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Autore: hernoa everdeen    19/10/2013    9 recensioni
Plutarch ci si rivolge: “Siete pronti?”
Noi annuiamo in silenzio, troppo tesi per dire qualsiasi cosa.
Un istante dopo il televisore si accende e delle grida strazianti invadono la sala.
(...)Io sono sconcertata e furiosa. Sono consapevole che queste immagini sono destinate a me, con il solo scopo di ferirmi e spingermi a rinunciare a qualsiasi atto di ribellione verso Capitol City. Vogliono che mi arrenda, ma non sanno che adesso sono ancora più determinata ad agire.
Una nuova storia. Una storia diversa. Un seguito alternativo al secondo libro. Spero che vi piaccia!
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Credo di essere ancora sotto shock, ma costringo le mie gambe a muoversi per seguire Gale e gli altri. Nei corridoi ci imbattiamo in alcuni soldati di Capitol City.
Io sono l’ultima della fila, quindi non recito alcun ruolo negli scontri. Lascio semplicemente che Finnick, Gale ed Haymitch abbattano un ostacolo dopo l’altro.
In questo momento nella mia testa non c’è spazio per nulla, tranne che per il dolore.
Probabilmente sto impazzendo, come Annie. Sarò la seconda vincitrice degli Hunger Games resa pazza da Panem. Prima di concedermi questo lusso, però, devo recuperare lucidità e trovare Snow. Solo dopo che l’avrò ucciso potrò lasciarmi andare. Ora devo tornare ad essere di ghiaccio, impenetrabile ed impossibile da scalfire.
Svuoto la mente e mi concentro solo sul compito impellente.
Sfodero l’arco e incocco una freccia, poi corro in testa al gruppo e comincio ad avanzare rapida, annientando ogni nemico così sfortunato da trovarsi sulla mia strada.
Non so dove andare di preciso, così mi lascio guidare dalle voci alle mie spalle. Faccio ciò che dicono e ben presto mi trovo davanti alla stessa sala dove poco fa abbiamo affrontato il Presidente. Nonostante la mia risoluzione, non ho la forza di guardare dentro per controllare se Snow ci sia ancora. Non voglio vedere il corpo esanime di Peeta. Non lo sopporterei. La mia nuova corazza verrebbe spazzata via.
Mi fermo e aspetto che i miei compagni mi raggiungano, così chiederò loro di controllare.
Non ho bisogno di parole con Gale, che sposta Haymitch e, con cautela, mette la testa oltre la soglia. Guarda per qualche secondo all’interno, poi si volta verso di noi scuotendo la testa e riprendendo a camminare.
Giunti all’ingresso, vediamo alcuni dei nostri a terra. Molti non ce l’hanno fatta: i loro corpi sono immobili e i vestiti macchiati di sangue dove le pallottole li hanno colpiti. Ma c’è anche un ragazzo ancora in vita. Gale corre da lui, credo si conoscano. Gli poggia una mano sulla spalla tenendolo fermo mentre controlla le ferite, dopodiché gli domanda qualcosa e, avuta la risposta che aspettava, torna in piedi. Ferma un uomo dei nostri e gli ordina di condurre fuori il suo amico e di portarlo al distretto per le cure di cui ha bisogno. Accertatosi che il soldato abbia capito, torna a voltarsi verso di noi.
“Dice che sono andati da quella parte” riferisce al gruppo, indicando una porta a qualche metro da noi e incamminandosi subito in quella direzione.
Finnick, che fino ad ora si è dedicato quasi esclusivamente alla protezione di Annie, rincorre il soldato che sta uscendo dal palazzo e lo ferma. Dopo aver scambiato qualche parola, torna dalla ragazza bionda che lo aspetta e, con voce dolce, le chiede: “Annie, amore.. Ho bisogno che tu vada con quell’uomo. Devo saperti al sicuro per poter andare avanti”.
Gli occhi di lei lo fissano adoranti, riempiendosi subito di lacrime. Annuisce e sussurra: “Fai ciò che devi e poi torna da me”.
Si abbracciano e scambiano un bacio appassionato, poi, seppur riluttanti, si separano. Annie esce dal palazzo avvicinandosi al finto pacificatore che sostiene l’amico di Gale, mentre Finnick si mette lamio fianco.
“Facciamola finita. Una volta per tutte” dice risoluto.
Seguiamo la strada imboccata da Gale poco prima. La porta si apre su una nuova serie di scale che scendono.
Questo posto è un vero labirinto.
Scendiamo veloci, per recuperare la distanza che ci separa dal resto del gruppo. Quando finalmente li vediamo, ci fanno segno di rimanere in silenzio. Sono accucciati dietro ad una porta massiccia; la indicano, facendoci intendere che Snow si trova lì dentro.
Sicuramente ci stanno aspettando, mi dice una vocina interiore. Sanno che vogliamo il Presidente e avranno ogni singola arma puntata su quest’unica porta. Per entrare dobbiamo farci scudo con qualcosa. Mi guardo in giro: ci sono alcune porte socchiuse, le stanze sembrano vuote, a giudicare dal silenzio che si sente la loro interno.
Entro nella prima. È vuota, ad eccezione di qualche arma residua dimenticata sugli scaffali della parete di fondo. Non mi serve nulla qui. Di armi ne abbiamo a sufficienza.
Esco, ed entro velocemente nella stanza a fianco. Qui noto subito un pesante tavolo di legno e penso che potrebbe fare al caso nostro. Ci ripareremo dietro a questo e ne approfitteremo per sterminare la scorta di Snow. Non so quanti siano, ma sono chiusi lì dentro senza vie di fuga, almeno spero. Anche se ci volessero ore e mi costasse tutto il sangue che ho in corpo, porterò a termine questa missione.
Il mio cuore comincia a pompare sangue più in fretta, preparando tutto il mio corpo allo scontro imminente.
L’adrenalina mi scorre nelle vene come un fiume in piena e faccio un respiro profondo.
Ci siamo.
Siamo arrivati all’epilogo di questa faccenda.
La fine di tutto.
La fine dei giochi.
 
 
Mi avvicino agli altri. Siamo pronti per fare irruzione nella sala dove si nascondono i nostri nemici, quando dall’interno sentiamo qualcuno parlare.
“Richiediamo rinforzi immediati. Passo”
Stanno chiedendo aiuto tramite radio. Maledetti.
“Ci troviamo al livello -2, sala 5-1-3. Raggiungeteci subito. Passo e chiudo”
Quindi tra poco ci sarà movimento qui fuori. Guardo Finnick, che come me ha sentito tutto. Annuiamo contemporaneamente e spieghiamo agli altri il da farsi.
Prima di entrare dobbiamo impedire che i rinforzi li raggiungano. Aspetteremo qui fuori, posizionandoci in modo da non farci vedere ed eliminando i soldati che presto saranno qui. Gale e Finnick entrano nelle due sale di fronte al portone, io ed Haymitch ci nascondiamo nella cella più vicina all’imboccatura delle scale e Plutarch svolta l’angolo per controllare che i nemici non arrivino dal corridoio, nel caso in cui ci sia qualche strada che colleghi questa zona ad altre.
Spero che i soldati arrivino subito. Odio non aver nulla da fare. Mi lascia troppo tempo per pensare e a chi potrei pensare se non a Peeta? Non voglio crollare di nuovo.
Non posso.
Inizio a respirare affannosamente e seppellisco in un angolo del mio cervello la voce interiore che sta piangendo senza ritegno.
Per fortuna non devo aspettare a lungo. Un plotone di soldati arriva dopo pochi minuti, scendendo dalle scale. Sono armati fino ai denti, ma non sono molto numerosi, ne conto cinque. Uno a testa.
Io ed Haymitch aspettiamo che anche l’ultimo ci oltrepassi e poi sfoderiamo i nostri colpi migliori. Io ne centro tre in un attimo, il mio compagno ne atterra uno lanciandogli un pugnale e Finnick uccide l’ultimo uscendo allo scoperto e colpendolo con il suo tridente, portatogli dal suo distretto.
Ora possiamo approfittare del fatto che le persone all’interno della sala aspettino dei rinforzi. Non possiamo indossare le uniformi e fingerci soldati di Capitol City tanto a lungo da avvicinarci molto. I nostri volti sono troppo riconoscibili. Magari, però, potremmo guadagnare pochi ma decisivi secondi per entrare ed iniziare la vera battaglia.
Propongo l’idea al resto del gruppo e tutti approvano.
Decidiamo che Plutarch rimarrà qui fuori con pistole e fucili come un vero soldato di Panem, fingendo di fare la guardia alla nostra sala.
Indossiamo velocemente le divise e prepariamo il tavolo dietro alla porta. Haymitch e Gale sono le persone meno conosciute qui, perciò si fanno avanti, pronti ad entrare. Io sono pronta alle loro spalle. Faccio un cenno a Gale, e lui bussa, deciso.
“Chi va là?” tuonano dall’interno.
“Plotone di rinforzo” dice Gale camuffando la voce.
“Potete entrare” confermano.
Haymitch apre la porta. I soldati all’interno sono una quindicina, non di più. Possiamo farcela.
Mentre i nostri uomini in prima linea avanzano lentamente, noi due rimasti indietro spostiamo il pesante tavolo. Le guardie che ci vedono armeggiare rimangono un po’ sorprese, non capiscono per quale motivo stiamo trasportando all’interno del loro nascondiglio proprio un tavolo.
Gale vede i loro volti farsi diffidenti e si affretta a spiegare che vogliamo usare il mobile per bloccare la porta dall’interno, così che i ribelli non possano entrare. Gli uomini di Snow sembrano approvare l’idea, così il finto-soldato-Hawthorne ci fa cenno di proseguire, rimanendo strategicamente davanti a noi per coprire i nostri visi.
Entriamo nella sala. Non ci hanno ancora riconosciuti.
Io e Finnick teniamo le teste basse, cercando di nasconderci dietro agli elmetti protettivi. Ci scambiamo un’occhiata veloce mentre procediamo. Facciamo qualche passo, poi appoggiamo a terra il tavolo, in orizzontale, fingendoci stanchi.
Lui si china, appoggia le mani sulle ginocchia e tossisce.
Il segnale pattuito.
Ci abbassiamo istantaneamente, nascondendoci dietro al tavolo, mentre Gale ed Haymitch, rimasti sulla soglia per chiudere la porta alle nostre spalle, scattano a ripararsi dietro di noi, non prima di aver estratto le pistole e sparato qualche colpo alla bell’e meglio.
Non sappiamo quanti colpi siano andati a segno, ma sicuramente siamo usciti allo scoperto. Gli avversari hanno iniziato a far fuoco sul tavolo, che però ci protegge bene. Io sfodero l’arco da sotto la divisa e preparo una freccia nella cocca. Aspetto che finisca la prima raffica di pallottole, poi faccio partire un colpo fulmineo. Nello sporgermi dal tavolo ho visto che alcuni nemici sono caduti sotto i colpi di Gale ed Haymitch. Ne sono rimasti pochi, e quasi tutti stanno trafficando con un pesante mobile sulla parete di fondo. Cercano di spostarlo e ci sono quasi riusciti. Snow era a malapena visibile dietro ai suoi. Per quanto possibile, stava cercando di spingere il mobile in accordo con le guardie rimaste.
Perché dietro c’era una porta.
Una porta nascosta che serve sicuramente come via di fuga. Ma io non posso permettere che scappi.
Incocco un’altra freccia e la scaglio furiosamente, colpendo un altro bersaglio. Ne sfodero un’altra ancora. L’ultima. Prendo un respiro, mi sporgo nuovamente e sferro l’ennesimo colpo, che va a segno come i precedenti. Contemporaneamente, Haymitch spara un’altra serie di colpi, abbattendo due soldati. Torniamo a ripararci e si fanno avanti i due belli del gruppo con le loro pistole. Finiscono gli ultimi soldati e ci fanno segno di alzarci. Hanno risparmiato solo Snow, che ci da le spalle.
“Presidente, ha perso. Si volti lentamente mettendo le mani bene in vista”
Lui si volta. E spara un unico colpo.
In mano nascondeva una pistola. Quello era il suo ultimo proiettile, e l’ha sprecato cercando di colpire uno di noi. Poteva usarlo meglio, su sé stesso.
Sorrido nel vederlo davanti a me senza protezione. Mi giro a guardare gli altri esultante, ma sono voltati verso Haymitch, che tiene una mano premuta sul petto.
Una mano che si sta lentamente tingendo di rosso.
Non posso credere a quello che vedo.
Non può succedere ancora! Non anche Haymitch!
Una smorfia di dolore si dipinge sul mio volto, e le lacrime iniziano a scendere incontrollabili. Ma la rabbia è più forte del dolore. Mi acceca emi toglie ogni possibilità di ragionare.
Prendo la pistola dalla mano di Gale e faccio fuoco, usando tutti i proiettili rimasti.
Gli occhi da serpe che mi hanno perseguitata così a lungo ora sono vitrei, senza vita.
 
 
Sono china su Haymitch, che nei brevi secondi della mia furia omicida si è accasciato a terra. Gale gli ha aperto la divisa sul petto per constatare la gravità del colpo.
È molto grave, dice. Dobbiamo portarlo immediatamente alla base e fornirgli tutte le cure possibili se vogliamo che abbia qualche possibilità di sopravvivere.
Non potrei essere più d’accordo.
“Non ho la minima intenzione di perdere anche te, Haymitch. Anche se so che mi costerai molto in alcolici negli anni a venire” cerco di sdrammatizzare la situazione, come fa lui di solito, ma non sono molto convincente.
“Tieni duro, capito? Dai, ti aiuto ad alzarti”
Io da un lato e Finnick dall’altro, lo mettiamo in piedi.
Continua ad avere il respiro accelerato, e il sangue non accenna a fermarsi. Per quanto ci sia possibile, usciamo velocemente dalla stanza con Haymitch in stato di semi-incoscienza.
Sta perdendo molto sangue e non servono le capacità guaritrici di mia madre per capire che se non agiamo in fretta non ce la farà.
Percorriamo le scale ed arriviamo nel salone d’ingresso. C’è un gran via vai di gente, e sono tutti ribelli come noi. Fermiamo uno squadrone e ordiniamo loro di preparare immediatamente un hovercraft medico per un decollo di emergenza. Il personale a bordo inizierà ad operare non appena Haymitch metterà piede a bordo.
“C’è un velivolo pronto qui fuori, con personale medico dal Distretto 13. Ora che la città è stata dichiarata sicura, chiunque avesse capacità specifiche utili sul campo è stato mandato qui. Seguiteci”
Ci fa strada all’esterno dell’edificio, avvertendo l’equipaggio via trasmittente di prepararsi al decollo.
Appena superata la porta, svoltiamo a destra verso il lato est della piazza.
Aveva ragione.
Un hovercraft si staglia imponente nel bel mezzo dello spiazzo davanti a noi. Ha già i motori accesi.
Dal portellone escono quattro figure in camice bianco. Due le riconosco subito. E anche Gale, visto che prende il mio posto per sorreggere Haymitch permettendomi di correre a perdifiato verso le due figure che si stanno avvicinando sorridendo.
Abbraccio la più piccola.
La tengo stretta.
“Sono così felice di vederti, paperella”
Mi abbandono a quell’abbraccio e lascio finalmente andare tutto e tutti. Per qualche istante esistiamo solo io e Prim nel mio mondo.
Mia madre arriva quasi subito emi mette timidamente una mano sulla spalla. Senza esitare mi butto su di lei e l’avvolgo con le braccia.
Durante questa missione sono cambiata. Ho avuto modo di imparare una dura lezione. Non posso sempre proteggere chi vorrei. Non sai mai se quella presente sarà l’ultima occasione in cui vedrai i tuoi amici, i familiari.
Quindi non voglio sprecare altro tempo. Dimostrerò a tutti quanto tengo a loro. L’unico rimpianto è quello di non aver potuto far lo stesso con Peeta.
Lui se lo sarebbe meritato più di chiunque altro.
 
 
L’hovercraft decolla dopo un paio di minuti, e mi devo separare nuovamente da Prim e da mia madre per lasciare che si prendano cura di Haymitch. Faranno il possibile, lo so. Non c’è nessuno meglio di loro nel campo delle cure mediche.
Io ho un ultimo compito da svolgere prima di tornare alla base. Rientro con passo deciso nell’imponente palazzo di marmo. Voglio aprire ogni singola cella di questo posto e liberare tutti gli ostaggi.
Comincio dalle zone conosciute.
Vago dalla mia prima cella -ai livelli inferiori- per poi risalire ai piani superiori. Non sono rimaste molte celle chiuse, i ribelli devono aver già provveduto a liberare gran parte dei prigionieri.
Camminando, mi ritrovo nel corridoio in cui avevo creduto di sentire una voce. Mi avvicino ad ogni cella. Sono già state tutte aperte. Controllo all’interno, ma non c’è nulla se non muffa e qualche sporadico topolino.
Continuo il mio percorso fino ad una nuova ala, dove trovo qualcuno che non avrei mai pensato di rivedere.
Nelle celle di fronte a me ci sono Darius e la ragazza dai capelli rossi.
Con la pistola che ho in tasca, sparo ripetutamente ai lucchetti, e questi cedono. I due sopravvissuti escono e mi guardano con le lacrime agli occhi. Io sorrido, sinceramente felice di rivederli, e faccio loro cenno di seguirmi lungo i corridoi di questo lugubre luogo.
Continuo la ricerca di superstiti in ogni zona del palazzo.
Non ne trovo molti, solo altri quattro. Persone che non conosco, ma che libero comunque. Tutti insieme ci dirigiamo ai piani superiori.
Arrivati nello spazioso atrio ci separiamo. Loro vengono presi in custodia dai miei compagni di distretto per essere condotti al 13, mentre io, ormai senza meta né scopo, mi abbandono sui gradini delle scale che conducono agli studi televisivi.
Ora posso mettere insieme le idee e pensare a cosa ne sarà del mio futuro, anche se non so cosa farò della mia vita. Mi copro il viso con le mani, incapace di formulare qualsiasi pensiero coerente. L’unica cosa che so è che senza Peeta mi seno perduta, completamente privata di ogni voglia di esistere, di qualsiasi desiderio.
Potrei restare seduta qui per il resto della mia vita e disinteressarmi di tutto e di tutti. Ora che Capitol City è stata sconfitta, la mia famiglia è al sicuro. Non hanno più bisogno di me. Non c’è più nessuno che abbia bisogno di me.
Non ho nessuno da cui tornare.
Nemmeno Gale.
Ho iniziato a guardarlo con occhi diversi da quando ho conosciuto Peeta durante i primi Hunger Games. Anche se ancora non lo sapevo, non sarebbe mai potuta essere Gale la mia scelta. Peeta ha sconvolto il mio mondo con la sua dolcezza ed il suo amore per me. Il pensiero che ho negato di ammettere anche con me stessa così a lungo, ormai si è radicato irrimediabilmente dentro le mie viscere.
Non sarò mai più la stessa senza Peeta.
Non ci sarà mai più nessuno come lui. E devo imparare ad accettare la sua scomparsa. Devo farmi forza per le altre persone che come me stanno soffrendo per la perdita di familiari, mariti, amici.
Tornerò al 13 e aiuterò mia madre e Prim. Caccerò per loro e gli altri abitanti del distretto. Farò di questo il mio scopo di vita, e veglierò su Haymitch giorno e notte. Lui rimane l’ultimo legame con Peeta, e non voglio che anche questo vada perduto. Insieme, diventeremo due maledetti ubriaconi che si deprimono per il passato. È deciso.
Mi alzo, ancora sovrappensiero, e comincio a muovermi verso l’esterno dell’edificio.
Sto ancora impugnando il mio arco. Non riesco a separarmene, anche se so che non è più utile qui.
Una mano non proprio delicata mi strattona da dietro, riportandomi alla realtà.
È Plutarch.
“Katniss, ti ho cercata dappertutto! Peeta è vivo!!”
Ma cosa sta dicendo?
Anche lui ha visto il suo corpo senza vita. Un moto d’ira prende il sopravvento in me. Non voglio sentire queste sciocchezze! Riaprono delle ferite ancora aperte, ferite che non si rimargineranno mai.
Abbasso la testa.
“Taci” sibilo glaciale.
“No, ascoltami!” aggiunge, bloccandomi con la sua forte stretta. “Lui è VIVO! Abbiamo catturato uno scienziato mezzo pazzo che farneticava su un infiltrato nel nostro gruppo, un ragazzo grazie al quale sono stati in grado di prevedere le nostre mosse e di mandare a monte il nostro piano.
Il ragazzo era Peeta.
O meglio, un ibrido con l’aspetto di Peeta. Era elaborato per pensare come il vero Peeta, muoversi come lui e persino provare i suoi stessi sentimenti. Quello che abbiamo visto nella foresta fuori dalla città e in televisione con te non era che una copia! Il vero Peeta è vivo, ed è qui da qualche parte.
Prima un soldato mi ha detto di averlo visto aggirarsi un po’ confuso per le stanze del piano terra. E poco fa l’ho visto anch’io, ma non sono riuscito a raggiungerlo”
Un barlume di speranza si accende in me.
Posso credergli e tornare a sperare?
Non voglio tornare ad essere felice per poi rischiantarmi contro l’amara verità.
“Tu.. tu ne sei davvero sicuro? Non mentirmi, ti prego” lo supplico con voce insicura.
“E’ la pura verità, Katniss!” afferma con voce leggermente stridula. Fa una pausa e poi aggiunge dolcemente “Va a cercarlo”
Ora sono io ad afferrarlo in modo brusco per le maniche della divisa.
“Dov’era diretto quando l’hai visto?”
“Stava uscendo nella piazza principale”
Non gli do il tempo di aggiungere altro. Sfreccio fuori dall’ingresso, correndo come nell’arena, quando avevo alle spalle gli ibridi rabbiosi. Ora, però, sono io che rincorro qualcuno.
Non posso ancora credere che questa sia la verità. Tutto il mio corpo è teso, i muscoli degli occhi guizzano da un viso all’altro, cerando forsennatamente dei capelli biondi.
Mi muovo come un’ossessa per la piazza, sentendo accelerare i battiti ogni volta che incontro lo sguardo di qualcuno che somiglia a Peeta. Sto quasi perdendo le speranze quando lo vedo.
E la mia vita riacquista un senso.
Il cuore torna a pulsare e le lacrime scendono, inarrestabili. Mi blocco, sono come pietrificata nel bel mezzo dell’enorme piazza dove per la prima volta ci siamo tenuti per mano durante la sfilata del tributi dei settantaquattresimi giochi.
È proprio mentre sto rievocando questi ricordi che lui incrocia il mio sguardo.
Il cuore salta qualche battito e lascio cadere la mia fedele arma.
Emetto un singhiozzo e comincio a correre verso di lui, che fa lo stesso. Ci separano poche decine di metri, ma sembrano chilometri.
Vorrei correre più velocemente e raggiungerlo all’istante, ma le mie gambe non possono fare più di così.
Quando finalmente lo raggiungo, ci scontriamo e ci uniamo in un abbraccio che vorrei non finisse mai. Ma, sorprendendo tanto lui quanto me, unisco le mie labbra alle sue e lo bacio come non ho mai fatto.
Con l’ardore della passione e la forza della mia nuova felicità.
 
 
 
Nota dell’autrice:
 
Ok, spero che ci sperava in una mia morte violenta alla fine del capitolo precedente si sia ricreduto =)
Era tutto programmato, ma non volevo farvi stare troppo in ansia. E non è stata una strategia per tenervi sulle spine.. in realtà è così che avevo immaginato il libro.
Finalmente è tornato.
Cosa ne pensate allora? Ho avuto un’idea stupida?
Manca solo un capitolo ormai, e la tristezza si fa sentire. È stato un viaggio bellissimo e sono contenta che qualcuno abbia deciso di condividerlo con me e di recensire, dandomi il suo prezioso parere. Come sempre, vi chiedo PER FAVORE di scrivermi cosa pensate. Credo sia una parte importantissima delle storie che scriviamo, le recensioni ci permettono di crescere con le critiche e di gioire con i complimenti.
Perciò vi prego di scrivermi.. anche solo per dirmi “brava” o “fai schifo”. Un parere è un parere, e lo accetterei comunque =)
 
Come al solito, grazie a
POlicOlOr: la prima ad aver recensito e ad avermi fatta sentire autrice =)
amolefossette : che continua a seguirmi e per questo le sono immensamente grata;
Bellador : la mia amica di condivisione.. hehe tu sai a cosa mi riferisco, vero??? E non dirmi “NO mamma patrick dice NO” =)
MatitaGialla per la sua recensione alla mia one shot su Gale e perché sta scrivendo una storia che adoro!
Triskell_ : grazie infinite per la recensione alla one shot su Noi siamo infinito. Credo sia la cosa più bella che qualcuno mi abbia mai scritto. Grazie. La porterò nel cuore per sempre. E grazie dello scambio di mail =)
E grazie anche a herm1998 ,  Little_Hutchers,  Niallhugsme__ , martaj_99,  GossipGirl88,  jepsikat, kyana91,  Marymansi e Petniss e directioner.
 
Tanti saluti, per la penultima volta.
Hernoa Everdeen
  
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