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Autore: 9Pepe4    15/10/2013    4 recensioni
Il Maestro Qui-Gon Jinn non ha nessuna intenzione di prendere un nuovo apprendista… Ma l’incontro con Obi-Wan Kenobi, un Iniziato di sette anni, potrebbe cambiare le cose.
Peccato che il passato, in un modo o nell’altro, trovi sempre la maniera di fare lo sgambetto al presente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Obi-Wan Kenobi, Qui-Gon Jinn, Yoda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 07 – Livello di coinvolgimento

Il giorno successivo, Qui-Gon cercò di tenersi lontano dall’Ala dei Guaritori.
Il suo livello di coinvolgimento con quell’Iniziato stava diventando troppo alto… Per il bene del bambino, avrebbe fatto meglio a tenersi alla larga.
Aveva forse dimenticato il suo secondo apprendista? Voleva forse che anche Obi-Wan Kenobi si ritrovasse con nient’altro che una manciata di sogni infranti?
Quel pensiero lo fece fremere. No, si rispose. Certo che no.
Il ricordo del malessere del bambino, però, continuava a martellargli in testa… e nel pomeriggio gettò ai rovi le proprie riserve e decise di andare a vedere come stava l’Iniziato.
Obi-Wan era seduto sul letto, i cuscini arrangiati in modo da sorreggergli la schiena, ed aveva un’espressione piuttosto demoralizzata. Ciononostante, sembrò illuminarsi non appena vide il Maestro Jedi.
«Come stai?» gli chiese Qui-Gon, tenendosi ben lontano dalla sedia accanto al letto del bambino.
Voleva sottolineare che la sua visita sarebbe stata breve, così rimase in piedi.
«Mi annoio» rispose Obi-Wan, sconfortato. «E adesso mi fa male anche la gola».
Qui-Gon ripensò alla riluttanza del bambino ad ammettere le proprie debolezze. A quanto pareva, era rassegnato all’idea di non poter nascondere un’influenza.
«Sembri più lucido di ieri sera» commentò. «La febbre si è abbassata, o sbaglio?»
«Lo ha fatto» ammise il bambino, «ma secondo il Guaritore Von Le non è niente di straordinario, e non ha voluto dimettermi. Ha detto che di solito di giorno la febbre è più bassa, ma è probabile che stanotte…» Fece una pausa eloquente.
«Capisco» sospirò Qui-Gon. «Se non altro, sei in buone mani».
«È vero» concordò Obi-Wan, alzando uno sguardo curioso sull’uomo. Dopo qualche istante, volle sapere: «Tu ti ammali mai, Maestro Jinn?»
La domanda era così candida che l’uomo rischiò di farsi sfuggire un sorriso.
«Sono un adulto» replicò. «Mi ammalo sì, ma più raramente rispetto a quando avevo la tua età».
Per un istante, Obi-Wan parve impegnato a immaginare Qui-Gon da bambino, poi guardò verso il soffitto. «Allora non vedo l’ora di diventare adulto».
«Non avere troppa fretta» gli disse Qui-Gon, con una certa tristezza. «Essere adulto ha anche i suoi svantaggi».
«Ad esempio?» domandò Obi-Wan.
“Ad esempio, finché sei bambino è improbabile che tu conosca il tradimento, o il fallimento”.
«Ad esempio, i capelli ingrigiscono e iniziano a sbiancare, mentre i muscoli perdono elasticità» rispose Qui-Gon.
Il bambino si accigliò. «No» disse, con sicurezza, «questo succede ai vecchi. Non agli adulti».
Qui-Gon lo guardò, divertito. «Dunque tu fai distinzione tra le due categorie» commentò. «E io in quale mi trovo, se posso chiedere?»
Obi-Wan non ebbe la minima esitazione. «In quella dei vecchi».
Un sorriso ammorbidì i lineamenti leonini dell’uomo. «Ma davvero?» domandò lui, in tono divertito. «Allora non oso immaginare di che categoria faccia parte il Maestro Yoda…»
Il bambino ci pensò su. «Be’» disse infine, giocherellando con l’orlo del lenzuolo, «penso che il Maestro Yoda dovrebbe avere una categoria tutta per lui».
«La categoria dei troll?» s’informò Qui-Gon.
Obi-Wan lo fissò con espressione sbalordita. «Ecco…»
Qui-Gon percepì il suo smarrimento nel mancare di rispetto al Maestro Yoda, e scosse la testa. «Non importa» disse.
Il bambino lo guardò come per valutarlo. «Ti ho offeso, quando ho detto che sei nella categoria dei vecchi?»
L’uomo avanzò di un passo verso il letto. «Certo che no» assicurò.
«Perché non è vero» ci tenne a precisare Obi-Wan. «Sei in quella degli adulti, in realtà».
Qui-Gon si ritrovò a sorridere di nuovo. «Senza dubbio, questo mi fa sentire molto meglio» commentò.
Il bambino abbozzò un sorriso, poi emise un sospiro stanco e la sua schiena affondò più profondamente nei cuscini.
In quel momento, l’apprendista di Von Le entrò nella stanza, le dita verde pallido che reggevano un vassoio. Vedendo Qui-Gon, si bloccò con aria sorpresa. «Oh, Maestro Jinn… non sapevo che foste qui».
«Venite pure» replicò l’uomo, «stavo per andarmene».
Obi-Wan sbatté le palpebre, e la sua espressione si fece delusa. «Vai via?»
«Penso che adesso tu debba mangiare qualcosa, Obi-Wan» rispose Qui-Gon.
«Esatto» confermò la Duros, avvicinandosi al letto del bambino.
Vedendo la minestra e la purea che riempivano i piatti, Obi-Wan arricciò il naso. «Non ho fame» dichiarò.
«Cerca comunque di mangiare un po’» disse la giovane.
Qui-Gon protese i sensi verso Obi-Wan, e quando percepì lo stordimento dato dalla febbre, il bruciore della sua gola e la mollezza del suo stomaco, non si meravigliò affatto della mancanza di appetito del bambino.
«Iniziato Kenobi…» insistette l’apprendista Guaritrice.
«Obi-Wan» intervenne l’uomo, «tu vuoi rimetterti in forze, giusto?»
Lo sguardo del bambino si spostò su di lui. «Giusto» rispose controvoglia l’Iniziato, che probabilmente si aspettava un trabocchetto.
«Lo immaginavo» disse l’uomo. «In questo caso, faresti meglio a mangiare. Senza cibo, è probabile che impiegherai più tempo a guarire».
Il bambino spostò gli occhi sul piatto, e sospirò. «D’accordo…»
Qui-Gon gli lanciò uno sguardo d’approvazione. «Molto bene» disse.
«Che la Forza sia con te» gli augurò Obi-Wan.
«E con te» replicò Qui-Gon, prima di rivolgere un inchino alla giovane Duros ed uscire dalla stanza.
A metà strada tra la camera di Obi-Wan e l’accettazione, incrociò il Guaritore Von Le. «Maestro Qui-Gon» lo salutò quest’ultimo. «Stavo andando a cenare… Vorresti unirti a me?»
L’uomo indugiò un istante. Alla fine, però, annuì. «Certo».
Così, lui ed il Guaritore si diressero nel refettorio. Von Le era una compagnia abbastanza silenziosa, ma dopo che si furono accomodati tennero una breve conversazione su alcune ricerche che stava svolgendo il Corpo Medico dei Jedi.
Avevano quasi finito di mangiare, quando il Vultan aggrottò la fronte. «Scusami un momento» disse, rivolto a Qui-Gon.
Prese il proprio comlink e si allontanò un poco dal tavolo per rispondere alla propria apprendista.
Quando si riavvicinò al Maestro Jedi, disse brevemente: «Pare che Obi-Wan Kenobi abbia di nuovo la febbre alta».
«Capisco» disse Qui-Gon, calmo, anche se una parte di lui si sentì punta dal pensiero del bambino ammalato. «Va’ pure».
Von Le annuì e iniziò ad allontanarsi… Era ormai uscito dal refettorio, quando il Maestro Jedi si alzò e gli andò dietro. Il Guaritore gli lanciò un’occhiata, ma non commentò.
Quando giunsero sulla soglia della stanza di Obi-Wan, Qui-Gon fu investito dall’agitazione e dal malessere del bambino.
L’Iniziato batteva i denti e si teneva rannicchiato su un lato del letto, sordo alle parole dell’apprendista che cercava di fargli mandar giù una pillola.
Von Le fu al fianco del letto in un istante, e dopo un po’ di tempo riuscì ad attirare l’attenzione del bambino e a convincerlo ad inghiottire il medicinale.
Con aria infelice, Obi-Wan affondò il viso contro il cuscino.
Qui-Gon arrischiò ad avvicinarsi. «Quando dovrebbe far effetto, quella pillola?» chiese piano, gli occhi puntati sul bambino raggomitolato.
«È probabile che domattina starà meglio» rispose Von Le, nello stesso tono sommesso.
Obi-Wan continuava ad essere scosso dai brividi, così l’apprendista Guaritrice si chinò su di lui per rimboccargli al meglio la coperta.
«Domattina?» chiese Qui-Gon.
Il Guaritore lo guardò. «La pillola serve a combattere il virus, non la febbre. La febbre è un sintomo, non la causa del malore. È il modo in cui il suo corpo combatte il virus».
Prima che Qui-Gon potesse replicare, un altro Jedi si affacciò alla porta. «Signore?» chiamò e, per riguardo verso il bambino malato, tenne la voce ridotta ad un sussurro. «Ci serve una mano».
Von Le annuì. «Arrivo subito» disse. Lanciò un’occhiata a Qui-Gon. «Resti tu con Obi-Wan?»
L’uomo fece segno di sì senza esitare.
Il Vultan, allora, si diresse verso la porta, facendo segno alla sua apprendista di seguirlo.
Rimasto solo nella stanza, Qui-Gon riportò lo sguardo su Obi-Wan.
Lo stress del bambino lo investì come un’ondata rovente. D’impulso, l’uomo si chinò su di lui e gli accarezzò la schiena tesa e i capelli madidi di sudore.
«Calmo, Obi-Wan» disse, «non è niente».
Gli occhi arrossati del bambino lo cercarono, e le sue mani si tesero ad afferrare la sua toga, per attirarlo più vicino. Qui-Gon lo lasciò fare.
Quel che seguì, fu una lunga nottata. Per la maggior parte del tempo, Obi-Wan si agitò, emettendo qualche lamento, sudando e tremando dalla testa ai piedi.
Ad un certo punto, toccando le guance bollenti del bambino, Qui-Gon fu pressoché sicuro di sentire l’umidità di alcune lacrime di dolore.
Era quasi mattino, quando Obi-Wan alzò sull’uomo i propri occhi pesti e arrossati e farfugliò qualcosa.
Qui-Gon si fece immediatamente attento. «Cosa?» domandò, con voce sommessa.
«…altissimo…» mormorò confusamente il bambino. «…non avevo capito… nella visione non avevo capito… che eri così alto…»
L’uomo sbatté le palpebre, ma a quel punto Obi-Wan scivolò in un sonno agitato.
A mezzogiorno stava ancora dormendo, e sembrava finalmente più tranquillo. Qui-Gon gli sfiorò la fronte, e notò che la febbre doveva essere scesa.
Da parte del bambino, percepiva un grosso sfinimento… Tanto che, se Obi-Wan avesse dormito sino a quella sera, non se ne sarebbe affatto stupito.
In silenzio, l’uomo si alzò in piedi. Mosse qualche passo per sgranchirsi i muscoli indolenziti, poi – dato che Obi-Wan sembrava star meglio – decise di tornare nel proprio alloggio.
Dopo aver messo qualcosa sotto i denti ed essersi un po’ riposato, si trovò a pensare alle parole del bambino.
Aveva detto di non aver capito che lui fosse così alto. E la prima volta che si erano incontrati aveva sostenuto che lui avrebbe cambiato una vita.
Allora Obi-Wan Kenobi aveva davvero avuto una visione su di lui?
L’uomo aggrottò la fronte, chiedendosi cosa fare. Era il caso di reintrodurre l’argomento col bambino?
Altrimenti, a chi altri avrebbe potuto chiedere qualche chiarimento?
A Yoda? Taren diceva che Obi-Wan, solitamente, confidava le proprie visioni al vecchio Maestro…
Dopo aver riflettuto, Qui-Gon prese la sua decisione. Uscì dal proprio alloggio, dirigendosi a cercare il Gran Maestro.
Lo incrociò lungo un corridoio, in compagnia del Padawan Cin Drallig.
«Maestro Yoda?» chiamò, avvicinandosi. «Potrei parlarti un momento?»
Gli occhi del piccolo Maestro si alzarono su di lui, indagatori. Dopo un momento, Yoda annuì e si rivolse al giovane Drallig: «Da soli lasciarci puoi, Cin?»
Il ragazzo annuì. «Sì, Maestro».
Rivolse un inchino ad entrambi, e si allontanò a grandi passi.
Yoda attese un momento, poi riprese a camminare, appoggiandosi pesantemente al proprio bastone. «Parlare di cosa, tu desideri?»
Qui-Gon evitò qualsiasi preambolo: «Di Obi-Wan Kenobi».
«Mmm» fece Yoda. «Che si è ammalato, saputo ho. Meglio, si sente?»
L’interessamento del Gran Maestro era genuino, e Qui-Gon rispose con onestà: «Questa notte ha avuto la febbre molto alta, ma verso mezzodì sembrava star meglio. Ora credo che stia dormendo».
«Passato la notte al suo capezzale, tu hai, mmm?»
L’uomo lasciò andare un respiro. «Sì, Maestro».
Stranamente, Yoda non ne approfittò per tornare a premere sul tasto del Padawan. «Successo qualcosa è?» domandò invece.
Qui-Gon annuì, incrociando le braccia. «Sì, in effetti» rispose, mentre si spostavano lungo il corridoi al ritmo dello zoppicare di Yoda. «Stanotte, ad un certo punto, ha detto qualcosa sul fatto che, quando mi aveva visto nella sua visione, non aveva capito che fossi così alto…»
Yoda non disse nulla, aspettando che l’altro continuasse.
«E quando l’ho conosciuto, il giorno del mio ritorno» disse allora Qui-Gon, «mi aveva detto che sapeva che avrei cambiato una vita».
Yoda rifletté, poi annuì tra sé e sé.
Qui-Gon attese che dicesse qualcosa. Quando non lo fece, lui incalzò: «Obi-Wan ti ha detto di aver avuto una visione su di me?»
Il Gran Maestro parve ponderare la domanda. «Di una visione, parlato mi aveva» ammise alla fine. «Di un uomo che una vita cambiato avrebbe…» Si fermò, ed alzò su Qui-Gon uno sguardo grave. «Che la visione su di te fosse, non sapevo».
Allora era vero.
«Cosa credi significhi?» chiese Qui-Gon, aggrottando la fronte. «Obi-Wan mi aveva anche parlato di due porte, del fatto che solo io avrei potuto scegliere quale aprire…»
Yoda si portò una mano pensosa al mento. «Enigmatico, il futuro è» disse alla fine. «Indefinite, le visioni del giovane Obi-Wan sono. Dare un’interpretazione… complicato è».
L’uomo sospirò. Per questo preferiva la Forza Vivente. Era chiara e limpida come un ruscello di montagna, mentre quella Unificante era buia e burrascosa come un cielo in tempesta.
«A te, di porte ha parlato» aggiunse Yoda. «A me, di strade».
La fronte di Qui-Gon si increspò appena.
Strade da imboccare, porte da aprire… Obi-Wan doveva aver usato quelle immagini per meglio spiegare che l’uomo della sua visione avrebbe dovuto affrontare una scelta importante.
E in mensa, quel giorno, aveva riconosciuto in Qui-Gon quell’uomo.
Ma perché un Iniziato avrebbe dovuto avere una visione su di lui? C’era qualcosa che lo legava a quel bambino, qualcosa più grande di entrambi?
Qui-Gon scosse la testa. Erano domande, quelle, alle quali solo il tempo avrebbe potuto rispondere.

Se non altro, la parte peggiore dell’influenza sembrava essere passata.
Allo scadere del quarto giorno, Obi-Wan non aveva più la febbre e la sua gola era guarita. Aveva ricevuto la visita di un terzetto di Iniziati, della Maestra Yula e del Maestro Yoda, e alla fine arrivò anche Qui-Gon.
Il bambino gli chiese subito di poter riprendere le lezioni, e l’uomo acconsentì.
A visita conclusa, mentre si dirigeva al suo alloggio, scorse Feemor in compagnia di una piccola Twi’lek.
Lei aveva un visino tondo, arancione, due grandi occhi blu, e da uno dei suoi lekku pendeva una fila di perline.
Qui-Gon non ebbe bisogno di avvicinare il suo ex apprendista per chiedere chiarimenti. Per le specie senza capelli, le perline erano un’alternativa alla treccia da Padawan.
Tenendosi in disparte, osservò l’uomo biondo parlare con la ragazzina, ed avvertì una sorta di vuoto allo stomaco. La Padawan sembrava avere dieci anni… Il secondo allievo di Qui-Gon, quando lui l’aveva scelto, ne aveva undici.
Il silenzio, prima che Feemor potesse accorgersi della sua presenza, l’uomo si voltò e si allontanò.
Quella sera, Obi-Wan si presentò da lui, puntuale come al solito. Aveva l’aria un po’ smunta, ma sembrava essere tornato in salute.
Qui-Gon, però, lo colse più volte intento a guardarlo con una strana espressione, a metà tra lo scoraggiamento e la ponderazione.
«Qualcosa non va, Obi-Wan?» gli domandò alla fine.
Il bambino sussultò. «No, Maestro Jinn» si affrettò a rispondere, «è solo che…»
Esitò, chiaramente indeciso se continuare o meno.
«Sì?» lo spronò il Maestro Jedi.
«Solo che un’Iniziata è stata presa come Padawan, oggi» completò il bambino, in un sussurro.
Qui-Gon annuì lentamente, ripensando a Feemor e alla sua nuova apprendista. «Lo so».
Le sue parole parvero riecheggiare in modo strano, ed il silenzio calò nella stanza.
L’uomo aggrottò la fronte. Non gli serviva avere un gran legame con la Forza Unificante, per capire che la situazione stava andando ad incagliarsi in qualcosa che non gli sarebbe piaciuto.
Alla fine, Obi-Wan trasse un respiro e alzò i suoi occhi grigio-azzurri su Qui-Gon. Quando parlò, il suo tono era rassegnato, a malapena udibile. «Non mi prenderai come apprendista, vero?»
L’uomo rimase interdetto. Per qualche istante, non rispose. «Tu hai un buon potenziale, Obi-Wan» iniziò poi, lentamente, «e hai anche delle mancanze. Ti occorre un Maestro che sappia aiutarti a sviluppare il primo e a correggere le seconde. E questo Maestro non posso essere io».
Aveva parlato con calma, e Obi-Wan attese un momento, prima di replicare. «Dici così perché è successo qualcosa di brutto col tuo ultimo allievo?»
Qui-Gon lo fissò, sentendosi come se fosse stato investito da un vento gelido. «Cosa?» chiese, più freddamente di quanto avrebbe voluto.
Il bambino si ritrasse al suo tono, ma lo guardò in faccia mentre rispondeva, esitante: «Si dice che è successo qualcosa di brutto col tuo allievo. Per questo non vuoi più prendere un Padawan».
Per un momento, ci fu di nuovo silenzio.
«L’unica cosa che è successa col mio allievo» disse poi Qui-Gon, con voce misurata, «è che io ho fallito nell’addestrarlo».
Obi-Wan inghiottì a vuoto.
«Non ho saputo guidarlo verso il grado di Cavaliere, e questo è quanto» concluse il Maestro Jedi, in tono tagliente. «Perciò sì, Iniziato Kenobi, non credo di essere all’altezza del compito di Maestro, e penso che tu abbia troppa poca esperienza per convincermi del contrario».
«Ma tu mi hai insegnato» obiettò Obi-Wan. «Mi hai insegnato a meditare, e io sono diventato più bravo, davvero».
Qui-Gon attese un attimo, così da rilasciare le proprie emozioni nella Forza. Quando parlò, cercò di ammorbidire la propria voce: «Insegnare a meditare non è come insegnare ad un Padawan. E io non mi sento all’altezza di quel compito».
Obi-Wan trasse un respiro tremulo, guardandolo. «Ma a me…» osò dire, «a me piacerebbe… tanto… essere il tuo Padawan».
Qui-Gon rimase a corto di parole.
Avrebbe dovuto saperlo. Avrebbe dovuto tenersi lontano da quel bambino.
Ma non lo aveva fatto, ed ora era successo precisamente ciò che aveva cercato di evitare.
«Sono sicuro che riuscirai a trovare un Maestro che sappia insegnarti al meglio» disse infine.
Obi-Wan abbassò lo sguardo.
Rimase immobile a lungo, fissandosi le gambe e mordicchiandosi il labbro. «E se…» sussurrò poi, «e se nessuno mi scegliesse?»
«Allora sarebbe un segno che non è volere della Forza che tu divenga un Jedi» rispose stancamente Qui-Gon.
Il bambino non ribatté. Sembrava aver esaurito tutto il suo coraggio.
Alla fine, Qui-Gon ruppe il silenzio. «Credo sia ora che tu vada a cena».
Obi-Wan alzò la testa, ma evitò lo sguardo dell’uomo. «Sì, Maestro Jinn».
Si alzò in piedi, e Qui-Gon lo accompagnò alla porta. Per tutto il tempo, l’uomo fu sul punto di dirgli dell’altro, ma rimase in silenzio.
Aveva già fatto abbastanza danni.
Quando il bambino se ne fu andato, Qui-Gon andò a sedersi sul divano. Con un sospiro, affondò il viso tra le mani.

***

Il ragazzo piangeva, ma senza tristezza né disperazione.
I suoi singhiozzi erano aspri, rabbiosi, e sembravano farsi strada a forza nella sua gola.
Qui-Gon gli si avvicinò, senza desiderare altro che alleviare la sua pena. «Possiamo sistemare le cose, Padawan» gli disse, con voce sommessa. «Possiamo provarci».
I singulti cessarono di colpo, e il ragazzo sollevò i propri occhi pesti e arrossati sull’uomo, le tracce delle lacrime che si seccavano rapidamente sulla pelle delle sue guance.
Il suo sguardo, però, non cercava né pace, né consolazione.
«Come?» sibilò, velenosamente. «Ho le mani sporche di sangue, vecchio, capisci? No, non lo capisci. Ho le mani sporche di sangue».
Si era scostato, le labbra tese in una smorfia quasi feroce.
«E indovina di chi è la colpa».
Non era una domanda, e Qui-Gon conosceva la risposta. Il dolore che sentiva all’altezza del petto s’intensificò.
Ma non era la propria sofferenza, quella che voleva cancellare, così tese una mano verso il ragazzo.
«Non mi toccare! Non provare a toccarmi, mai. Non più».

***

La sera successiva, Obi-Wan non si presentò per la lezione.
Dapprima, Qui-Gon credette che il bambino fosse in ritardo, anche se prima di allora era sempre stato puntuale come un cronometro. Poi, pensò che dovesse raccogliere un po’ di coraggio, data la conversazione del giorno prima.
Alla fine, però, quando l’ora di cena arrivò e passò, l’uomo dovette arrendersi all’evidenza.
L’Iniziato Kenobi non sarebbe venuto. Doveva aver scambiato il suo congedo per un addio.
Qui-Gon si avvicinò alla finestra, e osservò le astronavi che volavano nel cielo, gli speeder che sfrecciavano tra gli edifici di Coruscant.
Trasse un sospiro.
Sino a quel momento, non si era reso conto di quanto avesse trovato piacevoli quelle lezioni che erano entrate a far parte della sua routine.
Insegnare ad Obi-Wan non era stato solo un metodo efficace per evitare di pensare al suo secondo allievo… lavorare con quel bambino lo soddisfaceva.
Già. In fin dei conti, non era stato solo lui a prendersi un posto nel cuore di Obi-Wan.
Anche quel bambino, poco a poco, si era insediato nel suo petto.
Qui-Gon si posò una mano stanca sul viso. Forse era il caso di andare a letto…
Si diresse verso la propria stanza, e si fermò un istante davanti a quella che era stata del suo secondo apprendista.
Il tempo di un respiro, e passò oltre.


















Note:
Prima o poi saranno felici, giuro! (Per la serie: non capisco se sto maltrattando di più Obi-Wan o Qui-Gon, mi sento un mostro!)
Intanto, per rinfrancarvi un po’ lo spirito, vi lascio il link (qui) di un’immagine che mi ha fatto ridere sino alle lacrime…
Ah, oggi è il mio compleanno, i commenti sono sempre regali graditissimi e ringrazio tutti i lettori di questa storia… Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Appuntamento a martedì 22 ottobre!
  
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