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Autore: Phantom13    12/10/2013    2 recensioni
Storia che si svolge in seguito agli eventi di Twilight Princess.
Un eroe che non vuole essere tale, costretto a dover affrontare le conseguenze delle sue azioni: sopportare gli sguardi piedi di venerazioni, di rispetto e gratitudine profonda della gente. Una vita di gloria che lui, l'eroe del Crepuscolo, abituato a combattere nelle ombre, silenziosamente, invisibile a tutto e a tutti, non vuole.
Quando la Triforza chiama, lui deve rispondere, volente o nolente.
Dal capitolo cinque:
"Compagni di un destino condiviso da millenni a quella parte; condannati a dover combattere un’eterna battaglia senza fine nel nome della Triforza; qualche volta erano stati amici, altre volte qualcosa di molto di più, ma non quella volta. Entrambi avevano la consapevolezza di essersi già conosciuti in ère già morte."
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In questa fic, l'atmosfera generale sarà sul serio-triste, com'è lo stile di Twilight Princess. Non aspettatevi dunque una storia d'amore tra Link e Zelda. Sarà più che altro una fic che (si spera) faccia riflettere.
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Link, Princess Zelda, Un po' tutti | Coppie: King of Red Lions/Daphnes Nohansen Hyrule
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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Lo so, sono in vergognoso ritardo. Non ho scusanti: linciatemi pure, se volete! 
Vi chiedo umilmente venia per questa ignominosa assenza: tra la scuola, le altre fic, o impegni privati non mi sono più fatta sentire per un periodo davvero troppo lungo.
Ma, infine, sono riuscita a portarvi un capitolo leggibile. Spero vi piaccia (e spero anche che mi perdonate per il silenzio di questi mesi). 
in questo capitolo, la storia comincerà ad entrare nel vivo :) e farete anche conoscenza con il mio personalissimo modo di vedere il rapporto tra Zelda e Link in Twilight Princess, che (sempre secondo me) è assai diverso dagli altri giochi in quanto tra i due non vi è nessun tipo di rapporto emotivo percepibile e... Ma ora basta, Phantom! Taci e lascia leggere i lettori! Smettila con le tue farneticazioni insensate!!
solo sappiate che (e forse avrei dovuto dirlo un po' prima -.-') il mio modo di sentire The Legend of Zelda è un po' diverso da come solitamente dovrebbe essere. Specialmente se si tratta di Twilight Princess (ed ecco perchê è il mio gioco preferito ^.^).
Ora la finisco davvero con le ciancie e vi lascio leggere! 
scusate ancora per il ritardo! 


 
Capitolo 5
...
Nodoby can save me
now



 
Link rimase completamente immobile, con lo sguardo puntato a vuoto davanti a sé.
E questo che diamine significava?
Respirò a fondo, riprendendo pieno possesso di quel corpo da lupo, allo stesso modo con il quale si riprende famigliarità con un vestito non più indossato da tempo.
Pelliccia, più calda di qualsiasi mantello; artigli, leggermente graffianti contro la roccia a bordo della Sorgente Zora; coda, sventolante in fondo alla schiena; muscoli, tesi e pronti a scattare; orecchie, dritte e dieci volte più sensibili delle sue da hylian; zanne, acuminate e taglienti pronte a dar battaglia a chiunque si presentasse come suo nemico; naso, che riceveva mille impulsi odorosi dei quali prima non s’era minimamente accordo.
Link si girò, piano, tutti i sensi all’erta, alla ricerca di quell’ombra che l’aveva sorpreso e tramutato in lupo. Ma ovviamente, quella si era dileguata da tempo. Alzò verso l’alto la testa, annusando l’aria. Nulla di nulla.
Frustrato ringhiò piano, sfoderando i canini scintillanti.
Altro che!
Questa proprio non ci voleva!
Non che gli fosse del tutto odiosa la sua ritrovata condizione di lupo. Ma era accaduto nel momento meno agevole. Per sicurezza, per accertarsi di non avere piste da seguire, odorò per l’ultima volta l’aria, che profumava solo di acqua di fonte, minerali, muschio ed alghe. Esitò ancora, nonostante tutto. Indeciso sul da farsi.
Doveva assolutamente trovare il modo di avvisare Zelda che c’era una misteriosa ombra che vagava per Hyrule. Ma, ora come ora, comunicare con la Principessa a suon di uggiolii e guaiti non era neanche pensabile. Del resto, non era nemmeno possibile attraversare tutto il centro del borgo in forma di lupo.
Come fare?
Dirigersi alla Foresta Sacra e tentare di nuovo il miracolo della Spada Suprema?
Sbuffò, abbassando il capo. Già. Andare alla foresta, cercare la spada. Galoppare di nuovo fino da Zelda, farle il resoconto sul Monte Zora. Tornare a casa per la cena in tempo per non far infuriare Ilia … più facile sconfiggere Ganon utilizzando una canna da pesca.
Link digrignò di nuovo le zanne. Arrivare puntuali: impossibile. Ma lui era l’Eroe Prescelto Dalle Dee e se si impegnava, poteva fare tutto! Anche questo!
Ma per riuscirci, doveva sfruttare la sua conoscenza del regno di Hyrule. Quindi, il modo più rapido per attraversare l’intera regione era utilizzare l’acqua.
Un rapido, gorgogliante, corso d’acqua correva da un capo all’altro di Hyrule, dalle montagne al lago. E dal lago alla foresta non avrebbe impiegato moltissimo. Qualche ora di più per tornare fino al castello e poi di nuovo a Tauro.
Link alzò lo sguardo verso il cielo, controllando la posizione del sole, per quanto lo ristretto spicchio azzurro sopra alle sorgenti gli permetteva di vedere.  Approssimativamente, mancavano tre ore al tramonto, magari quattro.
Forse, e solo forse, ce l’avrebbe fatta.
Non aveva tempo da perdere.
Con uno spaventoso cigolio d’ossa, si mise in cammino, fendendo l’aria con la coda sottile. Il trotto da lupo, confessò intimamente a sé stesso, gli era mancato.
Lingua a penzoloni, Link ora correva a bordo del fiume, seguendone la diramazione che l’avrebbe portato fino alla capanna di Nola. Da lì si sarebbe tuffato e si sarebbe lasciato portare dalla corrente fino a valle, nel lago Hylia.
La capanna della noleggiatrice di canoe e di sua sorella pescatrice non tardò a farsi vedere, aggrappata contro il fianco della montagna, in una piccola valletta incassata tra i pendii scoscesi, edificata su sottili lingue di roccia ammantate d’erba. Link zampettò rapidamente fino al margine della diramazione del fiume che l’avrebbe portato fino al lago e vi si tuffò.
L’acqua gelida parve attaccarglisi alla pelliccia trascinandolo con forza verso il basso. Ma fu solo un attimo. Link cominciò ad annaspare alla maniera dei cani, tenendosi a galla senza particolare fatica e lasciando fare alla corrente tutto il resto.
Il viaggio fu breve.
Con una piccola cascata il braccio del fiume si immergeva nello spettacolare lago, sovrastato dal mistico ponte di pietra, dalle arcate di sostegno mezze diroccate e troncate. La placida distesa d’acqua scintillava al sole del pomeriggio morente, in lontananza, in cima alla parete di roccia, la sabbia rossa del Deserto Geld volava al vento in una nube improbabile dal colore di rame.
Link non si perse troppo in contemplazioni paesaggistiche e prese a nuotare con foga puntando verso riva, ad una delle croste di pietra che si accavallavano le une sulle altre ai margini del lago, creando uno spettacolare quanto artistico labirinto di punte e zanne rocciose. Pericolanti ponti di legno invasi di muschio collegavano alcune di tali sporgenze e fu proprio su uno di quelli che il lupo si ritrovò a correre qualche attimo dopo, approdato sulla terra ferma.
A differenza degli esseri umani e degli hylian, i corpi dei lupi erano stati progettati per la velocità di caccia e per la resistenza. Quindi, Link non impiegò più che una manciata di secondi a raggiungere il limitare della frastagliata parete che aveva ingoiato e ospitato l’acqua del lago, bacino e riserva di Hyrule.
Ma, quando si ritrovò a dover spiccare un balzo per superare uno dei molti avvallamenti presenti tra le sponde del lago, con la coda dell’occhio intravide un rapidissimo movimento sotto di lui.
Atterrò malamente, graffiando in terreno con gli artigli. Con un unico movimento, il lupo si voltò, accorrendo al bordo della fessura, già con le zanne sfoderate, in caso si fosse trattato di un nemico. Ciò che si annidava là sotto, però, non era un nemico.
Era uno Zora.
Rannicchiato appena sotto il pelo dell’acqua, si teneva forte le ginocchia, tremando come una foglia.
Link rimase interdetto, guardando dubbioso l’abitante dei fiumi che a sua volta si accorse di essere osservato. Lentamente lo Zora alzò gli occhi, raggelando alla vista del grosso lupo nero che gli restituiva lo sguardo.
Lo Zora si mosse, come per fuggire, attendendo una mossa da parte del suo presunto aggressore. Un gemito attirò l’attenzione di Link che si accorse della presenza di altri Zora, quattro, tutti accucciati, vicini gli uni agli altri, nascosti dai corpi di roccia alle rive del lago e dalle ombre che essi gettavano sull’acqua.
Tutti i loro vacui occhi colmi di terrore puro erano puntanti sul lupo nero. Una silente accusa verso l’unico che ironicamente avrebbe potuto aiutarli ma che ora, per loro, non era altro che il prolungamento del loro incubo.
Link a malincuore si voltò per andarsene, optando per l’evitare di terrorizzare ulteriormente quei poveretti. Per l’ennesima volta si chiese cosa fosse esattamente quell’ombra di prima, che aveva spaventato a quel modo gli Zora. E, soprattutto, come fosse stata capace di tramutare lui in lupo.
Con simili pensieri in testa, l’Eroe Prescelto risalì a grandi balzi le pareti scavate dal lago, che ora lo abbracciavano, infossandolo sotto la terra.
 
Non concesse pietà ai propri muscoli. Condusse il suo corpo da lupo ad un nulla dal collasso, ma Link non si fermò neanche per un attimo. Continuò a correre ininterrottamente dal Lago Hylia fino al limitare dei boschi a lui famigliari. Attraversò di volata la pianura meridionale del regno, si addentrò tra gli alberi, sfrecciando davanti al solitario venditori di lanterne, che inorridì alla vista della belva in corsa. Bruscamente, Link aveva curvato, addentrandosi nella grotta che portava alla distesa di tronchi prima del tempio. La nebbia velenosa che lì aveva albergato era scomparta, restituendo al bosco quell’area, tornata fresca e pura.
Correndo, con i polmoni in fiamme, Link andò oltre, raggiungendo infine l’allungata radura di fronte al Tempio della Foresta e al largo ceppo d’albero lì vicino.
Con un agile balzo il lupo vi fu sopra e solo allora si concesse un minimo di riposo.
Ora avrebbe dovuto balzare su un baratro di vuoto dal fondo invisibile. Fallire il salto per mancata forza gli sarebbe stato fatale.
Mentre ansimava, studiava al contempo le grondanti radici del ceppo d’albero che costituiva il corpo del Tempio, analizzandone le sporgenze alla ricerca di luoghi d’appiglio per il disperato tentativo di aggirare il promontorio oltre al quale aveva residenza la foresta Sacra.
I minuti gocciolavano, il vento giocava tra le fronde degli alberi.
Link sbuffò, intaccando con gli artigli la superficie del tronco mozzo. Era pronto.
Balzò.
Un brivido gli corse lungo la spina dorsale, durante gli interminabili attimi nel quali sotto alle sue zampe regnava incontrastato il vuoto. Si permise di riprendere fiato solo quando atterrò sull’improbabile piattaforma creata con le radici dell’albero-tempio.
Un altro salto fino ad in’altra radice e agli occhi azzurri del lupo nero apparve il passaggio di roccia che conduceva alla Foresta Sacra, chiamata anche Lost Wood. 
Non fu difficile per lui compiere quell’ultimo balzo e nemmeno i due successivi per superare i ponti di legno mangiati dalla muffa che conducevano all’entrata vera e propria della Foresta.
La freschezza di quelle fronde nascoste gli conquistò i polmoni, il profumo di tronchi, foglie e rocce bagnate gli afferrò l’olfatto. Un’aria di ombroso silenzio regnava tra quegli alberi, tra quei giganti verdi destinati all’eterna immobilità, tra i cui rami gocciolavano i raggi morenti dell’astro del cielo.
Link zampettò in avanti, raggiungendo la Pietra del Tempo, che si trovava a pochi passi di distanza, quella con la Triforza incisa sopra. Si sedette ed ululò quella melodia che aveva creduto di aver dimenticato ma che invece mai se n’era andata dalla sua memoria.
Lo Skull Kid arrivò in un attimo, fedele al richiamo. Con la sua tipica risatina e il suo fruscio di foglie secche, il piccolo guardiano della foresta labirinto fece il suo ingresso, scendendo dalle cime degli alberi con la leggerezza di quelle stesse foglie di cui sembrava esser fatto. La sua lanterna di fuoco fatuo scintillò piano, nelle ombre della foresta. Il ghigno spettrale di quell’arruffo di foglie vivente non era cambiato di una virgola, ma la luce che brillava nei suoi occhietti era invece mutata.
-Rovine del Tempo?- chiese, con una voce inconsistente quanto perforante.

Qualche tempo dopo…

Zelda si voltò di scatto quando un esausto e ansante Link entrò nel piccolo salotto, situato tra le file di scaffali della biblioteca del Castello. La principessa, che si stava godendo una rilassante lettura, sollevò un sopraciglio all’espressione da temporale di Link.
-Cosa ti è mai successo?- domandò, richiudendo il voluminoso libro dopo aver infilato tra le pagine un segnaposto di pelle.
Link fece segno di no con la testa. –Tante cose.- rispose, con voce rotta. Per un attimo la Principessa si preoccupò che qualcosa di grave fosse successo, ma era certa che se così fosse stato, l’espressione dell’Eroe Prescelto sarebbe stata molto più sconvolta invece che frustrata com’era ora.  
-Sembra che tu abbia attraversato tutto il regno a corsa.- commentò Zelda facendo dell’ironia che, sciaguratamente, si avvicinò troppo alla realtà dei fatti.
-Appunto!- sbottò Link, crollando sulla prima sedia che gli capitò a tiro. –E le scalinate di questo castello non aiutano!-
Era proprio sfinito, pensò Zelda, cominciando lievemente a preoccuparsi.
-Ma cos’è accaduto?- chiese di nuovo.
Link roteò gli occhi verso di lei.
Le raccontò tutto, della fonte degli Zora, dell’ombra misteriosa che l’aveva attaccato e tramutato in lupo, degli abitanti del fiume rifugiati nel lago.
La Principessa rimase in silenzio, rimuginando. L’unico suono rimasto nella stanza, era il respiro accelerato dell’hylian stremato.
-Qualche idea?- chiese lui.
Zelda si portò una mano vicino alle labbra, con aria pensierosa. –Ganondorf non è stato.-
-No.- confermò Link. –Non era la sua aura, quella che ho sentito.-
-Zant?-
Link esitò. –Ma è morto.-
-Lo so.- disse piano lei. –Ma avrebbe potuto essere la sua energia, quella che ti ha tramutato? L’ha già fatto altre volte. Anzi, è stato l’unico ad esserci mai riuscito.-
Link sospirò. –Non ne sono sicuro. Non te lo so dire.-
-Credi che attaccherà di nuovo?-
-Non so se quello che ha fatto fin ora si possa definire attacco. In sostanza non ha ferito nessuno: ha solo spaventato gli Zora. Con ciò non voglio di certo dire che sia un bene lasciare scorrazzare questa cosa per il Regno.-
-Fin tanto che non sappiamo cosa sia di preciso, non possiamo comunque agire.-
Cadde di nuovo il silenzio mentre i due finirono inevitabilmente per guardarsi reciprocamente. Compagni di un destino condiviso da millenni a quella parte; condannati a dover combattere un’eterna battaglia senza fine nel nome della Triforza; qualche volta erano stati amici, altre volte qualcosa di molto di più, ma non quella volta. Entrambi avevano la consapevolezza di essersi già conosciuti in ère già morte.
Ma, in quel momento, in quell’occasione, in quel presente, avevano già avuto il tempo di costruirsi una vita, prima che le rispettive Triforze si fossero risvegliate. Cosa che, con i rispettivi legami e le rispettive famiglie, impediva a quel destino, che li aveva chiamati alla battaglia senza chieder loro il permesso, di governare ulteriormente le loro relazioni private.
Erano coscienti del fatto di conoscersi da secoli e secoli, ma quella volta sarebbe stato diverso: le vite già iniziate, una a Tauro, l’altra a Corte, richiedevano a gran voce di venir concluse.
Quindi, né Coraggio né Saggezza, almeno per quella volta, avrebbero incrociato i loro cuori: la Triforza si era svegliata nei due portatori troppo tardi, non nell’età fanciullesca, com’era accaduto tutte le altre volte, bensì già da adulti. Altri affetti, altri progetti erano in corso. E quel destino triplice non aveva il diritto di unire a forza i loro sentimenti, poiché nelle altre Leggende così era accaduto.
Un anno e mezzo prima, quel Link e quella Zelda non si erano mai visti prima. E, a parere di lui, nemmeno avrebbe dovuto succedere. Erano alleati, compagni. Ma null’altro.
-Devo tornare a casa.- disse piano Link, distogliendo lo sguardo. –Ho promesso a Ilia di non fare tardi.-
-E io ho una cena importante con gli aristocratici giunti qui l’altro giorno.- confessò lei, con un lieve sorriso.
Si alzarono entrambi, un po’ in imbarazzo.
-Domani torno e riparleremo di questa faccenda con più calma.- disse Link, muovendo qualche passo verso la porta. Zelda ascoltò per un attimo il suono della cotta di maglia dell’hylian e delle cinghie che reggevano spada e scudo sulla sua schiena.
Quel suono! Quante volte l’aveva già sentito! Ma quei ricordi non erano suoi. Scosse la testa, ricacciandoli indietro.
-Nel frattempo, se mi si presenterà l’occasione, farò qualche ricerca.- propose lei.
-Sarebbe una buona cosa.-
 
 
Si sfilò senza un minimo di cura spada, scudo, cinture varie, copricapo, tunica e cotta di maglia, rimanendo dunque in camicia e pantaloni. Si stravaccò sul divano, permettendosi un profondo sospiro, reclinando la testa indietro.
Gli facevano male tutti i muscoli. E aveva una fame da lupo! Era proprio il caso di dirlo.
Guardò con occhio critico il pentolino sul focolare spento. No, era troppo faticoso.
Rinunciò, permettendosi ancora qualche attimo di tregua.
Si ritrovò ad osservare l’elsa della Spada Suprema, vicino alla sella di Epona depositata accanto alla porta.
Già.
Vista la circostanza particolare che si era creata, aveva preferito impugnare di nuovo la Lama Sacra, rinunciando temporaneamente alla sua vecchia e fidata spada. Se un’ombra senza nome si stava aggirando per le terre di Hyrule, era meglio essere armati a dovere, per quanto la cosa potesse dargli fastidio.
Sembrava quasi scaricare su quella spada la colpa di tutto ciò che gli era successo.
Qualcuno bussò lievemente alla porta.
Link si tirò su in piedi, ignorando il pericoloso cigolio di vertebre e articolazioni. Gemendo, raggiunse la maniglia e aprì la porta.
Era Ilia
 
 
 
 
 
 
  
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