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Autore: afep    28/10/2013    4 recensioni
Non è facile ricostruirsi una vita a Skyrim. Soprattutto se non hai altro che una spada ed un segreto nel cuore. Soprattutto se sei straniera.
Ed è quando ti illudi di essere al sicuro che ti accorgi che, per quanto tu possa aver chiuso con il passato, il passato non ha ancora chiuso con te. E che sei in pericolo
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Una brezza leggera spirava su Whiterun, portando con sé il fresco profumo dei boschi e sospingendo lentamente le nuvole, simili a candide navi che solcavano il cielo.
Dall’alto della gradinata che da Jorrvaskr scendeva fino alla piazza centrale del distretto del vento, Iselin si godeva l’aria fresca ed il tepore del sole che brillava sul feudo. Dopo giorni di riposo forzato, Tilma aveva finalmente acconsentito a lasciarla uscire, sebbene avesse disposto che qualcuno le stesse sempre accanto; la ferita alla gamba era ancora in via di guarigione, e la ragazza faticava a camminare.
“Vuoi che ti porti giù io?”
Iselin spostò lo sguardo sull’uomo che le stava accanto. Farkas, con i neri capelli scarmigliati dal vento, la osservava con premura e preoccupazione, probabilmente temendo che lei volesse provare a scendere le scale senza il suo aiuto. Da quando era tornato dalla missione con la nuova recluta non aveva mai abbandonato il suo fianco, innervosendo Vilkas con la sua sola presenza. La prima volta che la ragazza lo aveva rivisto, dopo quella terribile notte in cui aveva affrontato Lars, le era parso che il sole fosse entrato nella stanza, tanta era la gioia che irradiava il giovane guerriero.
Iselin era stata talmente felice di vedere che stava bene, da accettare di buon grado di farsi stritolare in un abbraccio soffocante. Solo quando era riuscita sciogliersi dalle sue braccia aveva notato i segni che il combattimento con Vilkas aveva lasciato sul suo volto; sulla guancia sinistra di Farkas si allargavano due lunghe cicatrici, lasciate dagli artigli del fratello, mentre altri solchi, decisamente più profondi, gli solcavano la pelle ai lati del naso.
“È un morso.” Le aveva detto il pacato Compagno, mentre lei gli sfiorava delicatamente le ferite con la punta delle dita.
Iselin si era sentita stringere il cuore, nel sentirlo parlare così tranquillamente delle cicatrici che lei stessa gli aveva indirettamente procurato. Si considerava responsabile di quanto gli era accaduto, perché se non fosse stato per lei e per le sue azioni sconsiderate, Farkas non avrebbe avuto nemmeno un graffio, e così suo fratello.
Mentre lo osservava alla luce del sole, quella mattina, la ragazza non poté fare a mano di pensare che quelle cicatrici sarebbero state, per lei, un memento continuo. Non avrebbe mai più potuto guardare i due fratelli in viso senza ricordarsi dei propri errori.
Allungando una mano verso Farkas, ancora in attesa di una risposta, Iselin gli strinse affettuosamente una spalla.
“Non c’è bisogno che mi porti tu.” Disse in tono conciliante. “Mi aiuterà Kodlak, a scendere.”
L’anziano Precursore, in piedi accanto a loro, annuì e porse il braccio alla giovane, perché potesse appoggiarcisi.
“Resta qui, ragazzo mio. Posso ancora scendere qualche scalino, nonostante tutto.” Kodlak ridacchiò ed il guerriero corrugò la fronte, evidentemente ancora convinto che sarebbe stato tutto molto più semplice se avesse potuto trasportare la ragazza, e probabilmente anche il vecchio, tra le sue possenti braccia, come se fossero dei sacchi di patate.
Zoppicando e saltellando, aggrappata all’anziano Compagno con tutte le proprie forze, Iselin cominciò a scendere lentamente la lunga scalinata, un gradino alla volta. Insieme costituivano uno spettacolo curioso: un vecchio, con la folta barba bianca che gli scendeva sul petto, che offriva appoggio ad una giovane donna in salute.
Non erano giunti nemmeno a metà della discesa quando un giovanotto dall’aria affannata non comparve, correndo, ai piedi della scalinata, e cominciò a risalire rapidamente a testa bassa.
“Fai attenzione, Sihtric.” Lo richiamò Kodlak, mentre Iselin cercava goffamente di scansarsi, saltellando sul gradino di pietra smangiato da secoli di intemperie.
La nuova leva dei Compagni sollevò di colpo il capo, accorgendosi improvvisamente che aveva rischiato di travolgere il Precursore ed una delle sue Sorelle di Scudo.
“Mi spiace, signore.” Esclamò frettolosamente, spostandosi un ciuffo castano dalla fronte e facendo dardeggiare lo sguardo verso l’alto, in direzione di Jorrvaskr.
“Vilkas ti stava cercando.” Gli disse Iselin, con un sorriso. “Faresti meglio a raggiungerlo in cortile per l’addestramento. Non gli piace aspettare, e non ti conviene farlo innervosire quando impugna la spada.”
Il ragazzo annuì distrattamente, e farfugliando delle scuse tornò a precipitarsi verso la grande casa dei Compagni. Iselin lo seguì rapidamente con lo sguardo, senza smettere di sorridere. La nuova recluta le ricordava terribilmente il più giovane dei suoi fratelli, e non poteva fare a meno di pensare che, se Ingvar fosse sopravvissuto, ora avrebbe avuto la stessa età di Sihtric.
Lentamente, Kodlak e la ragazza ripresero a scendere la scalinata. Più in basso, sotto il sacro albero avvizzito che si levava al centro di una minuscola piazza, Lars era impegnato a sellare il suo cavallo, stringendo e regolando cinghie e finimenti.
Iselin strinse istintivamente il braccio del Precursore con maggior forza. Non era sicura di volersi confrontare ancora con il Guerriero della Gilda; avevano già avuto modo di parlarsi durante la sua convalescenza, ma si era trattato più di un monologo da parte sua, interrotto da qualche domanda ringhiante, piuttosto che di una conversazione vera e propria. La ragazza ricordava come, giorni prima, Lars era comparso sulla porta della camera di Aela, dove lei riposava. L’aveva guardata a lungo senza dire una parola, con un’espressione imperscrutabile, infine aveva mosso qualche passo nella stanza e le aveva gettato in grembo il diario di Arild.
“Spiegati.” Aveva detto seccamente, ed Iselin aveva fatto come richiesto. Improvvisamente si era trovata a rivelargli ciò che tanto a lungo aveva cercato di tenergli nascosto, e le parole erano sgorgate dalle sue labbra come acqua da una sorgente, senza che lei riuscisse a fermarle. Per troppo a lungo aveva taciuto, ed ora non poteva più trattenersi.
Dopo quell’unica volta, Lars non era più andato a cercarla, ed Iselin si era ben guardata dal cercare la sua compagnia. Per la prima volta aveva visto con chiarezza ciò che il fuoco aveva fatto all’uomo che lei un tempo conosceva tanto bene, e si sentiva talmente in colpa da non riuscire a sopportare a lungo la vista di quello che lei stessa aveva provocato.
Ma ora, lo sapeva, non poteva più tirarsi indietro. Lars stava per partire alla volta di Cyrodiil, e quella sarebbe stata l’ultima occasione che aveva per parlargli. Voleva assicurarsi che lui non rivelasse ai Guerrieri di Bruma qualcosa di compromettente su Arild.
L’uomo della Gilda dava loro le spalle, ma non appena Iselin e Kodlak scesero dall’ultimo gradino parlò, come se sapesse esattamente cosa accadeva dietro la sua schiena.
“La Gilda di Bruma ti ringrazia per l’aiuto e l’ospitalità, Kodlak Biancomanto.” Esclamò severamente, mentre si voltava a guardare i due nuovi arrivati. “Il Maestro Sadorn sarà lieto di sapere che ha trovato dei validi alleati nei Compagni di Jorrvaskr.” Continuò, riferendosi al Capogilda.
“È stato un piacere vedere come tutto si sia risolto nel migliore dei modi.” Rispose Kodlak, nello stesso modo formale. “Spero che il tuo viaggio proceda senza intoppi.”
Lars rispose con un grugnito e fece un secco cenno d’assenso con il capo, spostando il suo sguardo solitario sulla ragazza che era rimasta qualche passo indietro rispetto all’anziano Compagno.
Iselin strinse i denti e si sforzò di non abbassare gli occhi, per quanto fosse difficile. Kodlak, compresa la situazione, terminò rapidamente i saluti ed i ringraziamenti di rito e si fece da parte, ritirandosi ai piedi della scalinata. La ragazza si sentì improvvisamente sola, ma continuò a tenere la testa alta, fingendo sicurezza.
“Dunque, hai deciso di restare.” Cominciò Lars, volgendo lo sguardo verso Jorrvaskr e trattenendo a stento una smorfia.
“Sì. Mi piace Skyrim.” Mormorò Iselin. “Inoltre, non saprei dove altro andare.”
L’uomo della Gilda annuì e, tenendo il cavallo per le briglie, lo spinse verso la ragazza in precario equilibrio su una gamba sola, in modo che si aggrappasse ai finimenti.
“Vi sono molti luoghi in cui potresti vivere.” Commentò vagamente, ed Iselin comprese che doveva essere a disagio tanto quanto lei.
Dopo un breve attimo di silenzio carico di imbarazzo, la ragazza tornò a parlare.
“Cosa dirai al Maestro e agli altri Guerrieri?” Chiese, tormentando con le dita le cinghie delle bardature.
“Dirò che ti ho trovata.” Esclamò Lars, provocandole un sussulto. “E che ti ho uccisa.” Un angolo della sua bocca guizzò verso l’alto, in un accenno di sorriso. “Nessuno dubiterà della mia parola, e non torneranno a cercarti.”
Iselin sentì una calda sensazione di sollievo diffondersi nel suo petto.
“Perché lo fai?” Gli domandò, ben consapevole che avrebbe fatto meglio a stare zitta.
“Perché ho compreso le tue ragioni.” Disse Lars lentamente, come se lui stesso faticasse a credere che lo stava dicendo davvero. “Ti sei comportata con correttezza nei confronti di un Compagno d’Arme, ed a mio avviso tanto basta per far decadere le accuse.”
La ragazza annuì pensosamente. Il cavallo sbuffò e voltò il capo, colpendola con la mascella sulla sommità della testa.
“La reputazione di Arild e la sua famiglia non dovranno essere toccate.” Disse con aria cupa, massaggiandosi il punto colpito.
“Hai la mia parola.” Le assicurò Lars.
La frase cadde nuovamente nel silenzio, mentre la giovane cercava di trovare qualcosa da dire, invano.
“Vorranno una prova della tua morte, alla Gilda.” Le disse improvvisamente il Guerriero, facendo un cenno verso l’arma che le pendeva al fianco. “La spada di Wulfgang.”
Iselin sentì un muscolo sotto l’occhio contrarsi. La spada di Wulfgang.
Non “La tua spada”, ma “La spada di Wulfgang”. Come se suo padre fosse ancora in vita.
Senza una parola sguainò l’arma con studiata lentezza, facendo sibilare la lama contro il bordo metallico del fodero.
“La mia spada.” Mormorò, sollevandola e districando le dita dalle briglie, in modo da avere una mano libera. Osservò per un lungo istante il riflesso dei propri occhi sull’acciaio, giocherellando con la punta della treccia che le ricadeva su un spalla.
E poi, con un unico, rapido gesto, afferrò la massa di capelli intrecciati e portò la lama all’indietro, muovendola verso l’alto. Il tutto durò meno di un istante, e prima che Lars potesse anche solo muovere un passo, la ragazza reggeva in una mano la spessa treccia bionda, tranciata all’altezza della nuca.
“Non ti darò la mia spada.” Decretò con sorriso furbo. “Ma nessuno oserà contestare la mia morte, se gli porterai questa come prova.”
L’uomo la osservò in silenzio, riflettendo, infine annuì e prese la treccia dorata, legandosela alla cintura.
“Nessuno contesterà la tua morte.” Le confermò. “ Sei…” Lars fece una pausa, come se faticasse a proseguire. “Sei davvero la figlia di tuo padre.” Concluse con commozione, ed Iselin sentì gli occhi inumidirsi.
“È un onore sentirlo dire da te.” Rispose sorridendo e strappando all’uomo una smorfia soddisfatta. “Mi dispiace.” Aggiunse, e non ebbe bisogno di aggiungere altro.
Si riferiva al fuoco in cui lo aveva spinto per errore, alle preoccupazioni che gli aveva dato, al dolore che la sua fuga aveva provocato ed a tutto quello che gli aveva fatto passare in quegli ultimi anni, e senza bisogno di parole, Lars comprese e si lasciò andare in ad un lieve sorriso.
“Dispiace anche a me, bambina.” Le disse con dolcezza, quindi allungò una mano e le dette una rapida carezza. “Scrivimi, quando accadrà.”
“Quando accadrà cosa?” Chiese la ragazza, confusa, e Lars fece un vago cenno verso Jorrvaskr
“Quando finalmente ti deciderai a scegliere uno di quei giovanotti e a formarti una famiglia.”
“Cosa… oh.” Iselin, che aveva seguito il suo sguardo, aveva scorto Farkas e Vilkas in piedi in cima alla scalinata; dietro di loro, il giovane Sihtric osservava la scena che si svolgeva sotto di lui con una certa curiosità, mista al sollievo di aver scampato, almeno per il momento, il duello con il più sveglio dei fratelli.
“Non fare quella faccia.” La rimproverò Lars mentre montava a cavallo, vedendola arrossire a profusione. “Sei grande abbastanza da poterti sposare. E quando accadrà, voglio esserne messo al corrente.”
Se dovesse accadere, vedrò di fartelo sapere.” Acconsentì Iselin in tono scettico, come se fosse sicura che mai nulla del genere sarebbe potuto succedere.
Lars la scrutò dall’alto della sua cavalcatura, fiero e diritto come solo un Guerriero della Gilda sapeva essere.
“Addio, Iselin da Jorrvaskr.” La salutò cerimoniosamente l’uomo con un occhio solo, chinando il capo coperto dal cappuccio di cuoio.
“Arrivederci, Lars di Aleswell.” Rispose la ragazza. Avrebbe voluto aggiungere qualcosa di più, ma le mancarono le parole, e Lars, fatto un ultimo cenno a Kodlak e dopo averle lanciato un’ultima occhiata, fece voltare il cavallo e si avviò verso il livello inferiore della città.
Iselin rimase ad osservare l’uomo che rappresentava l’ultimo baluardo del suo passato finché anche il suo lungo manto rosso ed oro non scomparve alla vista; quindi si voltò a fatica verso l’anziano Precursore, che nel frattempo le si era avvicinato, ed aggrappata al suo braccio, ripercorse la lunga scalinata verso Jorrvaskr.
Con la partenza di Lars si era chiuso un lungo, doloroso capitolo della sua esistenza, che le aveva lasciato dolorose ferite nel corpo e nell’animo. Eppure ora, mentre faticava insieme a Kodlak ed alle sue vecchie ginocchia stanche, non poteva fare a meno di sorridere.
Perché quel giorno segnava per lei un momento importante.
E fu così, sorridendo e faticando sotto l’ultimo sole primaverile, che Iselin si avviò verso una nuova vita.
 
 
 
 
 
 
 
 
Fine.
Non pensavo di riuscire a scrivere questa parola; essendo la mia prima storia a capitoli (e la prima che scrivevo non solo per mio uso e consumo, come ho sempre fatto) non pensavo di arrivarci, eppure eccomi qua :)
È stato un bel percorso, in cui ho imparato ad affinare il mio stile di scrittura e a confrontarmi con le opinioni altrui sui miei scritti, cosa finora mai accaduta.
Ringrazio tutti coloro che hanno commentato, aiutandomi con le loro opinioni ed i loro consigli, ma anche chi ha invece seguito silenziosamente la storia.
Dal momento che ormai ho preso il “vizio” della scrittura, non è escluso che in futuro io non decida di scrivere qualche altra long, come si dice in gergo. E le avventure della mia Iselin di certo non finiscono qua, perché ho messo in cantiere un seguito, che spero di riuscire a pubblicare, vita permettendo.
Quindi che dire? Grazie per l’attenzione, la pazienza e l’assiduità con cui avete seguito questa storia. Alla prossima!
Un abbraccio a tutti
Afep
 
  
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