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Autore: Rehara    28/10/2013    4 recensioni
Maka Albarn è una giovane laureata che da quasi un mese è entrata a far parte dell'importante azienda "Evans".
Lei ha un sogno: diventare una grande lavoratrice come sua madre.
Facendo parte di un ufficio squinternato come questo ce la farà mai?
E sopratutto dopo "quell'incontro" cosa accadrà?
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Questa è la mia prima Fan fiction e spero che almeno ad alcuni piacerà... quindi buona lettura!
-Rehara.
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans, Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Moments of understanding

Maka e Soul vagavano in giro per la città alla ricerca di qualcosa o qualcuno che li avrebbe aiutati nella creazione dello strumento.
L’opzione internet era stata scartata fin da subito: realizzarlo sotto istruzioni di tizi sconosciuti, con dei nickname che andavano ben oltre la demenzialità e che usavano emoticon e linguaggio sms a palate su Yahoo Answer, non era di sicuro la scelta giusta.
“Cara Signorina Albarn, secondo lei, se girovaghiamo senza una meta come degli emeriti idioti troveremo mai quel che cerchiamo?” domandò l’albino, il quale non era vestito d’ufficio, ma aveva addosso una semplice maglietta nera, dei jeans e delle scarpe sportive rosse.
Quando cominciava a darle del lei, o era completamente andato in tilt, o, cosa molto più plausibile, cercava di farla innervosire per solo il gusto di vederla stressata.
Almeno, ora che ci pensava, non aveva usato quell’odioso “M-a-k-a-chan”.
“Ah! Scusami. Volevo dire: M-a-k-a-chan, non credi che dovremo andare in un negozio specializzato in strumenti musicali invece di andare da un punto all’altro della metropoli senza trovare un’emerita ceppa? ~” continuò a dire il caro e dolce presidente, senza peli sulla lingua.
Si era illusa: quell’odioso modo di pronunciare il suo nome non poteva mancare quando doveva farla imbizzarrire.
La ragazza, che era davanti a lui con in mano un GPS per orientarsi vista la vastità della città e vestita anche lei con degli abiti non da lavoro, ma con una canottiera verde chiaro, una gonna jeans e dei sandali color mogano, si girò verso il giovane con un’espressione molto imbronciata.
“Almeno stiamo facendo qualcosa invece di stare con le mani in mano!”
“Ma dovremo fare questo qualcosa traendone dei profitti, non credi?”
La bionda sbuffò sonoramente, smise di camminare e poiché si era fermata di botto, Soul quasi non le finì di sopra.
“Hei! Ma guarda dove vai?!” sbraitò la bionda, sia furiosa che imbarazzata.
“Vedi che sei tu la causa di tutto questo, non io”
Maka, arrossendo non troppo vistosamente,  gonfiò le guance e gli fece la linguaccia.
Il ragazzo, un po’ intenerito, compì una risatina e le scompigliò i capelli, con suo successivo ennesimo sbuffo.
“E-E d-dove t-troviamo u-un negozio specializzato qua’ vicino, g-genio?!...” balbettò, questa volta con il viso molto più imporporato.
“Semplice” sfilò dalla tasca il suo cellulare ultramoderno e, dopo averci armeggiato per pochi secondi, puntò lo schermo del telefono di fronte alla giovane “C’è un’applicazione che, attraverso internet e dei server, può trovare i negozi di qualunque genere vicino al luogo dove ci si trova. E per l’appunto, questa applicazione è della nostra azienda, M-a-k-a-chan” spiegò l’Evans, fiero ed orgoglioso di sé, come se stesse esponendo ad un gruppo di geni della scienza l’invenzione del secolo.
“Perché non l’hai detto prima?!” vociò la bionda, dapprima sorpresa dell’utilità del programma, e poi più infuriata che mai.
“Bhè… volevo vedere se ci arrivavi da sola, e…” si avvicinò al suo volto con un sorriso sghembo stampato in faccia “volevo constatare quanto potevi essere demente, M-a-k-a-chan”
La Albarn, che per tutto il tempo aveva tenuto dentro la propria borsa un libro, lo uscì e con esso colpì la testa di Soul.
Il ragazzo era accasciato dolorante sul marciapiede, circondato da occhi increduli di gente che non si chiedeva perché quella ragazza avesse avuto quella reazione, ma come poteva una giovane così esile e mingherlina avere quella forza portentosa.
Maka gli scippò dalle mani il cellulare e lesse l’indirizzo del negozio specializzato più vicino.
“Oh, che fortuna! C’è n’è proprio uno solo al prossimo isolato! Muoviti, Soul!” esclamò tutta elettrizzata la ragazza, per poi trascinarsi dietro un albino ancora scosso dal colpo erculeo che aveva subito.
                                                                                          *
Era tarda notte e il giovane capo della Death Company era nello studio della sua lussuosa casa:
La luce era spenta e il viso di Kid era illuminato da solo la luce del computer che aveva davanti a sé: doveva svolgere alcuni compiti per la propria azienda, ma stranamente non ne aveva voglia, quindi, senza un motivo apparente, girovagava per il web alla ricerca di una risposta alle parole di suo padre.
Internet era una buona fonte, certo, ma sicuramente non per trovare delle possibili spie. Però come prima mossa, in fondo, poteva anche andare bene.
Aveva fatto molte ricerche ed era riuscito a trovare le principali aziende rivali, i milionari e i miliardari che miravano ai soldi di Soul, i giornalisti più accaniti verso i fatti della famiglia Evans e dell’azienda e informazioni sulla sua famiglia.
A quanto pare dopo qualche disputa interna sul futuro dei figli, il minore aveva deciso di lasciarla e di creare da solo il proprio, senza che il prestigio del suo casato e le decisioni dei suoi genitori potessero in qualche modo influire nella sua carriera e nella sua vita.
Dopo qualche tempo di piccoli lavori, tutto ad un tratto, era riuscito ad aprire un’azienda incentrata sulla tecnologia e sulla programmazione: nessuno, però, sa come sia riuscito in questo.
Letta quell’informazione, staccò gli occhi dal monitor, accavallò le gambe sulla sua comoda poltrona e cominciò a riflettere.
In effetti, non si era mai domandato come Soul avesse potuto creare l’Evans Company. D’altronde, fino a poco tempo fa, era solo interessato alla propria di azienda, a farla sviluppare e a renderla la migliore in assoluto, non a quel suo vecchio amico.
Sbatté i pugni sulla scrivania dove era poggiato il computer portatile e quasi non lo fece cadere.
Era stato uno stupido a pensare solo a ciò che era materiale, ora capiva perché suo padre era ritenuto il migliore presidente della Death Company: lui non dava conto solo a ciò di cui lui era a capo, ma dava conto a lui, alla sua famiglia, ai suoi amici e compagni, ma anche ai propri dipendenti. Lui teneva a cuore ogni persona che era legata a lui e non.
Lui, invece, non era ancora abbastanza. Non era ancora pronto per essere un capo e una guida, era ancora troppo immaturo.
Ma allora perché suo padre gli aveva dato il ruolo? Perché non aveva aspettato che comprendesse?
Perché non aveva aspettato che maturasse e che ne diventasse consapevole?
“Certo, lui voleva che crescessi insieme all’azienda e a coloro che mi stanno attorno… “ sorrise, mentre pensò questo.
Era solo una supposizione, ma lui era davvero sicuro del suo pensiero.
Suo padre era un tipo fatto così, dopotutto. Era un uomo all’apparenza insensato e un po’ stupido, ma invece era tutt’altro: era un uomo che ragionava e cercava di aiutare gli altri, anche nella minima cosa, ma sempre senza darlo troppo a vedere.
Anche questa era una supposizione, però, di sicuro gli aveva dato il coraggio di guardare in faccia la realtà e di capire ciò che lui avrebbe dovuto fare: doveva aiutare i suoi compagni, doveva salvare il suo amico in tutti i modi.
Non poteva far avere a Soul la delusione di avere dei traditori attorno, doveva agire da solo nell’ombra, senza farsi scoprire.
Ma era davvero la decisione giusta da compiere?
Abbassò con un colpo secco e deciso il monitor del portatile, sbuffò sonoramente e si stravaccò sulla poltrona.
Forse ragionava troppo, ma non poteva farci niente. Ancora c’era “un qualcosa” che non gli tornava, “un qualcosa” che non gli dava pace.
Tutto ad un tratto squillò il telefono e ciò sorprese il giovane. Chi poteva mai chiamarlo a quell’ora della notte?
Seccato si staccò dalla poltrona e, raggiunto il telefono fisso al muro barcollando nel buio totale, rispose.
“Pronto? Quì il presidente della Death Company.”
“Quanti convenevoli, piccoletto.” disse, dall’altra parte della cornetta, una voce roca sicuramente a causa del fumo e degli anni, che quasi subito Kid riconobbe.
“Dr. Stain, da quanto tempo non ci parliamo.”
“Ripeto: quanti convenevoli. In fondo, ti conosco da quando eri in fasce. Sono stato per un periodo anche un fedele dipendente di tuo padre.” disse, per poi tossire l’uomo.
“Certo, ma dopo te ne sei andato. E poi, dovresti smettere di fumare se ti causa problemi alla salute.”
“Uhm… no, non lo farò.  Direi che sono già abbastanza grande per prendere le mie decisione da solo. E sì, questo vale anche per il mio trasferimento ad un’altra azienda poco prima che tuo padre lasciasse le redini della Death Company a te. Inoltre, non dimenticare che anche Spirit e Kami hanno fatto come me… anche se ora l’idiota ha mandato letteralmente all’aria la sua carriera.”
“Voi eravate i migliori.” enunciò, con voce strozzata, mentre stringeva fortemente il telefono tra le mani.
“Appunto, eravamo.” esplicitò, in modo diretto e calmo Stain.
Il ragazzo diede un pugno al muro, seccato e adirato.
“Cosa ti ha spinto ad andartene?”  domandò, ormai con un filo di voce.
“Kid, non è colpa tua. Tu devi ancora maturare e fare la tua strada. Io, Spirit e Kami, avevamo bisogno di cambiare, proprio come tuo padre ha fatto lasciando a te l’azienda.”
Dopo detto ciò cadde il silenzio fra i due. Un silenzio tombale e freddo, che rendeva persino gelida l’aria.
Il tono roco della voce del dottore però riscaldò l’aria che aveva pervaso quel lungo momento.
“Piccoletto, ho qualcosa da dirti, per questo ti ho chiamato.”
Kid rizzò le orecchie, curioso e pronto a sentire ogni cosa lui avesse da dire.
“Non devi combinare cazzate. Non fare niente da solo, non seguire del tutto l’esempio di tuo padre. Non tutto si può fare contando solo sulle proprie capacità, a volte devi anche chiedere aiuto e accettarlo. Se continui a voler affrontare le avversità in solitudine finirai solo per farti del male”.
“E con questo che vorresti dire?”
“Riguardo Soul, sono disposto a darti una mano.”
Kid saltò in aria, sbalordito e sconcertato dall’affermazione dell’uomo.
“E tu come fai a saperlo?!” quasi urlò il giovane il preda al panico.
“Anche io ho le mie fonti. Ma un consiglio: tutte queste ricerche non farle tutte con l’aiuto di internet, ricorda che ci potrebbe essere qualche sorta di hacker che potrebbe spiarti” affermò ridendo il dottore.
“Chissà chi mi ha spiato, guarda.” rispose, anche se un po’ arrabbiato, il corvino che dopodiché rise insieme a lui.
Stanco di ragionare e soprattutto, stanco di essere solo, continuò a sorridere anche dopo aver chiuso la chiamata.
Dopotutto, per svolgere un’attività così importante aveva bisogno dell’aiuto di qualcun’altro e non poteva contare solo sulle sue forze.
Doveva capirlo, però in fondo doveva ancora crescere e aveva il suo tempo per farlo.


                                                                                              *
Il Dr.Stain, seduto su un piccolo muretto che dava su marciapiede, rimise il cellulare in tasca.
Era notte e c’era freddo, molto freddo e quindi si accoccolò ancora di più dentro il suo enorme e caldo cappotto per riscaldarsi.
Prese un pacchetto di sigarette dall’altrettanto enorme borsone che aveva a tracolla e ne estrasse una.
In men che non si dica, appena mise la sigaretta fra le labbra, un accendino, tenuto da una persona che era davanti a lui, la accese.
Dapprima confuso, il dottore cominciò a fumare la sigaretta, per poi buttare via dai polmoni il denso e scuro fumo.
Dopo la prima aspirazione, guardò bene davanti a sé, scorgendo la figura di una affascinante e formosa donna dai capelli corti color cenere che le incorniciavano il viso e dagli occhi simili a quelli di un serpente.
“Oh, Medusa.” enunciò, come per salutarla l’uomo, sorpreso dallo strano gesto compiuto dalla maligna collega.
“Così si saluta una bella fanciulla che ti ha prestato il proprio accendino?” disse, con il tono di chi voleva appunto far innervosire le persone.
“Non te l’ho mica chiesto io ed inoltre più che una fanciulla mi sembri una signora di una certa età.”
Medusa, con un agile gesto, rubò la sigaretta a Stein e se la mise in bocca, continuando a fumarla lei, per ripicca.
“Questo non è affatto carino.”
“Sai quanto mi importa dell’essere carina. Soprattutto con te, carissimo.”
La bionda si avvicinò pericolosamente all’uomo, sedendosi sulle sue gambe e cingendo il suo collo tra le sue braccia.
“Per lo più, mi interessa fare qualcos’altro di molto diverso dall’essere carina con te, dottore.” sussurrò maliziosa all’orecchio di Stein, il quale poi venne leggermente morso.
L’uomo si irrigidì, per poi allontanare quasi con violenza la donna.
“Non mi incanti. Che vuoi da me, Medusa?”
La donna incrociò le braccia, infastidita dall’atto subito, ma acquistò immediatamente la sua solita aria perversa.
“Secondo te cosa mai vorrei avere?” gli domandò, riavvicinandosi verso di lui in modo provocante.
“Medusa, come mai rimani ogni pomeriggio anche fuori orario in azienda? Non è che stai architettando qualcosa?” chiese, diretto e deciso l’uomo con sguardo truce.
La donna appena sentì la domanda, fece un passo indietro e lo fulminò con gli occhi.
“Ma che dici? Io non potrei fare mai niente del genere” affermò con un sorriso falso in viso.
Dopodiché, Medusa mise fra le dita del dottore la sigaretta che aveva tenuto per tutto il tempo e poi, aggiustatasi l’attillato giubbino, cominciò ad andarsene via.
Stein si alzò dal muretto e osservò la donna fino a quando non scomparì all’orizzonte.
Tu sei la prima che potrebbe fare qualcosa del genere” pensò, mentre mise fra le labbra la sigaretta e cominciò nuovamente a fumarla.
Dopo poco, la staccò da sé, se la mise in mano e la cominciò ad osservare, facendo infine un gran sospiro.
Forse Kid ha ragione. Dovrei smettere di fumare”


Passo dopo passo tutti stanno raggiungendo i propri obbiettivi…. ma sarà un bene o un male la realizzazione di uno in particolare?
To be continued…

 
Angolo di un'autrice schizzata:
Macciao, gentaglia! Da quanto tempo, eh!
Scusate per l’enorme ritardo, ma ho avuto davvero troppi impegni e non ho avuto tempo per scrivere quasi nulla.
E poi, l’ispirazione per questa storia in questo periodo mi manca. Mi vengono altre idee e di ogni tipo ed io le scrivo, senza freni, dimenticandomi di dover continuare questa.
Casomai prima o poi pubblico anche qualcos’altro oltre a questa fan fiction di Soul Eater, ogné.
Comunque, fra qualche capitolo (con “quale” intendo minimo sei) dovrebbe finire questa long. State esultando oppure gridando per la disperazione? Lol
Bhè, dovete però sempre pensare che ogni cosa deve pur sempre finire, eh
Parlando d’altro, se volete sbirciare nei fatti miei ho creato un blog (http://angolodiunafanwriterschizzata.blogspot.it/) il quale è ancora graficamente in fase di sviluppo (lol) e se invece volete rompermi le ovaie fino allo sfinimento, eccovi il mio ask d’autrice http://ask.fm/Rehara
Ringrazio Maka 98, firephoenix, Kazuha_Takumi e Seitaray per aver recensito, ringrazio tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite e ringrazio anche i lettori silenziosi (che devono ricordarsi, che una recensione al giorno leva il medico di torno uwu ahah)
Se ci sono errori, avvertitemi! L'ho scritto di getto, senza rileggere, quindi ce ne saranno eccome!
Vabbò, alla prossima ragazzi! Ora vado ad ascoltarmi musica: da quando ho scaricato Spotify, ne sono totalmente malata <3
-Rehara.
P.S) Non riesco proprio ad abituarmi al nuovo edit, neanche posso fare più "alcuni effetti" che usavo prima per il testo.

P.P.S) E se facessi una'altra fan fiction in contemporanea a questa? *idea della ceppa*







 
  
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