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Autore: BlueButterfly93    19/10/2013    1 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
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Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
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                                 Capitolo 5
                          Lo scoop di Peggy








Quando i primi raggi di sole filtrarono dalla tapparella di quella che ormai da un mese era divenuta la mia stanza, decisi di porre fine all'illusione di poter prendere sonno e con uno sbuffo scalciai le lenzuola. Mi alzai dal letto e mi fiondai sotto la doccia sperando che l'acqua tiepida lavasse via tutta l'ansia racchiusa nel mio corpo. Quella notte il letto sembrava contenere spine al posto delle lenzuola, avevo cambiato posizione infinite volte; a destra, a sinistra, a pancia in sotto, a pancia in sú ma senza mai riuscire a trovare una posizione comoda che mi permettesse di prendere sonno. La realtà però era un'altra, mi sentivo tremendamente in colpa nei confronti di Castiel. Non dovevo permettermi di ficcanasare nel suo passato, non dovevo curiosare alla ricerca di una verità che non mi spettava conoscere. Insomma... Conoscevo Castiel solo da un mese e come io non avevo intenzione di raccontare il mio passato, non potevo pretendere da lui dei racconti dettagliati sulla sua vita. Eravamo diventati quasi amici e stavo per rovinare tutto solo per la mia stupida curiosità. Non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo. In Italia non agivo mai d'istinto, ogni mio comportamento era previsto e calcolato a causa dei miei segreti, dalla mia vera vita da dover nascondere. Non volevo la compassione e l'aiuto di nessuno, non volevo riaffrontare quegli argomenti che avrebbero inevitabilmente riaperto ogni ferita e per questi motivi avevo deciso di tacere, di non mostrare mai curiosità, di non fare mai domande sul passato della gente con cui avevo a che fare.

Ma ora? A Parigi cosa era cambiato? 

Da qualche giorno avevo iniziato a pormi quella domanda senza mai riuscire a trovare risposta. Forse era l'aria misteriosa di Castiel, forse tutti quegli strani termini che sia lui che Nathaniel avevano pronunciato o forse era semplicemente l'aria di quella città a farmi cambiare, ma sentivo proprio la necessità di conoscere più dettagli sul suo passato. Nessun ragazzo aveva mai attirato così tanto la mia attenzione, ammisi. 

Per la prima volta dopo un mese, quel giorno indossai una semplice felpa sportiva verde, dei jeans e un paio di Vans. Per la prima volta dopo anni non avevo l'umore adatto per indossare tacchi e minigonna. Mi stupii di me stessa. 

Durante il tragitto verso scuola erano tanti i sentimenti che mi travolgevano e tra tutti: l'ansia, il timore e la rabbia erano quelli sovrastanti. A breve avrei perso l'unica persona che sentivo più vicina in quel mese di liceo. E avevo fatto tutto da sola per perderlo. Ero incredibilmente masochista, non c'era nient'altro da dire.

Oltre ai sentimenti negativi era parecchio presente anche la curiosità. Ero curiosa e nervosa allo stesso tempo nei confronti di Peggy. Ero curiosa di vedere con i miei stessi occhi fin dove si potesse spingere la fantasia di quella ragazza pur di avere successo con il suo giornalino patetico. Ero nervosa perché avevo la percezione che avesse inventato tante falsità.

Quando mi ritrovai davanti al Dolce Amoris le mani iniziarono a sudare e ad avere un leggero tremolio per la forte tensione accumulata dal giorno precedente. Non sapevo cosa mi aspettasse oltre quella porta. A breve avrei scoperto parte del passato di Castiel in un modo squallido. L'avevo combinata grossa, io stessa non mi sarei perdonata se fossi stata Castiel. 

Ingoiai il grosso groppo formatosi in gola e mi feci coraggio per entrare. Appena varcata la soglia notai i primi cambiamenti. Quasi come se ci trovassimo in una sfilata, man mano che camminavo diretta verso l'aula, tutti gli studenti accanto ai loro armadietti si voltarono per guardarmi. Peggy aveva ragione. Ero appena diventata "la star del liceo" per un giorno. Ma c'era un piccolo particolare che la fastidiosa giornalista aveva ignorato. Essere al centro dell'attenzione era l'ultimo dei miei desideri. Percepii un lieve calore sulle mie guance, abbassai il volto e alzai sulla testa il cappuccio della felpa per nascondermi. Nonostante il mio modo di vestire abbastanza provocante, non avevo mai amato avere tutti gli occhi della gente puntati addosso. O meglio, mi faceva piacere averli qualora mi avessero guardata per l'aspetto fisico o per l'abbigliamento, ma non per altro. Non avevo mai lasciato sfuggire niente sulla mia persona, sui miei affetti e sul mio passato ma la situazione a Parigi mi era sfuggita di mano. 

E non sapere cosa diavolo contenesse quel giornalino del cavolo m'irritò ancora di più. Dove avrei potuto trovarne una copia?

Non feci neanche in tempo ad alzare il volto per guardarmi intorno alla ricerca del mio oggetto del desiderio che questo mi venne sbattuto letteralmente in faccia da qualcuno. Restai sbigottita. Ignorai il lieve bruciore dell'impatto con la carta e cercai di capire chi avrebbe mai potuto compiere un gesto così brusco. 

Ovviamente Castiel Black. 

«Razza d'imbecille, vieni con me!» digrignò i denti, afferrò il mio polso e dopo aver raccolto il giornalino che dopo l'impatto col mio volto era finito sul pavimento, mi guidò in una stanza buia in cui non ero mai stata prima di allora.

Quando entrammo nella stanza Castiel sbatté la porta per scaricare parte della sua rabbia e subito dopo lasciò il mio polso. Sentii uno strano senso di vuoto pervadermi quando il suo tocco terminò, ma lo scacciai. Si voltò verso una piccola finestra e quando aprì lievemente la persiana entrò uno spiraglio di luce che mi fece intravedere gli attrezzi utilizzati dagli addetti per pulire.

"Vuoi vedere che..."

«Oh mio Dio... Questa è la stanza che penso io?» sgranai gli occhi e mi portai istintivamente la mano sulla bocca spalancata per la sorpresa.

«Non sei nella situazione di poter fare battute. Smettila di fare la bambina innocente del cazzo». 

Come avevo ben previsto era furioso per quello che avevo combinato. Mi zittii e non fiatai attendendo un qualsiasi suo accenno. Farlo innervosire maggiormente non era nelle mie intenzioni.

Eravamo in quel famoso stanzino. Proprio lì dove Castiel portava Ambra e chissà chi altro quando una certa voglia lo assaliva. Cercai di accantonare il fastidio che inevitabilmente invase ogni cellula del mio corpo ed evitai di guardarmi intorno. Non volevo essere portata dove erano state tutte. Io non ero "le altre". Ero una sua amica, giusto? Quindi non vedevo il motivo per il quale dovesse portarmi proprio lì. Scossi la testa per allontanare quel pensiero. Dovevamo semplicemente parlare, anzi doveva semplicemente urlarmi contro, e non poteva farlo davanti a tutti solo per quel motivo era stato costretto a portarmi in quella stanza. 

«Spiegami cosa cazzo è girato al tuo cervello grande quanto una nocciolina quando hai deciso di creare tutto questo casino» 

Deglutii rumorosamente ed abbassai il volto. Non sapevo cosa dire, meritavo da parte sua tutti gli insulti possibili e immaginabili. Così decisi di rispondere con il silenzio. Mantenni il volto basso, non riuscivo a guardarlo negli occhi. Ringraziai mentalmente il cappuccio della felpa che in quel momento utilizzai come scudo. Provavo una vergogna assurda per me stessa. Avevo avuto un comportamento da pazza e da irresponsabile. Castiel mi aveva persino avvertita di stare lontana da Peggy ed io invece cosa avevo fatto? Ero andata a chiedere informazioni private alla persona sbagliata.

«Era il mio passato che t'interessava? Eccolo!» sbraitò gettandomi nuovamente il giornalino addosso. Quella volta non colpí il volto ma il busto.

Lo sollevai da terra, lo strinsi tra le mani e guardai per qualche secondo Castiel. Per la rabbia si era portato entrambe le mani sulla testa, tra i capelli rossi, ed inevitabilmente la maglietta nera -che portava sotto al suo inseparabile giubbotto di pelle- si era sollevata mostrandomi parte dei suoi muscoli a forma di V che terminavano sotto il bordo dei suoi jeans. Non era il momento di contemplarlo ma era incredibilmente bello anche da nervoso, non potevo negarlo. Nel mese trascorso in quel liceo, al suo fianco, non mi ero mai fermata ad osservarlo come invece mi accadde in quel momento. Non lo stavo più guardando con gli occhi di un'amica, non lo stavo considerando solo un bel ragazzo come capitava di pensare per Ciak, no. Appena la mia mente aveva affiancato quell'aggettivo alla sua persona, il cuore aveva iniziato a battere più veloce del solito. Per quale motivo? Lui era il mio quasi amico...

Scossi la testa e spostai lo sguardo per evitare distrazioni. Senza proferire parola abbassai lo sguardo verso le mie mani e finalmente ebbi il coraggio di guardare quel giornalino che avrebbe cambiato inevitabilmente qualsiasi genere di rapporto avuto fino a quel giorno con Castiel. 

Mi stupii di vedere una foto di Violet sulla copertina ricoperta di lividi e Castiel affianco a lei con entrambe le mani sulle sue spalle. Aggrottai la fronte quando lessi il titolo che introduceva il contenuto dell'articolo: "La storia si ripeterà di nuovo?!?"

Cosa voleva dire tutto questo? Sollevai per un attimo lo sguardo in direzione di Castiel e lo sorpresi fissarmi con un'espressione corrucciata e le braccia incrociate. 

Il silenzio fece da padrone. Persino anche lui aveva smesso di urlare e d'insultarmi. Così approfittando di quella quiete improvvisa mi decisi di aprire il dolce journal. Saltai gli articoli e le informazioni che non m'interessavano fino ad arrivare a quel titolo che attirò subito la mia attenzione e nello stesso tempo mi fece rabbrividire.

"CASTIEL, MIKI, NATHANIEL: IL NUOVO TRIANGOLO DEGLI ORRORI". 

Quelle otto parole non premettevano nulla di buono. Con la mano libera portai all'indietro un ciuffo di capelli come gesto di puro nervosismo. Avevo quasi paura di leggere il contenuto dell'articolo.

«Sbrigati a leggere. Non ho tutta la giornata a disposizione da perdere con te» m'incitò Castiel con un tono di pura rabbia. 

Feci un grande respiro, chiusi gli occhi per un millesimo di secondo e dopo averli riaperti iniziai finalmente a leggere.




Come noi tutti sappiamo, un tempo non poi molto lontano Castiel Black e Nathaniel Daniels erano migliori amici. Si conobbero sin dai tempi della scuola dell'infanzia e da quel giorno non si separarono più. Tutti invidiavano il loro legame; non erano dei semplici amici, erano come due fratelli. Ma anche il loro rapporto, a quanto pare, non era poi così forte come tutti credevano. Era bastata una persona per separarli. Dopo la "famosa lite" Nathaniel sembrò rifiorire. Divenne la persona seria e distinta che tutti noi oggi conosciamo. Colui che ricevette il colpo più duro fu invece Castiel che in poco tempo aveva perso le due persone più importanti della sua vita. Il suo andamento scolastico precipitò e con quello anche la sua autostima e simpatia lasciando il posto alla persona scorbutica, arrogante e prepotente che è ancora oggi. Iniziò a frequentare compagnie poco raccomandabili, ad entrare in giri illegali non confermati, ancora oggi, ma ciò che a noi interessa è la violenza e l'abuso nei confronti della povera Violet Picard. Fu con quell'episodio che toccò il fondo. Fortuna volle che quel giorno, casualmente, passassi proprio io per quel vicolo e senza farmi vedere dai diretti interessati scattai una foto che portai direttamente alla prima caserma e denunciai il delinquente. Castiel Black, all'epoca ancora minorenne, non essendo stata confermata la violenza dalla diretta interessata, fu semplicemente condannato ai servizi sociali grazie alla mia foto. Sebbene la condanna fu misera la vostra Peggy e o non è stata una vera eroina?!? Certo che lo è stata. Senza di me non avrebbe avuto neppure una sanzione minima. Ma questa storia non è nuova, la conoscete già. Leggete e udite, ragazzi. Il vero scoop della giornata è un altro. Pare che Castiel sia tornato all'attacco e abbia abboccato una nuova preda: Miki Rossi, la nuova arrivata al Dolce Amoris. A raccontarmi gli avvenimenti è stata proprio la diretta interessata che impaurita dalle voci su Castiel è venuta a confidarsi con me. I due, Castiel e Miki, sono già usciti insieme un paio di volte e fonti attendibili hanno affermato di aver visto la bella Miki frequentare casa Black assiduamente. Pare anche che il bad-boy si comporti bene con lei, in attesa di poter ricevere ciò che più brama, ovviamente. Ma non siamo poi così sicuri che Castiel riuscirà nel suo intento, questa volta. "Castiel Black ottiene sempre quello che vuole!" starete di sicuro pensando. Vero, ma non se qualcuno gli darà del filo da torcere. E colui che s'intrometterà sarà niente poco di meno che Nathaniel Daniels, Signori. La nuova arrivata ha fatto breccia nel cuore del segretario delegato e pare che i due, anche se tra alti e bassi, si stiano frequentando. Caro Black, ti converrà riguardare il piano o ancora meglio ritirarti. Non riuscirai nel tuo intento questa volta, Daniels difenderà Miki con tutto se stesso. Qualora vedeste atteggiamenti sospetti, non abbiate paura, venite a confessarmi ogni cosa. Le persone come Castiel  Black devono essere punite. 

Continuate a seguire le vicende del triangolo, v'informerò di ogni novità. Ne vedremo delle belle.

Peggy Lefevre





La gola mi si seccò davanti a tutte quelle informazioni che la mia mente aveva recepito. Castiel e Nathaniel erano migliori amici, un tempo. Chi l'avrebbe mai detto? Avevano litigato a causa di una persona, non mi era dato sapere altro. I dubbi, le domande e la curiosità aumentarono a dismisura dopo aver appreso quelle mezze verità, ma avevo imparato la lezione. Prima o poi sarei riuscita a conoscere la verità, ma non dovevo affrettare le cose. Si trattava solo di pazientare un po' di tempo per poi chiedere ai diretti interessati. Mi avrebbero risposto, ne fui sicura.

Castiel aveva apparentemente abusato di Violet, la ragazza dai capelli viola sempre silenziosa della mia classe. Avrei tanto voluto avere un dialogo con lei per capire meglio. Mi promisi di provarci una volta usciti da quella stanza. Non seppi se fu un bene o un male, ma non credevo neanche ad una parola di quella storia. Castiel non era uno stupratore, ne ero convinta e come Peggy aveva inventato la storia del presunto triangolo, aveva inventato anche la storia della violenza. O perlomeno aveva cambiato parecchi dati e fatti. Doveva esserci una spiegazione differente anche per la foto presente sulla copertina. 

Dopo aver riordinato i pensieri alzai il volto e guardai il rosso di fronte a me. Continuava a fissare il giornalino tra le mie mani con un'espressione pensierosa, sembrava essersi calmato. Se avessimo avuto più confidenza, o un altro tipo di rapporto sarei corsa ad abbracciarlo per dimostrargli il mio sostegno. Avrei tanto voluto farlo sebbene sapessi che lui mi avrebbe allontanata, ma i piedi restarono incollati sul pavimento di quello stanzino.

Così tentai un'altra via per mostrargli il mio pensiero «Cas... C-Castiel...» pronunciai a bassa voce e a stento.

Alzò il volto e per un breve istante ci guardammo dritti negli occhi, poi abbassò lo sguardo quasi vergognandosi per ciò di cui era stato accusato.

«Che c'è ancora?» mi disse con un tono rassegnato, come se già sapesse che anch'io l'avrei accusato. 

Mi fece tenerezza quell'accenno di umanità mostrato per un istante. Doveva aver passato dei momenti pessimi per colpa di fraintendimenti e per colpa di persone che non gli avevano concesso il beneficio del dubbio. Tutti avevano pensato di additarlo, accusarlo e allontanarlo. Nessuno si era chiesto il vero motivo per il quale Violet non aveva confermato la storia, o il motivo per il quale Castiel non aveva ricevuto una condanna più grave di quella. Per tutti c'era stata solo una versione della storia, era facile seguire la massa. Me lo immaginai solo e abbandonato al suo destino. Castiel non era una persona propensa a chiedere aiuto, anzi al contrario allontanava le persone nei momenti di maggior bisogno. In quei giorni avevo imparato a conoscerlo meglio, anche se ancora avevo molto da scoprire su di lui. 

«Ecco io... Io n-non credo a Peggy» abbassai il volto sospirai e facendomi forza continuai «può essere che io non abbia capito niente, ma non posso crederle. So di essere arrivata da poco qui, di non sapere molto sul tuo conto, ma il mio istinto mi suggerisce che sei innocente. Nei tuoi occhi non leggo cattiveria. Beh... sì, sei stronzo e hai modi bruschi ma questo non fa di te uno stupratore. Sono sicura ci sia ben altro dietro a questa storia».

Davanti alle mie parole alzò di scatto la testa e mi fissò sorpreso. Alzai anch'io lo sguardo e gli sorrisi sinceramente. Ci dividevano molti centimetri, avrei voluto accorciare le distanze ma da vera codarda restai immobile lì dov'ero. Non ero ancora pronta ad ammettere la verità su ciò che Castiel mi provocava. 

«Resta il fatto che avresti dovuto evitare d'immischiarti in affari che non ti riguardano» riassunse l'aria da duro.

Ovviamente non poteva rispondere diversamente, non poteva ringraziarmi per la mia fiducia cieca nei suoi confronti, no. Lui era Castiel Black. 

«Hai ragione, m-mi dispiace... Scusa, non accadrà più» decisi di non chiedere spiegazioni su quella storia. Gli avrei chiesto la sua versione dei fatti in un secondo momento. Per quel giorno se n'era già parlato abbastanza.

«Vorrei vedere...» sollevò le sopracciglia prendendosi gioco di me.

«E' solo che... Nathaniel continuava ad avvertirmi, diceva cose molto brutte di te e mi sono trovata a voler scoprire di più visto che lui si ostinava a non volermi rivelare niente» decisi di essere sincera con lui, lo meritava. Infondo non sembrava essersela presa troppo per quella storia.

Sorrise amaramente «Ah! Quel delegato di merda... Non perderà mai il vizio di parlarmi alle spalle. Avrei dovuto immaginarlo» quasi urlò e la rabbia s'impossessò nuovamente di lui. Si voltò di spalle e s'incamminò verso la porta.

«I-io... non riesco a capire perché vi odiate così tanto» sussurrai. 

«Ed io non riesco a capire perchè non hai chiesto spiegazioni direttamente a me. Hai per caso paura di me?» Mi stuzzicò proseguendo la sua camminata lenta verso la porta.

«Mi avresti risposto? Insomma... Sii sincerto Castiel, non mi avresti mai detto niente. E poi... non so se hai ascoltato o meno, ma ti ho appena detto che credo nella tua innocenza. Per quale motivo dovrei avere paura di te?!?»

Non rispose, si rese conto di essere nel torto. 

«Comunque non hai ancora risposto alla mia prima domanda» gli ricordai.

Si bloccò e senza voltarsi rispose «non sono affari tuoi. Non intrometterti più, è già bastato tutto questo» chiarì con tono autoritario gesticolando. 

«Ti ho chiesto scusa più volte. E' inutile ripetermi sempre la stessa frase» non aveva ancora capito quanto fosse inutile impartirmi ordini. Non li avrei eseguiti. Avevo intenzione di scoprire la verità in un modo più intelligente, senza scatenare il caos. Poteva non essere quel giorno, ma prima o poi sarebbe accaduto e sperai di scoprire ogni cosa grazie a lui. Avrei tanto voluto si confidasse con me.

Quando poggiò le mani sulla maniglia della porta per andare chissà dove, mi pervase un senso d'inquietudine. Non volevo abbandonasse quella stanza; non volevo abbandonasse me. 

I piedi si mossero da soli, non ero più padrona del mio corpo, e mi portarono a pochi passi da lui. Senza aspettare ancora gli cinsi il busto con le mie braccia, posai la testa sulle sue spalle e chiusi gli occhi. Stavo abbracciando Castiel Black per la prima volta. Lui s'irrigidì ma al contrario delle mie aspettative non scansò le mie braccia. In quei secondi avrei tanto voluto osservare il suo volto ma non potei farlo, lo stavo abbracciando di spalle. 

Improvvisamente sentii il bisogno incessante di piangere, avevo accumulato troppa tensione in quei due giorni e nello stesso tempo avevo sbagliato troppe cose. Mi sentivo incredibilmente in colpa nei suoi confronti. Non volevo riaprire una sua ferita, non pensavo ci fossero fatti così gravi di mezzo. Non volevo che tutti ricordassero o che lo giudicassero ancora. Così senza volerlo una lacrima bagnò la sua maglietta e subito dopo se ne susseguirono delle altre permettendomi di liberarmi, in quel modo, di tutta l'ansia. Ero più sensibile del solito in quel periodo, diedi la colpa anche al secondo giorno di ciclo mestruale. 

«m... Mi dispiace» sussurrai per l'ennesima volta singhiozzando. 

Lui non rispose a parole, non era bravo con quelle, ma lo fece con un gesto che mi sciolse completamente.

Non sapevo quali emozioni si potessero provare ad essere tra le sue braccia possenti, non ancora visto che ad abbracciarlo fui unicamente io, ma quel giorno scoprii cosa si provava ad essere sfiorata da lui. Quando poggiò la sua mano sulla mia e con il pollice accarezzò dolcemente il mio palmo sentii strane scosse lungo la schiena e sia sul punto in cui il suo pollice mi stava accarezzando. Cercava di calmarmi con quel gesto, ma non capiva che invece mi stava agitando sempre di più. 

Non avevo mai provato quelle sensazioni per nessuno prima d'allora. 

Ciak aveva fatto mille volte quel gesto, aveva stretto la mia mano, mi aveva accarezzata, ma mai aveva suscitato in me le stesse sensazioni di Castiel. Il mio passato mi aveva portata a stare lontana dagli uomini e da qualsiasi tipo di sentimento oltre all'amicizia. Non volevo soffrire. Perciò mi ero sempre paragonata ad un computer con un bisogno costante di un antivirus. Il mio peggior nemico era il virus dell'amore. Pensavo di avere un ottimo antivirus fino a quel momento. Insomma non era grave provare una qualche attrazione per un ragazzo, no? Ero umana. Non rischiavo di essere contaminata in futuro con virus più gravi. Vero?

Quando mi resi conto di star stringendo troppo la presa, l'allentai e dopo essermi assicurata di non piangere più mi staccai completamente dal suo corpo. Mi dispiacque allontanarmi da lui, ma non potevo mettermi in ridicolo, avevo già dato spettacolo abbastanza. 

Gli sfiorai lievemente il braccio per fargli intuire di voltarsi verso di me e lui lo fece. Finalmente dopo minuti infiniti riuscii a vedere il suo volto. Sembrava essersi rilassato quasi completamente, non avevo mai avuto l'occasione di vedere quella sua espressione e restai ammaliata dal suo sguardo. Non trasmetteva più il solito astio. I suoi occhi in quel momento erano di un grigio chiaro, tendenti all'azzurro, mi trasmisero pace. 

«Resta con me» pronunciai dando vita ai miei pensieri. Non avevo nessuna intenzione di tornare tra i corridoi o in aula dove tutti avrebbero giudicato, o avrebbero posto domande scomode. 

Perché lì con lui avevo trovato la mia pace. Sapevo fosse una situazione temporanea; che lui sarebbe tornato ad essere quello di sempre, ma per il momento non volevo pensarci.  

«Come?!?» gli spuntò sulle labbra il solito ghigno provocatorio e fece finta di non capire la mia richiesta.

«Ti va di restare qui con me tutto il giorno?» ripetei sorridendo.

«Da quando Micaela secchiona Rossi marina la scuola? Non dovresti frequentare cattive compagnie, t'influenzano negativamente» apparì di nuovo quel ghigno sulla sua bocca e mi scherzò facendo un chiaro riferimento a se stesso come mia cattiva compagnia.

Senza aggiungere altro si distese sul pavimento di quel posto utilizzando uno scatolone come cuscino e chiuse gli occhi. 

Io restai immobile di fronte alla porta ad osservare Castiel da lontano. Evidentemente dovette sentirsi osservato perché aprì un occhio e «hai intenzione di stare lì impalata per tutto il giorno?!?»

Sbuffai e senza rispondere a parole andai verso di lui e mantenendo una giusta distanza di sicurezza mi sedetti, sollevai le gambe e ci poggiai la testa sopra. 

Un silenzio imbarazzante faceva da padrone, ma dopo un po' ci pensò lui a spezzarlo. Lo ringraziai mentalmente.

«Come intendi trascorrere le restanti ore chiusi qui dentro? Con il gioco del silenzio?» ogni frase pronunciata era una provocazione. Incredibile, il ragazzo. 

Nel frattempo aveva ben pensato di alzarsi e di mettersi nella mia stessa posizione con l'unica differenza che lui divaricò le gambe e poggiò la schiena al muro dietro di lui. 

L'una di fronte all'altro.
Quaranta centimetri a dividerci all'incirca.
Occhi negli occhi.
Troppa poca distanza per poter respirare normalmente.
Si creò una strana tensione nell'aria.

«Beh... non sarebbe una cattiva idea» ero rapita dai suoi gesti, sembrava quasi non riuscissi più a ragionare lucidamente.

Eravamo l'uno di fronte all'altra a meno di un metro di distanza. Troppo vicini per non commettere cavolate. Avevo quel chiodo fisso in testa.

«Se devo annoiarmi preferisco andare ad occupare il mio tempo per fare altro» alzò e abbassò ad intermittenza le sopracciglia quando pronunciò le ultime due parole. Con quel gesto ad accentuare la frase, fu facile capire cosa intendesse con "fare altro". 

«Potremmo... Parlare?!?» neanch'io credevo alle parole che pronunciavo.

«Parlare mi annoia, al momento. Credo potresti trovare qualcosa di più interessante da fare, vero Micaela?» avvampai davanti alla sua allusione e davanti al suo sguardo che con il passare dei secondi cambiava sempre di più. 

Il mio nome per esteso pronunciato dalla sua voce roca sarebbe dovuto essere illegale per quanto suonava bene.

«Cr-credo di sì...» lasciai la frase in sospeso ed arrossii maggiormente. Sembrava quasi stessi leggendo un copione, come se fosse già tutto scritto, come se lui già sapesse cosa volessimo entrambi e cosa sarebbe accaduto da lì a poco. Lo testimoniò l'allargarsi del suo sorrisetto sul volto. 

«E allora non farmi aspettare molto» mantenne quel tono di voce che non avevo mai sentito da lui prima d'allora. 

Emanava lussuria, necessità di avere un contatto. 

Non seppi bene come la situazione cambiò, come fece ad avvicinarsi così tanto a me tanto da riuscire a sentire il suo respiro sul volto, il suo fiato sul collo. Fatto stava che mi accorsi di desiderare quel momento sin dall'inizio, sin da quando avevo sostenuto di odiare quel ragazzo con tutta me stessa. 


«Baciami!» pronunciai con voce roca sorprendendo entrambi.


«Cos...» forse da parte sua era partito tutto come un gioco, per capire come avrei reagito davanti alle sue provocazioni, ma non m'importava. Desideravo quel momento. Volevo accadesse per davvero.


«Baciami e basta Castiel»

  
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