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Autore: Clix_Clix    12/04/2008    5 recensioni
Doveva per forza aver sentito male.
Era stanca.
Aveva trascorso una giornata a dir poco intensa.
Ed era tardi, molto tardi.
Veronica Mars per quanto ci provasse non riusciva in nessun modo a prendere sonno e, nella penombra di quella tiepida notte di fine marzo, se ne stava stesa nel letto, supina, con i lunghi capelli biondi sparsi sul cuscino di lino bianco in una trama di ciocche ondulate.
[Una nuova casa, un nuovo mistero... un epico amore. Per riprendere da dove eravamo rimasti...]
Genere: Romantico, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO OTTO






Veronica era seduta nella sua auto parcheggiata e osservava la confraternita dei Pi Greco Sigma sull’altro lato della strada. Osservava quella che considerava l’autentica degenerazione cerebrale del ventunesimo secolo: la casa era inondata di studenti già ubriachi alle nove di sera, da alcune delle finestre dei piani superiori pendevano gambe di ragazze sedute sulla balausta che versavano alcool a ragazzi pronti a riceverlo a bocca aperta nel giardino, le pareti esterne erano state ricoperte di immagini di animali selvatici, gazzelle e leoni… il comportamento da sub-liceali Veronica ormai se lo aspettava, ma quell’ultimo particolare proprio non riusciva a spiegarselo! Soprattutto decise deliberatamente di non interrogarsi sull’implicito simbolismo di cui quel particolare accostamento di immagini animali sapeva essere carico. Doveva sforzarsi con tutta se stessa per impedire al suo piede di pigiare al massimo sull’acceleratore per portarla il più possibile lontano da quel posto. Quando sentì il suono del clacson e vide la macchina di Logan passarle davanti, si trovò a rimpiangere che lui non avesse fatto neanche un minimo di ritardo, perché ogni minuto in meno in quella confraternita in preda al delirio sarebbe stato per lei un dono più unico che raro. Ma in fondo era solo per Logan che si trovava là e le stava bene… e mentre lui parcheggiava la sua Range Rover in terza fila Veronica lo raggiunse e lo salutò con un bacio appena fu sceso. Alla fine avevano deciso di vedersi direttamente alla festa perché lei aveva bisogno di un po’ di tempo in più per ultimare le ricerche su Lynn Echolls.
“Riuscirai mai a perdonarmi per averti portato qui?” Le disse Logan prendendola per mano e cominciando ad avviarsi verso l’entrata della festa. “Comunque sei bellissima stasera…”
“Come stasera???” In effetti Veronica nel suo top bianco e con i lunghi capelli lisciati era particolarmente raggiante, cosa che contrastava stranamente con la sua scarsa voglia di trovarsi a quella festa.
“Ogni giorno e ogni notte, mio bellissimo fiore di maggio!”
“Così va meglio…” Veronica decise di tagliare quel momento scherzoso e di procedere con l’inevitabile, “entriamo nella tana del leone? Epiteto particolarmente azzeccato stasera oserei dire… non so se hai notato l’ambientazione.”
“Sto notando. Secondo te le gazzelle…”
“Non lo voglio sapere! Andiamo.”
Quella era probabilmente una delle feste più frenate che i Pi Greco avessero mai organizzato, avevano fatto le cose in grande, la casa era stracolma e Logan e Veronica per entrare dovettero farsi strada a gomitate tra orde di ragazzi che ballavano con i bicchieri in mano, si lanciavano grandi palloni gonfiabili e si rincorrevano tra loro. Alcuni si esibivano orgogliosi a petto nudo, altri portavano assurde maschere di animali in linea con il tema della festa.
“Logan!! LOGAN!!”
Appena raggiunsero uno spazio più libero vicino alle scale Veronica fece segno a Logan di guardare alle sue spalle.
“Logan, c’è un elefante che ti chiama…”
Appena Logan si voltò rimase un attimo perplesso nel vedere il ragazzo con una maschera da elefante venirgli incontro, ma poté cancellare ogni forma di stupore dai suoi occhi nel momento in cui Dick sollevò la maschera. “Avrei dovuto aspettarmelo!” Pensò Logan stringendo la mano all’amico.
“Ciao ragazzi!”
“Come mai che tu non sei uno dei leoni?” Chiese Veronica che rimpiangeva di non avere con sé la sua macchina fotografica per poter vendere a peso d’oro  le foto di quella follia al giornale dell’università l’indomani.
“Ho scelto l’elefante per un particolare motivo. Secondo te quale Veronica?”
La ragazza si bloccò a guardarlo sulla soglia del disgusto, finché non scosse la testa rassegnata “io mi vado a prendere qualcosa da bere. Vuoi qualcosa?”
“Una birra, ti raggiungo subito.” Appena Veronica si fu allontanata alla ricerca della zona bar, Logan tornò a prestare la sua attenzione a Dick.
“Allora ce l’hai fatta amico, bene. Ora ti lascio che ho un paio di cose in ballo, ma rimani nei paragi che più tardi avrei bisogno di una mano per sistemare la mia camera… caccia grossa stasera!”
Prima che Logan potesse chiedere a Dick se davvero aveva intenzione di mettersi a sistemare la stanza in piena notte, questo ormai si era già perso nella folla caotica, esaltato e su di giri come sempre in quelle occasioni.
Logan si spostò nell’altra stanza alla ricerca di Veronica e la trovò che era appena riuscita ad avere la meglio sulla fila per le bibite. Sottraendosi alla massa umana, Logan e Veronica, con i bicchieri sollevati sopra la testa per evitare di farseli rovesciare addosso, attraversarono a fatica la pista da ballo, muovendosi con difficoltà a causa della luce violacea che si accendeva e spegneva a intermittenza mandando gli occhi in confusione. Finalmente riuscirono a raggiungere la terrazza e a guadagnare un posto ad un tavolo sorprendentemente libero, ma munito di una sola sedia, cosa che costrinse Veronica a sedersi con fanciullesco piacere sulle ginocchia di Logan. In fondo, se riusciva ad escludere molti degli imput che gli provenivano dai quei pazzi mascherati e alticci, la serata poteva anche considerarsi piacevole: bere qualcosa, con sottofondo di musica che non poteva negare essere di buon gusto, in braccio a Logan… Veronica non aveva poi tanto da lamentarsi! Dopo il giusto periodo di tempo necessario ad adattarsi e calarsi adeguatamente nella situazione con chiacchiere frivole, Logan si decise ad affrontare l’argomento di cui avevano parlato nel pomeriggio.
“Allora, hai scoperto qualcosa?”
“Grazie all’aiuto di un amico di papà – non chiedermi come abbia fatto –, sono ho scoperto la banca della famiglia Connor, la Sidney National Bank… le ho provate tutte Logan, ma sono riuscita ad accedere a nessuna informazione relativa al conto. In realtà me lo aspettavo, è quasi impossibile far parlare i dipendenti della banca di un conto privato. Però ho scoperto che i Connor hanno un consulente finanziario, quindi potrebbe essere una strada battibile per ottenere qualche informazione in più sulla loro situazione finanziaria. Sorte avversa vuole però che tale signor Finely sia attualmente in crociera con la famiglia… ho provato tutto il pomeriggio a contattare il suo cellulare ma o l’ha buttato in mare in pasto ai delfini o l’ha lasciato a casa perché risulta sempre irraggiungibile. Allora ho fatto un paio di telefonate e ho scoperto su quale nave il nostro uomo è imbarcato, così ho chiamato a bordo…”
“Sei davvero incredibile…” commentò Logan mentre la ascoltava.
“… purtroppo appena mi ha risposto non mi ha dato neanche il tempo di parlare e ha attaccato dicendomi che per nessuna ragione parlerà di lavoro fino a lunedì. Due ore dopo ho fatto un altro tentativo e, abbreviando i dettagli, ho finto una grave emergenza, quindi finalmente sono riuscita a farmi ascoltare. Anche lui ha la bocca cucita circa lo stato bancario dei Connor… questi australiani sono proprio irreprensibili! Comunque dal lui sono venuta a sapere che la casa di cui tu mi hai dato l’indirizzo è di proprietà di un ente pubblico che ne gestisce gli affitti. Una volta rintracciato l’ente è stato abbastanza facile ottenere informazioni. Ho scoperto che dieci giorni fa tua madre e la famiglia sono stati sfrattati per inadempienza sul saldo di un anno e mezzo di affitti e sono riuscita anche a strappare alla responsabile con cui ho parlato che il conto bancario dei Connor a loro risulta essere in rosso e dalle indagini non hanno rintracciato conti celati in altre banche locali o estere. Purtroppo Logan l’attuale residenza di tua madre dopo lo sfratto risulta ignota, però ho fatto un po’ di ricerche e ho recuperato i numeri telefonici di alcuni abitanti del quartiere… per tutto il giorno ho parlato inutilmente con diversi vicini di casa che non so perché mi hanno sommerso di chiacchiere inutili senza però darmi nessuna indicazione valida, i Connor sembrano essere una famiglia molto riservata, non socializzano molto. Però aspetta. Poco prima di uscire per venire qua ho richiamato un numero che squillava a vuoto per tutto il pomeriggio e finalmente ho trovato una vicina che li conosce bene perché a volte fa la baby sitter alle due bambine e lei mi ha detto che potrebbero essersi trasferiti momentaneamente da un cugino di lui, un certo Bill Connor, che vive vicino Canberra.”
“Caspita, ne sei riuscita a scoprire di cose!” Logan finì la sua birra con un unico lungo sorso cercando di elaborare il dettagliato resoconto della giovane detective che sedeva sulle sue ginocchia. “E insomma li hai trovati?”
“Beh, quando ho avuto questa informazione non ho più avuto modo di telefonare, perchè ormai laggiù sarebbe stata notte fonda* e buttare giù dal letto il caro cugino Bill non mi sembra proprio l’approccio migliore per renderlo propenso a parlarmi! Comunque possiamo chiamare insieme quando vuoi.”
“Quindi ricapitolando… se ho capito bene a parte lo sfratto non abbiamo altro che ci attesti il reale fallimento economico, giusto?”
“Mi ero dimenticata di dirti che dal consulente finanziario sono riuscita anche a sapere in quale mercato cittadino Aiden Connor tiene il suo banco. Ho telefonato e anche da loro ho avuto conferma del fallimento della famiglia, che infatti pare abbia dovuto chiudere bottega. Certo però, finché non scopriamo dove sono ora e come vivono non possiamo avere una reale certezza che siano veramente caduti in rovina. Per come sappiamo essere il mondo potrebbero anche avere un conto segreto alla isole Cayman… certo, in quel caso non si spiegherebbe perché tua madre ti abbia chiesto dei soldi. E comunque questa certezza non l’avremmo avuta neanche se fossi riuscita ad accedere alle informazioni sul conto bancario. Tutto si può tenere nascosto: investimenti, beni immobili…”
“Insomma non mi resta che fidarmi di lei…”
“A meno che non veniamo a scoprire che stanno vivendo in un hotel a cinque stelle o in una villa segreta sulla costa… si. E comunque Logan… non possiamo neanche escludere la possibilità che non riusciremo a trovarli, capisci? Non so, potrebbero essersi trasferiti chissà dove, il cugino potrebbe non saperne niente… in quel caso ci sarebbero altri tentativi da fare, ma insomma potrebbe essere difficile ed è meglio che tu sia preparato.”
“Lo so. Ma scommetterei tutto su di te… so che sapresti ritrovare chiunque Veronica. E infatti ora basta, cerchiamo di goderci questa serata come due qualsiasi studenti frivoli.”
Veronica non capì a pieno quel taglio netto che Logan aveva scelto di dare alla questione, ma sentiva che in quel momento la cosa migliore era lasciar cadere la cosa assecondando il suo desiderio di cambiare argomento ed entrare con lui nello spirito dello scherzo. “Ah ben detto! Frivoli, frivoli, frivoli!”
“Vado a prendermi un’altra birra… comportati bene in mia assenza, donna!”
“Cioè mi vuoi dire che non posso andare a caccia di nessun fiero leone?? Sei impazzito, che mi resta da fare??”
“Più che altro cerca di non farti cacciare… torno subito.”
Veronica lasciò alzare Logan e lo seguì con lo sguardo mentre veniva inghiottito dalla calca della festa. Si sentiva stranamente preoccupata, preferiva non alimentare troppo le sue speranze per evitargli eccessive delusioni qualora lei non fosse riuscita a recuperare le tracce di sua madre; sperava solo che la telefonata al cugino dei Connor potesse rivelarsi utile, perché ora come ora non aveva in mente nessun’altra strada da battere. Ritrovare le persone era già difficile nello Stato, in Australia poi…
Mentre Veronica se ne stava tranquillamente seduta a sorseggiare il suo drink e a perdersi nei suoi pensieri, un ragazzo evidentemente brillo si avvicinò a lei con fare accattivante e nel giro di un secondo si sedette sul tavolo davanti a lei, sfoderando il suo miglior sorriso e sventolando la sua maschera da leone.
“Ciao gazzellina, che fai tutta sola? Non sai che è pericoloso con tutti questi leoni in giro?” Veronica non disse un parola e si limitò a guardarlo con un’aria al limite tra l’indifferente e il divertito. “Per fortuna adesso c’è qui Weston e lasciati dire che con lui sarai al sicuro! Allora dì a Weston come ti chiami…”
Veronica incrociò le gambe e assunse un’aria scherzosamente perplessa portandosi una dito alla bocca. “Chissà se Weston può togliermi una curiosità…”
“Per te, tutto quello che vuoi!” La vocina nel cervello di Weston già gli gridava euforica che ormai era fatta.
“… riferirsi a sé stessi in terza persona è un nuovo stile da rimorchio o è semplicemente sintomo di dissociazione della personalità?”
Prima che il ragazzo potesse elaborare quella risposta che lo aveva spiazzato, si sentì chiamare alle sue spalle.
“Ti alzi tu o ti alzo io?” Logan era in piedi sorridente dietro il ragazzo con in mano una birra e un altro bicchiere colmo di una bibita colorata.
“Permetti amico? Se non l’hai notato ho qui una conversazione in corso con la signora… mettiti in fila bello! O meglio ancora, vai a cacciare in un’altra zona che questa è occupata.”
Veronica sorrise incrociando le braccia e si distese comodamente sulla sedia, pronta a godersi la scena, che Logan non tardò a concederle.
“Senti Simba…” Rispose Logan con voce calma e distaccata poggiando i bicchieri sul tavolo, “vedi di sparire all’istante se non vuoi che il tuo migliore amico da stasera diventi un polmone artificiale.”
La vocina nel cervello di Weston calcolò rapidamente se gli sarebbe convenuto iniziare una lite con quel tipo o ritirarsi in silenzio per continuare la festa altrove. Dopo qualche secondo di indeciso silenzio il ragazzo lanciò un’occhiata torva a Logan e con aria sprezzante si alzò battendo in ritirata.
“Mio eroe…” scherzò Veronica lasciando che Logan riprendesse il suo legittimo posto sulla sedia.
“Menomale che ti avevo detto di non farti cacciare!”
“Sono questi maledetti bracconieri che non rispettano il divieto di caccia delle specie protette!”
“Esatto piccola, esattamente quello che sei…” Logan la baciò teneramente sulle labbra. “Tieni ti ho preso un altro drink, una volta affrontata la fila tanto valeva fare scorta.”
“Ma io non ho ancora finito questo!”
“Cos’è? Adesso un pover’uomo non può nemmeno permettersi di far ubriacare la sua ragazza?”
Veronica lo guardò scettica, ma poi pensò che in fondo perché mai non si sarebbe dovuta concedere di lasciarsi andare con lui. “Mah si… in fondo perché privarti dei tuoi diritti!” Prosciugò con un sorso il poco che restava nel primo bicchiere e passò al secondo, sotto lo sguardo dolce e compiaciuto di Logan.
“Bene, e ora che hai l’adeguata dose di alcool in circolo… posso invitarla a ballare insieme a me milady?”
“Cosa? Vuoi dire lì dentro? Proprio lì?” Indicando l’interno della confraternita.
“Si, proprio lì.” Logan le fece l’occhiolino e si alzò, porgendole la mano in segno di invito formale.
“E da quando in qua tu ami buttarti nella mischia della pista da ballo?”
“Da stasera insieme a te…”
E mentre le convulse note dei Fatboy Slim si diffondevano a tutto volume nella casa mettendo tutti in movimento, Logan prese la mano restia di Veronica e la condusse dentro, sorridendo per spronarla e iniziando ad immergerla tra la folla, che lentamente li risucchiò senza che lei potesse opporre resistenze. Per Veronica non era una situazione ideale, piuttosto lontana dal suo ordinario modo di essere. Dimenarsi in una pista da ballo insieme ad una massa di persone esaltate e sudate… le uniche volte che le era capitato di farlo si trovava in grave stato di alterazione della coscienza. Ma in quel momento vedeva solo gli occhi di Logan che la fissavano penetranti in quella penombra intermittente, il suo sorriso che la invitava a sciogliersi insieme a lui. Sentiva solo le mani di Logan che le sfioravano la vita e i fianchi, il corpo di lui che si premeva al suo. Presa da quelle sensazioni Veronica cominciò con sua stessa sorpresa a sintonizzarsi con quel ritmo elettronico che le rimbombava nelle orecchie e le entrava nel cervello e lentamente si ritrovò ad abbandonare il suo corpo alla musica e al movimento, insieme a quello di Logan.



Mac era appoggiata al muro della sala d’aspetto del Neptune Memorial Hospital. Nella sua mano un bicchiere del disgustoso caffè della macchinetta automatica, sul suo viso un’espressione preoccupata e infastidita. Stava provando a telefonare per l’ennesima volta al cellulare della sua amica che non faceva che squillare a vuoto e al nono tentativo aveva cominciato seriamente ad esasperarsi.
“Maledizione Veronica, dove diavolo sei?”
“Cindy Mackenzie?”
“Si!”
Mac si scostò immediatamente dal muro e si avvicinò all’infermiera di notte che le stava venendo incontro sotto le lattiginose luci al neon dell’ospedale.
“Il suo amico sta riposando, ma sta bene. Ovviamente però bisogna attendere che lo visiti l’ortopedico. Ha contattato i suoi genitori?”
“Si, sua madre sta arrivando.”
“Bene, quando arriva dovrà firmare delle carte. Comunque può vederlo adesso.”
“Grazie.”
Mentre l’infermiera tornava a darle le spalle e ad allontanarsi lungo il solitario corridoio del reparto, Mac prese nervosamente il cellulare dalla borsa per tentare per l’ultima volta di rintracciare Veronica Mars.
“Se squilla a vuoto anche questo… giuro che chiamo la polizia!”



Al termine dell’ennesimo pezzo Veronica cominciò a sentire il fiato spezzato, aveva sete e dopo quasi un’ora e mezza in quel caldo asfissiante sentiva il bisogno di prendere aria e di legarsi i lunghi capelli che ormai le si erano appiccicati sul collo e sulle spalle scoperte. Smise di seguire la musica, il suo corpo si fermò e la sua mente razionale ne riprese il possesso. Fino a quel momento si era completamente lasciata andare, ipnotizzata dallo sguardo di Logan che per tutto il tempo era rimasto fisso nel suo nella penombra luminosa.
“Ok, direi che è ora di fare una pausa!” Urlò nell’orecchio di Logan cercando di sovrastare la musica.
Logan la prese per il viso fino ad attirarlo alle sue labbra e, quando smise di baciarla, senza rispondere le lanciò un sorriso che sembrava dire che non l’avrebbe fatta sfuggire dalla sua stretta, ma purtroppo per lui Veronica era fermamente decisa a trascinarlo via da quella pista da ballo. Con un dito gli asciugò affettuosamente una goccia di sudore che gli imperlava la fronte e cingendogli la vita con un braccio cominciò a spingerlo verso il patio esterno della casa.
“Andiamo a bere qualcosa Tony Manero!”
“Ok ok, sventolo bandiera bianca…”
Una volta sgusciati fuori dalla folla danzante e usciti finalmente all’aria notturna che Ottobre cominciava a rendere fresca, Logan e Veronica ancora abbracciati si posizionarono in fila davanti al bar, in attesa di placare la sete causata da tutto il movimento.
“Logan ti vibra una tasca…” gli disse Veronica scostandosi da lui per lasciarlo rispondere al telefono.
“E’ Mac.” Logan si sorprese di vedere quel nome scritto sul display del suo cellulare. “Perché chiama me?”
Veronica ebbe un improvviso sussulto e iniziò a gridare. “O mio Dio! La mia borsa! L’avevo poggiata per terra in un angolo mentre ballavamo e l’ho lasciata lì!!!”
Mentre Veronica si precipitava in casa alla ricerca della sua borsa, spostando violentemente con uno spintone qualunque corpo umano si parasse sulla sua strada, Logan rispose al telefono.
“Mac… ciao!”
“Sei con Veronica?”
“Lo ero prima che un secondo fa le prendesse una crisi di panico isterico…”
“Puoi recuperarla e passarmela?”
Appena Logan si accorse del tono preoccupato e nervoso della ragazza, il sorriso spensierato si spense sul suo volto e tornando serio si incamminò col telefono all’orecchio in cerca di Veronica, trovandola che gli veniva incontro mostrando la sua borsa con un’espressione trionfante e sollevata.
“Questa è tutta colpa tua che mi hai fatto bere!” Esclamò la ragazza. “Comunque mi pare che ci sia tutto per fortuna… cos’è quella faccia Logan?
“Tieni… Mac.” Logan le passò il telefono.
“Mac, che succede?”
“Finalmente!!!! Sono due ore che provo a chiamarti!!!”
“Lo so scusa, avevo lasciato…”
Le scuse di Veronica vennero interrotte bruscamente e lei restò in ascolto dell’amica senza parlare, mentre Logan osservava il suo bel viso farsi serio. Quando lei chiuse la telefonata con un deciso “a tra poco” lui poté finalmente chiederle spiegazioni.
“Che è successo Veronica?”
“Wallace è in ospedale…” Veronica cominciò a raccontare mentre in fretta si infilava la giacca che teneva in borsa e cominciava a dirigersi verso l’uscita, con Logan che la seguiva al suo fianco cercando di stare al suo passo svelto “…l’hanno aggredito mentre stava andando a lavoro. Ora sta bene, ma ancora non sanno se la caduta gli ha lesionato i legamenti del ginocchio o se ha solo una contusione… e se avesse una lesione…”
“Veronica rallenta! Spiegami meglio… come - l’hanno aggredito - ?”
“Una rapina credo, non lo so! Lui è un atleta capisci… rischia molto…” Veronica ormai era già in strada.
“Ehi calmati, vieni qui…” Logan la afferrò per un braccio e, nonostante lei continuasse a muoversi agitata, riuscì ad attirarla a sé e a farla restare ferma nel suo abbraccio. Stretta al suo petto, Veronica riprese completamente la calma. Si era così agitata non solo per la preoccupazione per il suo amico, ma anche perché si sentiva in colpa per essere stata irraggiungibile tutta la sera, impegnata a divertirsi mentre lui aveva bisogno di lei. Ora però aveva fretta di correre all’ospedale e sapere cosa fosse successo quella notte, il motivo dell’aggressione e chi fosse il responsabile, quindi cercò di staccarsi dalla presa di Logan, che però la trattenne.
“Veronica non puoi guidare, hai bevuto. Ti accompagno io.”
“Come se tu non avessi bevuto…”
“Per due birre!” Logan le lanciò un’occhiata rassicurante e tirò fuori le chiavi dell’auto dalla tasca dei jeans.
Dopo aver riflettuto un secondo Veronica capì che tanto non c’era soluzione, di certo non avrebbero trovato nessuno sobrio nei paragi e non valeva la pena chiamare un taxi ed aspettarlo in mezzo alla strada chissà quanto, quando in due minuti potevano essere a destinazione, l’ospedale era molto vicino. E poi in effetti Logan era abituato a bere molto di più di due birre e infatti sembrava essere completamente in sé. Senza protestare lo seguì prontamente e salì in macchina.


La previsione di Veronica si rivelò esatta. Dopo due minuti erano già arrivati al Neptune Memorial e dopo quattro stavano già chiedendo quale fosse la stanza di Wallace al banco accettazione del reparto. L’infermiera di turno non fece in tempo a trovare il numero della stanza sul registro che Veronica notò la signora Fennel che usciva da una camera appena all’inizio del corridoio e si incamminò a grandi passi verso di lei.
“Ah ciao Veronica.”
“Come sta?” Si affrettò a chiedere la ragazza senza neanche perdere tempo a salutare.
Mentre Logan la raggiungeva, anche Mac uscì dalla stanza, socchiudendo la porta dietro si sé per non disturbare il riposo di Wallace con le loro voci.
“Sta bene.” Rispose la madre di Wallace sorridendo e la serenità sul suo volto riuscì subito a tranquillizzare Veronica. “L’ortopedico è appena uscito… dalle lastre non risulta nessuna lesione, dovrà solo tenere il ginocchio fermo per un po’. E’ stato fortunato!”
Veronica non disse nulla, ma il sorriso smagliante che si dipinse sul suo volto era più che sufficiente a dimostrare il suo sollievo. Logan dimostrò di partecipare all’ottima notizia stringendole la mano e sorridendole.
“Bene ragazzi, io vado in amministrazione a firmare delle carte, torno tra poco.”
Appena la signora Fennel si fu allontanata, Logan si offrì di andare a prendere un caffè per entrambe e Veronica rivolse la sua attenzione a Mac.
“Allora, sai spiegarmi meglio cosa è successo?”
“Dall’ospedale hanno chiamato al numero segnato come domicilio sul documento di Wallace, io ero a casa e sono corsa subito. Quando sono arrivata mi hanno detto solo vagamente dell’aggressione, lui era ancora privo di sensi…”
Prima che Mac potesse terminare, la voce di Wallace si fece sentire dall’interno della camera d’ospedale. “Può entrare detective… la vittima è pronta per essere interrogata!”
Le due ragazze entrarono nella stanza e Veronica notò subito che Wallace non aveva affatto un bell’aspetto: aveva la testa fasciata da una benda ed il ginocchio sollevato e stretto in un rigido tutore. Notando l’espressione preoccupata dell’amica il ragazzo la rassicurò: “Tranquilla Mars, a vedersi sembra peggio di quello che è.”
“Tutto qua? Mi avete interrotto la serata per un baio di lividi?” Scherzò Veronica sedendosi su una sedia accanto al letto, mentre Wallace le lanciava un’occhiataccia eloquente in risposta alla battuta. “Allora, vi decidete a raccontarmi qualcosa o no?”
“Non mi ricordo molto di quello che è successo. Ero a pochi metri dal cinema per attaccare il mio turno delle 10.00 e ho sentito il rumore di un motore… di una motocicletta credo… non lo so, è stato quasi istantaneo, mi sono girato ho intravisto un uomo con una tuta di pelle e il casco integrale che brandiva qualcosa alle mie spalle e poi nero. Mi hanno colpito alla testa e sono caduto.”
“E nessuno ha notato niente? Il cinema dove lavori è in una zona centrale!”
“Noi poveri impiegati ovviamente entriamo dall’entrata di servizio che sta in un vicolo sul retro… buio e maleodorante, l’ideale!”
“Infatti prima che il guardiano notturno del cinema lo trovasse deve essere passato parecchio, perché l’ospedale mi ha chiamato che erano già passate le 11.00.” Specificò Mac.
Prima che Veronica potesse procedere con le altre mille domande che per la sua deformazione professionale le venivano in mente nel tentativo di chiarire la situazione, la robusta infermiera che la aveva accolta all’accettazione entrò nella stanza. Purtroppo non era venuta per un semplice controllo del paziente, ma portava con sé notizie poco incoraggianti.
“Qui fuori c’è la polizia, vorrebbe farti qualche domanda.” Disse l’infermiera invitando con un gesto del braccio le visitatrici a lasciare la stanza.
“Le solite domande di routine… ci vediamo dopo ragazze.”
Veronica e Mac uscirono dalla stanza lasciando il posto ai due agenti in uniforme che a Veronica non sembrava di aver mai visto, ma non si stupì, perché dopo lo scandalo della corruzione al dipartimento e le dimissioni di suo padre da sceriffo, nel corpo di polizia si era verificato un sostanzioso ricambio di personale. Appena le due ragazze si sistemarono nella sala d’attesa del reparto, videro Logan che veniva loro incontro con due tazze fumanti: a vista non sembrava affatto la disgustosa brodaglia nera delle macchinette automatiche.
“Non dirmi che ci hai portato vero caffè!” Mac balzò in piedi e afferrò voracemente il suo bicchiere.
“Certo, dal bar di fronte.”
“Cavolo questa mossa si che ti fa sembrare un ragazzo d’oro!”
“Vorresti dirmi Mac che ne hai mai dubitato?” Rispose Logan sedendosi sulla poltrona accanto a Veronica mentre le due ragazze si scambiavano un sorrisetto complice.
“Ti sollevo dall’obbligo di rispondere Mac…” Veronica prese il caffè che Logan le stava porgendo e lo ringraziò con un bacio.
I tre ragazzi ebbero giusto il tempo di finire il caffè e di scambiarsi qualche commento sull’accaduto, quando videro i due agenti di polizia lasciare la stanza di Wallace e avviarsi verso l’uscita. Subito si affrettarono a raggiungere nuovamente l’amico, ma appena entrati notarono sul suo volto un’espressione inquieta.
“Che è successo?”
“Hanno rubato l’incasso della giornata del cinema… pensano che sia stato io!” Wallace sparò la notizia tutta d’un fiato, arrancando sul letto per cercare di tirarsi a sedere vincendo gli impedimenti del ginocchio immobilizzato. Era visibilmente agitato, sudava.
“Cosa??” Scattò Mac, “ma sei tu quello in un letto di ospedale!”
“Già… vai a spiegarglielo!”
“Wallace calmati, spiegami perché ti accusano.”
“Lo accusano di cosa?” La signora Fennel era entrata nella stanza giusto in tempo per ascoltare la domanda di Veronica.
“Di aver derubato il cinema... la polizia è appena stata qui. L’ufficio della direzione in cui viene messo sotto chiave l’incasso della giornata è stato scassinato e hanno portato via la cassetta con i soldi. Il guardiano di notte ha detto alla polizia di avermi visto entrare nel cinema verso le 10 e mezza, quindi con mezz’ora di ritardo rispetto all’inizio del mio turno, e poi riuscire dopo poco. E ha aggiunto che gli sembrava che nascondessi qualcosa sotto la felpa… è assurdo! Poi dice di aver sentito dei rumori nel vicolo. A quel punto è venuto a controllare e mi ha trovato svenuto a terra, così avrebbe chiamato un’ambulanza e la polizia.”
“Questa storia è ridicola!!! Non voglio sentire altro! Vado immediatamente a parlare con la polizia.” Prima che Wallace potesse fermare sua madre, questa era già corsa via su tutte le furie.
 “Invece tu non sei mai entrato nel cinema giusto?” Le antenne di Veronica Mars cominciavano a rizzarsi e voleva solo sentire il resto.
“Esatto!” Riprese Wallace dimenticandosi momentaneamente di sua madre. “Sono arrivato in orario, alle 10.00, e mi hanno colpito prima che potessi entrare! Il motociclista o chiunque fosse deve avermi preso le chiavi e usate per entrare, ha scassinato l’ufficio e se l’è data con i soldi.”
“Ma perché il guardiano mente sull’ora del tuo arrivo?” Veronica rivolse questa domanda più che altro a se stessa, stava cominciando a riflettere ad alta voce tra sé e sé, mentre Logan e Mac ormai assistevano solo in veste di silenti spettatori. “L’unica spiegazione plausibile è che voglia giustificare il fatto di aver chiamato i soccorsi solo alle 10 e mezza circa e nascondere quello che è successo in quella mezz’ora trascorsa realmente dalla tua aggressione. Che ha detto la polizia del possibile motociclista?”
“Hanno avanzato ipotesi fantasiose! Secondo loro se il guardiano dice la verità – e cercheranno di appurarlo – allora o io avevo un complice che poi ha deciso di tenersi tutto il malloppo, atterrandomi e facendo ricadere la colpa su di me… oppure avevo sempre un complice a cui avrei consegnato i soldi per poi inscenare l’aggressione…”
Logan non riuscì a trattenere una risata. “Wallace Fennel, il genio del crimine organizzato!” Commentò sarcasticamente.
“Già…” Veronica riprese a ragionare. “Dunque… sono solo supposizioni, ma così è come stanno le cose secondo me: io credo che fosse il guardiano ad essere d’accordo con il motociclista, uno ruba l’incasso e l’altro scappa con i soldi e si occupa di sistemare la persona perfetta a cui dare la colpa. Mi sembra un quadro perfetto, oserei dire tipico! Il problema è che finché non riusciamo a dimostrare che il guardiano mente resta la tua parola contro la sua…”
“Infatti è solo per questo che non hanno ancora formulato un’accusa formale contro di me. Gli agenti volevano avvertirmi che per ora sono il principale sospettato e che finché non avranno confermato le due versioni indagheranno in questa direzione.”
“Stai tranquillo Wallace, credo che non sarà molto difficile dimostrare la tua innocenza…” Veronica sorrise sicura di sé. “Basterà dimostrare che sei arrivato alle 10.00 e non alle 10 e mezza per rendere la versione del guardiano più che sospetta!”
“Non so quante volte ho detto questa frase… ma sono nelle tue mani Mars!”
Mentre Veronica stava già pensando a quale sarebbe stata la sua prima mossa l’indomani, l’infermiera entrò nella stanza chiedendo a tutti di andar via per lasciar riposare il paziente.
I tre ragazzi salutarono un Wallace già evidentemente sollevato dalla sicurezza di Veronica di poterlo aiutare e si diressero verso l’uscita dell’ospedale.


Appena i tre ragazzi misero piede nel parcheggio, Mac si precipitò alla sua auto e schizzò via verso casa, fermamente intenzionata a non perdere neanche un minuto di sonno in più in previsione dell’alzataccia che l’aspettava il giorno seguente.
Logan e Veronica cominciarono ad avviarsi lentamente verso la macchina, ma più si avvicinavano più il loro passo rallentava. Nessuno dei due ne conosceva il concreto motivo, ma entrambi non avevano alcuna voglia di tornare a casa. Forse era stato il brusco modo in cui la loro serata era stata interrotta che adesso li spingeva a desiderare di riprendere da dove l’avevano lasciata, di non andare a dormire con le spiacevoli sensazioni causate dall’episodio capitato a Wallace e cercare invece di rubare ancora qualche momento di serenità e intimità a quella chiara notte di primo Ottobre.
Era una bella nottata, calda, nonostante la leggera brezza che a tratti si alzava lambendo i loro volti come una delicata carezza. La luna brillava alta e piena nel cielo limpido conferendo ai contorni della città una luce morbida e nitida, e quella lattea luminosità accompagnava ogni loro passo con un affascinante gioco di ombre allungate.
Mentre in silenzio passeggiavano mano nella mano lungo l’asfalto nero del desolato parcheggio, ognuno sapeva che neanche l’altro voleva sprecare quella suggestiva atmosfera.
“Vuoi tornare alla festa? Non è ancora tardi…”
Alle parole di Veronica Logan si fermò e restò a riflettere un instante, per poi chinarsi sul viso di lei fino a baciarne le labbra fresche. Le sorrise per farle capire che aveva in mente qualcosa di meglio.
“Possiamo sfruttare meglio questa notte piccola…”
“Come speravo di sentirtelo dire!”
Curiosa e emozionata Veronica non fece domande e raggiunta l’auto si accomodò sorridente sul sedile del passeggero, mentre Logan cominciava a guidare senza fretta sulle note di una vecchia canzone di Bob Dylan che l’emittente radiofonica locale concedeva all’ascolto degli automobilisti notturni.
Logan fermò il motore solo una volta raggiunta la spiaggia. Entrambi sorrisero nel constatare piacevolmente che fosse deserta. Nessuna festa, nessun falò, nessun gruppo di ragazzi che aveva scelto quel posto per trascorrere la propria serata. Soltanto silenzio rotto dal suono delle onde che si infrangevano leggere sulla battigia. Scesero dall’auto e Logan aprì il bagagliaio per tirarne fuori un telo da spiaggia su cui avrebbero potuto sdraiarsi.
“Non si può dire che tu non sia attrezzato... ti capita spesso di organizzare serate del genere?”
“Non farti strane idee, è solo rimasto qui dall’ultima volta che ho fatto surf!”
“E se guardo meglio troverò anche delle candele e una bottiglia di champagne?”
“Vogliamo andare o vuoi continuare a fare la fidanzata gelosa e sospettosa?”
Veronica rispose con una semplice risata e gli cinse la vita con un braccio per reggersi mentre si toglieva gli stivali. Lasciarono le scarpe in macchina e si incamminarono in direzione del mare, sprofondando con i piedi nudi nella sabbia fredda e polverosa della spiaggia, su cui Logan, scelto il punto, distese l’asciugamano. Si sdraiò e Veronica si aggiustò accanto a lui, con la testa teneramente appoggiata sul suo petto.
“Non si vedono stelle stasera.” Con gli occhi rivolti al cielo Logan ruppe il pacifico silenzio con cui Veronica si stava godendo il piacere di quel momento, di quell’aria salmastra e profumata, del delicato tocco con cui Logan le carezzava i capelli sciolti e le sfiorava il collo nudo.
“La luna fa troppa luce.” Nel rispondergli Veronica sollevò il viso a guardarlo. Sembrava pensieroso. Di nuovo.
“Che ora sarà in Australia?”
“Più o meno l’alba… è presto per chiamare.”
“Già...” Senza smettere di accarezzarla, Logan sollevò leggermente la testa per incontrare bene gli occhi di lei. “Ascolta Veronica, devo dirti una cosa…”
Veronica si posizionò su un fianco, poggiando la testa su un braccio per fargli capire che aveva la sua piena attenzione.
Logan continuò.
“Se riuscissimo a trovare mia madre…”
“Logan.” Lo fermò. “So già cosa vuoi dirmi…” restarono a guardarsi per un secondo, senza muoversi, “… che dovrai partire. Lo capisco. So che vuoi aiutarla e chiarire con lei… ed è giusto che tu vada.”
“Devo farlo.”
“Lo so. E vorrei venire con te, aiutarti, starti vicino…” Veronica fece una pausa abbassando gli occhi per poi rialzarli in quelli di lui. “…ma so anche che questa cosa vuoi farla da solo… mi sbaglio?”
“Cominci a sapere un po’ troppe cose di me Veronica Mars…” Logan scherzò solo perché aveva notato che l’espressione di Veronica si era appannata di un velo di malinconia. La prese tra le braccia e la baciò, a lungo, stringendola a sé come se temesse che un’onda potesse raggiungerli e trascinarla via da lui, stringendo quella ragazza che amava più di se stesso, che più di ogni altro al mondo riusciva a comprenderlo, che lo completava. “Devo chiudere questa storia una volta per tutte, capisci?” Le disse quando lasciò andare le sue labbra.
“Certo che lo capisco.” Veronica stava tornando serena e sorridendogli riaccomodò la testa sul petto di lui.
Logan aveva dovuto per forza dirle quali fossero le sue intenzioni, però non voleva pensare prima del dovuto all’idea di lasciarla, anche se solo per poco. In quel momento, su quella spiaggia, con Veronica stesa accanto a lui e inebriato dal profumo dei suoi capelli che si mescolava a quello acre dell’oceano, Logan voleva solo perdersi in quella lucente e quieta notte di luna piena.





Note:
* Tra la costa del Pacifico e la città di Sidney ci sono circa +6 ore di scarto di fuso orario.







  
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