You can’t play on broken strings
Eccomi con un nuovo capitolo!
Qualche consiglio da darmi? Sono
aperta alle critiche! È sempre costruttivo.
Con affetto,
.ChocoCat.
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(Running back through the fire
When there’s nothing left to save
It’s like chasing the very last train
When it’s too late) too
late
James Morrison
VI
Questione di nanosecondi. Di un attimo.
Cose che non durano. Cose che non hanno il
tempo di succedere in questo insulso lasso di tempo.
Un soffio, un respiro, un battito d’ali.
Poco o niente.
Eppure… come sarebbe potuta andare
altrimenti?
Doveva succedere qualcosa, dovevamo spezzare il legame malsano che ci legava, ma
nessuno dei due ne avrebbe avuto il coraggio.
Io desideravo il contrario, e tu non volevi
ferirmi.
Alla fine è successo tutto molto in fretta,
senza che potessimo controllarlo.
È stato come un impatto contro un muro di
mattoni, tanto brusco da azzerare il mio impeto all’istante.
Mi sembrava che il mondo mi esplodesse
intorno.
E poi lava ovunque, addosso a me, pronta a
strapparmi tutto ciò che di prezioso possedevo.
Chiacchieravi con i ragazzi, c’era Luna
accanto a te. L’ho abbracciata.
“Com’è andata l’estate ragazzi?”
“Avete sentito le notizie?”
“Oggi pomeriggio abbiamo…”
Ti ho visto, i
tuoi occhi brillanti hanno cercato i miei, al solito. Hai sorriso, eri davvero
contento di rivedermi.
“Ciao, Miki!”
“Ginny, dio,
quanto tempo!”
Con impeto ho voluto baciarti la guancia.
Tu forse volevi guardarmi negli occhi un attimo in più.
Questione di nanosecondi.
Le tue labbra appoggiate alle mie.
Mi sei scivolato addosso come un nastro di
seta, il tuo odore ha preso una nota diversa, attraente, e subitamente ho
provato vergogna.
Perché reagisco in questo modo?
Siamo arrossiti, hai riso, nervoso,
allontanandomi; ho letto la scossa nei tuoi occhi, la tua reazione negativa,
quasi ti avessi scoperto a fare qualcosa che non dovevo vedere, e ho avvertito
il gelo farsi strada dentro di me per poi congelarmi
del tutto.
Si è fermata ogni cosa, qualcuno ha premuto
il tasto pausa e ho visto la scena da fuori.
Era solo un errore, una stupidata, qualcosa
di insignificante per due amici.
Con gli occhi socchiusi, però, in
quell’attimo avevo potuto vedere ciò che invece non avevo notato per mesi.
Avevo la veste sottobraccio e indossavo un
maglione di lana grossa rosa pallido, i jeans
stringevano le mie cosce e su di esse tintinnava una catenella, quella sulla
quale portavo la chiave del baule. Le mie mani strette delicatamente attorno al
tuo viso raccoglievano quel sorriso ancora vivo, ancora mio; i miei pollici
accarezzavano le tue tempie sfiorandole appena, le altre dita coprivano le tue
orecchie scarlatte.
Mi sono avvicinata pericolosamente a te,
alla tua guancia, assaporandone già la liscia tessitura, con un moto di affetto
in gola che spingeva per non essere più represso.
Baciavo la tua guancia, ma tu
inavvertitamente ti sei girato verso di me.
Come potevo fidarmi di me, di te, in quel
momento?
Mi sembrava di avere la testa per terra e i
piedi per aria.
Perché non ci siamo scostati e non ci
abbiamo riso su?
Dev’essere stata colpa mia.
La tua pelle emanava calore, le tue labbra
erano piacevoli, l’imbarazzo dovuto a chissà quale stratagemma inconscio per
farmi sentire sempre come se la mia vita non mi appartenesse.
Non mi dispiacevi. Come se non bastasse,
credo che durante il respiro seguente, appena ci siamo scostati con una
rapidità inimmaginabile, il tuo sguardo mi abbia fulminata.
E mi sono scoperta vulnerabile alla tua
persona, come avessi perso la mia conchiglia protettiva.
Niente più scudo, niente più amicizia.
È bastato un finto bacio per mettere a nudo i miei sentimenti.
Io ti desideravo.
Il mio corpo si ribellava alla mia mente.
Il tuo sguardo si rivoltava contro il mio.
Il mio cuore palpitava, piangeva, urlava, e
il tuo si tappava le orecchie, abbassava lo sguardo, e si voltava
definitivamente.
Tu hai percepito il fremito che mi animava,
hai percepito ciò che la mia mente fantasticava, e ne sei rimasto vivacemente
scottato.
Non era quello che volevi.
E, più di tutto, ti mandava in bestia il
fatto che per me non fosse lo stesso.
Non era quello che mi aspettavo.
E, più di tutto, desideravo che reagissi
diversamente.
Me ne sono andata, con il cuore spezzato,
senza spiccicare parola.
Tu non mi hai preso
per mano, non mi hai fermata, e sei scappato via, lasciando gli amici
ammutoliti dalla scena senza spiegazioni.
Non ci siamo più parlati per una settimana.
Tutt’ora ricordo di aver pianto a lungo, senza
sapermi spiegare perché.
Non volevo capire i miei sentimenti.
Non potevo assecondarli.
Come potevo sentirmi rifiutata per un
semplice sguardo, per una tua reazione muta e irrazionale?
Invece è andata così.
Esistono fiori, su questo pianeta, capaci
di sbocciare e morire nell’arco di un giorno.
Ho scoperto di amarti allo stesso istante
in cui ho capito che tu non mi amavi.
Di quel tipo di fiore era il nostro legame.
Avrei dovuto capirlo prima, ma… ero cieca.
Non avevo visto arrivare nulla.