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Autore: margotj    25/10/2013    2 recensioni
(Storia completa in pubblicazione a puntate)
PREMESSA ALLA STORIA: si tratta di un ALTERNATIVE UNIVERSE: con gran raccapriccio dei puristi, in questa storia Dc incontra Marvel: il presupposto? Bruce Wayne e Tony Stark si conoscevano, ben prima di divenire rispettivamente Batman e IronMan. Tutto ciò che viene visto nei film è quindi modificato opportunamente (stravolto, oserei dire, valgono le immagini più delle trame) per raccontare la storia della loro amicizia e dell'inizio della loro leggenda.
Spoiler: credo nessuno. Utilizzo spudorato di IronMan, IronMan2, Batman Begins e TheDarkKnight, qualche accenno agli Avengers
Pairing: canonico Tony/Pepper Bruce/Rachel
Rating: AU Angst, Dark, Friendship...
Disclaimer: i personaggi non appartengono ai legittimi proprietari. L’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.
Genere: Angst, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Batman aka Bruce Wayne
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[fanfic Batman/IronMan] Iron & Darkness 1.6 Iron Man

Spoiler: credo nessuno. Utilizzo spudorato di IronMan, IronMan2, Batman Begins e TheDarkKnight, qualche accenno agli Avengers Pairing: canonico Tony/Pepper Bruce/Rachel Rating: AU Angst, Dark, Friendship

EPISODIO 6/13 - (spoiler alla lettura) http://www.youtube.com/watch?v=Ihu3fdLxJik

_____________

1.6 Iron Man

Feels like you made a mistake

You made somebody's heart break

But now I have to let you go

(Matchbox 20 - Disease)

Sembra che tua abbia fatto un errore Hai spezzato il cuore a qualcuno Però ora devo lasciarti andare

Pepper aveva imparato che, a vivere con Tony, si potevano far solo due cose: restare arrabbiati o smettere di essere arrabbiati. Purtroppo, le sfumature intermedie non si potevano prendere in considerazione.

Tony era un muro di gomma: non si poteva smuoverlo, scalfirlo o anche solo scrollarlo.

Era tutto inutile.

O ti andava bene o non ti andava.

Lui, per te, non sarebbe di certo cambiato.

Eppure, quella sera, quando rientrò a casa, Pepper non aveva ancora deciso quale delle due opzioni fosse il male minore.

“Non sapevo tornassi...” - esordì, dunque, ritenendola una frase neutra che dava spazio ad entrambe le scelte.

“Ho riportato la bomba al nostro centro. “- rispose Tony, lasciando andare il borsone nell'ingresso. Quando si voltò, Pepper notò che non aveva una bella cera.

“Tutto bene?” - domandò, senza riuscire a resistere.

“Dipende.”

“Dipende da cosa?”

“Dipende da cosa hai deciso... mi vuoi o non mi vuoi più?” - chiese, venendole incontro con quella sua assurda camminata ondeggiante.

“Tony...”

“Hai detto che non dovevo farmi uccidere.”- sottolineò lui, frenando ogni possibile recriminazione - “Non mi sono fatto uccidere. Sono stato bravo.”

“Questa volta.”

“E anche la volta del pentito.”

“Allora ammette di averlo fatto davvero.”

“Veramente l'ho fatto altre due o tre volte ma... ma visto che non mi ha beccato...” - Pepper lo stava baciando.

“Sei tornato a darmi del lei?” - chiese, sentendo che lui si stava prendendo qualche libertà con i suoi vestiti.

“Hai cominciato tu. E, comunque, non penso di licenziarla, se mi lascia... signorina Potts...”

***

Problema risolto. Tony l'aveva tolta abilmente dall'impiccio di dover scegliere. E, quella notte, comunque incerta se essere rassegnata o contenta, Pepper dovette ammettere con se stessa che le era mancato. Terribilmente. Con il suo ego, la sua insensibilità, le sue idee.

“Tony... ho pensato che potremmo tornare a darci del tu.”

“Ne sono felice.” - replicò lui, tenendola stretta, nel buio. Era sveglio da un poco, a fissare il soffitto - “Pepper, vuoi sapere come era manomessa la bomba?”

“Se credi sia importante...” - sospirò lei, nel dormiveglia.

Le hanno asportato il nucleo di palladio.”

Pepper fu improvvisamente sveglia.

“Obadiah?” - domandò, tirandosi su di scatto e guardandolo.

Nel buio, il reattore brillava ma i suoi occhi erano neri, come inchiostro.

“No. Obie ne ha in abbondanza, i dati della fabbrica indicano una produzione massiccia.”

Produzione massiccia... Pepper non voleva nemmeno immaginare cosa intendesse Tony per 'massiccia'.

“Quindi non ha senso che abbia rubato il nucleo della bomba.”

“Nessuno.” - sospirò l'uomo, chiudendo gli occhi - “Il nuovo giocatore sta costruendo qualcosa... che non mi piacerà per niente...”

***

Sapere del palladio non diceva chi fosse l'artefice ma, senza dubbio, spiegava il 'perché' del furto.

Era superfluo asportare un nucleo di palladio di quella portata da una bomba a meno di non volerlo usare per un reattore. E sapere che in giro poteva esserci un reattore come quello di Tony o quello rubato da Obadiah dava a Pepper l'impressione di sentir l'ulcera ingrandirsi minuto dopo minuto.

Qualcuno si era preso il palladio. E quel qualcuno non era Obie, che si era portato via il necessario e anche il superfluo dalla fabbrica. E quel qualcuno non era Tony che poteva recuperare il materiale tranquillamente dalle scorte legali e ormai dismesse delle StarkIndustries.

Qualcuno in grado di costruire un'armatura come quella di Obie.

Qualcuno che non era Tony.

Anche se... anche se, in questa conclusione, affondava l'ultimo grande quesito di Pepper.

Davvero Tony non aveva costruito l'armatura?

***

A Gotham, l'aria di tempesta non era di certo migliore. Il Joker non latitava come gli altri giocatori, anzi: non passava notte in cui Batman, in un modo o nell'altro, non arrivasse a sfiorarlo o almeno intravvederlo.

Il folle con il viso bianco e i capelli verdi non si stava facendo mancare nulla, dagli accordi con la mafia alle rapine in banca. Serenamente, come se nulla potesse scalfirlo, continuava indisturbato con le proprie deliranti spiegazioni riguardo le cicatrici, facendosi riprendere dai circuiti chiusi o fotografare agli incroci.

Batman, ogni volta che lo vedeva, sentiva accendersi una rabbia in grado di renderlo completamente irrazionale. La promessa di non vendicare Rachel si stava rivelando pesante tanto quanto i sogni in cui lei, sorridente e magnifica come nella sua ultima fotografia, era con lui.

La rabbia, la rabbia lo consumava fino alle ossa, indipendentemente dal sapere quale fosse il suo compito. Al monastero aveva ritrovato se stesso, aveva obbligato il corpo e l'anima a restare uniti, a sopravvivere al desiderio di morire. Era questa la rinascita che era andato cercando, scalando la parete di roccia. Forza, un motivo per andare avanti che non fosse Rachel.

Gli avevano spiegato perché non avrebbe dovuto rinunciare all'amore. Gli avevano spiegato che non sempre avrebbe vinto. E gli avevano trasmesso la verità da tempo dimenticata: nel cadere, nell'amare, nel soffrire, sarebbe rimasto umano, imperfetto e... e in grado di aprire gli occhi.

“L'assenza d'amore è una benda sugli occhi che, usata con saggezza, rende imparziali e lontani. Ma è pur sempre una benda.”

L'uomo non può permettersi il lusso della giustizia, aveva detto Rachel, tanto tempo prima. La giustizia è armonia... e Bruce aveva sentito le verità scavarsi nella mente e nel corpo, penetrare fino in fondo alla carne, dentro il dolore, dentro l'amore di cui non poteva liberarsi.

Un amore destinato ad essere per sempre il suo punto più debole e la sua più grande forza, in bilico tra rabbia e coscienza, tra durezza e compassione.

Eppure... eppure, per quanto Bruce fosse forte, Joker sapeva dove premere e affondare.

E, più lui avvelenava Gotham, più Bruce sentiva venir meno la pazienza.

***

“Ciao.” - mormorò Bruce, senza nemmeno alzarsi - “Non dormi di nuovo?”

Tony lasciò andare il borsone e accelerò, per una volta tanto, il passo.

“Oh, cazzo...” - commentò, arrivandogli quasi addosso e sollevando la prima garza.

“Ma no, dai, non è così brutta...” - scherzò Bruce, mentre l'uomo gli levava di mano l'ago da sutura.

Seduto al centro del covo, davanti ai computer, Bruce, con i pezzi della corazza di Batman sparsi tutti attorno, era un rottame desolante. Sangue per terra... Garze a coprire chissà quali abrasioni... ferita in fase di cucitura al braccio...

“Hai ragione, sembrava peggio.” - ammise Tony, dopo aver comunque controllato ogni singolo bendaggio - “Dai, dammi qua, finisco io.”

“Grazie. Mi cuci anche questa, poi?” - chiese Bruce, sollevando la maglietta. L'occhiata di Tony fu tale da obbligarlo ad una spiegazione - “Adesso ha i cani e io non uccido i cani.”

“Chi è che ha i cani?”

“Indovina...”

Tony non commentò. Strinse un altro nodo e passò al successivo.

“Quanto gli sei arrivato vicino, questa volta?”

“Non abbastanza. Cioè, abbastanza da farmi mordere.” - sospirò Bruce, lasciandosi andare contro lo schienale. Aveva male ovunque. Alzò gli occhi agli schermi dove era in atto l'ennesimo programma di riconoscimento facciale - “Non abbiamo un altro modo per provare a dargli un nome? Questo è troppo lento...”

“Il trucco e le cicatrici non aiutano.” - rispose Tony, senza curarsi che alla loro conversazione mancasse sempre il soggetto. Intanto, era sempre lui, sempre lui l'ossessione di Bruce - “Ok, ci sono, solleva la maglietta.”

“Stai attento. La costola è rotta.”

Tony, già piegato per vedere meglio, alzò la testa con riprovazione.

“Junior...”

“Cane grosso, Tony. Mica un FoxTerrier...”

Tony sorrise.

“Mia madre aveva un FoxTerrier...”

Pentium.”

Tony interruppe il lavoro di ricamo.

“Come lo sai?”

“Rachel ed io ci abbiamo giocato un pomeriggio intero. Era un cucciolo...”

Tony non disse nulla e Bruce preferì lasciar cadere il discorso. Tony non amava molto parlare dei suoi genitori, soprattutto di suo padre. C'era sempre una strana forma di autoderisione nel nominarlo, come se, in cuor suo, sapesse di non essere approvato, di aver deviato troppo dalla strada principale per ritenersi ancora figlio del grande Howard Stark.

“Fatto.” - comunicò Tony, tagliando l'ultimo filo e coprendo tutto con l'ennesimo cerotto - “Per la costola? Vuoi che facciamo qualcosa?”

“No, non è tanto fastidiosa.” - mentì lui, spudoratamente, buttando giù un paio di antidolorifici.

“Hai ancora gli incubi?” - chiese, senza alzarsi, restando piegato sui talloni.

“Chi non ne ha...” - di nuovo gli occhi agli schermi.

“Bruce, guardami bene.” - mormorò Tony, obbligandolo a voltare la testa - “Te lo chiedo di nuovo. Hai degli incubi?”

Bruce, che aveva già una mano sulla tastiera, si prese, come suo solito, un attimo per rispondere.

“Mi è difficile pensare a Rachel come ad un incubo...” - sospirò, guardando la mano e i tasti più che l'uomo - “Ma, in certi casi... diciamo che mi sveglio.”

“Ti svegli sempre?”

“Ha importanza?”

“Trattandosi di te....sì.”

“Trattandosi di quale me? Bruce o di Batman? Sei preoccupato per chi dei due?”

Tony stava chiudendo la cassetta del pronto soccorso e non lo degnò nemmeno di un'occhiata.

“Pensi di meritarti una risposta?”

“No.” - ammise Bruce, passandosi una mano sugli occhi - “Credo di no.”

“Meglio. Mi piace quando sei obbiettivo. E, ora...” - disse, alzandosi - “Parliamo di cose serie. Voglio presentarti Iron Man.

***

I fogli... Bruce sapeva che erano quelli della prigionia, li ricordava. E ricordava piuttosto bene la conversazione con Pepper, circa un anno prima. I progetti sono sicuramente di Tony, aveva detto la donna. Perché Obadiah Stane stava costruendo un'armatura e Tony no?

Alla fine, oltre alla risposta, era sfuggita a entrambi la domanda.

E ora...

Bruce, già appoggiato al tavolo per vederli meglio, alzò la testa, guardandolo.

“Cosa c'è?” - domandò Tony, finendo di sovrapporre i fogli e creando un disegno completo. Bruce aveva questa abitudine di guardarlo, in perfetto silenzio... e Tony non sapeva come reagire. Le persone, fin dall'infanzia, erano state adulatorie nei suoi confronti, pensando che la lusinga fosse un'arma potente e Tony le aveva assecondate, ottenendo così vantaggi inimmaginabili.

Ma, quando Bruce lo guardava in quel modo... non voleva nulla, né adularlo, né convincerlo. Bruce lo fissava per capirlo e questo riempiva la mente di Tony di domande senza risposta.

Resto immobile e mi lascio contemplare? Volto la testa e lo guardo? Parlo io? Parla lui?

Non aveva ancora trovato una strategia che ritenesse adatta... se di strategia si doveva parlare.

“No, niente.” - rispose, infine, Bruce - “Te lo chiedo dopo. Spiegami.”

***

Tony aveva spiegato. Anzi, aveva superato se stesso. Aveva raccontato a Bruce le sue intenzioni, fin nei minimi dettagli. Di come si fosse procurato il materiale nella fabbrica di Obadiah, con un ordine consistente durante la conferenza in Cina, prima di farla saltare in aria, di come avesse già effettuato alcune simulazioni per essere certo dei tempi e dei costi, di quanto si potesse ipotizzare di ottenere, se il progetto fosse andato in porto.

Aveva parlato di Obie, del palladio che aveva con sé e di quello sottratto da un 'anonimo giocatore' a Gotham all'arrivo della bomba. Indicativamente, ce ne era per parecchi reattori e, anche se dubitava che qualcuno se lo facesse impiantare nel torace, l'invenzione di un'arma alimentata a energia infinita era imminente.

Quindi, fatta la previsione catastrofica, era tornato ai progetti, a ciò che meglio sapeva fare: immaginare il futuro.

Bruce, seduto su uno sgabello perché non riusciva nemmeno più a stare in piedi, lo aveva ascoltato in perfetto silenzio.

Aveva un entusiasmo nello spiegare, nel concepire... Tony si nutriva dalla propria mente come se si trattasse di una fonte inesauribile e Bruce si trovò a chiedersi come potesse davvero convivere serenamente con se stesso, con quel mare di dati, memoria e calcolo che si portava dentro. Si chiese come potesse non esplodere nel continuare ad immagazzinare informazioni e come riuscisse ancora ad estrarle, con la naturalezza che di solito si riserva alle banalità.

Chi era riuscito a capirlo, come uomo, nel tempo?

E quando aveva imparato a nascondere ciò che provava in ciò che pensava?

Dove si nascondeva Tony?

“Non mi hai detto il perché.” - disse, infine, quando il monologo si interruppe.

E Tony non ebbe esitazione nel rispondere.

“Non credo che serva una gran motivazione.” - rispose, riponendo i progetti e spegnendo il sistema di simulazione dei monitor - “Ho raccolto per tutta la vita i benefici della distruzione e ho provato a porre rimedio, cercando di proteggere le persone che io stesso ho messo in pericolo... e non mi basta.”

“Posso capirlo ma è solo l'inizio. Le StarkInd. e la Expo stanno cambiando il mondo...”

“E' vero. Ma io non riesco a smettere di pensare che, con tutto quello che è successo, oggi non sarei vivo se non ci fosse un motivo.

Radunò i progetti e si sedette sullo sgabello a fianco di quello di Bruce. Istintivamente, l'uomo abbassò gli occhi. Sotto la camicia, il reattore brillava di una calma luce ritmica, quasi cardiaca.

“Tu ed io ne abbiamo già parlato, ricordi?” - chiese, fissandolo, come aveva fatto quella notte, dall'altro lato di un fuoco, in mezzo al deserto - “Non sono pazzo. Finalmente ora so che cosa devo fare. E so nel mio cuore che è giusto.”

Giusto. Perché finalmente vedo.

Bruce non commentò. Non disse nulla. Afferrò i fogli, portandoli più vicini.

“Rispiegami questo.” - disse, indicando uno degli appunti - “Non l'ho proprio capito.”

***

Il progetto di Tony divenne operativo prima ancora che si potesse digerire l'informazione. Nel giro di qualche settimana, rintanato nella propria officina, Tony riuscì a mettere a punto ciò che, probabilmente, Obadiah Stane stava ancora inseguendo.

L'armatura, nome in codice Mark 1, era un capolavoro di ingegneria combinata alla tecnologia, figlia di casa Stark. Utilizzando quel famoso codice amministrativo privato che era stato la chiave del successo per Obie, Tony riuscì a reperire materiali d'avanguardia e sostanze solitamente rare in ordini consistenti, per non destare sospetti. Indubbiamente, avrebbero avuto ricambi per molto tempo.

Per alcuni elementi ebbe anche la sfacciataggine di parlare con Lucius Fox, accedendo alla sezione scientifica (ufficialmente chiusa) della WayneEnterprises e ottenendo il monopolio di progetti ormai scartati. Come sempre, i due si incontrarono nell'ingresso e, al posto di salire, scesero nelle cantine.

Lucius Fox apprezzava Tony. Si divertiva e si sentiva meno solo.

Dopotutto, dei tre di un tempo, era l'unico sopravvissuto... ed era passato tanto tempo, così tanto che provava una forma di tenerezza ad avere il figlio di Stark con cui discutere.

Tony, d'altro canto, aveva per lui una notevole stima. Apprezzava i suoi lavori e aveva letto le pubblicazioni affrontate prima che la sua carriera finisse e prima di essere relegato nel seminterrato da Bill Earle, troppo arido per essere geniale.

Ora, a capo della WayneEnt. e avanti con gli anni, troppo a suo dire per ammodernarsi, Lucius Fox preferiva la consulenza alla sperimentazione e non disdegnava poter, di tanto in tanto, ficcanasare nelle faccende di quelli che ormai riteneva 'i suoi ragazzi'.

“E questo?” - domandò Tony, strappandolo dalle sue riflessioni, quel pomeriggio - “Posso averlo?”

“Prego.” - sorrise Lucius, seduto ad una scrivania dismessa. Aveva un bloc notes e segnava, meticolosamente, tutto il rubato di Stark - “Però, mi permetta una domanda... la Stark non produce niente che le serva?”

“Ho già derubato anche me stesso, ma non è divertente allo stesso modo.” - fu la risposta, studiando

un campione - “E questa?”

Corazza di sopravvivenza per la fanteria d'assalto, doppio strato in kevlar, giunture rinforzate...”

Antistrappo?”

Neanche un coltello la buca.”

E i proiettili?”

Giusto un colpo a bruciapelo.”

“E i cani?”

“Prego?”

“Cani. Dice che regge a un morso di cane?”

Parliamo di rottweiler o di chihuahua?”

“Lasci perdere. Cercavo una soluzione per un amico un poco stupido.”

Lucius Fox sorrise e lasciò che Tony tornasse a immergersi nei cassoni polverosi.

“Perché non l'avete mai messa in produzione?”

“Non avevano pensato che la vita di un soldato non vale 300.000 dollari...” - rispose l'uomo, disegnando quadratini regolari sul bordo del foglio - “Era un progetto di suo padre e si è battuto fino alla fine ma... ma aveva un socio che lo riteneva uno sperpero e che riuscì a tirare dalla propria parte gli azionisti.”

“E l'armatura rimase qui.” - un socio... il mio socio...

“No, l'armatura venne portata qui dopo. Howard la diede a Thomas perché la conservasse.” - lo corresse Lucius - “Gli diede molte cose, in quegli anni... perché fossero al sicuro. Quegli scatoloni ad esempio, laggiù in fondo...”

“Non posso dargli torto.” - Tony gettò un'occhiata distratta al plastico coperto da un lenzuolo e ad alcune valigie porta munizioni dismesse. Poi osservò le mura spesse, l'ambiente asettico e candido in cui si trovavano - “Anche io lo sceglierei. E' come stare in un bunker.”

“Non fu una scelta di sede, Tony. Suo padre sceglieva le persone, non le situazioni e i luoghi.”

“Allora, in questo, siamo davvero diversi.”

“Lei crede? Io non sono convinto. Lei, Tony, ad esempio, è uno di gusti difficili: si è scelto come amico l'uomo più solo sulla faccia della terra.”

“E' stato un caso. Non oserei chiamarlo destino.”

“Non oserei nemmeno io ma... ma è ciò che è.

***

E' ciò che è.

Tony non riusciva a levarsi quella frase dalla testa.

È ciò che è.

Siamo ciò che siamo. Siamo ciò che facciamo, avrebbe corretto Rachel. E Tony sarebbe stato d'accordo con lei. Quanto a suo padre... se qualcuno lo avesse ancora nominato bhe, lui...

ma chi voleva prendere in giro! Ogni volta che lo nominavano, Tony sentiva il disperato desiderio di saperne di più, di conoscere quell'uomo che era stato prima scienziato e poi genitore.

Tony aveva studiato ogni suo scritto, ogni sua tesi.. ma Howard Stark rimaneva un mistero, un uomo frenato dalla tecnologia del suo tempo e dalla consapevolezza di plasmare con le mani il futuro fino a renderlo vivibile.

Ed ora? Cosa avrebbe detto suo padre di Iron Man? Perdita di tempo o dono? Li avrebbe davvero spesi 300 000 per la vita di un soldato o lo avrebbe ritenuto inutile?

Mistero.

Quel che contava, a conti fatti, era ciò che Tony pensava di se stesso: e, al momento, era più di quanto non avesse pensato in tutti gli anni precedenti.

Perché uno è ciò che è. Ma può scegliere chi sarà.

***

La ricostruzione di WayneManor procedeva spedita, ma Bruce viveva ancora nell'attico della WayneTower e, spesso e volentieri, sulla branda in quella che ormai era chiamata abitualmente BatCaverna.

Insomma, faceva la vita del randagio. Alfred, se doveva fargli avere dei messaggi, doveva penare non poco. Quella mattina, ad esempio, era giunto uno scatolone dalle StarkIndustries. E, a complicare la situazione, lo portava la signorina Virginia Potts. Bruce non si trovava.

“Non è rientrato dal party, ieri sera.” - comunicò il maggiordomo, facendola accomodare il salotto - “Mi dia qualche minuto per scoprire dove si trovi.”

“Con calma, Alfred. Posso aspettare.” - rispose lei, sedendosi. Se le avessero detto che Tony non era rientrato da un party, Pepper non si sarebbe di certo sentita colpita ma, trattandosi di Bruce...

“Pepper!” - esclamò l'interessato, emergendo da una delle porte a scomparsa nelle pareti - “Che piacevole sorpresa!”

Solo Bruce sapeva essere così ben educato in ogni frangente... anche mentre i più iniziavano a piangerlo come morto. Pepper aveva il sospetto che, in quella sua caratteristica, si sentisse davvero la lunga mano del maggiordomo.

“In tal caso...” - stava dicendo infatti l'uomo, nel posare il telefono con cui l'aveva disperatamente cercato fino ad un attimo prima - “Penso che mi ritirerò.”

Bruce lo congedò con un cenno e si sedette sul divano.

“Mio?” - chiese, indicando lo scatolone con aria curiosa.

“Tuo.” - confermò lei.

La scatola conteneva, in apparenza, una vela nera. Ma, sotto, imbustato con cura, c'era un paio di guanti dello stesso colore.

“Guarda...” - disse Bruce, stendendo il tessuto sul ripiano. Al solo contatto con il guanto, la vela si tese, divenendo rigida.

“E' magnifica...” - commentò Pepper, ammirata. Viveva in mezzo alle invenzioni ma aveva per ognuna una genuina ammirazione.

“Un vecchio brevetto di casa Stark. Tony l'ha trovata facendo ordine nei magazzini della WayneTower. Sembra che suo padre abbia lasciato qui parecchi oggetti.” - spiegò, tornando a sfiorare il tessuto e facendolo tornare tale - “Posso ottenere delle ali più flessibili, con questo... devo solo lavorarci.”

“Ti servono elementi nuovo per l'esoscheletro? Se Tony ruba da te, io posso farti rubare un po' da lui...”

“No, grazie, credo di avere tutto. Ma è un'offerta interessante, la terrò presente.”

“Bruce... tu sai cosa sta combinando Tony?”

Ecco la domanda che sperava lei non gli facesse. Bruce ripiegò il tessuto, lasciandolo cadere nello scatolone.

“Lui non te lo ha detto?”

“No, ovviamente no. È l'armatura, vero? Il Mark 1?”

Bruce annuì, senza lasciarla sulle spine. Ed ebbe l'impressione che le spalle di Pepper si piegassero per una sconfitta.

“Io non sono la persona più adatta per farlo desistere...” - mormorò, senza che lei glielo chiedesse - “E, in coscienza, non potrei nemmeno farlo. Ha ottime motivazioni.”

“Lo so, ma lui sta...” - si interruppe, prima di dire qualcosa di cui si sarebbe pentita - “Lui sta facendo un enorme sbaglio.”

“No, non credo. Lui sta facendo qualcosa di grande. E credo che tu sappia che non è in grado di fermarsi.”

“Fino alle stelle e oltre...”

“Qualcosa del genere.” - ammise Bruce, restando seduto, le mani intrecciate, sporto verso di lei - “So che hai paura, come so che non avrebbe mai voluto coinvolgerti.”

“Non ho bisogno di essere protetta.”

“Ti sbagli, Pepper. E' indispensabile che tu sia protetta, ora più che mai. Tony ne é perfettamente consapevole, perchè non si tratta più di persone che gli sono ostili. Si tratta di gente che sta costruendo armi per la distruzione di massa, nemici di Tony per cui lui si sente responsabile.”

“Non dovrebbe affrontare tutto questo senza... senza di me!” - esclamò lei. E non c'era egocentrismo o rabbia nelle sue parole, ma solo un senso incontrollato di disperazione. Affronta tutto senza di me, sotto i miei occhi... e sapesse... sapesse che so...

“Non lo fa apposta. È fatto così ed è talmente egocentrico da pensare che le persone non vedano nulla o non ricordino. Tu ed io siamo, sulla faccia della terra, gli unici che lo conoscono davvero, ci pensi?”

“Non smetto mai di pensarci...”

Tony le aveva detto più di una volta di avere solo lei... lei è tutto ciò che ho. Pepper non aveva potuto negare di sentire lo stesso senso di appartenenza e solitudine, grandezza e limitazione.

Come avere tutto e niente allo stesso tempo.

“Pepper, tu sei tutto ciò che lui ha: sei l'unica regola che Tony mi ha imposto quando ho fatto la mia scelta: mi ha detto che saresti dovuta rimanere fuori dagli affari. Io l'ho fatto... lui non ci è riuscito.”

“Non lo sapevo.” - dovette ammettere. Non l'aveva nemmeno mai pensato, a essere sincera.

“Io penso che non intenda tenerti nascosto il progetto. Credo che stia cercando di chiarirsi le idee una volta per tutte.” - si era alzato, venendo a sederle vicino. Era la prima volta che si permetteva una libertà del genere - “Tony ed io ci siamo conosciuti fuori dal mondo in cui siamo cresciuti e decisamente in una situazione priva di schemi. Ed è stato lui a dirmi che dovevamo uscirne, che dovevo cercare uno scopo nella vita e seguirlo fino in fondo. Lui mi ha detto cosa avrebbe voluto per se stesso.”

Credo che tu abbia un compito da portare avanti. Forse non sei un filantropo da Nobel, ma ti serve uno scopo. Tu non sei il tipo da finire la sua vita sulla strada, senza meta. E' per questo che ami combattere e provi rabbia quando lo fai. Sai di essere inutile. Sei un guerriero senza guerra. E' ora di scegliere. E' ora che di uscire dal dannato buco nero in cui ti sei cacciato.”

“Quel posto lo ha cambiato, Pepper. Ha visto cosa che fino a quel momento aveva deciso di ignorare e ha perso l'idea di giustizia che aveva, il senso della vita che si era costruito, persino la sua immagine. Ha distrutto se stesso quando l'ho riportato a casa. Ora è pronto a costruire qualcosa di nuovo e tutto suo. Qualcosa che sia il simbolo dell'unicità della sua esistenza.”

“E poi, come ti ho già detto, ha te.” - aggiunse, asciugandole una lacrima - “E, detto tra noi, non credo sia proprio in grado di starti lontano.”

***

Bruce era un teorico della pazienza. Non sempre rispettava le proprie sagge parole ma Pepper, abituata a scindere opinioni giuste e sbagliate a livello mondiale, non poteva dargli torto.

Bruce il romantico viveva e combatteva con la certezza che l'amore avrebbe salvato il mondo... forse era una filosofia incredibilmente dolorosa, ma non di certo errata.

Tuttavia, nei giorni successivi, approfittando di alcuni impegni alla Expo, lei e Tony si erano visti poco. Pepper aveva seguito con regolarità il flusso della contaminazione da palladio nel corpo di Tony, attraverso i rapporti segretati di Jarvis.

Aveva visto la percentuale oscillare, poco sotto il cinquanta per cento, e aveva provato una fitta chiara e dolorosa nel petto. Tony non si comportava come un condannato ma conviveva con questo peso ormai da troppo tempo: aveva cambiato nuovamente cocktail e medicinali, ricalibrato il reattore e, almeno in apparenza, continuava a non avere effetti collaterali.

Non si faceva più particolarmente vedere a torso nudo... ma Pepper aveva fatto finta di non accorgersene. Così come non diceva nulla delle tute a sensori lasciate in giro per casa, dei lividi da collaudo, della macchina distrutta in officina e di tutto il resto.

Inutile avere un'opinione su ciò che non sai.

Tony lavorava all'armatura, senza empatia per le persone che lo circondavano, così come aveva sempre fatto: all'apparire di una saldatrice, di una lamina, di un circuito, il mondo spariva e Tony scendeva nei meandri dell'immaginazione e del calcolo.

Tony mischiava le proprie emozioni alle onde cerebrali e otteneva miracoli.

Lo pensava Pepper, dal giorno in cui era stata assunta... lo aveva pensato Bruce, vedendolo all'opera, un pomeriggio. Non era la prima volta che lavoravano assieme, perchè lo avevano fatto i primi tempi, sotto WayneManor, per approntare le prime armi di Batman. Lo avevano rifatto nel costruire un nuovo nascondiglio e persino nello scantinato della WayneEnterprises.

Ma ora... ora era la prima volta che Bruce lo vedeva all'opera nel suo habitat.

Tony non gli aveva detto nulla, quindi Bruce non si era sentito in dovere di andarsene. Seduto su uno sgabello, appoggiato a uno dei banconi, aveva visto l'armatura scorrere da uno schermo all'altro e divenire tridimensionale.

Tony aveva una specie di portachiavi, con cui comandare il flusso olografico. Lo teneva in tasca, quando aveva bisogno le mani libere e si muoveva tra quelle onde virtuali con una tranquillità che Bruce riteneva meravigliosa.

Tony, che sapeva essere un uomo concreto ad un passo dal sembrare un carroarmato, camminava a piedi nudi e mani in tasca in mezzo ad attrezzature e sistemi progettuali che nel resto del mondo non esistevano e che erano frutto unicamente del suo cervello.

Piegò la testa, fissandolo inserire un braccio dentro una proiezione e sollevarla, come se fosse reale. Ne avvertiva la concretezza, nella simulazione? Riusciva a immaginarla, a livello tattile?

Bruce si guardò una mano, incerto. Talvolta cercava di richiamare alla mente la pelle di Rachel, quell'ultima carezza, il loro ultimo istante insieme, l'attimo in cui le aveva sussurrato...

Non ricordava. Per quanto si sforzasse...

Rialzò la testa, tornando a fissare Tony. E si scoprì osservato.

Tony premette un tasto e la magia virtuale scomparve.

Non disse nulla, recuperò due birre e si sedette sullo sgabello di fronte, in attesa.

“Non ti sfugge nulla...” - sospirò Bruce, cercando di nascondersi dietro un sorriso.

“No, non mi sfugge nulla.” - ammise l'altro, bevendo un sorso - “Sono irrimediabilmente perfetto.”

“Non era mia intenzione distrarti.”

“Faccio una pausa.” - replicò lui, posando la birra sul ripiano e decidendo di non esagerare, nel tormentarlo - “Devo esporti una teoria.”

Bruce annuì, rilassandosi, impercettibilmente. Non voleva parlare di Rachel, non voleva parlarne con nessuno.

“Ti ascolto.” - replicò.

“Guarda quello schermo.” - disse, tirando fuori il portachiavi dalla tasca e premendo.

Era la ripresa di un circuito di sorveglianza. Si vedeva un uomo varcare una porta.

“Ti presento Jonathan Crane, nome in codice Spaventapasseri, felice proprietario di una Bomba Stark attualmente in riparazione presso di noi, mentre viola la sicurezza di un laboratorio ricerche nell'ovest del paese. Non chiedermi come l'ho avuta e guarda chi c'è con lui.”

Dietro, con camminata austera e passo cadenzato dal bastone, Ducard.

Bruce rimase a bocca aperta. Tony premette un altro tasto, facendo apparire la piramide dell'indagine di Pepper. Ora, Crane non stava a lato dello schermo, ma subito a fianco degli altri.

“E la teoria dove sarebbe?”

“Guarda come apre la porta.”

Crane stava usando un badge. E, finito l'utilizzo, lo aveva posato su un divanetto, aggiustandone meticolosamente in nastro.

“Non ti ricorda nulla?”

“Il quarto giocatore, quello dell'intrusione alla StarkInd.”

“E, così, il signor Wayne vince una bambolina...” - confermò Tony, spedendo Crane definitivamente tra i cattivi che già conoscevano - “Ora, andiamo avanti. Perché, se lavorano insieme dall'inizio, una bomba a testa e non tutte e due di Ducard?”

“Perchè lavorano insieme ma hanno obbiettivi diversi? Soci?”

“Possibile o, più probabile...” - altra slide, altro video - “Perchè sin dall'inizio sapevano che una bomba sarebbe stata manomessa e avrebbe fatto scattare il segnale di sicurezza.”

“E non volevano che fosse Ducard il nome a cui risalire. Perchè?”

“Perchè era un nome che già conoscevamo e non ce ne saremmo stupiti. Due bombe, due nomi, due progetti... eppure stessa nave di arrivo e tutto a Gotham. Due facce della stessa medaglia...”

Bruce fissò i dati danzare sullo schermo.

E la verità apparve, violenta, colpendolo come una mazzata.

“È un depistaggio.”

“Sì, è un depistaggio.” - concordò Tony, fissando le fotografie danzanti sullo schermo - “E, mentre noi puntavamo gli occhi sulla spaventapasseri... dove si è nascosto il contadino con il fucile?”

***

Quando Pepper era rientrata, quella sera, Tony si era sorpreso di vederle scendere la scala dell'officina portando un cartone della pizza e due birre.

“Guarda chi si vede!” - aveva esclamato, giulivo, allungandosi per seguirla oltre i monitor.

“Permesso di entrare?” - aveva domandato lei, scotendo le due birre per tentarlo. Il permesso era stato concesso e la cena consumata su un tavolo ingombro di ferraglia di ogni genere, non lontano da quello che sembrava uno stivale uscito da Terminator.

“Bello il giocattolo che hai mandato a Bruce, l'altra settimana.” - esordì lei, alla fine, quando non restò che da buttare bottiglie vuole e cartone - “Sembrava un bambino a Natale.”

“Ma sì, stiamo ammodernando l'arsenale. E la sua corazza va sistemata, non è più adatta, penso che la rifaremo da zero.” - rispose lui, finendo di masticare - “Tra le 'donazioni' di Fox e quelle di Obie stiamo per diventare all'avanguardia.”

“Stiamo?”

“Stiamo. Un po' per uno.” - spiegò lui. Poi si allungò, fino a sfiorare la tastiera - “Guarda...”

La luce nella stanza era divenuta soffusa e uno degli schermi, unico punto illuminato, brillava, di fronte a loro.

“Devo farti vedere una cosa.”

“Davvero?” - rispose lei, cercando di controllare l'agitazione - “Di solito non posso vedere nulla, prima che sia finita...”

“Questa volta è diverso, Pepper.” - Tony aveva portato la sedia più vicino alla sua, cingendole le spalle, come se fossero al cinema - “Questa cambierà le nostre vite.”

Aveva detto nostre. Non mia. Pepper fu percorsa da uno strano brivido, un misto di gioia e di paura.

“Ti presento l'ultimo nato in casa Stark...” - sussurrò, nel suo orecchio, puntando la penna laser e accendendo il mondo intorno a loro - “La Mark 1 che farà di me, anche fuori, l'uomo d'acciaio che sono dentro... ti presento... Iron Man...”

Pepper sentì montare un brivido di eccitazione quasi incontrollabile.

Intorno a loro, traslucidi, si muovevano i componenti, quasi danzando. Pepper li guardò, rapita, mente convergevano verso il centro della stanza, fino a ricomporsi in un'unica immagina, un'armatura splendente.

Era superba.

E Tony, come sempre, usava il senso dello spettacolo, per far capitolare le persone.

“Sai, se io fossi Iron Man, e questo fosse un film, io avrei di certo una ragazza che conosce il mio segreto e la mia identità e lei avrebbe l'esaurimento nervoso a forza di temere la ma morte ma sarebbe fiera dell'uomo che sono diventato, sarebbe in continuo conflitto, cosa che la renderebbe ancora più pazza di me.... ti prego dimmi che sei d'accordo con quello che ho detto.”

“La mancanza di punteggiatura rendeva difficile seguirti ma...” - rispose Pepper, alla stessa velocità - “Ma sì, credo di sì...”

Si voltò, guardandolo negli occhi. E sentì l'angoscia divenire parte del loro amore, definitivamente. Era inutile provare a resistere. Pepper, rassegnata, chinò il capo davanti a quest'ultima dolorosa scelta. Nessuno avrebbe mai fermato Tony Stark. Nessuno.

“E non penso di poter comunque diventare più pazza di così.” - sospirò. E aggiunse - “Qualunque cosa accada, puoi continuare a promettermi che non ti farai uccidere, per favore?”

“Posso provarci.” - ammise lui, modesto, mentre i primi progetti, richiamati magicamente, apparivano sullo schermo. Poi si voltò e le apparve emozionato - “Allora, posso raccontarti tutto dal principio? Ti va di finire in questo guaio con me una volta per tutte?”

Pepper non rispose... assomigliava troppo a una proposta di matrimonio per dire serenamente 'sì' senza che Tony si sentisse male. Sperò solo che quel bacio fosse un messaggio forte e chiaro.

***

Quella notte, certo di Pepper dalla sua parte e non solo tra le sue braccia. Tony rimase a lungo ad occhi spalancati.

I pensieri lo assalivano più forti, nel buio, come se il sonno cancellasse le barriere che gli permettevano di separare emozioni e conoscenza, come se i compartimenti stagni cominciassero a filtrare, a colare incertezza lungo i margini della razionalità.

Nemici. Troppi.

Nemici dentro Gotham e fuori.

Bene. A questo avrebbe rimediato Iron Man.

Ducard sapeva chi fosse Batman. Perché teneva per sé quel segreto? Faida personale? L'offesa, nata dal rifiuto di accettare la sua eredità, era più forte di ogni forma razionale di complotto?

Obadiah? Obie aveva raggiunto il proprio obbiettivo? I dati della fabbrica dicevano di sì: una grossa arma risultava essere stata costruita, ma i files progettuali erano stato cancellati. Pezzo unico? Non era anche questo il segno di un interesse personale? Vendetta.

Si, vendetta sicuramente.

Poi c'era il Joker, che voleva il caos. Voleva dimostrare come non esistesse altro. Prima della fine, avrebbe tentato un colpo gobbo e, se Batman continuava a dargli la caccia in quella maniera spietata...

Si mosse, cercando di non svegliare Pepper. E scivolò fuori dal letto.

Bruce si stava accanendo troppo, stava perdendo il quadro di insieme. Tanto insisteva nell'intenzione di non vendicare Rachel, tanto più si gettava nella caccia al folle. Stava facendo del loro contrapporsi un affare personale. E Joker non era tipo da non sfruttare le potenzialità di quel difetto.

E c'era Crane. Supponendo che Tony avesse ragione, che il furto della bomba non lo avesse danneggiato, a chi avevano dato il palladio? A chi?

Risposta più ovvia: qualcuno che sapesse lavorarlo.

Ma quanti potevano saperlo fare, a parte Tony e, per luce riflessa, Obie?

“Bella domanda...” - disse a se stesso, ingoiando due pastiglie e aprendosi una birra. Si lasciò andare sulla poltroncina e i monitor apparvero, come al solito.

“Jarvis, l'analisi finale di Iron Man.” - disse, senza nemmeno vedere le linee di energia che tanto incantavano Bruce - “E comincia una ricerca sul palladio. Nomi, date, tutti gli usi degli ultimi trent'anni... ed estendi a tutto il mondo.

***

Quella mattina, Bruce fu svegliato da una mano di Alfred.

Intontito, si mise a sedere sul letto, strofinandosi gli occhi e cercando di snebbiarsi.

“Che ore sono?” - bofonchiò, cercando di vedere l'orologio. Due ore. Aveva dormito due ore - “Che succede?”

“Sono veramente desolato...” - disse Alfred, perfettamente consapevole di quando fosse tornato e in che stato - “Ma credo che ci sia qualcosa che deve vedere alla televisione.”

Le immagini stavano facendo il giro del mondo. Era stato Lucius, nottambulo di vecchia data, a telefonare ad Alfred.

“Preferisco lo veda con i suoi occhi.” - spiegò il maggiordomo, mentre lo aiutava a mettersi la vestaglia - “E decida se è un problema che ci riguarda.”

Le immagini rimbalzavano da un'emittente all'altra, senza pietà.

Distruzione.

Distruzione su vasta scala nelle montagne a nord dell'Afghanistan, in una zona in mano ai guerriglieri. Esplosioni. Gente in fuga.

Cose purtroppo già viste.

Bruce si sedette sul divano, intrecciando le mani. Alfred restò in piedi alle sue spalle, in attesa, come suo solito.

Pepper, a chilometri di distanza, sdraiata nel letto, vedeva le stesse identiche immagini e lasciava che fosse Jarvis a cambiare canale se necessario, a caccia di reportages sempre più dettagliati.

Lucius Fox, in piedi in cucina, in pigiama, osservava l'immagine disturbata, dai colori troppo forti, in silenzio, ignorando il gatto che gli si strusciava addosso.

Le immagini erano fumose, spesso misericordiosamente senza audio. Tante, di repertorio, già viste nei giorni passati, continuavano a raccontare la stessa storia: gruppi ribelli, violenza, innocenti violati e uccisi... morte.

Morte su vasta scala.

Necessità di intervento.

Necessità assoluta.

E, ora... qualcosa di diverso e, considerò Bruce con cinismo, più succoso della morte.

Il repertorio non era altro che una cornice per lo scoop. Non era più la guerra a sconvolgere il mondo televisivo. No. Il mondo, con occhi sbarrati, contemplava un'ombra, l'ombra di un uomo più alto della media, brillante al sole.

No, non un uomo.

Un'armatura.

Un'armatura rossa e oro.

Bruce, in silenzio, si portò una mano al viso, sfiorandosi bocca e mento. Gli elicotteri militari, in volo, riprendevano combattimenti, nuvole di polvere e... l'uomo in volo.

In volo, sopra quello che era stato il loro campo di prigionia. Rosso e oro come le fiamme... come una fenice...

Sei a buon punto, direi...”

Sono già alle fase in cui scelgo il colore. Nero Lamborghini? Rosso Ferrari? Magari.. magari una punta di giallo... penso spesso ai colori del fuoco. Oro e rubino, cosa ne pensi? Pretenzioso?

“Dobbiamo preoccuparci?”

“Non per il motivo che credi, Alfred... non per quello che credi.”

Pepper voltò la testa. E fissò l'altro lato del letto. Vuoto.

***

Alla conferenza stampa, due giorni dopo, mentre inaugurava il nuovo padiglione dell'Expo, Tony smise di leggere il gobbo e alzò lo sguardo sui presenti.

“Credo che siate tutti informati sui recenti avvenimenti in Medio Oriente...e che tutti abbiate ammirato le foto che stanno facendo il giro del mondo. Ovviamente, si è subito pensato ad un collegamento tra le StarkIndustries e l'apparizione di questa nuova arma e le congetture a riguardo si sono sprecate per cui... per cui voglio approfittare di questa conferenza per mettere a tacere ogni singola voce a riguardo. La verità è che... io sono Iron Man.

You left a stain

On every one of my good days

But I am stronger than you know

(Matchbox 20 - Disease)

Hai lasciato una macchia In ognuno dei miei giorni buoni Ma sono più forte di quanto pensi

(3 Luglio 2013)

  
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