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Autore: Son of a preacher man    15/10/2013    7 recensioni
- Ha dimenticato il resto.
Ride, mostrandomi la sua dentiera, e si raddrizza gli occhiali.
- Grazie caro, vedo che l'educazione esiste ancora nel nostro paese!
Le sorrido, prima di allontanarmi.
- Ma scusi, posso chiederle una cosa? - mi blocca lei, intimidita.
- Dica.
- Come mai va in giro a piedi nudi?
Il sole mi sta sciogliendo, sento un braccio che ha perso sensibilità e l'altro in preda a degli spasmi.
Scrollo le spalle per rispondere alla signora, facendo finta di nulla, notando le dita che mi si stanno screpolando, insieme alle nocche che variano il loro colore verso il violaceo.
L'occhio destro comincia a muoversi senza il mio consenso, si sta scaldando.
Devo coprirmi, ora.
- Sicuro di stare bene? La vedo pallido.
Io annuisco, prima di scattare sotto una tettoia.
Passo la lingua sul mio labbro superiore, screpolato e grigiastro, e mi appoggio al muro, col fiatone.
Genere: Dark, Fluff, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
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Il fiorista
Partecipante al secondo turno (ricordi) del contest Autunno Originale indetto da Faejer
Partecipante al Contest basato sull’idea di fanfiction di fanfiction indetto da darllenwr
(http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1751201&i=1)
Partecipante al contestA bit of creepyindetto da o0°Lucetta Streghetta°0o
 
 
La sigaretta sostava tra quelle sottili labbra come un termometro, oggetto molto più consono all’età e all’esile statura del ragazzo moro.
Avrà avuto quindici, forse sedici anni. Poggiava comunque lì, sulla parete vicino alla strada, indossando in modo sensuale una larga canottiera color pece e dei jeans bucati.
Nessuno parlava.
Nessuno domandava.
Nessuno sembrava in grado di avvicinarsi e dirgli “Torna a casa”.
La verità era che Roberto non ci sarebbe più andato, a casa.
Un soffice velo di ricordi, che comprendeva un’idilliaca infanzia in famiglia, ricopriva i suoi pensieri. E’ incredibile come qualcosa che si progetta di distruggere possa lasciare comunque un senso di disorientamento una volta dopo averlo perso per sempre.
Non sapeva cosa gli era preso, la sua selvaggia natura aveva veramente preso il sopravvento questa volta.
Cosa ci faceva lì? A vendere il proprio corpo per guadagnare quei pochi spiccioli? Nessuno lo sapeva, nessuno voleva nemmeno immaginarsi le ragioni del suo attuale lavoretto notturno. Forse nemmeno lui.
Roberto nascondeva un segreto, forse perfino a sé stesso, ma gli ultimi fatti accaduti rischiavano di rovinarlo per sempre.
Si sentiva bloccato sotto le macerie del suo mondo, caduto in mille pezzi per lasciare spazio ad uno nuovo, molto più pesante, doloroso e appuntito. Una metafora simile però, ha una parte di verità.
Da un po’ di anni notava del sangue fuoriuscire dalla sua schiena, con un dolore atroce.
Sotto quelle macerie appuntite, però, non poteva muoversi, quegli impercettibili movimenti che adottava per cercare di non impazzire non facevano altro che seppellirlo ancora di più sotto il disastro che lui stesso componeva.
Allo stesso tempo sapeva che, una volta conservato abbastanza denaro, se ne sarebbe andato per coprirsi dal suo nuovo universo.
Avrebbe abbandonato tutto, per ricominciare in posti paradisiaci come il Belgio. O la Nuova Zelanda.
Era soltanto un ragazzo con dei sogni al posto della ragione, così preso dai suoi viaggi mentali da non accorgersi della macchina che sostava a pochi passi da lui.
Vetri oscurati, voce rauca.
- Quanto vuoi?
- Duecento. – aveva risposto il ragazzo, con un tremolio che stava per far precipitare la sua sigaretta a terra.
Il labbro inferiore tremava, non solo per il freddo. Era già di un colorito smorto, oltre che irrimediabilmente pallido.
- Centocinquanta. – replicò l’uomo all’interno della vettura, con tono intimidatorio.
- Centosettanta.
- Ok, va bene. Sali.
A quelle parole, Roberto aveva ormai capito che non voleva sentire altro se non il cliente rifiutare l’offerta, lasciandolo in quella lugubre strada a riflettere sul da farsi.
Invece stava salendo su quella Seat Ibiza ammaccata, tremante e impaurito.
Ad accoglierlo c’erano due ragazzi, uno di loro calvo e l’altro con una ferita che lo ricopriva per metà volto.
Nessuna presentazione.
Roberto fluttuava lì, imbarazzato e con gli occhi lucidi, non certo pronto per dare via il culo.
Non lo era, non lo sarebbe mai stato.
E’ facile convincersi mentalmente, no?
Ci si sente molto sicuri senza aver passato certe esperienze sulla propria pelle, ma quando si è davanti a situazioni simili, l’unica cosa che sì può fare è maledirsi per la stupidità e ingenuità che si è dimostra tata in precedenza.
Il ragazzo calvo afferrò il giovane per un braccio, come se fosse una bestia.
L’altro cominciò a sfilargli i pantaloni, non badando alle lacrime del minorenne.
I suoi occhi spaventati si stavano chiudendo, sempre più.
Uno dei due ansimava pesantemente, prima di cominciare a schiaffeggiarlo e spogliarsi.
L’ultima cosa che Roberto percepì era un senso di unto accarezzargli l’interno coscia, mentre un bulbo oculare si stava letteralmente oscurando prima di far perdere i sensi al giovane.
 
Il fresco venticello aveva fatto riprendere i sensi a Roberto.
Era nudo, sull’asfalto in mezzo alla strada, così come la macchina dei due stupratori, in fiamme.
Il ragazzo non riusciva ad alzarsi, era completamente immobilizzato.
Sentiva una forza premergli il cervello, quasi da spingergli la testa sottoterra.
Poi notò che il dolore più atroce proveniva dalle sue scapole.
Ali.
Avevano finalmente deciso di sbocciare, seppur riempiendo di sangue la schiena del ragazzo, per l’ultima volta.
Erano bianche e piumate come poche altre cose nel mondo.
Stava piangendo, accarezzando quei capelli diventati biondi con quelle braccia, piene di lividi violacei ed enormi, quasi color melma.
Provò ad usare una mano, per alzarsi. Purtroppo il dolore fisico, ma anche psicologico, non gli permetteva di spiccare il volo.
Non riusciva a capacitarsi dell’accaduto.
Ma i cadaveri poco distanti dei suoi due clienti, privi di testa e arti, non lasciavano altro che il segno di un qualcosa che lui aveva fatto.
Di nuovo.
Con sguardo spento, abbracciato a quella fredda stradina, Roberto fissava le due carcasse umane, lasciando che il vento notturno di quel giovedì gli smuovesse i capelli.
Quasi sorridendo, ma sempre inespressivo, passò un dito sul suo labbro, pulendo un rimasuglio di sangue.
   
 
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