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Autore: MignolocolProf    26/10/2013    1 recensioni
[...]-Ciao, Dante.-
Devils never cry.
La cornice gli cadde di mano e quel poco vetro rimasto finì di rompersi.
Mentre guardava quegli occhi azzurri così simili ai suoi, il mondo gli crollò addosso.
Devil can cry. [...]
Dal prologo
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dante, Nero, Vergil
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Quando aveva aperto gli occhi aveva visto il buio.
Non riusciva a distinguere niente intorno, ma in lontananza avvertiva dei forti rumori.
E poi fu il dolore.
Gli attraversava il corpo con scariche talmente violente da farlo sperare in una morte rapida.
In qualunque cosa fosse necessaria per porre fine a quello strazio.
Si sentiva come se qualcosa stesse lacerando a morsi le sue carni, come se gliele stesse strappando dal corpo.
Si contorse in preda agli spasmi e avvertì il pavimento ruvido grattargli sulla schiena e sbucciargli le piante dei piedi.
E gridò.
Gridò fino a non avere più fiato in gola, fino a distruggersi le corde vocali.
Le lacrime gli rigavano il volto senza che lui potesse controllarle.
Cercava appigli sul terreno, per darsi forza, per cercare di capire come fermare quella tortura, ma niente. Le sue mani raschiavano a terra, le sue dita si spellavano, ma il dolore non cessava.
Non era più in grado di intendere e di volere, tutto ciò che il suo cervello riusciva a percepire era il dolore.
Eppure non sembrava esserci nulla.
Nessuno.
Era solo, nel buio.
Col suo dolore.
Perché?
Il sangue sembrava bollirgli nelle vene eppure gli sembrava di essere freddo come il ghiaccio.
E faceva dannatamente male.

Non seppe dire per quanto tempo era rimasto lì a contorcersi e a urlare, ma ad un certo punto quello strazio cessò, lasciandolo lì a terra, nudo, senza fiato, dolorante e tremante.
Vivo.
Maledettamente, dolorosamente, certamente vivo.
E quelle consapevolezza lo fece piangere e gridare ancora.
Era vivo.
Era vivo come temeva di non essere più da troppo tempo.
Vivo.

Rotolò su sé stesso e fece perno sulle braccia, alzandosi con lentezza.
Cedette e rovinò in ginocchio, ancora stremato dal dolore, che si portava dietro ancora alcuni deboli strascichi.
Fece pressione sulle braccia e ritentò più e più volte, fino a quando riuscì ad assumere una posizione vagamente eretta, tremando sulle gambe malferme.
Riprese il fiato piano, abituandosi ancora al suo corpo.
Il suo vero corpo.
Dio, se gli era mancato.
Si osservò le mani con calma, riprendendo confidenza con esse. Sentì il pavimento ruvido sotto i piedi e gioì di quella sensazione ruvida.
E rise, rise come un pazzo.
Non era mai stato così felice.
Riso fino a sentire male alla pelle del volto.
Si passò le mani sul viso e le scoprì bagnate.
Lacrime, ancora lacrime.
Lacrime che era ben felice di versare.
Le asciugò con un gesto rapido della mano e puntò lo sguardo fisso davanti a lui.
Il buio. C’era solamente il buio.
Nient’altro.
Lentamente, pregando che le sue gambe ancora troppo deboli non lo tradissero iniziò a camminare.
Non aveva una direzione, non aveva una meta.
Semplicemente, camminava.
quel buio non poteva essere infinito, no?

Camminò, camminò e camminò ancora.
Il suo corpo,non ripresosi del tutto, era debole.
I passi erano lenti e i l’unico modo che aveva per avanzare era trascinare i piedi.
E poi, quando anche l’ultima flebile scintilla di speranza, vide un punto luminoso, lontano.
L’uscita.
L’uscita da quell’inferno nero.
Verso quale altro inferno l’avrebbe portato?
L’avrebbe davvero portato da qualche altra parte?

Decise che non era importante.. Doveva solo andare avanti.
E lo fece, a dispetto di tutto, lo fece. Andò avanti.

 
-Solo in seguito ho scoperto che quel luogo è chiamato Infinito. E’ lì che Mundus…- rabbrividì- …estrae le anime ai malcapitati che gli finiscono tra le mani.-
Dante tremò leggermente, portandosi istintivamente una mano al petto.
L’anima.
Dopo un breve istante di silenzio, Vergil proseguì.
 
La luce per un momento lo accecò.
Portò un braccio davanti al volto per proteggersi gli occhi e abituarsi a quella netta differenza.
Fiamme.
Tutto intorno imperversava il fuoco.
Orde di demoni fuggivano, terrorizzate.
Perché non erano le solite fiamme in cui erano soliti gioire.
Rappresentavano la distruzione.
Il loro mondo stava crollando.

Il fuoco non risparmia nessuno.

Si passò una mano sul petto, preoccupandosi di come avrebbe potuto affrontare le fiamme senza alcuna protezione.
Invulnerabile, ma fino a un certo punto.
Ma invece di incontrare la pelle nuda, trovò la stoffa.
Si guardò incredulo, passandosi le mani lungo il corpo, per trovare effettiva conferma di ciò che vedeva.
Aveva degli abiti addosso.
I suoi abiti.
Passò delicatamente le dita sulla stoffa della sua lunga giacca.
Sospirò compiaciuto.
Ma quando la sua mano corse lungo il fianco, raggelò.
Venne invaso da un senso di terrore, e rabbia.
Non c’era.
Yamato non c’era.
La sua amata spada non era più con lui.
Fu pervaso dal panico.
Come avrebbe superato quell’inferno senza di lei?
Ma qualcosa dentro il suo animo si mosse. La sua anima ringhiò e lui la sentì chiaramente.
L’avrebbe ritrovata.

Lei era sua, unicamente sua.
E di nessun altro.
Era la sua metà.

Avrebbe girato ogni girone dell’inferno, la terra, il cielo, tutto, tutto pur di ritrovarla.
Ma prima, si sarebbe ripreso la sua libertà.
Perché Yamato era potere, ma senza la libertà “potere” è solamente una parola.

Animato da una nuova forza iniziò a correre attraverso le fiamme. I demoni, troppo occupati a fuggire, troppo terrorizzati per capire, non avvertivano il suo odore.
Quell’odore che tanto li disgustava.
Eh sì, il fuoco fa miracoli anche all’inferno.

Sentiva qualche goccia di sudore scendergli lentamente lungo la schiena, procurandogli dei brividi.
La vedeva.
Sapeva che era davanti a lui
L’uscita.
L’unica porta dell’inferno.
E ci si fiondò sopra e la prese a spallate fino a farsi male, più e più volte fino a farla cedere, rovinando a terra con essa.
Si rialzò puntellandosi con le braccia e gemette per l’urto della caduta.
Fece per avanzare ma i suoi piedi incontrarono il vuoto. Indietreggiò di scatto, guardandosi attorno.
Davanti a lui c’era l’abisso.
La vera uscita dell’inferno.
L’unica uscita.
Prese un respiro profondo, chiuse gli occhi e si lasciò cadere.

 
Casetta sull’albero nella Foresta Amazzonica:

Buondì, amati lettori.
Ecco a voi il terzo capitolo della storia che segna anche il superamento della nostra terza tappa per la CONQUISTA DEL MONDO!

Questa volta è Prof che, sceso dal monte Olimpo, viene a parlarvi.

Mignolo è sparitq da giorni nella vegetazione. Non so che fine abbia fatto.
Probabilmente sta banchettando con le carni di qualche indigeno a una festicciola di una qualche tribù strana. Non c’è da temere per lei. C’è da temere LEI.

E Dionigibacco….con l’ultima luna piena è diventato una Pecora Mannara ed è sparito.

E io sono rimasta sola. Ma non temete, i miei progetti per la CONQUISTA DEL MONDO, continuano.
Vi incoraggiamo gentilmente –sorride malignamente- a lasciarci una recensione.
Fatelo, perchè noi CONQUISTEREMO IL MONDO.

Prof, Mignolo e Dionigibacco.
  
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