Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: Fish_789    22/10/2013    3 recensioni
Santana era esausta. Aveva camminato per chilometri, concedendosi poche, accurate pause. Ma non c’era mai stato il tempo di riposarsi. Se si fosse fermata troppo a lungo in un luogo, il suo odore avrebbe attirato spiacevoli incontri: era sola, quasi disarmata e non aveva la più pallida idea di dove le sue gambe la stessero conducendo. Cambridge non è esattamente un posto adatto nel quale cercare rifugio, quando ci si trova in mezzo a un agglomerato di villette che si estendono per miglia e sei consapevole che uno di quei cosi, potrebbe assalirti da un momento all’altro. Uno zombie.
Genere: Azione, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Nuovo personaggio, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

                                                    Capitolo 2

Rimase a fissare il cielo per qualche minuto. L’alba aveva conquistato la notte e il rosso acceso risplendeva sulle strade deserte di Cambridge. Un nuovo giorno. L’inizio dell’ennesima lotta. Si chiese cosa avesse fatto di male l’umanità per meritarsi un piaga di quel tipo. Per caso era stata una punizione divina voluta dal cielo? Era da ormai quattro mesi che infuriava l’epidemia e ancora nessuno era riuscito a trovare una cura o un antidoto per fermare l’infezione. Non si capiva da dove fosse partita. Qualcuno bofonchiava qualcosa riguardo l’Africa, altri blateravano su un virus che era arrivato dall’Europa, i più fantasiosi sostenevano che fosse il risultato di un test condotto su un paio di soggetti in Giappone che non era andato a buon fine. Ma erano tutte parole, ipotesi infondate. Non c’era nulla di basilare in quelle affermazioni. E lui era stanco di lottare. Come tutti, dal resto. Stanchi di fuggire, di dover passare il tempo costantemente armati, di uccidere senza sosta. Si grattò la nuca e poggiò il bicchiere sul davanzale. Si pulì le labbra col dorso della mano. Quando quella guerra, avrebbe conosciuto una fine?
 
 Le prime volte che Brittany aveva usato una pistola, pensava che si sarebbe sentita sporca. Pensava che avrebbe vissuto con il tormento di aver ucciso, per il resto della vita. Ma non fu così. Sensazioni di questo tipo non la sfiorarono nemmeno. Si accorse che uccidere le veniva tanto naturale, che dopo pochi giorni era diventata una routine. Uscivi di casa? Ti portavi la pistola dietro. Sempre. Anche se alla fine l’allarme generale e il coprifuoco erano durati circa un paio di giornate e poi era scoppiato l’inferno ed era stato un continuo fuggi-fuggi. I suoi genitori non li aveva più visti. Erano usciti una mattina per fare la spesa e non erano più tornati. Letteralmente. Lei si era presa cura di suo fratello e capito l’andazzo, aveva imbracciato il fucile da caccia di suo padre e insieme a Puck erano scappati.  Senza una meta ben precisa, ma con la certezza di voler continuare a vivere. E quello era bastato.

“Britt?”

“Mmm?”

“Chi è la ragazza che è arrivata?”

“Una ragazza.”

Il piccolo storse il naso e si girò verso la sorella, alla ricerca del suo volto immerso nel buio della stanza.

“Lo so che è una ragazza. Ma da dove arriva?”

“Da Lima. Come noi.”

“Veramente? Come me, te e Noah! Magari ha visto mamma e papà. Forse li ha incontrati. Britt gliel’hai chiesto?”

Brittany sorrise. Matthew chiedeva sempre, ogni qualvolta ci fosse l’occasione, notizie sui loro genitori. La ragazza non poteva semplicemente dirgli che probabilmente non li avrebbe mai più rivisti e che a quest’ora, sempre ammesso che fossero ancora vivi, non vagassero per le strade alla ricerca di carne umana. Lo avrebbe traumatizzato. Aveva appena sette anni.

“No, ma tra un pò potrai domandarglielo tu. Ora dormi pulce.”

“Non ho sonno.”

“Conta le pecore.”

“Le pecore sono noiose.”

“Prova con i canguri.”

“I canguri? Mi stanno antipatici.”

“Gli ippopotami?”

“Troppo grassi.”

“Le libellule?”

“Si, le libellule mi piacciono!”

“Ecco allora. Buona notte.”

…….

“Ho sete.”

“Dio, che strazio! Vado a prenderti un bicchiere di latte, poi però o ti metti a dormire o ti soffoco con le mie stesse mani!”

“Grazie Britt.”

Il piccolo sorrise soddisfatto nelle tenebre; la ragazza sospirò e si alzò dal materasso. Tastò l’aria strizzando gli occhi. Non si vedeva nulla. Raggiunse lo stipite della porta, e la aprì. Infilò il naso nel corridoio. La cucina era illuminata.  Sgattaiolò sul tappeto cercando di fare il meno rumore possibile e sporse il viso nella stanza.

“Puck, tutto bene?”

“Ehi Britt. Si, mi ero alzato per un po’ di latte. Tu?”

“ Stesso identico motivo. Da quando hai rifilato questo vizio a Matt, credo che nell’arco di un paio di settimane riuscirà a sostituire il latte all’acqua.”

“Be, fa bene alle ossa.”

Il ragazzone sorrise all’occhiata lancinante di Brittany.

“Dobbiamo fare un salto a Boston. Abbiamo quasi finito le riserve di cibo.”

“Posso andare io, se vuoi. È già l’alba, se uscissi adesso farei un viaggio meno movimentato.”

La ragazza riemerse dal frigo col cartone di latte in mano.

“Si, sarebbe una buona idea. Ti scrivo una lista delle cose da prendere. Tu intanto porta il latte a Matt, o rischia di avere una crisi epilettica.”

Puck ridacchiando sfilò il contenitore dalle mani della ragazza, riempì un bicchiere e scivolò fino alla camera del bambino. Noah era possente, ma sapeva muoversi in modo silenzioso. Quando erano fuggiti dall’Ohio, avevano girovagato per alcune settimane, prima di stabilirsi a Cambridge. Il ragazzo aveva imparato a sue spese che più si era rumorosi, più si avevano grattacapi. Sapeva gestire la sua mole almeno quanto Brittany sapeva muoversi in modo aggraziato.

“Ehi campione!” sussurrò.

“Zio Puck!”

“Ti ho portato il latte”

Il bambino scese dal letto zompettando  e ingoiò in una sola sorsata tutto il contenuto del bicchiere.

“Ma così ti farai venire mal di pancia.”

Si leccò le labbra e scosse la testa.

“No, tanto sono abituato. Zio Puck?”

“Si?”

“Sai per caso qualcosa su quella nuova?”

“Quella nuova?”

“La ragazza che dorme sul divano.”

“Oh….no, perché ti interessa?”

“Magari lei ha visto i miei genitori. Magari sa dove sono.”

Noah vide gli occhietti del piccolo riempirsi di speranza.

“Sono sicuro che li ha incontrati, sai?”

Matthew si ravvivò subito.

“Davvero?”

“Certo. Ora però torna a letto, io esco per fare un paio di commissioni, non fare arrabbiare Britt e comportati da ometto.”

“Poi torni vero?”

“Sicuro. Qua il pugno.”

Matt battè il pugno contro quello del ragazzo. Puck gli lasciò un bacio in fronte e lo spedì sotto le coperte.

 *********
 
“Noah, tieni il foglietto.”

Brittany  gli porse un post-it giallo.

“Allora, cerca di prendere quanta più frutta e verdura, specialmente adesso che siamo uno in più, raccimola acqua, pane e pasta e se riesci scova un pacco di gelati, che Matthew rompe da due settimane; non ti scordare i medicinali e un flacone di detersivo che altrimenti il bucato ce lo scordiamo. Queste erano le cose principali, ma è comunque tutto scritto qua.”

“Va bene. Altro, hai controllato se ci servono vestiti, sapone, dentifricio…?”

“Si ho guardato, per il resto abbiamo scorte sufficienti. Ah magari prendi alcune uova dal contadino, non le mangiamo da settimane. Vai e mi raccomando, per favore” gli prese il viso tra le mani di modo che la guardasse “non fare cavolate.”

Puck si sistemò il fucile a tracolla e mise il biglietto nella tasca posteriore dei jeans.

“Tranquilla mia donzella. Entro mezzogiorno sarò da te.”

Le lasciò un bacio sulla guancia e in un attimo si era già riversato in strada, lasciando Brittany con il solito stato d’ ansia.
 
*******

“Blainnnn!”

“Dimmiiiii.”

“Zio Puck è uscito e Brittany è in salotto a leggere. Io mi annoio, da solo. Puoi giocare con me?”

“Non adesso Matt. Ho alcune cose da fare.”

“Che barba! Posso giocare ai videogiochi?”

“Mezz’ora, non un minuto di più! Sai che poi Britt si arrabbia.”

“Si lo so. Grazie.”

Matthew si appollaiò sul pavimento della sua stanza e accese la console collegata al televisore. Blaine si sporse in salotto.

“Britt, Matt è in camera, io scendo nello scantinato a fare un po’ di esercizi” lanciò un occhiata alla ragazza stesa sul divano “non sarebbe il caso di svegliarla?”

Brittany volse lo sguardo alla figura addormentata placidamente.

“Adesso ci penso io. In effetti sono le dieci, magari se non si alza entro mezz’ora la sveglio. Almeno non salterà il pranzo.”

Blaine annuì,  si voltò e canticchiando, sparì in fondo al corridoio.
Brittany rimase a guardare la sagoma incappucciata sotto le coperte.

“Così però morirà di caldo.”

Si alzò lasciando il libro a terra e si avvicinò al fagotto accovacciato scompostamente sul divano. Delicatamente cercò di liberare la ragazza dalla coperta aggrovigliata disordinatamente al suo corpo, senza svegliarla.

“Mmmmm….Brittany?”

Brittany sorrise dolcemente.

“Mi dispiace, non volevo svegliarti.”

La mora aprì gli occhi e Brittany potè giurare di aver sentito lo stomaco sprofondarle inspiegabilmente dentro la pancia in un gesto spiazzante.

“Buongiorno. Riposata?”

“Assolutamente” rispose soffocando uno sbadiglio e dedicandole un leggero sorriso. Strizzò gli occhi facendoli abituare alla semioscurità della stanza, rischiarita da qualche spicchio di luce.  Era sicura di aver dormito abbastanza tempo da trovare il sole sorto al suo risveglio. Ma allora perché la stanza sembrava buia?

“Bene. Perché…”

“Britt?”

La bionda si voltò verso la voce del fratello.

“Che c’è?”

“La console non va. Deve essersi scollegato qualche filo. Puoi venire a…Oh! Si è svegliata!”

Il bambino si avvicinò corricchiando al divano.

“Io sono Matt. Come ti chiami?”

La mora sorrise sorprendendosi anche della presenza di un bambino: le sembrava di vederci sua sorella, sempre allegra e spigliata.

“Ciao. Io sono Santana.”

“Mi piace il nome Santana….” disse scrutandole il viso alla ricerca di qualche particolare interessante “hai gli occhi neri…” esclamò sorpreso “sono proprio scuri. Io invece ce li ho chiari, come Brittany.”

Santana sorrise facendo passare lo sguardo tra i due: oltre a qual particolare avevano anche gli stessi capelli biondi e la stessa fisionomia del viso.

Matthew sembrò ricordare all’improvviso qualcosa. Alzò le sopracciglia e distese la bocca in un espressione sorpresa.

“Hai per caso visto i nostri genitori? ” domandò mentre stringeva i bordi della maglietta tra le mani “da quando siamo partiti da Lima, non li abbiamo più rivisti ”

Brittany gelò sul posto. Santana corrucciò la fronte notando che si fosse irrigidita come aveva fatto la notte precedente.

“Giusto” mormorò Matt con aria instupidita portandosi una mano alla fronte, “non sai come sono fatti. Allora sono entrambi alti, magri….”

Mentre parlava mimava ciò che le stava descrivendo con gesti enfatici e la ragazza, accigliata, guardò Brittany interrogativamente che, con l’aria seria, mosse lievemente il capo in verticale. Come a imitare un si. Santana riportò lo sguardo su Matthew che stava elencando concentrato le caratteristiche dei loro genitori e lo interruppe sentendo su di se l’intensità dello sguardo della bionda.

“Li ho visti.”

Il bambino si bloccò spalancando gli occhi e mettendosi a saltellare sul posto visibilmente eccitato.
 
“Davvero, davvero, davvero?” domandò a raffica.
 
Santana si sforzò di sorridere annuendo.

“Visto Britt?”

Brittany piegò le labbra in una smorfia intraducibile.

“Sei sicura che fossero loro?”

“Si insomma coincidono alla tua descrizione, biondi, alti, magri…”

“E dov’erano? Com’erano, stavano bene?”

“Be…. ecco li ho visti solamente, ehm…di sfuggita, ma posso assicurarti che stavano bene.”

“Ma dove li hai visti?”

“Matthew basta, frena l’entusiasmo. Santana è ancora stanca e tu la stai sottoponendo a un questionario.”

“Si ma…” protestò lui.

“Niente ma, torna in camera, quando arriva Puck gli faremo dare un occhiata alla console.”

“Ma ci sta parlando di mamma e papà, tu non vuoi sapere se stanno bene e quando torneranno?” le chiese con le guance in fiamme e la maglietta strizzata sotto la presa dei suoi pugnetti.

Brittany sospirando si accovacciò alla sua altezza, gli scostò con dolcezza i ciuffi che gli ricadevano sulla fronte e parlò con calma.

“Certo che lo voglio sapere, ma Santana è ancora instabile, ha fatto un viaggio duro e stancante, non puoi piombare dal nulla e martellarla di domande. Dopo pranzo avrai modo di chiederle qualcosa se vuoi, ma solo allora.”

Santana vide il suo sguardo vacillare per un momento a quelle ultime parole, ma fu un attimo e subito tornò fisso in quello del bambino, tanto che si chiese se non fosse stato tutto uno scherzo giocatole dalla mente.
Matt sembrava sull’orlo delle lacrime, si stava mordendo un labbro e sembrava indeciso se parlare o meno. Alla fine tacque, abbassò il capo e lanciando un’ ultima occhiata a Santana, scivolò dalla presa della ragazza e uscì dal salotto. Brittany rimase ferma in quella posizione.

“Tutto bene?”

Si schiarì la voce e si alzò rivolgendole un sorriso tirato. Aveva gli occhi umidi.

“Si” disse portandosi una mano a stuzzicare la coda di cavallo in modo nervoso “insomma…”

Santana capì la sua difficoltà e cercò di togliersi da quel fastidioso momento di imbarazzante silenzio.

“Se non ti dispiace avrei bisogno di una doccia, non mi lavo decentemente da un po’.”

“Oh,” rispose sollevata per il repentino cambio d’argomento “ assolutamente, ti preparo alcuni abiti puliti e ti mostro il bagno. Ce la fai ad alzarti da sola?”

Santana si diede un’occhiata chiedendosi, ora che era perfettamente lucida, come fosse riuscita a camminare in quelle condizioni. Brittany vedendo la sua preoccupazione provò a farla sorridere. Le era sempre piaciuto far star bene la gente. Sua madre le diceva continuamente che Brittany S. Pierce era nata per due motivi: l’ amore dei suoi genitori e il bisogno di un angelo che donasse sollievo alle ansie umane. Era cresciuta fantasticando su un Mondo in cui si vivesse in pace e armonia e si era impegnata ogni giorno, anche nelle piccole cose, per portare a termine la sua opera. Era come un riflesso. Se le persone le domandavano perché si sforzasse così tanto lei rispondeva che la faceva stare bene.

“Quando sei arrivata ho notato che le scarpe che indossavi sembravano letteralmente deformate, così te le ho sfilate per far respirare i piedi…”

“Oddio immagino che fetore…” mormorò l’altra nascondendo il viso dietro le mani.

Brittany rise divertita. Santana liberò il volto e rimase imbambolata a fissarle il viso. Le piaceva la sua risata. Aveva un suono cristallino e limpido che le illuminava gli occhi.

“Non ti preoccupare, posso assicurarti che ho sofferto di peggio. Un mio compagno è riuscito a recuperare una vecchia pomata che per fortuna ha iniziato lentamente a fare effetto.”

Santana si stese in una smorfia ricordando cosa avesse subito nel corso di quei giorni: il dolore le si era impresso in testa come una zecca e più cercava di sradicarlo, più questo affondava le sue radici; ciò che la sua mente rigettava ogni notte negli incubi terribili che la scuotevano nel profondo, tanto da farle desiderare una vita senza sonno. Ferite guaribili solo col tempo, nella pazienza, col supporto di altre persone. Perché era molto più fragile di quanto la gente pensasse. Brittany sorrise malinconica sentendo l’impulso di aiutarla: le si avvicinò porgendole una mano.

“C’era un certo uomo saggio che mi diceva che c’è sempre un momento in cui pensiamo che sia finita. Spesso mi è capitato di pensare che tutto ciò per cui ho lottato non è servito a nulla. Ma se abbiamo la forza di continuare a perseverare anche quando in fondo non ci crediamo più” aiutò la ragazza a sollevarsi dal divano e la sorresse facendole passare un braccio attorno alla vita “ allora sapremo che ce l’abbiamo fatta. Indipendentemente dal risultato finale.”

Santana alzò un braccio posandolo sulle sue spalle facendo legare non solo i loro corpi, ma anche i loro sguardi. E ci fu un momento in cui entrambe furono sicure di aver scorso una lieve scintilla nelle reciproche iridi, un fondo di qualcosa che sembrò sprigionare luce propria, una sensazione che fece aumentare il loro battito cardiaco.

“Non si può vincere perdendo” disse Santana con lo sguardo perso negli occhi dell’altra.

“Si invece. Non sempre il traguardo è costituito dalla vittoria ” sussurrò meccanicamente Brittany, alzando il braccio libero e andando a stringere la mano che le giaceva posata sulla spalla.

Santana sciolse lo sguardo dal suo e lo fece scorrere sui capelli biondi illuminati dalla fioca luce solare che filtrava dalla finestra sbarrata, che li colorava di riflessi brillanti e li faceva risplendere come oro. Poteva percepire la forma ben delineata della spalla attraverso il tessuto della maglietta. La presa sul suo fianco era sicura e delicata allo stesso tempo e sentiva il profumo che emanava, circondarla completamente. Brittany sapeva di fresco e pulito, un’ odore tanto piacevole quanto familiare. Le veniva voglia di affondare il viso nel suo collo, di inspirare a pieni polmoni quella fragranza. Ma poteva udire qualcosa di terribilmente strano e fastidioso nell’aria, come quando si ha un granello nell’occhio che non ne vuole sapere di andare via. Un suono….

“Lo senti anche tu?” domandò corrucciandosi.

“Sentire cosa?”

“Questo…rumore.”

Le due tacquero. Nel totale silenzio, si distingueva un brusio sottomesso. Una chiacchiera continua che si faceva sempre più insistente, fino a diventare velocemente chiara e confusionaria. Solo allora Santana si rese conto della lugubre colonna sonora che faceva loro da sottofondo. Lamenti. Gemiti e versi strascicati di cui aveva ben memoria.
Brittany strabuzzò gli occhi allarmandosi, mentre il putiferio avanzava inesorabilmente. Riuscì solamente a mormorare il nome di Noah prima che la porta si aprisse dietro di loro con un colpo secco e la luce del giorno investisse prepotentemente le due sagome, ancora abbracciate.
 
 
Angolo del pesce.
E ecco il secondo capitolo. Nulla da dire, ho introdotto presso che i personaggi principali della storia e ovviamente concluso con questo finale suspence, giusto per movimentare le acque, d’altronde si parla di zombie no? Grazie a tutti coloro che seguono la storia:)
 
                                                               Fish
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Fish_789