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Autore: Aniel_    26/10/2013    7 recensioni
Dean è un giornalista di New York, autore di una rubrica che colpisce categoricamente gli stereotipi femminili. Quando l'ispirazione viene a mancare, decide di spostare i propri interessi in una cittadina del Kansas in cui, un ragazzo di nome Castiel Novak, viene conosciuto - e ricordato- come lo sposo che scappa...
AU!RunawayBride (Se scappi ti sposo, film del 1999)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Fandom: Supernatural
Pairing/Personaggi: Dean/Castiel, OT (Owen, a volte ritorna!), Sam Winchester, Bobby Singer, Anna Milton, Balthazar, Zaccaria, e vari
Rating: SAFE
Genere: introspettivo, sentimentale, commedia
Warning: slash, movie!AU

Betavampiredrug 
Words: 4595 (fiumidiparole)
Summary
Dean è un giornalista di New York, autore di una rubrica che colpisce categoricamente gli stereotipi femminili. Quando l'ispirazione viene a mancare, decide di spostare i propri interessi in una cittadina del Kansas in cui, un ragazzo di nome Castiel Novak, viene conosciuto - e ricordato- come lo sposo che scappa.
Note: questa fic aveva visto la luce - o almeno, parte di essa- quest'estate, durante la mia maratona di film con Julia Roberts. E la mia beta sa - lei sa!- che io ormai vedo Castiel in qualsiasi ruolo della Roberts (a parte Notting Hill, lì è il contrario, ma comunque...). Quindi è nata questa idea di riadattare in chiave destiel Se scappi ti sposo. Non so ancora quante parti avrà (ho già finito la seconda), staremo a vedere di settimana in settimana.
Dedica: alla mia unitata betosa che sta lavorando come non mai in questi giorni ♥
Disclaimer: nessun personaggio mi appartiene, naturalmente non mi appartiene nemmeno il film. Tristezza.

Ready to Run
Prima Parte


 
Dean salutò il portiere con un cenno e, una volta uscito dalla porta principale, si tirò su il colletto della giacca di pelle con un gesto secco, per ripararsi alla bell'e meglio dalla pungente temperatura mattutina.
Percorse il marciapiede con le mani affondate nelle tasche del jeans e gli occhi che guizzavano da un passante all'altro, alla ricerca di uno straccio di ispirazione.
Se non avesse consegnato in tempo l'articolo per la rubrica, Bobby probabilmente lo avrebbe ucciso.
Sbuffò contrariato quando una donna grassoccia lo superò, fregandogli il taxi che aveva appena chiamato, con un affannato "mi scusi, ma vado di fretta".
Tipico delle donne, mentire spudoratamente e utilizzare ciò che la natura aveva donato loro come arma contundente nei confronti dell'uomo. Dean ormai c'era abituato.
Conosceva le donne, conosceva i loro sogni e le loro paure, e nessuno sarebbe stato in grado di fargli credere il contrario: scriveva del genere femminile da così tanto tempo da non avere più alcuna ombra di dubbio sulla veridicità dei fatti.
Guardò il taxi allontanarsi e nessuna macchia giallastra all'orizzonte. Contrariato, si arrese agli eventi e decise di fare una capatina al Roadhouse, un accogliente bar non troppo lontano dalla sua casa.
Con la solita espressione strafottente salutò Jo, la barista, con un occhiolino, aspettandosi il solito "cosa ti porto, tesoro?" che quel giorno non arrivò.
Dean aggrottò la fronte, perplesso, e si avvicinò al bancone, puntellando i gomiti su di esso per sporgersi al meglio verso di lei, la quale però sembrava troppo intenta a lottare con una macchia invisibile di un bicchiere che di lì a poco si sarebbe frantumato in mille pezzi.
«Sembri di cattivo umore, stellina.» osservò il ragazzo, muovendo appena la testa per guardarla negli occhi.
«Sto benissimo.» mentì la ragazza, voltandogli le spalle e continuando il suo lavoro come se niente fosse.
Dean osservò per qualche istante quella marmaglia di capelli biondi e poco curati e si sporse ancora un po', fino a poggiare il mento sulla spalla dell'altra. «Che c'è? Dillo a zio Dean.» la pregò, ma Jo irrigidì le spalle e si allontanò di pochi centimetri.
«Vaffanculo.»
«Andiamo Jo, che succede? Hai le tue cose?»
Jo scattò, voltandosi improvvisamente e lanciando lo straccio umido sul viso del giornalista. «Hai le tue cose? È questo tutto quello che hai da dirmi? Hai le tue cose? Sai che ti dico? Perché non ci scrivi su un bell'articolo? Vedo già il titolo: Donne mestruate, il nuovo nemico del ventunesimo secolo.» sbottò, incrociando le braccia al petto.
Dean lanciò lo straccio sul bancone, schifato, e si pulì il viso con un fazzolettino. «Si può sapere che ti prende?» le chiese, sinceramente preoccupato.
Jo afferrò qualcosa da sotto il bancone e glielo schiaffò sotto gli occhi, infuriata. «La stupidità delle bionde: una verità che spaventa. Quindi io sarei stupida, non è così?» domandò, puntando il dito contro l'articolo incriminato, accanto al quale faceva capolino una foto sorridente del giornalista.
«Dai Jo, sai che...» tentò di giustificarsi, ma l'altra lo fulminò con un cenno e prese il giornale tra le mani, continuando la lettura.
«Amici miei, gli stereotipi esistono e sono in mezzo a noi. Quante volte vi è capitato di sentire l'espressione "stupida come una bionda"? E quante volte avete constatato che si tratta di una fondata verità? Avere accanto una biondina potrebbe esservi fatale: e se la ragazza restasse intrappolata in una porta girevole del supermercato? Visto il Q.I. potrebbe essere possibile.»
«Non mi stavo riferendo a te, Jo. Sai benissimo che non credo che tu sia stupida.» puntualizzò, cercando di calmarla.
«Sai cosa?» disse Jo, appallottolando il giornale e buttandolo nella pattumiera. «Sei uno stronzo, sessista bastardo.»
«Questo non è affatto vero.» replicò il giornalista, piccato.
Sessista? Lui? No, Dean riportava solo i fatti e raccontava quello che le donne non volevano sentire. Questo non faceva di lui del sessista! Era solo un uomo fedele alla verità, un uomo che sapeva come andava il mondo.
«Ah no? Critichi sempre le donne, fai di tutta l'erba un fascio e, fermami se sbaglio, non hai mai scritto una sola parola contro uno straccio di uomo!»
Dean aprì le labbra ma le richiuse dopo pochi istanti, non sapendo come replicare. «Questo perché non ho ancora conosciuto un uomo con le stesse manie folli delle donne.» osservò.
Qualcuno, pochi tavoli più in là, scoppiò a ridere, attirando l'attenzione di entrambi. Era un uomo cupo all'apparenza, dal viso strano e dai tratti spigolosi. Sorrideva di fronte a un cimitero di bicchieri vuoti, ondeggiando appena sulla sedia.
Se si fosse tirato su in piedi, probabilmente sarebbe crollato sul pavimento come gelatina.
«Lo trova divertente?» gli domandò Dean, curioso.
L'uomo sorrise, alzando lo sguardo acquoso su di lui. «Io ho una storia per te.» lo informò. «Potresti scriverla.»
«Certo che potrei, signor-»
«Virgil. Mi chiamo Virgil.»
Dean annuì. «D'accordo, Virgil. Mi piacerebbe tantissimo scrivere la sua storia ma, sa com'è, ho già lavorato al mio articolo e... sarà per la prossima volta.»
L'uomo scosse prontamente il capo, e si alzò malamente in piedi, aggrappandosi alla sedia per non cadere. «No, la mia storia è meglio. C'è un ragazzo nella mia città, lo chiamano Lo sposo che scappa.» singhiozzò, biascicando un po' le parole. «Si chiama Castiel Novak ed è molto famoso... appena riesce a convincere un uomo a sposarlo, con quelle cerimonie hippy del cazzo, ecco che li molla tutti con un vestito da ottomila dollari addosso. Finora è scappato via da... sette matrimoni? Ho perso il conto ormai.»
Il giornalista sorrise, guardando di sbieco Jo che ascoltava la storia dell'uomo con gli occhi spalancati. «A quanto pare questa volta scriverò qualcosa fuori dagli schemi.» annunciò, prendendo posto di fronte ad un eccessivamente ubriaco Virgil. «Amico, perché non mi racconti tutto dall'inizio?»
Il giorno dopo e parecchi stati più lontano, Castiel Novak giocherellava con una lampadina e una cassetta degli attrezzi. Alle otto del mattino la ferramenta era quasi sempre silenziosa, così ne aveva approfittato per portarsi avanti col lavoro e dedicarsi, almeno in parte, esclusivamente alla sua persona per il resto della giornata.
Si grattò distrattamente una guancia e sorrise, lanciando un'occhiata al giornale, aperto sulla rubrica del fittizio Dean Winchester.
Doveva ammetterlo, Balth e Anna gli avevano fatto tanti scherzi nella sua vita ma questo era di gran lunga il migliore. Rilesse l'articolo, soffermandosi sulle frasi che lo avevano colpito di più, ricordandogli che avrebbe dovuto fare a Balthazar tutti i propri complimenti.
"Quindi, dopo aver messo al setaccio ogni stereotipo femminile della storia, come sarà possibile classificare questo famoso Castiel Novak? Il fuggitivo, forse? Non so, se credevo che le donne frega-taxi fossero chiaramente un'invenzione di Satana devo assolutamente ricredermi: cosa può esserci di peggio dell'amore della tua vita, quello con cui vuoi passare gli anni che ti restano, che ti molla all'altare poco prima del fatidico sì, lo voglio?"
La campanella della porta suonò, emettendo il solito tintinnio metallico, e Castiel fu costretto ad interrompere la lettura e concentrarsi su una spaesata Anna con il giornale stretto al petto e un sinceramente contrito Balthazar.
Entrambi posarono lo sguardo prima sul giornale e poi su di lui, sospirando. «Cas, ci... ci dispiace così tanto.» mugugnò Anna, con lo sguardo chino.
Castiel fece spallucce e tornò al suo lavoro, come se nulla fosse. «Non fa niente.»
«Davvero?» domandò Balth, sorpreso.
Castiel annuì energicamente. «Sì. Certo, è il più meschino, umiliante e assurdo scherzo che mi abbiate mai fatto. Ci siete andati entrambi giù pesante, non dovrei nemmeno invitarvi al ricevimento.» replicò il ragazzo, fingendosi offeso.
Anna si portò una mano alle labbra e fece un passo indietro, scontrandosi con Balthazar, che la trattenne gentilmente per le spalle.
«Non siamo stati noi, Cas.» lo informò, guardandolo dall'alto.
«Scusami?»
«Avevi detto che non volevi scherzi questa volta e noi... sai, noi non abbiamo fatto nulla.»
Castiel sorrise, cercando di capire. Se non erano stati loro, allora chi era stato? Insomma, chi in quella città moriva dalla voglia di fargli uno scherzo del genere?
Perché doveva essere uno scherzo.
Non poteva mica trattarsi di un articolo vero, di un giornale vero, no?
No.
«Ditemi che questo articolo non è vero.» li pregò, con lo sguardo vacuo, ma appena Anna scosse il capo, Castiel sentì il pavimento sprofondare sotto i suoi piedi e il suo corpo tendersi all'indietro, come se non riuscisse più a reggersi in piedi.
Balthazar lo afferrò al volo per una bretella della salopette di jeans, trattenendolo senza difficoltà. «Anna, prendi la busta.»
«Busta... busta...» ripeté Cas, respirando a fatica, in preda al panico.
La donna frugò in mezzo alla roba dell'amico e porse a Balth una busta di carta che Castiel gli strappò letteralmente dalle mani per portarsela alla bocca, ispirando ed espirando nel tentativo di calmarsi.
«Bravo Cas, respira. Così.»
Anna sospirò. «Oddio. Adesso sviene.»
Castiel, con la busta ancora premuta sulle labbra, afferrò il giornale e osservò la foto del giornalista: i capelli biondicci, gli occhi chiari, un ammasso di lentiggini ben visibili nonostante la foto in bianco e nero. Era il classico spaccone, Castiel riusciva benissimo ad intuirlo: quella faccia da schiaffi la diceva lunga.
«Chi è questo qui?» domandò, la voce ovattata dalla busta.
«Un certo Dean Winchester» spiegò Balth, «ha una sua rubrica, è un tipo famoso.»
«Famoso?» ringhiò Castiel, furioso. «Come fa uno stronzo del genere ad essere famoso?»
«Non dico che sia famoso per le giuste cause, Cas. Pare che getti costantemente fango sulle donne... se devo essere sincero non capisco affatto questo cambio di rotta.»
Castiel prese un ultimo respiro profondo e lasciò ad Anna la busta, cercando di darsi un contegno.
Come aveva fatto quel Dean Winchester a sapere di lui?
E soprattutto, da quando i newyorkesi si interessavano tanto delle voci di una cittadina del Kansas?
Oh no, Castiel non gliel'avrebbe fatta passare liscia, nossignore. Quel tronfio Dean Winchester gli aveva appena dichiarato guerra e lui era Castiel Novak, per la miseria!, non un sempliciotto qualsiasi.
Si pentirà di aver scritto queste assurdità.
«Balth, mi serve il tuo computer.» annunciò, intercettando l'indirizzo e-mail quasi invisibile in un angolino della pagina.
 
*°*°*
 
Dean amava la giornata del mercoledì, la chiamava "la giornata del trionfo". Certo, non un trionfo pieno dato che il cinquanta percento della popolazione mondiale, ovvero quello di femminile, gli rifilava occhiate poco rassicuranti e colpi ben assestati all'altezza dello stomaco. Ma l'altro cinquanta percento, quello maschile, oh quello sì che gli dava soddisfazioni!
Chi lo definiva genio, chi si complimentava per le osservazioni, chi cercava addirittura aiuto per rimettere in riga la moglie, cose se improvvisamente fosse diventato un fottuto telefono amico per gli uomini in difficoltà.
Insomma, Dean Winchester era un eroe: combatteva l'avanzata dell'esercito femminile, con i loro smalti e i loro profumi intossicanti, e aiutava gli uomini feriti in battaglia da appuntiti tacchi a spillo. Poteva sopportare, quindi, l'astio delle donne per un fine più grande.
Gongolante e soddisfatto come qualsiasi mercoledì mattina, entrò in redazione con un caffè bollente in una mano e un sacchetto con una fetta di torta di mele nell'altra - ehi! doveva pur premiarsi, no?- salutando con un cenno le segretarie con la crisi di mezza età che, come da abitudine, gli avrebbero rivolto una di quelle smorfie disgustate, come se si trattasse del più infimo scarafaggio della terra.
Stranamente, quel giorno, le due donne gli sorrisero affabili, salutandolo con la mano e bofonchiando qualcosa che alle orecchie di Dean suonò come "abbia una buona giornata, signor Winchester" che incuriosì parecchio il giornalista.
Sorrise a sua volta e alzò il bicchiere, brindando ad una giornata che era già partita benissimo e non avrebbe fatto altro che migliorare.
Tutti furono incredibilmente gentili e sorridenti al suo passaggio, tutti eccetto Garth, lo stagista, che non appena lo vide sgranò gli occhi e si mise convulsamente a cercare qualcosa nei cassetti della propria scrivania.
«Ehi Garth, va tutto bene?» domandò, preoccupato. Garth era un tipo strano ma non lo aveva mai visto comportarsi così.
Il ragazzo annuì, sistemandosi la frangia umidiccia. «Sì, Dean. Sto- ehm... benissimo.» balbettò, indicando la porta in fondo al corridoio. «Il capo ti aspetta.»
«D'accordo» mormorò mogio, a quanto sembrava la sua colazione avrebbe aspettato. «Parlerò al capo di quella promozione, tu saresti perfetto...» aggiunse, ma l'altro scattò in piedi, sventolando le mani come un forsennato.
«No!» urlò, poco prima di darsi una parvenza di contegno. «No, ma grazie Dean. Non mi servono raccomandazioni, quindi... non fare il mio nome lì dentro, okay? Come se non mi conoscessi.»
Il giornalista aggrottò la fronte. «Ne sei sicuro?» chiese, sinceramente allibito.
Gli era parso che Garth ci tenesse parecchio a quella promozione.
«Sì. Sai... voglio farcela con... uhm... le mie forze.» puntualizzò.
Dean fece spallucce e porse la fetta di torta al collega, facendogli l'occhiolino. «Questo sì che è parlare. Tieni. Sono sicuro che ce la farai.»
Garth la afferrò, grato, ma mantenne quell'espressione che trasmise a Dean solo ansia.
Non se ne stupì più di tanto: Garth era un tipo strano quindi aveva senso che i suoi modi fossero altrettanto strani.
Con un ultimo cenno lo salutò, dirigendosi verso l'ufficio di Bobby. A quanto sembrava non era solo il capo ad aspettarlo ma persino Sam che, da una poltrona, alzò lo sguardo su di lui con la peggiore espressione dispiaciuta che gli avesse mai visto.
Bobby, dal canto suo, sembrava sul punto di sputare fuoco.
«Si può sapere che diavolo succede oggi?» domandò, alzando le braccia per poi farle ricadere lungo i fianchi.
Sam si schiarì la voce e gli indicò una sedia. «Siediti, Dean. Per favore.»
Dean obbedì e si lasciò letteralmente cadere sulla sedia come se fosse a casa sua. Non era un maleducato ma conosceva Bobby da una vita intera e Sam era suo fratello. I convenevoli non avevano poi molto senso in occasioni come quelle.
Il capo tirò fuori da un cassetto una mail spiegazzata, inforcò gli occhiali e iniziò a leggere le prime righe:
Gentili newyorkesi,
è il Kansas che vi parla. Non so come abbiate potuto minimamente pensare che le malelingue non giungessero fin qui. Sapete, come chiunque, leggiamo i giornali ogni mattina, appena prima di fare colazione.
Immaginate dunque la mia reazione dopo aver appurato che un tronfio e maleducato impiegato del vostro giornale aveva pubblicato un articolo su di me.
È strano, dopotutto non ho mai conosciuto il signor Winchester quindi non posso stupirmi che il suo articolo sia pieno di assurdità e malignità che mai avrei creduto di poter leggere alle otto del mattino.
Il signor Winchester, probabilmente reduce da una devastante sbronza, ha creduto opportuno rovinare i pochi giorni che mi separano dalle nozze, gettando fango sulla mia persona senza alcun fondamento di verità.
Non chiedo le sue scuse perché dubito che riuscirei a perdonare una cosa del genere ma, a nome di tutte le donne prese di mira da quest'uomo nonché me, un onesto cittadino americano, chiedo che la rubrica venga sospesa e il signor Winchester licenziato.
Dopotutto, la divulgazione di false notizie è un reato nel nostro paese, o mi sbaglio?
Attendo una risposta e spero che questa incresciosa situazione si risolva in fretta.
Cordiali saluti,
Castiel il "fuggitivo" Novak.
Bobby concluse la lettura e si sfilò gli occhiali, osservando Dean in attesa di una reazione.
«Sembra un tipo simpatico, chissà se ha una sorella.» commentò, ridacchiando.
«Hai idea del pasticcio che hai combinato, razza di idiota? Quello che scrivi sulle donne è sempre cattivo ed esagerato, ma hai sempre avuto il buon gusto di generalizzare perché è questo trucco che ci impedisce di finire nei guai.» ringhiò il capo, sbattendo le mani sulla scrivania. «E adesso ti metti ad attaccare personalmente un povero disgraziato del Kansas? Sei impazzito?»
«Oh andiamo, Bobby. È chiaro come il sole che questo tizio ha la coda di paglia. Ho fatto un favore a tutti gli uomini che gli corrono dietro dato che poi sarà lui a correre nella direzione opposta dieci minuti prima del matrimonio!»
«E come avresti scoperto di questo Novak?»
Dean, preso in contropiede, guardò altrove. «Una fonte. Un'attendibile fonte: lo sposo numero tre.»
Bobby lo fulminò con lo sguardo. «Dimmi che non era un ubriacone in un bar.»
«Cosa? Ma che diavolo ti...»
«Era un ubriacone in un bar, sì o no?»
Dean esitò, cercando lo sguardo del fratello, che scosse il capo. «Non era poi così ubriaco.» replicò in un sussurro, scatenando tutte le ire del capo.
«In vino veritas, Bobby.» si intromise Sam, cercando di acquietare la situazione, senza successo.
«Stronzate! C'è una regola, Dean: non scrivere cazzate e tu l'hai appena fatto e sai cosa succede a chi scrive cazzate sul mio giornale.»
«Va bene. Va bene, invierò a questo Castiel una lettera e gli chiederò scusa, okay? Farò di tutto per sembrare sinceramente contrito. Fine della questione.» tagliò corto il giornalista, dirigendosi verso la porta.
«Sei licenziato, Dean.»
Quelle parole colpirono Dean come una secchiata d'acqua gelida. Si arrestò e si voltò lentamente, accennando un sorrisino. «No, Bobby... dai...»
«Se te ne vai senza fare storie riceverai la liquidazione. Ora fuori dal mio ufficio, tutti e due.» ordinò, perentorio, e Sam - quel gigante di due metri- spinse gentilmente uno shockato Dean e lo accompagnò fuori.
Non poteva essere vero.
Non poteva essere stato licenziato per colpa di un campagnolo del Kansas.
Intercettò Garth, pronto ad addentare la fetta di torta, e si precipitò verso di lui, strappandogliela dalle mani e lasciandolo con la bocca semi aperta. «Volevi farcela con le tue forze, eh?» domandò scocciato.
Garth abbassò lo sguardo, colpevole, ma non aggiunse nulla.
«Io non mi sono inventato niente, quella storia è vera, Sammy.» si lamentò con il fratello. «Con un precedente simile chi vuoi che mi assuma? Oddio, finirò per scrivere di saldi nei volantini dei negozi di elettrodomestici...»
«C'è solo una cosa che puoi fare. Se credi davvero che sia la verità e che questo Castiel Novak sia chi tu credi, cerca di appurarlo di persona.» gli consigliò. «Ha detto che si sposa tra qualche giorno, no? Se dovesse scappare un'altra volta e tu fossi lì pronto a prendere appunti non solo Bobby ti riassumerebbe, ma finiresti persino in prima pagina!»
«Dici?»
«Assolutamente.»
Dean fece una smorfia contrariata e annuì. Non aveva nulla da perdere in fin dei conti.
«Andiamo Dean, hai bisogno di bere qualcosa.» gli propose Sam, e Dean lo seguì in silenzio, tra urla di contentezza e sorrisi dei suoi ormai ex colleghi.
Le segretarie ammiccarono e mi mandarono un bacio.
«Spero che la sua giornata proceda bene, signor Winchester» dissero in coro.
Dean non poté fare a meno di odiarle più di prima.
 
Castiel non diede il tempo al campanello di suonare una seconda volta che aprì la porta, gettandosi a capofitto sull'uomo che teneva saldamente tra le mani un giornale spiegazzato.
Glielo sfilò dalle mani quasi con violenza e mormorò uno scocciato "finalmente!", lasciando il malcapitato ancora sulla soglia mentre lui si dirigeva verso la cucina, sfogliando convulsamente una pagina dopo l'altra.
Attraversato da una scarica elettrica immaginaria si fermò pochi metri più in là per poi indietreggiare nuovamente verso l'entrata e voltarsi verso l'uomo che lo stava osservando come se fosse la cosa più stupida ma adorabile della terra.
Owen aveva sempre quello sguardo quando si trattava di Castiel.
Castiel si sporse e posò un bacio delicato sulle labbra del fidanzato, accennando un sorrisino di scuse. «Mi dispiace. Buongiorno.»
Owen scrollò le spalle e lo circondò con le proprie braccia. «Buongiorno a te, Cas.» rispose. «Allora, ci sono novità dalla città?» aggiunse, puntando il giornale.
Castiel si liberò dall'abbraccio e si sedette sul pavimento, con le gambe incrociate. «Non so, sto cercando adesso e... eccolo!» squittì, pimpante. «Senti qua: Castiel Novak, mi scuso per l'increscioso episodio che l'ha vista protagonista negli ultimi giorni. La rubrica di Dean Winchester non apparirà più su questo giornale. Felicitazioni per il suo imminente matrimonio.»
«Quindi... ?»
«Amore, lo hanno buttato fuori! Lo hanno licenziato!» spiegò, vittorioso. «Così impara quell'idiota a parlare male di un rispettabile uomo di campagna come il sottoscritto»
Owen sorrise, malizioso. «Non eri poi così rispettabile ieri sera a letto...» gli ricordò allusivo, cercando di incatenarlo in un nuovo abbraccio, ma Castiel fu più veloce, si tirò su e fece qualche passo indietro.
«No, non adesso, devo lavorare. Anna ha dei problemi in negozio e mi ha chiesto di darle una mano. Tu prepara quello che ci serve per... per quella cosa!»
«La scalata dell'Himalaya?»
Castiel batté le mani e annuì. «Ecco, sì. L'Himalaya. Scusa devo andare, devo proprio andare... ci vediamo stasera d'accordo?»
Owen non fece in tempo a salutarlo che Castiel era già fuggito via.
Anna lo stava aspettando con un'espressione imbronciata e una poltrona completamente fuori uso e non era un bene, non in una parrucchieria almeno.
«Non so come sia potuto accadere, Cas.» si lamentò l'amica. «Ieri girava ma oggi non gira più.»
Castiel si stese sul pavimento e afferrò una chiave inglese, osservando i bulloni arrugginiti da sotto in su.
Qui non c'è niente da aggiustare. Dovrei fare un favore all'umanità e ai veterani del 1930 e lanciare questa poltrona nella discarica più vicina!
«Allora, la puoi riparare?» domandò Anna, e Castiel non poté fare altro che annuire.
Era fatto così, Castiel: non riusciva mai a dire di no.
Ci provava, si impegnava, ma alla fine avrebbe fatto di tutto pur di non deludere le persone a cui teneva.
Balth gli diceva sempre che era troppo ingenuo e che chiunque avrebbe potuto approfittarsene, ma Castiel negava sempre perché in quel paesino accogliente nessuno si sarebbe approfittato di lui. Era assurdo anche solo pensarci!
Sbuffò, scostando una ciocca umidiccia dalla propria fronte, guardando si sbieco le due donne anziane che confabulavano vicino all'entrata.
«Anna, Castiel può riparare qualsiasi cosa. Il mio Charles gli ha insegnato i trucchi del mestiere. È così fiero di lui.» cinguettò una delle due, estasiata, sorridendo affabile.
«Nonno Charles è morto trentasette anni fa, nonna.» le ricordò Castiel, soffocando le parole mentre teneva la chiave inglese tra le labbra.
La donna annuì, mesta. «Ah, è vero... ma Castiel somiglia tanto al mio Charles, non trovate? È bello come lui, e alto come lui...»
Castiel arrossì e fece per ribattere ma la porta si aprì, stroncando ogni tentativo sul nascere. Rimase al suo posto e attese mentre la voce cordiale di Anna dava il benvenuto allo straniero. «Salve, posso aiutarla?»
«Sì. Sto cercando Castiel Novak, sa dirmi dove posso trovarlo?» domandò l'uomo.
Castiel si nascose appena un po' di più, calandosi in modo tale che la poltrona gli celasse il viso e ascoltò con attenzione: lo sconosciuto aveva una bella voce, non poteva dire altrimenti.
«E chi lo sta cercando?» chiese Anna, sospettosa, e anche se Castiel non poteva vederla, sapeva che l'amica aveva incrociato le braccia e assottigliato le palpebre.
L'uomo esitò. «È importante?»
«Se un giornalista viene qui chiedendo di Castiel direi che sì, è importante sapere con chi si ha a che fare.»
«E cosa le fa credere che sia un giornalista?»
«Beh, mani curate, capelli curati, abbigliamento alla James Dean. Solo un uomo di città si agghinda come lei e, negli ultimi giorni, gli unici uomini di città interessati a Cas sono stati esclusivamente giornalisti.» spiegò la ragazza, soddisfatta. «Immagino che lei sia qui per il pezzo che cercano tutti.»
«E sarebbe?»
Castiel quasi non si soffocò con l'aria quando la nonna prese la parola. «Tutti i giornalisti vogliono sapere come Castiel sia stato in grado di far licenziare quello stupido Dean Winchester.»
Solo in quel momento Castiel si sporse dal proprio nascondiglio e squadrò lo sconosciuto: era molto alto, ben vestito, con un'espressione furba e di chi sa di piacere, gli occhi verdi brillavano come se il sole li stesse incendiando e le lentiggini trapuntavano il suo viso in una maniera così perfetta che il ragazzo non riuscì proprio a negare quell'assurda verità: Dean Winchester era bello.
Non solo era stato l'unico ad aver collegato la fotografia del giornale all'uomo che adesso sostava a pochi centimetri da lui ma era addirittura meglio di come l'avesse immaginato.
Okay, era la sua arcinemesi... ma era bello.
Questo di certo non offuscava il suo giudizio. Assolutamente no.
Attirò l'attenzione di Anna, afferrando il giornale dal pavimento e indicandogli la foto di Dean: la ragazza quasi non si strozzò ed iniziò a tossire, catturando l'attenzione dei presenti.
«Io posso dirle una cosa su Castiel» continuò la nonna, ormai in vena di confessioni. «Non è affatto il suo settimo matrimonio, questo qui. È solo il quarto.»
Dean annuì, ignorando nuovamente Anna e riempiendo la nonna di Cas di domande più o meno interessanti. «È così simpatica... come si chiama?»
«Molly» replicò la donna, sorridendo.
«È un bellissimo nome, Molly. Lei sa dirmi dove posso trovare Castiel?»
Castiel, stufo di quella tiritera - il ragazzo ci sapeva fare, senza ombra di dubbio- si alzò in piedi, pulendosi i palmi sporchi di polvere sull'uniforme da lavoro.
«Se vuoi parlare con me basta dirlo, non devi rimorchiarti mia nonna, sai?» lo canzonò.
Dean si voltò, concedendogli la sua completa attenzione, e Castiel sentì la propria sicurezza vacillare: nessuno lo aveva mai guardato così, facendolo sentire nudo e inerme; nessuno gli aveva sorriso in quel modo e nessuno lo aveva studiato così a fondo in una manciata di secondi.
Sì, Dean Winchester ci sapeva fare. Persino troppo per i suoi gusti.
«Castiel... è uno strano nome.» mormorò il giornalista, contro ogni sua previsione.
«Me lo dicono in molti.» replicò, evasivo, torturandosi le mani. «Posso sapere con chi ho il piacere di parlare?»
«James. Mi chiamo James.» mentì l'altro, e Castiel si sentì un passo più vicino alla migliore vendetta del mondo.
«Bel nome, James. Allora, James... cosa ne dici di un taglio? Offre la casa.» gli propose.
Dean scosse il capo e indicò i propri capelli. «Come vedi, sono apposto.»
«Oh, andiamo James, non farti pregare. Che ne dici invece di uno shampoo? Sai... per lavare via lo sporco della città!»
Il giornalista esitò e poi, senza alcun preavviso, gli fu vicino, talmente vicino che Castiel riuscì a contare le prime lentiggini sul naso. «Tu risponderai alle mie domande?» domandò, e Castiel sentì le proprie ginocchia tremare.
«Assolutamente.» rispose, fingendosi più sicuro di quanto fosse in realtà.
Doveva giocare sporco, non poteva mica farsi abbagliare da quelle lentiggini e da un paio di occhi di un verde fuori dal comune!
Calma Cas. Respira.
Anna fece accomodare Dean sull'unica poltrona ancora perfettamente utilizzabile e coprì il viso dell'uomo con un panno. «Non vogliamo accecare questi occhietti maledettamente belli, non è così?»
Il giornalista non si lamentò e iniziò la sua intervista, ignaro che Castiel stesse trafficando con le tinte di Anna, alla ricerca di quella perfetta.
«Quindi Castiel, quando sarà il matrimonio?»
«Domenica. Ci sposeremo nel parco.»
«Qual è il nome del fortunato?»
«Owen.»
«Hai già organizzato tutto?»
«Manca ancora qualcosa ma spero di farcela.»
Le domande e le risposte si susseguirono in fretta e quando finalmente Anna terminò il proprio lavoro, tastando i capelli ormai asciutti del giornalista, gli tolse il panno dal viso, permettendogli di osservarsi.
«Allora, cosa ne pensi?» domandò la donna, mentre uno shockato Dean guardava il proprio riflesso nello specchio, tastandosi i capelli tinti di un verde scuro orripilante.
Il giornalista si voltò verso Castiel, e quest'ultimo sorrise cordiale, posandogli una mano sulla spalla. «Ti sta bene questo colore, Dean. Ti fa risaltare gli occhi.»
Dean incassò il colpo e, imbarazzato, si alzò e ringraziò Anna del trattamento, dirigendosi poi verso le anziane signore e chiedendo dove avrebbe potuto trovare una farmacia, poi uscì senza guardarsi indietro.
«Quel James è un giovanotto simpatico.» osservò Molly, facendo scoppiare a ridere Castiel.
Il ragazzo corse verso l'uscita, richiamando il giornalista.
«Guarda che la farmacia è dall'altra parte.» lo informò, soddisfatto.
«Ti credi furbo?»
«Io sono furbo. Tu piuttosto... cambi nome, vieni nella mia città. Come ti definiresti?»
Dean sorrise, passandosi una mano sulle labbra ed eliminando centimetro dopo centimetro la distanza che li separava. «Oh, io sono furbo. Molto furbo. Tant'è che scriverò l'articolo per il quale mi hai fatto licenziare.»
«Se sei qui per vedermi scappare resterai molto deluso, Dean Winchester.»
«Non credo proprio. E sai perché? Io conosco i tipi come te. Non vedi l'ora di frantumare l'ennesimo cuore dell'ennesimo malcapitato. Lo farai perché le persone come te non cambiano, perché i codardi non cambiano. E scapperai, Castiel. E quando lo farai io sarò lì, in prima fila. Te lo posso garantire.»
Castiel annuì, ascoltandolo interessato. «Non dovevi andare in farmacia?»
Dean sorrise e gli voltò le spalle, salutandolo con un cenno della mano. «Ci vediamo, Cas.»
Che razza di idiota.
Castiel sospirò e tornò da Anna: sarebbe stata una lunga - lunghissima- settimana.
 
 
   
 
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