2 (seconda parte)- Il sentiero,
la neve, il Re e la fanciulla
“Aspetta,
così fai solo danni!” rise Fíli quando un ciocco di legna, ammaccato ma palesemente
integro, gli rotolò tra i piedi, e ci mancò davvero poco che Brid non si
accettasse una gamba per lo sgomento.
“Eh?” soffiò
lei, spostando lo sguardo dall’ascia al Nano e dal Nano all’ascia.
“Se impugni l’ascia in quel modo, farai più danni che
altro!”.
“Beh, ma tanto è legna che va tagliata a ciocchi!”. Le
sopracciglia di Fíli schizzarono in cima alla fronte.
“E allora?”.
“E allora non fa niente se la faccio a pezzi, no?
Insomma, il concetto è quello!” mugugnò lei fissando con odio l’ignaro pezzo di
legno che era riuscito nell’impresa di sfuggirle.
Con un sospiro, Fíli smise di accatastare ciocchi lungo
il muro della stalla e, recuperato quello incriminato, le si avvicinò,
approfittandone per distendere un po’ la schiena indolenzita.
“Avanti, impugna bene quella scure” disse poggiando il
ciocco sul ceppo e fissando eloquente le piccole mani di Brid strette attorno
al manico dell’ascia; determinata a mostrarsi padrona della situazione, la
fanciulla impugnò saldamente il fondo del manico, distanziando poco le mani
l’una dall’altra.
“No. Da capo!” l’ammonì subito il Nano, serafico; con un
certo fastidio, Brid scrollò le spalle e spinse le mani verso il centro
dell’impugnatura.
“No, ancora non ci siamo”. Fíli scosse la testa con fare
saputo e Brid si ritrovò a fissare astiosamente il moto oscillatorio delle due
sottili treccine che gli pendevano ai lati della bocca.
“Senti, non so fare diversamente, d’accordo?” sbottò
infastidita, calciando via il ciocco in un fluttuare di sottane e conficcando
brutalmente la lama nel ceppo. “E poi mi piacerebbe davvero tanto sapere
dall’alto di cosa ti metti a fare il saputello…”. Fíli strabuzzò gli occhi.
“Scherzi? Sono un Nano, praticamente ci sono nato, con l’ascia
in mano!”.
“E che ne so io, di come nascete voi? Tu sei il primo che
incontro!” sbraitò lei, rossa in viso per la rabbia e l’imbarazzo. Contro ogni
sua stessa previsione Fíli pensò che in quello stato fosse innegabilmente buffa,
ma anche stranamente tenera: le sorrise senza nemmeno accorgersene, e forse
agli occhi di Brid quel sorriso parve un po’ malandrino, perché arrossì con
decisione e si voltò di scatto, recuperando l’ascia.
“Bah, chi ti capisce è bravo!” mugugnò a mezza voce,
sistemando maldestramente un ciocco piuttosto grosso sul cippo. “Che poi,
ancora non ho capito che diavolo ci fai di nuovo qui…Nano della malora,
ficcanaso e rompiscatole!”.
Fíli decise di ignorarla e riprese ad accatastare legna
sul fianco della casetta dalla porta tonda; ogni tanto dai vetri delle finestre
s’intravedeva la treccia scura di Lila fluttuare avanti e indietro,
accompagnata da strepiti e miagolii rabbiosi che insieme al cupo borbottare di
Brid e allo sporadico tonfo dell’ascia nel legno creavano un sottofondo comico
ed esasperante al tempo stesso che in qualche modo gli ricordò quello di casa
sua. Si chiese se la testa calda di Kíli si fosse fatta vedere alla fucina,
quella mattina, e se Dís fosse ancora all’oscuro delle sue fughe nei boschi. Si
disse che prima o poi avrebbe sostituito Thorin al lavoro per una settimana
intera, e che avrebbe tenuto suo fratello incatenato all’incudine a battere il
ferro per tutto il tempo, giusto per evitare che scappasse; e già che c’era
avrebbe anche portato un regalo alla mamma…
D’un tratto si sentì tirare per la camicia, e con in mano
due pezzi di legna da destinare in cima alla catasta, si voltò ad incontrare lo
sguardo imbarazzato e sfuggente di Brid, che ancora aggrappata ai suoi abiti
seguitava a tirarli piano.
“Brid? Cosa…”.
“Mi…mi aiuti? Per favore?” borbottò lei e fu evidente
quanta fatica le costasse, domandarglielo: Fíli ne fu talmente sorpreso che i
ciocchi quasi gli caddero di mano, ma si riebbe subito; annuì con enfasi e,
abbandonata la catasta al proprio destino, le poggiò una mano sulla schiena,
sospingendola piano verso il ceppo.
“Mettiti qui…” disse gentilmente, scivolandole alle
spalle “…e poi impugna l’ascia in questo modo, così è più facile sbrigarsela in
un colpo solo”. Brid credette di morire d’imbarazzo quando avvertì il corpo
accaldato di Fíli sfiorarle la schiena, e le sue mani grandi e callose strette
sulle proprie per orientarle lungo il manico dell’ascia: ignorò il disagio
tentando di concentrarsi totalmente sui suoi consigli, ma sentì un inevitabile
e compromettente calore inondarle le guance, e se ne stette rigida fino a
quando lui non le fece calare la scure sul ciocco appositamente scelto per
farle fare pratica, e quello si aprì in due metà perfette con un colpo solo.
“Oh!” si lasciò sfuggire in un moto di stupore, e
completamente dimentica dell’imbarazzo voltò il capo di lato per sorridere al
Nano.
“Così va molto meglio. Prova ancora” sentenziò Fíli senza
sbilanciarsi, separandosi da lei e posizionando un altro ciocco di legna sul
ceppo; Brid quasi rabbrividì, nuovamente sola nell’umida aria autunnale, e
maledicendo l’improvviso senso di vulnerabilità che si sentiva addosso si
azzardò a chiedergli ancora di aiutarla.
“Po…potresti tagliare con me anche questo?” soffiò con
gli occhi che fuggivano lo sguardo azzurro di lui, “Soltanto quest’ultimo, poi
faccio da sola!”.
In uno slancio di tenerezza che lo lasciò stupito di se
stesso, Fíli si ritrovò a pensare che quel visino liscio e imbarazzato fosse
semplicemente delizioso, e la voglia irrefrenabile di rincorrere gli occhi
scuri così sfuggenti e misteriosi di lei fu vinta soltanto dalla ragione che lo
spinse a tornarle accanto.
“Ancora questo” concesse con un sorrisetto sghembo
totalmente privo di malizia, che gli piegò le guance in due fossette che a Brid
parvero bellissime.
Con una punta d’imbarazzo, ma anche con un pizzico di
complicità, i due si riaccostarono l’uno all’altra, pronti a calare l’ascia sul
ciocco, e stavolta Brid non avvertì la fitta di disagio che poco prima l’aveva
ridotta ad un blocco di pietra tra le braccia di Fíli: lasciò che le sue mani la
guidassero e insieme sollevarono l’ascia…
“OH! Interrompo qualcosa!” cinguettò una voce entusiasta
e squillante, e ai limiti del loro campo visivo Lila fece la propria comparsa, con
in viso la stessa espressione di una bambina che sorprende la sorella a baciare
un ragazzo. E in effetti Brid si sentì colta in flagrante allo stesso modo,
benché la realtà non fosse nemmeno lontanamente compromettente quanto un bacio.
“AAAAAH!” strillò per la sorpresa, e l’ascia le sfuggì di
mano, atterrando accidentalmente (ma
provvidenzialmente di manico) sul piede di Fíli.
“Dannazione, Lila! Proprio non ci pensi che arrivare alle
spalle di qualcuno che maneggia una scure potrebbe essere pericoloso, eh?” tuonò
la minore, rossa in viso e a dir poco furiosa; Lila, dal canto suo, si limitò a
fissare con aria contrita il Nano infortunato saltellare per il prato
imprecando in una lingua sconosciuta e dal suono gutturale, mentre si reggeva
il piede dolorante.
“No, vi prego, non interrompetevi soltanto per me!” fece,
mortificata, guadagnandosi un’occhiata velenosa da parte della sorella.
“Non una parola di più, Lila! E adesso aiutami a portare
questo Nano piagnone fin dentro casa prima che faccia buio, che se l’abbiamo
storpiato non possiamo rimetterlo sul sentiero come se niente fosse!”.
“Fíli ancora non è tornato?” domandò Thorin con voce
incolore quando Kíli si decise a rientrare alla fucina, dopo una lunga e, a suo
avviso assolutamente immeritata, pausa spesa in giro con gli altri ragazzi.
“No” rispose subito il giovane Nano, per nulla
interessato a discorrere dei passatempi del fratello. Thorin, invece, di
interesse per le frequenti sparizioni di Fíli ne provava eccome, e naturalmente
non si diede per vinto.
“Mi piacerebbe sapere chi
o cosa devo ringraziare per aver
perso l’unico nipote che onorava gli impegni presi e mi dava una mano con il
lavoro!” borbottò, fingendosi contrariato ma in realtà ben attento a non far
capire al nipote che stava sondando il terreno; lanciò a Kíli qualche fuggevole
occhiata di sottecchi, e quando lo vide guardarsi intorno con aria distratta
mugugnando qualche assenso inarticolato decise di tentare un altro approccio.
“C’è un ordine da parte del mugnaio di Pianilungone, gli
serve una nuova falce per i campi” disse, cambiando totalmente discorso.
“Occupati di temprare la lama, Kíli, io ho altro da fare”.
Come investito da una secchiata d’acqua gelida, suo
nipote si riebbe con un sobbalzo e, ancora intontito dal brusco richiamo, trotterellò
immediatamente verso il barile d’acqua in cui si affrettò a tuffare un’approssimativa
e rovente lama di falce, in un tripudio di schizzi e sfrigolii. Abbandonandolo
al proprio lavoro, Thorin si concesse un attimo di pausa per affacciarsi sulla
porta schiusa ad osservare la propria gente che si affaccendava avanti e
indietro sulle strade terminando le ultime incombenze della giornata, prima di
ritirarsi; lasciò che per un poco Kíli credesse di aver scampato
l’interrogatorio e si prese qualche minuto per arrovellarsi il cervello su
quale fosse il modo migliore per cavargli qualche informazione utile di bocca.
“Kíli” chiamò poi, mandando al diavolo tutte le buone
intenzioni del mondo e optando per un approccio diretto. “Per caso Fíli ti ha
mai detto dove va quando vostra madre lo crede qui con me?”.
Kíli si aspettava quella domanda, ma ciò che non si era
minimamente aspettato fu il senso di impotenza e catastrofe imminente che gli
piombò addosso non appena Thorin si decise a porgliela: di colpo parve
comprendere come si sente una bestia braccata dai cacciatori, e comprensibilmente
non gli piacque nemmeno un po’. Ciò non gli impedì, però, di tentare ugualmente
un’estrema via di fuga.
“Eh? No” fece un tantino troppo in fretta, e persino con
la coda dell’occhio riuscì a cogliere l’irrigidirsi delle spalle di Thorin. “C…cioè,
intendo dire che non mi è…mai capitato di chiederglielo, non…ne abbiamo parlato…”.
“E da che condividevate tutto, persino il piatto e le
posate, siete passati all’ignorarvi completamente” concluse pacatamente lo zio
per lui. “Mi credi uno stupido, Kíli?”.
Il giovane Nano si trovò quindi di fronte ad un bivio: o
rischiare la pelle rispondendo ‘Sì’, con la speranza che Thorin si dimenticasse
di riprendere a torchiarlo dopo averlo ridotto ad un grumo di sangue sul muro
della fucina, oppure continuare a restare sul vago, facendolo infuriare
ugualmente ma dando la parvenza di non essere un totale bugiardo. Nessuna delle
due possibilità gli piacque eccessivamente, così si vide costretto a mugugnare
qualcosa che non deludesse troppo le aspettative dello zio e allo stesso tempo
non scoprisse troppo Fíli, il quale gli aveva fatto promettere di non dire
nulla né a Thorin né a Dís. E a onor del vero, era stato piuttosto vago persino
con lui.
“In verità qualcosa mi ha detto…una volta l’ho anche
seguito per un po’, a dirla tutta…” borbottò quindi, con il tono infastidito di
chi non sopporta né i ficcanaso né chi getta il prossimo in pasto alla
curiosità altrui. “Ma non ci ho capito molto. E poi nemmeno sono fatti miei”.
“Tenere a bada vostra madre sta cominciando a diventare
impegnativo, in capo a qualche settimana non crederà più ad una sola parola di
quello che le dico. E dal momento che sono io
a coprire le vostre malefatte, confido che tu non stia cercando di fare il
moralista”. Thorin si voltò finalmente verso di lui, con le braccia incrociate
al petto e uno sguardo gelido che non prometteva nulla di buono. Kíli capì all’istante
di aver fatto un passo falso.
“No, macché?! Non era assolutamente mia intenzione, ti
giu…”.
“Per Mahal, Kíli!” lo interruppe bruscamente il Nano, per
poi recuperare la calma passandosi una mano sulla fronte. “Dimmi quello che sai
e basta! Tua madre non mi caverà niente di bocca, hai la mia parola…ma dimmi
dov’è tuo fratello. Ho il diritto di saperlo!”.
Con addosso la sgradevole e strisciante sensazione di
stare per commettere un crimine imperdonabile, Kíli rivolse un’occhiata da cane
bastonato al Nano che fin da quando aveva memoria era stato come un padre per
lui e quel suo fratello idiota che tanto adorava, e di fronte allo sguardo
stranamente preoccupato di Thorin non riuscì ad imporsi di rimanere fedele alla
promessa fatta a Fíli.
“Posso stare tranquillo? Posso confidare che non si stia
cacciando nei guai?” mormorò il Nano. Istintivamente, Kíli gli sorrise.
“Lo conosci, zio! Le poche volte in cui Fíli riesce a cacciarsi
seriamente nei guai sono quelle in cui ce lo trascino io…cosa di cui non vado
molto fiero, in effetti…”. Inaspettatamente Thorin sbuffò una risatina,
sentendosi sgravare di buona parte delle proprie preoccupazioni, e Kíli fu
felice di averlo rincuorato un poco.
“Insomma, quello che intendo dire è che…se volessi
chiederglielo probabilmente te ne parlerebbe lui stesso, dato che non ha nulla
da nascondere” riprese poi, ansioso di cambiare discorso, “Da quanto ho capito
appena può sgattaiola nei boschi che costeggiano il Lhûn, ad Est, e ci passa le
giornate”.
“Verso i Colli di Vesproscuro?”. Thorin parve stupirsene.
“E cosa ce lo spinge? Non vi è altro che solitudine e silenzio, tra quelle
colline…sono un ottimo terreno di caccia, ma dal momento che tuo fratello torna
sempre a mani vuote mi è difficile credere che sia un po’ di cacciagione ad
attirarlo in quei boschi…”.
Kíli fece spallucce, scuotendo piano la testa e levando
le mani in segno di resa.
“Non so dirti nient’altro, questo è davvero tutto quello
che so!”. Sul bel volto stanco di Thorin passò fugacemente un’ombra, e se fu
preoccupazione o sospetto Kíli non lo seppe dire; fu però arguto abbastanza da
ricordare allo zio cosa sua madre gli avesse caldamente raccomandato di fare
prima di rincasare.
“Comunque, se vuoi andare a lavarti giù al fiume finisco
io, qui” fece, con il tono di chi parla del più e del meno, e Thorin gli
rivolse un’occhiata stralunata.
“Che? Non mi dirai anche tu che puzzo?!” sbottò disgustato, come se il nipote l’avesse appena
costretto ad imprecare senza motivo.
“Non abbatterti, la tua non è puzza, ma soltanto odore di
fucina!” ridacchiò Kíli, divertito dalla faccia sconvolta dello zio. “Lo sai
che la mamma non lo sopporta…se non vuoi che ti cacci dalla porta a calci
strillando che ‘soltanto i Nani puliti possono sedersi alla sua tavola’, ti
conviene correre al fiume…”.
Fu con un sonoro e colorito borbottare a denti stretti
che Thorin Scudodiquercia abbandonò la fucina, quella sera. E Kíli non poté
trattenersi dal ridere a crepapelle quando colse qualche imprecazione in merito
a ‘certi suoi parenti che s’infrattavano nei boschi come caprioli e ad altri
che vantavano un naso tanto fine da far sfigurare gli Elfi’.
“Ehi, ma che fai? Mi rubi dal piatto?” saltò su Brid,
fissando scandalizzata Fíli che si cacciava la forchetta in bocca.
“Mi hai azzoppato, devi farti perdonare” mugugnò
seraficamente il Nano per tutta risposta, a bocca piena.
“Ma senti questo! Lila, riempigliene un altro, così
magari gli passa la voglia di mangiare nel mio!”.
“Riempiglielo tu, scusa! È tuo ospite!” borbottò la sorella maggiore ignorando cordialmente il
loro battibecco infantile, intenta com’era a lanciare occhiatacce assassine al
grasso gatto grigio appollaiato sul davanzale della finestra alla sua destra.
“Che diavolo c’entra?” ululò Brid, furiosa. “È ospite tuo
almeno quanto mio, e poi mica me lo sono sposato!”.
“Ah, ma nemmeno io, cara!”. Con un brillìo furbesco negli
occhi chiari, Lila si voltò finalmente verso Fíli. “Quindi se gli porto il
piatto posso sposarmelo?” domandò, e ci mancò davvero poco che il loro povero
ospite si soffocasse con quanto aveva indebitamente sottratto dal piatto di
Brid.
“Cosa chiedi a me, chiedilo a lui, no?”.
Con il piede ferito fasciato e appoggiato ad uno sgabello
e con indosso gli abiti maschili che Brid aveva trovato nell’armadio del
proprio defunto padre appena qualche giorno prima, Fíli non si prese la briga
di immischiarsi nell’ennesimo battibecco tra sorelle, e decise di godersi
l’atmosfera assurdamente familiare che quelle due donne piccole, minute e
assolutamente chiassosissime riuscivano a ricreare senza nemmeno accorgersene.
C’era qualcosa di indescrivibile, in loro e in quella casa, che rendeva tutto
stranamente familiare, come se sentirsi a proprio agio fosse stato automatico,
involontario: per un attimo il giovane Nano si concesse di immaginare come
sarebbe stato trovarsi lì con Kíli, Dís e Thorin…
“…fai come ti pare! Chiedigli di sposarti, aspetta che
sia lui a domandartelo, sposalo e basta…ma veditela tu! Io me ne lavo le mani!”
berciò Brid d’un tratto, riportandolo bruscamente alla realtà: prima ancora che
potesse trovare il tempo e il modo di proferire alcunché, la fanciulla lo
abbrancò per un braccio e prese a tirarlo verso le scale, con un impegno e una
dedizione tali che Fíli non se la sentì di farle notare che non stava riuscendo
a smuoverlo nemmeno di un millimetro, preferendo barcollarle appresso.
“Ehi, aspetta! Dove diavolo…?” sbottò loro dietro Lila,
ma Brid non si fermò.
“Lontano da te, infoiata!”.
“Ah, allora lo vuoi tutto per te! Potevi dirmelo, sai? Me
ne sarei fregata ma poi avrei finito per prestartelo!”.
Rossa in volto a livelli preoccupanti, Brid si passò un
braccio di Fíli intorno alle spalle e batté in ritirata alla massima velocità
che il Nano claudicante si mostrò in grado di reggere, ignorando le sue risate
sguaiate e imprecando a mezza voce contro la spregiudicatezza della sorella;
salì le scale a passo di marcia e, con al seguito Fíli che ancora rideva e ancora
zoppicava, puntò con decisione verso una porta di legno intagliato sul fondo
del corridoio a foggia di botte.
“Tanto per sapere, dov’è che mi staresti portando?”
domandò allegramente il giovane Nano, guardandosi intorno con curiosità.
“In salvo!”. Brid si sistemò meglio il suo braccio sulle
spalle e si fermò di botto in mezzo al corridoio. “Scherzi a parte…ho sistemato
le tue cose nella stanza per gli ospiti, ma a ben pensarci…forse è meglio se ti
porto in camera mia, là dove avevo intenzione di metterti saresti troppo vicino
a Lila e non vorrei capitasse qualcosa di spiacevole…”. Fíli ridacchiò.
“Sarebbe così disdicevole avere un Nano per cognato?”
insinuò, con un tono di voce che parve offeso e divertito al tempo stesso. Brid
trasecolò.
“Che? Accidenti, no! Era per te che mi stavo preoccupando!” si affrettò a rispondere,
mortificata, e Fíli le rivolse un sorriso malandrino.
“Non ti starai per caso affezionando a questo ‘Nano
ficcanaso e rompiscatole’?!”. Inaspettato e tempestivo come un fulmine a ciel
sereno, il calcio di lei lo colpì con precisione invidiabile sullo stinco
destro, quello dell’ultima gamba sana che gli era rimasta.
“Hai dimenticato ‘piagnone’” fece in tono secco,
ignorando deliberatamente il piagnucolare dolorante del Nano. “Ora muoviti. E
se per caso stanotte ti pesco a sgattaiolare nel bosco per tornartene da dove
sei venuto ti azzoppo. In modo permanente, stavolta!”.
Cullato dal crocchiare della neve fresca sotto le suole
degli stivali, Thorin camminava indisturbato nel silenzio dell’alba, risalendo
il fiume Lhûn che scorreva gagliardo tra i propri argini innevati, incurante
del freddo e dell’auspicio di brutta stagione che quella leggera coltre bianca
recava con sé; la prima neve della stagione era caduta sulle foglie di metà
autunno, e Thorin pensò che se i detti dei suoi padri trovavano fondamento
nella realtà, gli esuli dei Monti Azzurri avrebbero avuto un inverno più mite
dei precedenti. Se ne compiacque, immaginando quanto ne sarebbe stata sollevata
sua sorella Dís, e il sorriso che per un istante gli aveva attraversato il
volto si spense fugacemente, così com’era arrivato.
Dís. Era per lei che aveva deciso di avventurarsi nei
boschi ad Est, per accertarsi che suo figlio Fíli non stesse smarrendo sé stesso
nella solitudine. Ed era stato il ricordo del viso sconvolto di lei, alla vista
del piede seriamente contuso del figlio, ad impensierirlo.
Thorin amava indistintamente i suoi nipoti, Fíli e Kíli
erano come figli per lui, e se c’era una cosa che detestava più degli Elfi, dei
Draghi, dei ladri e delle promesse non mantenute, era privare Fíli della
propria fiducia. Dei due figli di Dís era indubbiamente il più giudizioso, il
più responsabile e il più rispettoso, per quanto anche il fratello minore si
fosse dimostrato un ottimo ragazzo, sempre all’altezza delle aspettative; se
però Kíli conservava una vena imprevedibile di quello che era stato il suo
orgoglioso carattere da bambino, a soli cinque anni di distanza Fíli sembrava
già un Nano fatto. E nonostante Thorin continuasse a ripetersi che no, quel ragazzo non meritava di essere trattato come un poppante, non poteva fare a
meno di ricordare che era stato lo stesso Fíli, con i suoi lividi e i suoi
continui incidenti, a metterlo nella scomoda posizione di andare a sincerarsi
personalmente che in quei boschi non vi fosse un covo di briganti o gentaglia
simile.
Fu così che, tra i rami bassi spolverati di neve, Thorin
incappò inaspettatamente una fanciulla dai lineamenti gentili, bardata in un
pesante mantello scuro chiaramente troppo grande per lei e con le gote
arrossate dal gelo del primo mattino. Non riuscì a capire a quale popolo
appartenesse: niente barba, niente capelli biondi né occhi chiari, nemmeno una
statura sufficiente per una donna della Gente Alta; solo due grandi occhi scuri
e lunghi capelli castani che le scendevano in morbide onde e qualche sparuto
ricciolo sulla schiena.
Si domandò cosa ci facesse una ragazza così giovane nel
cuore di un bosco disabitato, e se non avesse paura di fare brutti incontri; lei
si voltò e lo vide, e in effetti per un momento lo guardò come se in lui avesse
scorto una minaccia, un qualche oscuro pericolo. Poi la paura abbandonò i suoi
occhi e Thorin udì la sua voce.
“Chi siete?”.
“Dovrei chiederlo io a voi” rispose istintivamente il
Nano, in una debole imitazione del principe altero e arrogante che era stato un
tempo; decise poi di non mostrarsi troppo scortese e chinò poi il capo in un
misurato cenno di saluto. “Thorin Scudodiquercia, figlio di Thráin, figlio di
Thrór. Al vostro servizio”.
“Brid figlia di Breodvan, al vostro” fece la fanciulla in
tono dimesso, accennando ad un inchino che scostò i lembi di quel suo mantello
troppo grande e lasciò intravedere l’orlo di un abito dalla foggia semplice. Quando
i loro occhi si incontrarono di nuovo, Thorin rimase stupito di non trovare più
alcuna traccia di timore in quelli scuri di Brid. Non che si credesse capace di
incuterne, ma quella ragazza gli parve quasi sfrontata, a mostrarsi tanto sicura
di sé al cospetto di uno sconosciuto.
“Siete un Nano?” arrivò persino all’ardire di domandare, inconsapevolmente
commettendo un errore madornale.
“Cos’altro potrei essere, secondo voi?” sbottò Thorin
oltraggiato, e Brid pensò che, oltre che estremamente cerimonioso e pomposo,
quel tale fosse anche un po’ idiota.
“Un Uomo piuttosto basso, col naso grosso, tanta barba e
tanti capelli?”.
Il Nano trasalì, come se quella ragazzina avesse appena
osato bestemmiare tutti i Valar di fronte a lui: era chiaro che fosse
all’oscuro della sua vera identità, e lì per lì Thorin quasi se ne rallegrò,
non osando immaginare quali blasfemie sarebbe stata capace di dire a proposito
del suo titolo di legittimo Re sotto la Montagna. Si costrinse a ricordare che
colei che aveva di fronte era soltanto una ragazza, una fanciulla di dubbia
appartenenza etnica ma inconfutabilmente giovane, e che non vi era alcun motivo
di prendersi la briga di insegnarle a rispettare il prossimo. Sarebbe bastato
salutarla e proseguire per la propria strada come se non si fossero mai
incontrati; ad insegnarle a chinare la testa sarebbe stata la vita.
“Sembra che non sappiate riconoscere i tratti che
differenziano i Nani dagli Uomini, milady” sentenziò infine, in un tono di voce
che voleva suonare indifferente ma che non riuscì a mascherare totalmente la
stizza che sentiva montare prepotentemente nel petto. “Avete mai visto un Nano,
prima d’ora? E un Uomo?”.
“E voi avete mai parlato ad una donna senza comportarvi
come se le foste gerarchicamente superiore?”. Stavolta Brid gli rivolse
un’occhiata eloquente, che sembrava reclamare deliberatamente una sfida; Thorin
tentò di ripetersi ancora una volta che attaccare briga con lei avrebbe portato
solo guai, ma quel suo fare indisponente stava riuscendo a mettere fuori uso
tutte le sue misure precauzionali in modo tanto sublime che, da qualche parte
in fondo alla sua coscienza, qualcosa gli disse che sarebbe stato un peccato
mandare a monte tutti quegli sforzi. Perciò mosse qualche passo verso di lei,
con fare baldanzoso, e le si piazzò davanti, drizzando la schiena; notò di
sfuggita come la superasse in altezza per almeno mezza spanna e se ne
compiacque.
“È capitato, sì” concesse, guardandola dall’alto con tracotanza
e una punta di quello che a Brid parve inspiegabilmente disprezzo. “Ma soltanto in presenza di Nane di nobile stirpe,
cosa che voi sicuramente non siete.
Le vostre orecchie ne sono la prova”.
Come se lo sguardo di Thorin l’avesse scottata Brid si
portò di scatto una mano all’orecchio destro, e quasi si stupì di sentirlo
appuntito sotto le dita: per la prima volta in vita sua l’eredità Hobbit
tramandatale da sua madre la fece sentire a disagio, e quando gli occhi chiari
del Nano si assottigliarono in due fessure malevole credette di rimpicciolire
davanti a lui.
“Sei forse imparentata con qualche sgualdrina elfica,
ragazzina?” sibilò Thorin, e prima ancora che i sensi lo avvertissero la mano
di Brid gli era già volata sulla guancia, piccola ma agguerrita: con la testa
voltata di lato e il volto in fiamme, nemmeno si disturbò a tentare di mantenere
il controllo, limitandosi a tendere il braccio e a restituire il manrovescio al
mittente, accecato dal furore.
Sbalzata di lato dallo schiaffo, Brid cadde sulla sottile
coltre di neve con un tonfo attutito e un turbinio di foglie secche, annaspando
con le mani sul terreno e sulle radici nodose degli alberi nel tentativo di
strisciare lontano dal Nano il più in fretta possibile: con gli occhi
improvvisamente snebbiati dall’ira cieca che per un momento sembrava averglieli
cavati, Thorin la vide rivolgergli uno sguardo di puro terrore mentre si trascinava
a distanza di sicurezza. Lui però era ben più spaventato di lei, mentre
guardava la propria mano ancora sospesa a mezz’aria: poteva sentire l’orrore
stringergli il cuore come una morsa gelida, e fissi su di sé gli occhi pieni di
lacrime della fanciulla, insostenibili.
Ammutolito dal disgusto verso se stesso, attonito di
fronte ai propri istinti e con il cuore appesantito dal rimorso, Thorin voltò i
buoi e si affrettò a tornarsene da dov’era venuto, impaziente di mettere quanta
più distanza possibile tra il proprio animo instabile e qualunque creatura
vivente nel raggio di miglia.
Alla sicurezza di Fíli avrebbe pensato in un altro
momento, si disse. Ora voleva soltanto sottrarsi agli occhi lucidi di Brid e alla
vista del suo labbro spaccato.
*NOTE*
Eccomi, in ritardo rispetto agli scorsi aggiornamenti del lunedì, ma comunque presente! :D spero di non avervi troppo sconvolti con un finale tanto brusco, ma...a dire il vero me l'ero immaginato persino più offensivo, lo scambio di battute sulle 'sospette' orecchie a punta di Brid. Comunque mi pare di averlo reso ugualmente irrispettoso, e tanto mi basta :) senza contare che il Thorin di questa Fiction sarà estremamente orgoglioso (anche più di quanto l'abbiano reso il Professore e Peter Jackson, pensate un po'!) e arrogante, perciò...non aspettatevi che da ora in poi sia carino e coccoloso come i pinguini di Madagascar -.-
Dunque, Brid e Fili cominciano a giocare alla calamita, Kili si lascia sfuggire qualcosa sulle sparizioni del fratello e Thorin piomba con la grazia di un bulldozer in mezzo ai boschi sui Colli di Vesproscuro: direi che è stato un capitolo abbastanza intenso. Ma preparatevi, che dal prossimo ci sarà una svolta sostanziale! ;)
Ho aggiunto una parola in gaelico irlandese -lingua che amo visceralmente e alla quale Tolkien si è più volte ispirato per creare quelle della Terra di Mezzo- al titolo, 'Smaointe' (leggesi 'smìnce', e significa 'pensiero' da intendersi come pensiero rivolto a qualcuno): è il titolo di una canzone di Enya che ho voluto 'elevare' a colonna sonora di questa Fan Fiction. A dire il vero è una canzone meditativa e a tratti malinconica, ma anche molto dolce, e rispetta in pieno il carattere che avrà tutta la storia. Chi mi conosce come Fanwriter SA che per me musica e scrittura vanno di pari passo.
Detto questo mi dileguo :) buona giornata a tutti e un GRAZIE stratosferico a chi leggerà, aggiungerà a preferiti, seguiti o ricordati e a chi anche solo visiterà. Chi commenterà lo bacio pure. Pace.
PS: mi scuso in anticipo per il layout altalenante nel corso dei capitoli. Abbiate pazienza, sono una pippa con NVU!