Quarto
Capitolo
Quando Rose aprì la porta
capì che chiamarlo bagno era
riduttivo. Era più simile ad una piscina, con quella sua
vasca enorme e le
vetrate.
Il bimbo corse immediatamente dentro,
affascinato
dall’ennesimo posto nuovo tutto da scoprire, e
andò a premere il naso contro il
vetro della finestra più vicina. Quando Rose aveva chiesto
come fosse possibile
che ci fosse qualcosa fuori – erano in una nave spaziale!
– il Dottore le aveva
detto che era solo un’immagine. Il Tardis la cambiava tutti i
giorni, ma certe
volte, quando il Signore del Tempo era giù e si andava a
fare un bagno, il
panorama diventava quello del suo Pianeta.
Quel giorno era un semplice giardino
verde con qualche
alberello e lo stagno con le papere, talmente semplice che sembrava
uscito
dall’immaginazione di un bambino, ma mentre John guardava
fuori, il paesaggio
cambiò, diventando lo sfondo degli interminabili bagni del
Dottore adulto, i
prati rosso scuro e il cielo arancio bruciato di Gallifrey.
Rose si avvicinò
preoccupata al bimbo.
“Tutto bene?”
chiese.
Il bimbo si voltò a
guardarla e annuì. “Cos’è
quello?” fece
poi, indicando fuori.
“Gallifrey, il pianeta del
Dottore” rispose lei “Non c’è
veramente, è solo un’immagine”
Chissà perché
lo sfondo era cambiato. Probabilmente il
Tardis aveva fatto il collegamento bagno – tristezza talmente
tante volte che
ora si attivava automaticamente ogni volta che il Dottore entrava nella
stanza.
“Ci sei mai
stata?”
La voce di John la riscosse dai suoi
pensieri. Il bimbo
aveva ancora lo sguardo fisso fuori dalla finestra, probabilmente
cercando di
memorizzare i particolari di quel paesaggio così alieno. O
forse gli ricordava
qualcosa, e allora sarebbe stato un problema per Rose spiegargli il
perché.
“No, mai. È
andato distrutto” rispose la ragazza.
John si voltò verso di
lei, con gli occhi spalancati. Poi si
ricompose e, con quel tono che poco si addiceva a un bambino di sette
anni, il
tono di quando voleva risposte, le disse “Racconta”.
Rose richiamò alla mente
le poche conversazioni avute al
riguardo con il Signore del Tempo, rendendosi conto di quanto
frammentaria
fosse la sua conoscenza di Gallifrey. Il Dottore non amava parlarne,
era cosa
risaputa, e molto di ciò che era avvenuto nella leggendaria
Guerra del Tempo le
era ancora sconosciuto.
“C’è
stata una guerra” cominciò allora, rendendosi
conto di
star usando il tono che il Dottore aveva le rare volte in cui avevano
affrontato il discorso. “La Guerra del Tempo, tra i Signori
del Tempo e una
razza malvagia chiamata Dalek. Nella guerra entrambe le fazioni hanno
perso,
sono morti tutti e il pianeta è bruciato. Il Dottore
è l’ultimo della sua
specie.” Aggiunse l’ultima frase con un velo di
tristezza. Sapeva bene la
solitudine che l’altro ancora sentiva, nonostante ora ci
fosse lei con lui.
“In realtà,
abbiamo scoperto che i Dalek non sono estinti, e
che in un modo o in un altro rispuntano sempre fuori, in tempi e
situazioni
diverse. Per quello che ne sappiamo, però, i Signori del
Tempo sono tutti
morti. Il Dottore dice che riesce a sentirlo, che non
c’è più nessuno.” Rose si
fermò un attimo, indecisa su come proseguire. Bene o male
questo era quello che
sapeva sulla Guerra e su Gallifrey, nonostante avesse incontrato
più volte i
Dalek e quasi tutti gli alieni che avevano incontrato ne parlassero. Il
Dottore
non le aveva mai spiegato cosa era successo di preciso, di come era
riuscito a
fuggire o altro. Era uno dei tanti misteri con cui si doveva convivere
se si
voleva viaggiare con lui, e lei lo aveva accettato.
Mai si sarebbe immaginata di dover
dare così tante
spiegazioni – su cose per lei pressoché
sconosciute, tra l’altro – a un mini
Signore del Tempo assetato
di sapere.
“È bello”
mormorò
l’altro che nel frattempo era tornato a guardare fuori.
Rose si chiese se magari stesse
percependo l’appartenenza a
quel posto. Si chiese se anche lui sentisse quel qualcosa mancante
nella sua
testa, come una connessione interrotta.
“Allora, qualcuno qui ha
bisogno di un bagno!” esordì dopo
qualche minuto di silenzio, cambiando discorso.
Il Dottore si voltò verso
di lei con un sorriso che
illuminava la stanza, il che rassicurò Rose: non avrebbe
dovuto costringerlo in
nessun modo a lavarsi infradiciandosi e allagando il bagno. Era
già un passo
avanti.
“Voglio le bolle
colorate!” esclamò John, correndo ad aprire
tutti i rubinetti.
Ora che li notava meglio,
c’erano centinaia di rubinetti
tutto intorno alla vasca e ne usciva acqua e sapone colorato,
alternandosi.
L’acqua che ne fuoriusciva,
ora che il piccolo li aveva
aperti tutti, era talmente tanta da aver riempito l’enorme
vasca già per metà.
La ragazza si chiese perché mai si ostinava a lavarsi nella
doccia della sua
camera, quando lì c’era anche
l’idromassaggio. Si trattava bene il Dottore.
Il ragazzino, nel frattempo si era
spogliato, riuscendo
miracolosamente a districarsi con i bottoni e la cravatta, e ora
sgambettava
sul bordo, pronto a tuffarsi.
Rose nel frattempo era indecisa se
chiudere gli occhi o
meno: era pur sempre il Dottore, nudo.
Diamine,
Rose, ha
sette anni! Si rimproverò.
Riaprì gli occhi giusto in
tempo per vedere uno schizzo
enorme bagnarla da capo a piedi.
“Dottore!”
strillò isterica, prima di mordersi la lingua.
Il bimbo però non dette
segno di averla sentita, impegnato
com’era a creare schiuma colorata sbattendo l’acqua
con le mani.
Sospirò. Non poteva andare
avanti così per sempre. L’unica
cosa buona era che tra non molto le fatidiche ventiquattr’ore
sarebbero
scadute, e lei non avrebbe più dovuto tenere nascosto al
Dottore chi fosse
realmente.
“Rose!” la
chiamò il bimbo dalla vasca, reggendosi al bordo
“Vieni anche tu?”
La ragazza rispose con un enorme
sorriso e, cercando di
mascherare l’imbarazzo, gli fece cenno di aspettare.
Corse in fretta in camera sua e si
mise il primo costume da
bagno che le capitò sotto mano.
Quando entrò nel bagno,
vide il Dottore seduto sul bordo che
faceva sbattere i piedi in acqua, creando una quantità
incredibile di schiuma.
Quando fu soddisfatto del suo lavoro si alzò in piedi sul
bordo e si ributtò in
acqua.
Rose osservò la scena
divertita, prima di avvicinarsi alla
vasca ed entrarci dentro a sua volta.
Ora che ci rifletteva, non faceva un
bagno da secoli,
probabilmente da quando aveva incontrato il Dottore. Quando tornavano a
casa ci
restavano per talmente poco tempo che era praticamente impossibile
concedersi
un paio d’ore di relax. O peggio, erano coperti di schifezze
aliene e la sua
unica preoccupazione era quella di togliersi di dosso muco
intergalattico il più
presto possibile.
In definitiva, quello era il suo
primo bagno da molto tempo, e aveva
intenzione di
goderselo.
Non fece in tempo a terminare quella
frase nella sua mente
che uno schizzo di acqua saponata la centrò in faccia,
facendole aprire gli
occhi.
“John!”
sbraitò strofinandosi gli occhi per togliere il
sapone. In grazia di Dio il Dottore aveva impostato la vasca su
“sapone per
bambini”, dopo la loro ultima discussione post-bagno sul “perché mi entra il sapone
negli occhi? Io non gliel’ho chiesto! E poi
brucia!”.
Quando Rose gli aveva detto che
c’era lo shampoo
anti-bruciore lui era saltato su, ignorando l’irritazione ai
bulbi oculari e il
fatto di essere in un accappatoio con i cacciaviti sonici,
proclamandola Invenzione di ogni Linea
Temporale – un
grande titolo, a detta sua – mentre pilotava il Tardis verso
la fabbrica più
vicina.
L’aver prosciugato la
fabbrica per riempire il serbatoio
della vasca, ad ogni modo, le aveva salvato la vista.
Non le aveva
evitato,
ovviamente, di ritrovarsi con tre dita di trucco scolato sotto gli
occhi,
pensò due secondi dopo, osservandosi i pugni neri di mascara.
John, nel frattempo, stava ancora
ridacchiando per la sua
bravata, perciò quando Rose si avvicinò
rovesciandogli l’acqua dalle mani a
coppa in testa, non se ne accorse minimamente.
Due secondi dopo cominciò
a sbraitare, gridando al
complotto.
*
Dopo un paio d’ore passate
in ammollo, Rose e il Dottore
uscirono dalla vasca e si infagottarono per bene in due morbidi
asciugamani di
spugna blu.
Dopo essersi asciugati e rivestiti,
dettero un’occhiata al
panorama gallifreyano ancora presente “fuori dalla
finestra” e uscirono.
Una volta in corridoio, Rose si
domandò cosa fare.
Il piccolo accusava già
segni di stanchezza e, per quanto
lei non avesse mai visto il Dottore dormire, suppose che essendo un
bambino
avesse bisogno di qualche ora di sonno ristoratore.
Avrebbe dovuto portarlo a letto, si
disse.
Era abbastanza riluttante, in
verità. Non voleva dire addio
a John, per quanto potesse mancarle il Dottore.
Ora che aveva avuto anche solo un
piccolo accenno della sua
infanzia e innocenza, era doloroso tornare a scrutare negli occhi del
Signore
del Tempo e non sapere perché ci fosse quel fondo di perenne
tristezza e
rabbia.
Avrebbe tanto voluto delle risposte
ma, come non poteva
chiederle al bambino perché ancora non aveva vissuto quella
parte della sua
lunghissima vita, sapeva perfettamente che se avesse domandato qualcosa
all’adulto,
avrebbe ricevuto in risposta solo silenzio.
Non sapeva ancora, inoltre, se e come
il Dottore avrebbe
ricordato le ultime ventiquattr’ore. Sarebbero state
trasferite direttamente
tra i ricordi della sua infanzia o avrebbe saputo di essere stato
bambino fino
a qualche ora prima?
Rose non sapeva cosa rispondere.
Decise che, per prima cosa,
lo avrebbe messo a letto, e poi avrebbe riflettuto su quali spiegazioni
dargli
una volta tornato normale.
Come in risposta ai suoi pensieri,
una porta si aprì di fronte
a lei, rivelando la camera del Dottore.
La ragazza prese per mano il bambino
ed entrò.
“Questa è la
stanza del mio amico” fece lei con un sorriso,
osservando John sbattere le palpebre più velocemente nel
tentativo di non
addormentarsi “Puoi dormire qui, mentre lui non
c’è”.
Il ragazzino annuì e
cominciò a spogliarsi.
“Resti qui?”
domandò dopo un po’ con voce assonnata, come a
voler essere sicuro.
“Certo” promise
Rose “vado a mettermi il pigiama, tu mettiti
a letto” terminò con un sorriso dolce.
Una volta uscita dalla camera si rese
conto dell’assurdità
di ciò che aveva detto. Il mattino dopo il Dottore sarebbe
tornato grande, non
poteva dormire con lui! Arrossì improvvisamente al pensiero.
Sospirò.
Tornò alla sala della
console. Avrebbe atteso che il piccolo
si fosse addormentato, e poi sarebbe tornata in camera sua. Semplice.
Dando un’occhiata in giro
si accorse che il completo del Signore
del Tempo adulto era ancora lì per terra. Lo raccolse e
andò in camera sua per
mettersi il pigiama.
Quando tornò nella camera
del Dottore il bimbo si era già
addormentato, perciò senza far rumore aprì
l’armadio e mise il completo al suo
posto. Stava per chiudere l’anta quando una delle grucce
cadde a terra facendo
un fracasso infernale.
Rose imprecò sottovoce.
Dal letto giunse un grugnito
assonnato. “Rose?”
“Non ti preoccupare, torna
a dormire” lo rassicurò la
ragazza.
“Vieni qui!” la
chiamò allora, con il tono
pseudo-autoritario che avevano i bambini quando volevano qualcosa, un
po’
falsato dal sonno.
La bionda sorrise inconsciamente e si
avvicinò.
“Dovresti dormire,
è stata una giornata stancante” fece
dolcemente.
“Non ci riesco, faccio
brutti sogni” si lamentò il piccolo.
“C’è
gente che urla, il fuoco e io so solo che devo scappare
lontano” cominciò a
piangere.
“Va tutto bene, era solo un
sogno” sussurrò.
La ragazza si issò sul
letto e lo prese tra le braccia per
consolarlo, accorgendosi in quel momento che era completamente nudo.
“Ti
prenderai un raffreddore se dormi così!” disse
preoccupata.
John tirò su con il naso,
asciugandosi le lacrime con una
mano. “Non volevo rovinare il vestito”
borbottò impacciato.
La ragazza ridacchiò, poi
si alzò e prese dalla cassettiera
una maglietta del Dottore e un paio di boxer.
Navigava in entrambi – le
mutande sembravano dei
pantaloncini piuttosto larghi – ma almeno avrebbe avuto
qualcosa addosso al suo
risveglio invece di ritrovarsi con i vestiti a brandelli effetto
Hulk.
L’imbarazzo del mattino
dopo sarebbe notevolmente diminuito,
si disse.
Rimise il bimbo a letto, gli rimboccò le
coperte e gli diede il bacio
della buonanotte prima di accorgersi dell’occhiata triste che
gli stava
lanciando.
“Oh, al diavolo! Fammi
spazio!” fece ridacchiando. Un
sorriso spuntò immediatamente sulle labbra del piccolo che
l’abbracciò felice.
“Ora dormi”
concluse, stringendolo a sua volta. “Buonanotte”.
Ciao a tutti e scusatemi per l'infinito ritardo! Mi vergogno da morire perchè è quasi passato un mese dallo scorso aggiornamento, ma ora sono qui per la vostra felicità (?) con il Quarto Capitolo! YEEEEE A mia discolpa dico che se non fosse stato per Flamerain che mi ha chiesto di betargli una Jily avreste avuto l'aggiornamento molto prima u.u Love you sistah <3
Comunque, l'ho terminato qualcosa tipo trenta secondi fa e non ho ancora iniziato il prossimo. Tra poco comincia anche Doctor Who su Rai4 quindi non penso che per stasera continuerò a scrivere u.u Ciononostante questa settimana a scuola c'è occupazione, il che significa che in assenza di compiti ho un po' più di tempo per scrivere! Il prossimo potrebbe essere l'ultimo aggiornamento perchè non so se farò l'epilogo. Vorrei, ma forse non sarà necessario e non mi piace allungare il brodo quando non serve :)
Detto questo, spero che nonostante il ritardo vi sia piaciuto anche questo capitolo, e ringrazio chi ha seguito/preferito/recensito: Se vi andasse di commentare anche questo ne sarei onorata :)
Baci,
L.