Autore: roxy_xyz;
Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, e con la partecipazione di Luna Lovegood;
Pairing: Harry/Hermione, of course!
Genere e avvertimenti: Oneshot (3696 parole). Commedia, un pizzico di avventura e di sfortuna, e con una buona dose di romanticismo alla fine.
Beta reader: Potionfang/Beapot/Acidella/ Nasona.
Approvata da: Questa storia ha il marchio ©Jaybree approved;
Nda: In questa commedia, ci sono un po’ tutti gli elementi che caratterizzano le mie commedie. Abbiamo un Harry imbranato che, come al solito, finisce per vivere delle grandi avventure senza fare nulla, anzi senza muoversi di un millimetro, e anche un po’ di influenza di Doctor Who (*) .
Infine, per chi non lo sapesse, questa storia partecipa all’iniziativa “Halloween Auror Stories” organizzata dal gruppo Facebook “Cercando chi dà la roba alla Rowling [Team Harry/Hermione].
Di
balli, gambe e padri arrabbiati, ovvero la dimostrazione della
grande sfortuna
di Harry Potter
Quando si è bimbi, si
sognano grandi avventure, pericoli su pericoli e poi, alla fine di tutto, si
spera in un bel ‘felici e contenti’, come ricompensa
di quanto si è sofferto.
Harry si trovava in quel
sottoscala quando aveva chiuso gli occhi e chiesto a bassa voce di condurre una
vita diversa da quella che credeva gli spettasse. Non voleva diventare come suo
cugino Dudley!
Lui sognava di cavalcare
draghi, salvare una principessa dopo mille peripezie, sconfiggere il nemico e
ovviamente salvare il mondo. Sognava in grande il piccolo Harry.
L’aveva sussurrato in quel
sottoscala dove nessuno della sua famiglia poteva
udirlo - e quindi, prenderlo in giro - eppure qualcuno l’aveva ascoltato ed aveva
esaudito i suoi strani desideri.
Ora, all’età di venticinque
anni, sussurrava nel soggiorno di casa che i problemi lo lasciassero in pace,
perché dopotutto, aveva diritto anche lui a un po’ di spensieratezza e
tranquillità… o no?
A quanto pare, per sua
grande sfortuna, c’era qualcuno che la pensava diversamente, e alla fine anche
lui si era dovuto arrendere all’ineluttabile destino. Scappare. Schivare i
colpi mortali. E rimanere soli, perché persino la principessa se l’era data a
gambe.
Lui era Harry Potter e,
come tale, doveva vivere grandi avventure e quindi grandi
cadute, giusto per rendere il tutto più interessante. Alla sua giovane età,
passava la maggior parte del tempo in missione o in ufficio, piuttosto che
insieme ai suoi amici. Se non ci fossero stati gli sporadici rapimenti da parte di Ron e Hermione non
avrebbe mai smesso di lavorare a qualche caso.
Quel giorno era stata la
sua migliore amica a proporgli qualcosa di diverso, e dopotutto cosa poteva
succedere alla festa di Halloween organizzata dal Ministero?
“Dai,
Harry! Ti prego, ti prego, ti prego!”
Hermione era sempre stata
la più brava e la più convincente, grazie al suo tono petulante. Aveva messo il
broncio e guardato Harry con uno sguardo che avrebbe convinto anche il primo
passante.
“Solo un’oretta, però.”
Era stato il tentativo a vuoto del ragazzo, prima di commettere il grande
sbaglio di guardarla.
“Ma così ci perderemo il
gran ballo e io lo aspetto da tanto!”
Lui, ballare? Ma Hermione era seria quando proponeva certe cose… a lui?
“Ti prego, ti prego, ti prego.”
Fu allora che dovette
cedere e acconsentire ad accompagnarla non solo alla festa, ma anche sulla
pista come suo partner. Per tutta la
serata. Poteva essere più sfortunato di così?
Pensando a quanto gli succedeva ogni giorno, decise di non lamentarsi più del
dovuto, perché la sua situazione poteva anche peggiorare.
“E sia.” Furono le uniche parole che riuscì a dire
prima di essere investito da uno dei soliti abbracci di Hermione che misero a tacere qualsiasi suo dubbio.
Poteva anche ballare per
una sera con la sua migliore amica, dannazione!
Poteva, giusto?
Certo, se avesse saputo
ballare…
Però l’aveva fatto per il Torneo Tremaghi,
quindi era capace di rifarlo.
Ce l’avrebbe fatta, ne era convinto, e a volte per
riuscire in qualcosa bisogna essere prima di tutto convinti!
“Inutile dirti che dovrai
indossare il vestito di gala ed essere perfetto. Non si sa mai con la stampa.”
Quale stampa? Quali
giornalisti? Perché doveva sembrare un pinguino?
“Ti prego, ti pr-…”
“Sì, ho capito! Basta che
poi non ti lamenti se ti annoi o ti vergogni di me e di come ballo.”
“Come potrei?” Furono le
ultime parole famose di Hermione Granger.
§
Erano le sette e mezza quando Harry Potter si presentò a casa della sua
migliore amica, vestito di tutto punto e con un’espressione che lasciava
trasparire la sua poca voglia di andare alla festa.
Quando Hermione gli aprì
la porta, dovette soffocare un’improvvisa voglia di fare marcia indietro e
tornare dalle sue scartoffie. Fasciata in un abito mozzafiato che l’avvolgeva come una seconda pelle, c’era proprio lei, la
sua amica secchiona dei tempi di Hogwarts. Solo che ora era diventata una donna
incantevole e sicura di sé, e Harry non poté e non volle rimanere impassibile
di fronte alla sua bellezza.
“Sei incredibile,
Hermione.”
“In che senso?” L’aveva
guardato senza capire.
“Incredibilmente bella.”
“Grazie.” L’aveva preso a
braccetto e rivolto un timido sorriso.
Era raro che facesse dei complimenti,
soprattutto a lei, ma si sentiva così fiero di poter essere il suo
accompagnatore.
“Sei pronto?”
“A cosa?”
I suoi occhi scintillarono
prima di rispondere. “A essere torturato da me. Il mio
cavaliere Harry!”
“Oh be’,
a dire il vero sono terrorizzato da questa serata.
Credo che persino il Ministro strabuzzerà gli occhi quando mi vedrà entrare.
Non ho mai partecipato a quelle stupide premiazioni… sai, quando portavo a
termine le mie missioni…”
“Intendi dire quando ancora una volta dimostravi di essere un eroe?” Hermione
adorava metterlo in imbarazzo, non c’era che dire.
“È il mio mestiere, non
sono… quella cosa!”
“Eroe?”
“Mmmh.
Ron e Luna vengono?”
“Cambi argomenti Mr.
Potter? Comunque sì, e ci stanno aspettando. Andiamo, mio eroe!”
§
Ora, arrivati a questo
punto della storia, era evidente quanto Harry si stesse impegnando affinché la
serata fosse una delle migliori della sua vita, e non solo perché alla fine non
aveva mentito a Hermione pur di evitare quell’agonia, detta anche Festa di
Halloween, ma anche perché quelle ore non sarebbero state poi così terribili se in compagnia
delle persone a cui voleva bene.
Cosa
poteva desiderare di più?
Magari che Luna non
sperimentasse le sue strane invenzioni su di lui, o qualsiasi cosa facesse per
impedirgli di divertirsi. Ma era anche consapevole che se lo avesse fatto su
Ron o uno degli altri invitati, non sarebbe successo alcunché,
mentre a lui capitò di tutto. E con quel termine, sì intendeva ogni evento o
situazione non solo imbarazzante, ma anche spaventosa e terrificante.
“Ciao Harry!” Un saluto
che era stato accompagnato da un bacio sulla guancia e da un inaspettato dono:
una spolverata di qualcosa di argentato che andò a finire proprio dentro il suo
occhio destro, causandogli un bruciore che mai potrà dimenticare, e da un “tuffo”
in qualcosa difficile da definire, perché quando dopo aver strofinato e strofinato a più non posso il povero occhio, aprì e sbatté
le palpebre ritrovandosi in un posto molto diverso dalla hall del Ministero.
E fu grato che potesse
vedere, perché poté schivare una granata, una di quelle che aveva visto solo
nei film in bianco e nero.
Perché?
Perché in quel sottoscala
non aveva chiesto un cagnolino?
§
Harry aveva osservato
l’esplosione senza muovere un muscolo, forse si aspettava che qualcuno gli
dicesse che era tutto uno scherzo e che qualcuno si stava facendo delle grosse
risate a sue spese, invece non accadde nulla. Un’altra granata cadde molto
vicino alla sua posizione, finché qualcuno non cercò di fargli capire che
doveva muoversi, se non voleva morire.
“Ragazzo! Cosa fai lì impalato? Muoviti!”
Era stato un uomo sulla cinquantina
a parlare e, dalle tante stellette appuntate alla divisa, doveva essere un
soldato con un alto grado.
“Dove siamo?”
Ripensandoci, non fu una domanda intelligente, ma aveva la mente completamente
annebbiata.
“A Gettysburg…
ti hanno ferito, figliolo? Forse è meglio se torni
alla base.” Si era grattato alla testa, prima di guardare in giro. “Tyler,
portalo dall’infermiera, non posso salvargli la pelle
se rimane a fissare le bombe come un perfetto idiota!”
“Sì, signore!”
Si sentì tirare, strattonato
come se fosse una marionetta. A quanto pare Tyler aveva preso in parola il suo
capo e lo stava trattando alla stregua di un mentecatto.
Gettysburg. Dove aveva sentito questo nome? Eppure era sicuro
di averlo sentito da qualche parte…
“Venga,
siamo quasi arrivati. Lì,
sicuramente l’aiuteranno.”
“Io voglio solo tornare a
casa. L’avevo detto io che i balli mi portano sempre male…”
“Balli? Credo che il colpo abbia fatto parecchi danni.
Sarà meglio sbrigarsi. Ecco, siamo arrivati.” Con la
mano, spostò la tenda rivelando all’interno un ambiente fatto di brandine e
completamente colmo di feriti.
Ma lui non aveva nulla! Perché nessuno lo capiva?
Voleva vedere loro come avrebbero reagito se un momento prima erano ad una festa e quello dopo su un campo di battaglia.
“Eccomi, ci sono.”
Fu la voce a riportarlo
alla realtà, l’avrebbe riconosciuta ovunque! Per fortuna anche Hermione era
finita nel suo stesso incubo e forse, insieme, sarebbero riusciti a venirne a
capo.
“Hermione! Meno male che ci sei tu qua…”
Lo sguardo che gli rivolse
non gli piacque per niente… era come se non sapesse chi fosse.
Improvvisamente Harry
cominciò a sudare freddo.
“Lo
aiuti a sdraiarlo. La brandina in fondo va benissimo.” disse, indicandola.
Magari stava fingendo. Ma certo! Davanti al soldato non poteva ammettere di
conoscerlo, doveva solo aspettare di rimanere soli. Più la guardava e più se ne
convinceva.
Non poteva essere
altrimenti.
Sì, sì, era sicuramente
così.
“Direi
che dobbiamo tagliare. Avrei
bisogno di aiuto, se la sentirebbe di assistermi?”
aveva domandato al soldato di nome Tyler.
Ora Harry era
terrorizzato. Tagliare? Tagliare cosa?
“Non ho ben capito…”
“Ho detto che non posso
fare più nulla per la sua gamba destra.” Questa volta il tono di Hermione era
più comprensivo.
Harry si guardò la gamba e
la vide come sempre: assolutamente perfetta e funzionante.
“Ma
se non è neanche ferita!”
“A quanto pare,
l’infezione sta causando gravi allucinazioni al suo compagno d’armi. Dobbiamo agire subito!”
“Io devo andare via…”
aveva iniziato a dire Harry, e subito era stato bloccato dalle braccia possenti
del soldato che l’aveva portato sin lì, e da un altro energumeno in bianco che,
a quanto pare, doveva essere uno dei dottori.
“Ho detto che la mia gamba
sta benissimo!”
Di nuovo aveva cercato di
scendere e di andare via e di nuovo era stato bloccato. Perché non capivano che
stava benissimo e soprattutto che la sua gamba funzionava alla perfezione?
“Signorina, prenda il
cloroformio, il nostro paziente è alquanto agitato.”
Scappare, scappare, scappare. Questo era il mantra che stava risuonando nella
testa di Harry.
Quanto sentì la lama
fredda della sega sulla sua gamba, i suoi tentativi divennero più frenetici e
disperati.
“Sssh,
stia calmo, soldato. Ecco, respiri
questo.”
Solo troppo tardi capì che
Hermione l’aveva fregato in pieno. Sentì uno strano formicolio in tutto il
corpo e la vista annebbiarsi, mentre la possibilità di scappare si faceva
sempre più remota.
In lontananza sentì il
dottore rivolgergli qualche parola, dopodiché tutto divenne nero.
Per la seconda volta,
sussurrò una preghiera affinché qualcuno lo salvasse.
§
Faceva caldo e c’era
qualcosa che pesava su di lui, impedendogli di muoversi.
Con un flash ricordò le
bombe, la guerra, ma
soprattutto la sua gamba. Cercò di muoverla e si sentì invadere da una
sensazione di sollievo quando ci riuscì. Era lì, attaccata al suo posto e
cavolo, quanto era bello sentirla ancora!
Fu allora che si accorse
di essere osservato.
“Hermione?” Era al suo
fianco e sul suo viso era dipinto un sorriso sghembo, sembrava una bambina che
era stata sorpresa nell’atto di una marachella.
“Mmmh.
Ne vuoi ancora, amore?”
Amore? Ancora?
Si guardò attorno,
accorgendosi di trovarsi in un letto in compagnia della sua migliore amica, e a
coprirli vi era un semplice e misero lenzuolo bianco.
Con tutto se stesso sperò
che entrambi fossero vestiti e non…
Quando Hermione si strinse
a lui e la sua mano scivolò giù, verso il basso, capì che non avevano dormito
con alcun pigiama, anzi! Il contatto gentile della mano sulla sua pelle nuda
gli causò dei lunghi brividi.
Faceva terribilmente caldo
o, forse, stava andando a fuoco?
“Cosa
fai?” La sua voce si era ridotta a poco più di un bisbiglio.
“Lo stesso che abbiamo
fatto tutta la notte e che ti piaceva tanto.”
No, no, no! Sbarrò gli
occhi e la sentì ridere; a quanto pare i suoi sforzi per non guardarla la
divertivano.
Lentamente rotolò verso di
lui, e quando Hermione, o la sua versione disinibita, si strinse a lui, unendo
i loro corpi, capì che doveva agire al più presto, se voleva uscire dalla
situazione imbarazzante in cui era finito.
I suoi tentativi di
spostarsi, la rendevano anche più audace e alla fine si ritrovò con le labbra
di Hermione sulle proprie, e per un attimo smise di lottare, decidendo di godere di quel momento. Forse si trattava di qualcosa più di
un breve e
semplice attimo, ma la coscienza di
Harry stava lottando con i suoi sensi di colpa. Sapeva che era Hermione, diamine,
quella era la sua amica di sempre! Eppure l’immagine di lei
con quel vestito da sera e la consapevolezza di quanto era bella lo bloccavano
in quel letto.
Era come se volesse
approfondire quel bacio, sentire la sua lingua calda e succhiarle il labbro.
Molto probabilmente aveva
davvero sbattuto la testa, eppure per la prima volta si sentì in pace con se
stesso e completamente amato. Le loro labbra si separarono solo per pochi
secondi prima di riprendere là dove si erano interrotti. Non credeva che
Hermione sapesse baciare così bene!
La porta si aprì con
violenza, andando a sbattere contro il muro e facendoli separare bruscamente.
Qualcuno voleva fargli
venire un infarto, per caso?
“Padre!” Hermione si era
staccata completamente da lui, cercando in qualche modo di coprirsi con quel
poco che aveva a disposizione.
No, no, no! Davanti a lui
stava il signor Granger, con degli strani abiti da contadino e con in mano un fucile, casualmente
puntato nella sua direzione. Fu allora che capì di non trovarsi nella “vera”
stanza da letto di Hermione; certo vi era stato solo
poche volte, ma questa sembrava più rustica, quasi di campagna.
In più, sulla sedia, vi
erano corpetti e gonne ampie, indumenti che nessuno indossava più.
Quando
si trovava?*
“Signor Granger, le posso
spiegare tutto!” aveva provato a dire, prima di essere investito dalla sua
furia.
“La mia bambina! Tu… l’hai… violata!”
Al suo fianco, Hermione lo
stava fissando con il terrore negli occhi. Che cosa poteva fare?
“Io… io… la amo!” Ora la
sua voce aveva raggiunto una tonalità non molto virile, ma non aveva mai visto
il padre della sua amica così arrabbiato. Dopotutto, poteva anche capirlo; aveva
trovato la figlia, la sua bambina, a
letto con un uomo!
Doveva trattarsi sicuramente
di un altro incubo! Perché qualcuno continuava a tormentarlo in quel modo?
Fu con
tale convinzione che si ritrovò a dire: “La sposo! Così, potrò stare con lei per
sempre.”
“Oh, Harry.” Hermione si
era gettata su di lui, cominciando a ricoprirlo di piccoli baci, non mostrando
più attenzione alla presenza del padre e nemmeno un minimo di pudore.
“E se la farai soffrire…” Il
signor Granger puntò nuovamente il fucile in direzione di Harry in modo da
fargli capire quello che non poteva dire in presenza
della sua amata figlia.
“Che bello, che bello! Dov’è mia madre? Dobbiamo organizzare tutto e poi…
dobbiamo fare tagliare la gamba a Harry…”
“Co… cosa?”
Perché tutti ce l’avevano con la sua gamba? Era sana al cento per cento,
n’era sicuro.
“Hai ragione, cara! Devo
giusto ammazzare il maiale per festeggiare, facciamolo insieme così sporchiamo
una volta sola.”
Non gli importava di
mostrarsi nudo come un verme davanti a suo suocero, l’importante era salvare la
sua gamba che, a quanto pare, tutti volevano. C’erano stati alcuni fan che gli
avevano strappato alcune ciocche di capelli, ma nessuno aveva mostrato un
interesse così morboso verso il suo arto.
Si alzò così velocemente da
non fare caso al lenzuolo che si arrotolò al suo piede
e che lo fece cadere a faccia in giù, sul pavimento di legno. Poteva dire addio
ai suoi tentativi di fuga, era un vero incapace, altro che eroe, come lo
definiva Hermione!
“Fermi, vi prego, vi scongiuro... non tagliatela!” urlò, nel tentativo di
fermarli.
“E tu chi sei?”
Quando alzò lo sguardo per
guardare Hermione si ritrovò catapultato in un altro ambiente. Non c’era più
traccia del suo quasi suocero o del letto, e al loro posto c’era una Hermione
con addosso una semplice vestaglia da letto. Erano
sulla scala di un condominio e, dagli occhi rossi che aveva, intuì che aveva
pianto.
Era più giovane, sembrava
avere quindici, sedici anni. Era la sua Hermione, quella ragazzina che aveva
consolato sui gradini di scuola quando Ron aveva baciato Lavanda Brown, solo che lei sembrava non riconoscerlo.
“Perché stavi piangendo?”
chiese, una volta alzatosi.
“Ripeto: tu chi sei? E
poi, che t’importa! Scommetto che anche tu fai piangere tante ragazzine come
me.”
Parlava e tirava su con il
naso.
“Io alle ragazze non
piaccio.”
“Allora siamo in due,
tutti mi considerano una secchiona brutta e con i
denti sporgenti…”
“I tuoi denti sono
perfetti e scommetto che a loro conviene che tu studi.” le disse con
gentilezza.
“In che senso?”
“Beh, scommetto che sarai
tu ad aiutarli quando avranno qualche verifica. E quel giorno sarai la ragazza
più carina della scuola.”
“Hai
ragione! Ma
io sarò forte e non li aiuterò…” Sembrava animata da una nuova energia, ma lui
la conosceva troppo bene.
Harry non riuscì più a
nascondere il sorriso che aveva stampato in viso. “ Non credo,
tu sei troppo buona.”
“Hai ragione.” disse in un
sussurro. “Quindi, non sono… brutta?” Con le dita
aveva iniziato a giocherellare con l’orlo della veste e a Harry sembrò ancora
più adorabile. Era così impacciata e indifesa che non riuscì a controllarsi.
Non fu colpa sua se il suo braccio si alzò in maniera del tutto autonoma per
andare ad accarezzare i riccioli che, a causa delle lacrime, si erano
appiccicati ai lati del viso. Fu per via dell’incubo che stava vivendo, ecco!
“Tu sei
speciale, oltre che bella… sei coraggiosa, sei forte, scommetto che sei capace
di fare tutto. Anche di salvare
l’eroe dal pericolo! Colui che riuscirà ad avere il
tuo amore sarà l’uomo più fortunato di questo pianeta, fidati. Io lo so.”
Hermione era rimasta in
silenzio per tutto il tempo, prima di alzarsi bruscamente.
“Cosa ho
detto?” La sua amica lo stava fissando intensamente e non vi era più traccia
della sua tristezza.
Impotente, la vide sollevarsi
sulle punte dei piedi per poterlo baciare. Le loro labbra si toccarono, senza
muoversi, eppure si sentì improvvisamente felice.
Non era come quello precedente,
questo era più dolce, più timoroso.
Era il suo primo bacio e quella Hermione aveva deciso di condividerlo con lui.
Avrebbe
voluto rimanere sempre così,
abbracciati e a discutere di argomenti futili. Niente magia, nessun ministro a
fargli pressione, niente politica, solo due ragazzi adolescenti che scherzavano
e ridevano.
Se lo meritava, dopotutto.
Le sorrise ancora, per
l’ultima volta, perché era sicuro che il sogno si sarebbe
concluso a momenti, e come prima si sarebbe ritrovato catapultato in
qualche posto assurdo e avrebbe lottato per sopravvivere, ma con lui ci sarebbe
stato anche lei. Chiuse gli occhi, preparandosi al suo ultimo bacio e…
“Harry, stai bene?”
Ecco, l’avevano rifatto!
Questa volta Harry se ne infischiò
completamente, poteva essere uno dei condannati al patibolo o un assassino
colto in flagrante; con un mano tirò Hermione verso di
sé, baciandola senza fretta. Assaporò quel momento, il primo in cui era
veramente sincero con se stesso e con quei sentimenti che aveva deciso di
nascondere e che, alla fine, aveva quasi dimenticato.
Quasi, perché lei era
sempre lì a ricordargli che non era solo la sera di Natale, e che l’avrebbero
passata insieme preparando un dolce immangiabile, ridendo poi fino alle
lacrime. Si sarebbero ritrovati poi, all’alba, sul divano completamente
infreddoliti, correndo poi verso il letto per cercare un po’ di tepore.
Non sarebbe rimasto solo
neanche per il suo compleanno perché lei avrebbe organizzato una festa e
invitato tutti gli amici, per poi rimanere fino alla fine e ricordargli che
l’indomani sarebbero andati insieme al cimitero per
depositare una corona di fiori che avrebbe prodotto con la magia, come quella
volta. Come la prima volta in cui c’era solo Hermione al suo fianco. Perché lei
non avrebbe mai smesso di proteggerlo.
Riaprì gli occhi e la
vide, splendida come sempre, ma c’era qualcosa che sembrava preoccuparla e per
un attimo ebbe il timore di averla persa. Fu quando vide i flash che capì di essere un perfetto idiota, perché si trovava
sdraiato sul pavimento della hall e una folla di giornalisti stava scattando
foto a tempesta e lui, o meglio la sua testa calda, aveva agito senza pensare.
Sarebbe finito nuovamente
in prima pagina, che stupido!
“Cosa è
successo?” disse, prima di cercare di rialzarsi.
“Sei svenuto, dopo che
Luna ti ha gettato della polvere magica.” spiegò Hermione. “Sta
lavorando a un progetto per una specie di sabbia che ti permette di viaggiare
nel tempo e nello spazio. Ovviamente è impossibile! E
poi… e poi, sei svenuto.”
Impossibile era un termine
che nel dizionario di Harry Potter non esisteva.
“Per quanto tempo sono
rimasto privo di sensi?” indagò. Avrebbe parlato poi con Luna, pregandola di
non usarlo più come sua cavia e senza chiedergli il permesso.
“Un paio di minuti.”
“Oh. Quindi domani
scriveranno di me e di questa crisi di nervi, additandomi come un folle e
inventando mille motivi, tutti inverosimili, per spiegare il mio svenimento.
Come sempre farò la figura dello stupido.” Aveva
parlato con amarezza, mentre si alzava lentamente da terra.
“Non credo ti dovrai preoccupare di questo, Harry.”
“E perché?”
“Perché mi hai baciato
davanti a tutti.”
Così, giusto per fare
dispetto a tutti i fotografi che avevano sgomberato la sala, la baciò ancora,
lasciandola nuovamente senza parole, ed era un evento così raro che a Harry non poteva non piacere.
Non mostrava più alcun
segno di timidezza o pudore; l’aveva fatto così tante volte che ormai gli
sembrava quasi naturale, nonostante gli altri fossero stati solo
nella sua testa. Ma dopotutto chi poteva dire che non
fosse successo veramente? Albus Silente gli avrebbe
detto di godersi lo spettacolo e lui era solo al primo tempo.
“Andiamo?”
“Ovunque tu vorrai.”
Zoppicava, Harry, quando
uscì dall’atrio del Ministero, ma a nessuno dei due importava di conoscere il
motivo; perché per la prima volta non aveva più bisogno di sussurrare preghiere
in un sottoscala o nel salone di casa sua affinché tutto andasse nel verso
giusto, o per chiedere un po’ di misericordia alla sua eterna sfortuna. Quello
che aveva sempre desiderato era lì, insieme a lui e
camminava al suo fianco.
Mano nella mano.