scritta, no? Voi demoni la pensate tutti così-
Fissai gli occhi verdi della donna, se parlava in questo modo non era un demone.
- Io non sono un demone, sono…sono quasi una strega. La prego, questo libro parla di una persona che conosco-
Affermai, stringendo il grande volume. Calò per un attimo il silenzio.
- Sei innamorata, ragazzina?-
Chiese la bibliotecaria aspramente. Io sussultai, non desiderando chiamare così il sentimento che mi stava corrodendo, il dolore che stavo provando nel cuore. Sospirai stringendo maggiormente il libro al petto, tardando a rispondere. Il mio cuore ormai non mi apparteneva neanche più. Una noiosa civetta me lo aveva ghermito con i suoi artigli. Un giorno, molto presto, avrei dovuto riprendermelo.
- No-
Risposi a tono basso. La donna tacque, probabilmente non credendoci minimamente.
- Si tratta di un demone?-
Domandò, riferendosi alla natura dei miei volumi. Non risposi, voltando lo sguardo per non dover incrociare quello della bibliotecaria.
- Posso capirti-
Sbottò improvvisamente la donna, facendomi alzare gli occhi dal pavimento.
- Da quel che vedo ragazzina, siamo entrambe vittime dei demoni-
Continuò, stringendo anch’essa dei volumi forte al petto.
- Lei…ha sofferto?-
- Sono stati gli anni più belli della mia vita-
Rivelò, provocandomi un sobbalzo allo stomaco.
- Ha colmato tutti i momenti di tristezza-
Fissai istintivamente il polsino nero che portavo, non riuscendo a condividere il punto di vista della bibliotecaria. Sospirai forte, prima di tendere le braccia e porgere il volume più grande alla donna.
- Non lo voglio più-
Spiegai.
- Questo però mi serve, devo imparare a difendermi. Me lo può lasciare?-
Attraverso i suoi occhiali rossi, fissò il simbolo dei Lancaster sul libro che le avevo appena restituito.
- Sei sicura ragazzina? Sembrava essere importante-
- Mi sono sbagliata. In realtà, non lo è affatto-
Lo ripose al suo posto mentre mi concedeva il permesso di tenere quello sulla magia nera.
- Puoi portarlo nella tua cabina e restituirlo non appena lo avrei terminato. Vedi di non sciuparlo, intesi?-
Annuì, ringraziando.
- Adesso vattene, non ti voglio qui-
Seguì il consiglio, scattando fuori dalla biblioteca correndo per il labirinto.
 
Tornata in camera, ci rimasi fino al tramonto del sole. Con la lampada accesa sfogliavo il libro di incantesimi, cercando di memorizzarne il più possibile. Seduta su una delle tante poltrone nere, mi chiedevo se sarei mai riuscita a metterli in pratica.
Avevo difficoltà con la magia bianca, non osavo immaginare con la magia nera.
Divertita, entrai a conoscenza di numerosi malocchi assolutamente diabolici. Si trattava di sortilegi principalmente di odio e vendetta.
Con poche frasi potevi condannare generazioni intere. Al massimo potevi maledirne sette, poi la fattura si sarebbe estinta. Alcuni incantesimi ti permettevano di rinchiudere il tuo nemico in un limbo, dove avrebbe rivissuto per l’eternità l’incubo che tu avevi preparato per lui. Un uomo in esso poteva morire per migliaia e migliaia di volte. Bruciato vivo, per soffocamento o ucciso dal suo migliore amico, provando ogni singola volta un immenso dolore. Un inferno su misura.
Si poteva imprigionare qualcuno in un altro mondo e non farlo tornare più indietro.
Maledizioni permettevano di rilegare la vittima nel corpo di una bestia, oppure farlo dormire per sempre. Tanti altri piccoli incantesimi rendevano muti, cechi o altro.
Praticamente tutto il libro era dedicato a come ferire gli altri, non si trattava minimamente di difesa. I demoni ritenevano di non doversi mai difendere, se avessero sempre attaccato per primi.
Nel volume erano presenti solo modi per rendersi più forti e uccidere i nemici.
Improvvisamente qualcuno bussò alla mia porta.
- Chi è?-
Domandai poggiando il libro sul tavolino.
- Sono il Capitano-
Corsi ad aprire, ricordandomi solo allora di aver mancato al secondo appuntamento con lui.
Aprì la porta di impeto, senza pensare di essere in tenuta da notte.
Mi presentai così svestita, in sole mutande e top.
Incrociai i suoi occhi, leggermente preoccupati, scorgendo il vestito elegante che indossava.  
- Stai bene?-
Chiese, rimanendo sulla soglia. Stavo per rispondere, quando il suo volto imbarazzato mi rammentò di essermi presentata in intimo. Feci un sobbalzo, richiudendo la porta in faccia al demone.
Questo rimase in silenzio dall’altra parte dell’uscio mentre io cercavo qualcosa da indossare. In pochi secondi infilai un abito verde con i pizzi neri, riaprendo velocemente la porta con un sorriso stampato in volto.
- Pensavo…-
Riprese a parlare il capitano, ignorando di essersi appena beccato una porta in faccia.
- Pensavo che ti fossi smarrita. Ti sto aspettando da mezz’ora-
- Vogliate perdonarmi-
Iniziai, non sapendo proprio come scusarmi.
- Non so cosa mi sia preso. Leggevo un libro preso in biblioteca e ho perso il senso del tempo. Se mi date cinque minuti…-
- Cosa?-
Chiese scattando verso di me.
- Si…anche tre minuti…devo solo pettinarmi…-
- No-
Disse fermandomi, visto che ero già arrivata al comò.
- Hai detto la biblioteca?-
- S-Si-
Risposi io titubante.
- Lo so, me lo ha già detto la bibliotecaria che è proibito entrarci. Immagino che siate arrabbiato. In effetti quel cartello lo avevo pure visto ma ormai ero entrata e avevo già preso dei volumi…-
- Aspetta, aspetta-
Mi bloccò, non capendoci più nulla.
- Tu hai preso dei libri?-
- Solo uno alla fine…che restituirò questa notte se lo vorrete. Immagino che se è vietato entrare, lo è ancora di più prendere qualcosa-
Affermai andando svelta al comodino e prendendo il libro di magia nera. Lo porsi al capitano, che lo guardò sorpreso sgranando gli occhi.
- Vedete? Solo questo e non l’ho rovinato-
- Victoria-
Sospirò il vampiro toccando il libro, quasi volendosi accertare che fosse vero.
- La mia biblioteca…è sbarrata da almeno duecento anni. Ho chiuso quelle porte io stesso con un potente incantesimo e adesso tu mi dici che ci sei entrata, hai preso un libro e la bibliotecaria ti ha sgridata?-
Lo fissai dritto negli occhi, cercando di capire cosa stesse dicendo.
Certo che ero entrata, avevo preso un libro e conversato con la bibliotecaria. Mica me lo ero inventato. Dovetti sedermi sul letto, dove rimasi in silenzio a riflettere.
Non era stato un sogno, il volume che il capitano stringeva in mano era una prova tangibile.
- Non è possibile-
Sussurrai.
- Forse il vostro incantesimo si è sciolto e voi non ve ne siete accorto-
- Victoria-
Disse ancora avvicinandosi, accucciandosi di fianco al letto per raggiungere la mia stessa altezza.
- Passo davanti a quelle porte ogni notte e ti assicuro che l’incantesimo non si è spezzato-
- Ma io oggi ci sono entrata! Era tutto aperto, luminoso e ben spolverato! Il libro che avete in mano dimostrano che dico la verità! Poi la bibliotecaria…potrà confermarvelo…-
- Victoria. Non c’è una bibliotecaria su questa nave. Le uniche donne presenti siete tu e mia sorella-
Rimasi sconcertata. Era impossibile.  
- Quello che però non capisco è come tu possa aver preso questo-
Dichiarò sorpreso fissando il volume.
- Lo riconosco, fa parte della mia collezione e lasciamo perdere il motivo per cui una strega sia interessata a cose del genere…ma per caso tu attraversi i muri?-
- No Capitano-
Risposi esasperata.
- Vi giuro che ho varcato le porte. Era tutto aperto, come se la biblioteca fosse in uso tutti i giorni. Ho anche litigato con quella donna, perché pensava che fossi un demone della vostra ciurma e come tale sarei stata capace solo di rovinare i suoi libri-
L’uomo improvvisamente perse il sorriso e si alzò, incitandomi a fare lo stesso. Mi consegnò in mano il libro, fissandomi dritto negli occhi.
- Adesso mi farai vedere quello che hai visto oggi-
 
  
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