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Autore: Ily Briarroot    18/10/2013    1 recensioni
Ce l'aveva ancora con lui. Nonostante tutto, non riusciva a perdonarlo. Non dopo che s'era andato, quando lei lo aveva rincorso sotto la pioggia implorandogli di restare. Non dopo aver visto il suo sguardo truce nel momento in cui lo faceva. Non dopo essere sparito per settimane senza farsi sentire, non dopo averla lasciata sola nella disperazione di quei giorni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Insieme

Villa Conchiglia era un luogo magnifico, tale da poterlo identificare quasi come il paradiso stesso. 
I deboli raggi del sole che ostentavano dietro le nuvole, accarezzavano le onde lievi del mare per poi illuminare la fascia di sabbia coperta dai ciuffi d'erba ingialliti. Sembravano quasi timorosi di uscire allo scoperto, al di là del dolore che, in quel momento, avvolgeva ogni cosa. 
Hermione sorrise, appoggiando appena le dita sul vetro della finestra. Il panorama che si estendeva davanti a sé riusciva a renderla più calma, quasi come l'avesse isolata dal resto del mondo, dalla guerra e dall'oscurità che erano dietro l'angolo. 
Avrebbe potuto farlo. Avrebbe potuto benissimo rimanere lì, lontana dal male, dalla disperazione e dall'angoscia. Bill e Fleur l'avrebbero ospitata senza problemi, lo sapeva. Ma sarebbe stato come chiudere gli occhi, scappare. Una scelta facile, ma che non faceva parte di se stessa e, probabilmente, non ne avrebbe mai fatto parte. 
Dobby aveva ragione, quello era il posto perfetto per stare con gli amici. Accennò un sorriso a quel pensiero, trattenendo ancora una volta le lacrime. 
Aveva guardato in silenzio la tomba dell'elfo domestico che aveva salvato loro la vita così tante volte che aveva perso il conto. Non si sorprendeva di trovare ogni volta il viso rigato di tracce umide che le penetravano in profondità, fino a mozzarle il respiro. 
Cercò di non pensarci e si appoggiò contro la spalliera del letto, realizzando di avere le gambe completamente molli. Si guardò attorno con circospezione, percependo la tranquillità che le infondeva soltanto la stanza in cui si trovava e dove avrebbe voluto riposarsi, senza però essere riuscita a farlo totalmente. 
"Non è stata colpa sua, Ron. Era soltanto disperato". 
"Oh, ma certo! Ci ha soltanto tirato un'imboscata consegnandoci direttamente in mano ai Mangiamorte!". 
La ragazza percepì distintamente il tono di voce di Ron e si avvicinò alla porta, spalancandola appena.
"Dovresti capirlo, hanno rapito sua figlia!"
"Sai quanto m'importa di ciò che ha in mente quel pazzo?!".
Hermione era già nel corridoio, dietro al muro che la divideva dai suoi amici. 
"Zitto, Ron! Luna ti sentirà"
"Che mi senta, per quanto m'interessi!"
"Tu avresti fatto la stessa cosa! Non aveva scelta"
"Non ci saremmo trovati in quella situazione e, soprattutto, Hermione non avrebbe rischiato la vita!".  
Ron aveva quasi il fiatone, le parole gli uscirono di getto dalla bocca. Rimase a fissare il suo migliore amico negli occhi, senza riuscire a comprenderlo. 
Harry scosse la testa, sapeva di essere nel torto. Lo aveva provato e visto con i suoi occhi. Aveva visto i suoi amici rischiare la vita per lui, aveva visto Dobby morire per lui. Aveva sentito le urla di Hermione mentre loro erano rinchiusi in una cella senza avere la minima idea di come potersi liberare. Abbassò lo sguardo in silenzio, senza avere la più pallida idea di che cosa dire. Si sentì tremendamente inerme e impotente davanti a qualcosa che non era stato in grado di controllare.
L'amica li raggiunse in quel momento, fermandosi con la spalla contro la parete dietro sé. Guardava Harry, l'espressione interrogativa sul volto. 
"Hermione... ".
Ron la osservò, chiedendosi il motivo per il quale fosse lì con loro. Credeva stesse dormendo, altrimenti non avrebbe alzato la voce, né tantomeno intavolato la discussione con Harry. 
"Come ti senti?".
Il ragazzo dai capelli corvini le si avvicinò d'istinto ma, prima che potesse farlo, lei annuì. 
"Bene, Harry. Non ti preoccupare". 
Gli accennò un mezzo sorriso e il suo sguardo rimase fermo sugli occhi verdi del ragazzo. Aveva avuto paura di non poterli rivedere in futuro. Ricordava i minuti passati con Bellatrix quasi fossero palpabili, ricordava il dolore che aveva provato sotto la sua bacchetta, la ferita che le aveva lasciato sul braccio, il suo coltellino puntato alla gola. 
Sbiancò, sentendosi di nuovo debole. Lei, che non lo era mai stata. Non voleva ricordare, non ora che la ferita - e non quella sul braccio, ma molto, molto più in profondità - era ancora fresca. 
Ron fece un passo in avanti, allungando le braccia.
"Hermione, forse è meglio se torni in camera".
"Sto bene" ripetè lei automaticamente senza voltarsi a guardarlo neanche mezzo secondo. Ce l'aveva ancora con lui. Nonostante tutto, non riusciva a perdonarlo. Non dopo che s'era andato, quando lei lo aveva rincorso sotto la pioggia implorandogli di restare. Non dopo aver visto il suo sguardo truce nel momento in cui lo faceva. Non dopo essere sparito per settimane senza farsi sentire, non dopo averla lasciata sola nella disperazione di quei giorni. 
"Ma sei... "
La ragazza non lo fece continuare, perché continuò a rimanere ferma su Harry.
"Adesso come ci muoviamo? Pensavo che forse il folletto potrebbe darci una mano a-"
"-Hermione!". 
Ron l'aveva presa fra le braccia nell'esatto momento in cui le gambe cedettero sotto il peso dell'amica, minacciando di farla cadere a terra. 
Harry li raggiunse, aiutando Ron e passandole un braccio intorno alle spalle. 
"Ha ragione, forse è meglio se torni a letto. Dell'Horcrux parleremo più tardi".
Hermione si rimise in piedi con fatica, tentando di scostarsi dalla presa del rosso. 
"No, Harry! Più il tempo passa, più peggiora la situazione, lo sai benissimo". 
Nonostante l'opposizione di lei, Ron non la lasciò andare neanche per un attimo. Questi guardò Harry, lanciandogli un'occhiata eloquente.  
"Hai ragione e ti prometto che non faremo passare troppo tempo. Devo soltanto capire quale sarà la sua prossima mossa". 
L'amica sospirò e annuì, dopodiché si scostò bruscamente dalla presa di Ron e si avvicinò al suo migliore amico, scrutandolo negli occhi verdi.
"Mi dispiace per Dobby". 
Trattenne le lacrime e la fitta fastidiosa al cuore, mentre vedeva il ragazzo fare lo stesso. Quest'ultimo accennò appena un sorriso, respirando profondamente prima di rivolgersi ancora a lei. Dopodiché le posò una mano sulla spalla. 
"Cerca di rimetterti presto, intesi? Abbiamo una missione da portare a termine. Se volete ancora farlo". 
Lei non fece in tempo a rispondergli, perché Ron fu più veloce. Si avvicinò a loro, deciso. Inarcò un sopracciglio, incrociando poi le braccia. 
"Miseriaccia, Harry! Ancora con questa storia! Che senso avrebbe tornare indietro ora, me lo spieghi? Ti seguiremo fino alla fine, che tu lo voglia o no". 
Per la prima volta dopo tanto tempo, Hermione fu d'accordo con lui. Harry vide nello sguardo di entrambi la determinazione che, forse, adesso non riusciva più a percepire in se stesso.
Si distrasse dai suoi pensieri non appena sentì il corpo di Hermione pesare sul proprio e la guardò di scatto, notando il suo viso pallido. La tenne saldamente per le spalle mentre l'amico scattava verso di loro. 
"Hermione!"
"Accompagnamola in camera, è meglio. Vieni, Ron. Dammi una mano".
"Ma che state facendo? Sto bene" la voce della ragazza era debole e fragile, tuttavia si oppose ai tentativi del rosso di prenderla in spalla. Lo lasciò fare invece a Harry, che percorse faticosamente il corridoio con lei sulle spalle sotto lo sguardo ferito di Ron. 

Un paio di timidi colpi oltre la porta chiusa la fecero quasi sussultare.
"Avanti". 
Ron fece capolino nella stanza, il sorriso tirato di chi si sente irrimediabilmente a disagio. Le si avvicinò, aspettando una reazione della ragazza che non arrivò. 
"Posso?".
Le indicò il materasso e lei si scostò piano, lasciandogli lo spazio necessario per sedersi sul letto. Non riusciva a guardarlo negli occhi, per quanto il suo cuore reclamasse di farlo. Rimase invece a fissare il cielo limpido di Villa Conchiglia senza vederlo realmente. 
"Come stai?". 
L'amico non parlò subito. Quando lo fece, un brivido le percorse la schiena. Quel tono di voce faceva parte di una persona che non era più quella che conosceva e soltanto in quel momento se ne rese conto sul serio. 
Hermione scosse la testa, fissando le lenzuola candide che Fleur le aveva sistemato qualche ora prima. 
"Come dovrei stare secondo te?".
Lui rimase serio a osservarla da cima a fondo, notando la verità delle sue parole nel suo sguardo distrutto. Le percorse ogni centimetro di pelle con gli occhi, sul viso, ogni graffio, ogni più microscopico dettaglio. Non si lasciò sfuggire nulla.  
Soffermò poi lo sguardo sul collo sottile, dove Bellatrix le aveva puntato il coltello soltanto qualche ora prima. Una minuscola traccia di sangue le segnava la pelle bianca. Per ultimo, si concentrò sul suo braccio.
"Hermione... fammi vedere".
Glielo prese delicatamente tra le mani e sgranò gli occhi quando vide le lettere rosso scarlatto incise nella pelle. 

Mudblood

La ragazza ritrasse il braccio, cercando di coprirlo con la manica della felpa senza successo. Era pronta a rispondergli, ma si bloccò non appena notò il suo sguardo. Rabbia. Odio. Vide i pugni di lui chiudersi in una morsa dolorosa, il suo corpo tremare lievemente. 
"Non doveva farlo".
Le sue parole erano taglienti, così come il suo sguardo. La guardò negli occhi castani, serio come non lo era mai stato. 
Hermione non seppe cosa dire, finché non sentì le lacrime unimidirle gli occhi e scivolarle sulle guance. 
Abbracciò Ron di scatto e lui, per un solo attimo, dimenticò l'ira che si era impossessata di sé, totalmente confuso dalla reazione di lei. E non ci pensò. Non volle farlo. 
Le appoggiò una mano dietro la schiena, stringendola forte nel tentativo di placare ogni suo singhiozzo, ogni suo sussulto. 
"Hermione".
Non la lasciò andare neanche per un istante, ma fece in modo di farle sollevare lo sguardo nella sua direzione.
"Perdonami". 
Le accarezzò la nuca, incrociando il suo sguardo fragile e disperato.
"S-sei uno stupido, Ron Weasley! Ho avuto paura d-di non rivederti più... ".
Quando lei nascose di nuovo il viso contro il suo petto, Ron avvicinò le labbra sulla sua testa, fissando il vuoto davanti a sé, mentre provava l'irrefrenabile desiderio di torturare Bellatrix Lestrange con le sue stesse mani per aver osato anche soltanto toccarla. 
"Combatteremo, Hermione. Insieme. Non permetterò che ti facciano più niente, è una promessa". 
  
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