Disclaimers:
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Buonasera a tutti.
Sono ancora con voi, per quanto incredibile possa sembrare. Come alcuni
già sapevano ho dovuto interrompere momentaneamente la pubblicazione di
The Heart of Everything a causa di un problema puramente tecnico. Il mio
adorato pc ha deciso di giustiziare il mio hard disk e di conseguenza sono
rimasta quasi 20 giorni senza computer. Oh, una tragedia. Chiedo scusa per
l'inconveniente ovviamente non dipendente dalla mia volontà. Adesso
comunque sono qui e partendo dal presupposto che riprenderò ad aggiornare
con frequenza costante, mi dispiace molto dover dilazionare ulteriormente
i tempi. Sono in un periodo piuttosto frenetico, fuori di casa 12 ore al
giorno e stanca morta. Pubblicherò quindi non più ogni martedì, ma ogni 2
martedì. Per adesso è il massimo che posso fare, mi dispiace tantissimo,
spero comprenderete. Il capitolo di oggi è abbastanza lungo, spero questo
possa rallegrarvi almeno un pochino. Colgo l'occasione per ringraziare
calorosamente tutte le persone che hanno recensito il capitolo 14, che mi
hanno mandato messaggi privati e mail per chiedermi che fine avevamo fatto
io e la mia storia. Siete state veramente incoraggianti ^__^ e mi avete
dato la forza di riscrivere le 3 pagine che il mio pc mi aveva fatto
perdere ( ed io DETESTO riscrivere una storia, da morire!!!!!!!!!). Ancora
grazie di cuore e sopratutto grazie a chi si è iscritto nel frattempo alla
fanlisting. Non so che dire, davvero. Grazie per avermi atteso e per
avermi seguito fino ad ora. Grazie mille.
Mel Kaine
Ps. Una cosa curiosa,
diversi capitoli fa ( nel sesto mi pare) scrissi che la prima volta che
Sev dava del latte ad Harry prima toccava il bordo della tazza con la
bacchetta, nessuno mi ha mai chiesto che cosa avesse fatto a quel latte
^__= questo capitolo vi risponderà.
The Heart of Everything
15 - / Overcome: towards the begin /
Pace.
Sensazione completa che non era semplice benessere quanto assenza ben
definita di qualsiasi preoccupazione, di rimpianti e rimorsi, di
insormontabili problemi troppo vicini.
Era assenza di quel senso di errato che da sempre aveva accompagnato la
sua esistenza, ogni sua impersonale decisione. Poiché mai aveva potuto
scegliere per sé.
Era essere finalmente in un breve spazio di serenità che iniziava e finiva
nel loro abbraccio.
Il tempo gocciolò via lento nell’intensità del momento.
Il calore fra loro ebbe modo di distribuirsi in ogni parte del loro corpo
e di bruciare via le loro sofferenze.
Severus quasi pensò che il piccolo Harry si fosse addormentato, ma un
attimo dopo sentì quelle manine stringerlo ancora più forte e quasi
sorrise.
Una metà di sé avrebbe desiderato continuare ad accarezzargli i capelli,
tenerlo lì fino al mattino e lasciare davvero che dormisse così.
L’altra metà, dal canto suo, non era avvezza a simili comportamenti.
Era qualcosa a cui nessuno lo aveva mai abituato.
Qualcosa che non aveva ricevuto così spesso da apprenderlo e desiderare di
emularlo.
Era un’ignoranza che non aveva mai voluto colmare, o potuto.
Un altro pezzo in decadenza della sua anima.
Sospirò.
Ma non era solo in questo.
Sapeva bene che anche il bambino-Potter non aveva avuto un’infanzia
felice.
Sapeva che per molto tempo, per quel piccolo mago essere toccati voleva
dire essere picchiati.
Sentire sempre e comunque male.
Non poteva biasimarlo se adesso rifuggiva ogni contatto.
Due anime simili, dunque.
Anche questa volta, Severus quasi sorrise.
Avrebbero potuto imparare insieme?
Sì. Poteva accadere.
Remus Lupin rimase immoto per due o tre silenziosi minuti.
Poi sollevò uno sguardo acuto, sospettoso.
Non era avvezzo a simili buone notizie, non senza una sana dose di
scetticismo prima.
“Albus, stai dicendo la verità?”
Il vecchio mago sorrise, radioso.
“Assolutamente”.
Remus sospirò, cambiando posizione sulla sedia, come se essa fosse
improvvisamente divenuta scomoda.
“Quindi stai realmente affermando, senza ombra di dubbio, che Sirius è
innocente e che non ha causato la morte di quei Muggle e che adesso hai la
possibilità di scagionarlo e liberarlo da Azkaban?”
“Sì, ragazzo mio. E’ esattamente quello che intendevo”.
In tutta risposta Remus si coprì gli occhi con una mano.
Albus sorrise, paziente.
“Mio buon ragazzo, è vero che sono un po’ troppo vecchio per un abbraccio
entusiastico, ma mi aspettavo almeno una reazione di poco più esuberante…”
Remus riaprì gli occhi.
“Albus, ti prego, non scherzare”.
“Non sto affatto scherzando, ragazzo mio, come non mi permetterei mai di
scherzare sull’innocenza del nostro caro Sirius”.
Di nuovo Remus cambiò posizione sulla sua sedia.
“Albus, non credo tu capisca quanto questo mi sconvolge adesso, dopo tutti
questi anni passati a credere… a domandarmi un perché dopo l’altro… a
provare a pensare ad una spiegazione, a cercare di farmene una ragione… a…
non so… e adesso… adesso…”
Il brillare degli occhi di Dumbledore si fece più gentile mentre l’uomo
anziano si alzava.
“Comprendo il tuo animo, Remus, ma ti invito a riflettere sul fatto che il
presente, per quanto assurdo e sconvolgente è fatto anche per superare il
dolore del passato. Sirius sarà un uomo libero entro la fine del mese, se
riuscirò ad impormi sul Wizengamot come ho stabilito. Le prove sono in
mano nostra ed ho tutta l’intenzione di usarle a nostro beneficio”
“Come…?”
“Come le abbiamo ottenute?”
Remus annuì.
Albus riprese a sorridere.
“Eri al corrente che qualche giorno fa Severus ed il giovane Harry hanno
avuto un’esperienza poco piacevole. Ecco diciamo che Severus non ha
ritenuto opportuno lasciare il luogo della loro prigionia senza quello che
chiamerei ‘un adeguato risarcimento’ ”.
“E’ merito di Severus, dunque?”
“Assolutamente, ragazzo mio”.
La serietà della linea delle labbra di Remus venne rotta da un sorriso
genuino.
“Sai che metterli a parte di questo non li renderà affatto felici?”
Il sorriso di Albus si fece radioso.
Severus fissò ancora qualche istante nel vuoto, mentre le sue dita
sostavano delicatamente sulla schiena del bimbo, sotto le piccole scapole.
Poi si riscosse e chiamò a voce bassa un elfo del castello.
Ordinò una tazza di latte caldo per il bambino-Potter e dopo pochissimi
secondi ebbe quanto richiesto. Posò il bicchiere sul tavolo e con la punta
della sua bacchetta ne toccò il bordo.
Sapeva bene che il latte non era un alimento facilmente digeribile per
chi, come il bambino, non ne aveva bevuto spesso. Ma aveva provveduto a
porre rimedio anche a questo, adesso. Come quella sera, in cucina.
Abbandonò i ricordi precedenti per concentrarsi sul presente e sul nuovo
compito.
Se una nuova decisione era stata presa ed una nuova vita doveva cominciare
era necessario, prima di ogni altra cosa, parlare con Madam Pomfrey. Ed in
seguito affrontare Albus al riguardo. Ma prima:
“Harry, bevi questo”.
Senza esitare troppo il bambino prese la tazza e bevve. Con le piccole
dita arricciate attorno alla porcellana, sulle lunghe gambe di Snape.
In pace.
Severus lo osservò senza una parola, la mano ancora quietamente posata
sulla schiena del bambino.
Attese che finisse poi lo sollevò e lo rimise a terra. Gli ordinò con
calma di andare a letto e poco prima di lasciare i suoi quartieri per
dirigersi in infermeria controllò che così avesse fatto.
Una falce di luna, nel cielo, illuminò l’ombra che dalla porta si muoveva
verso i letti che Madam Pomfrey stava finendo di rassettare.
La donna alzò lo sguardo e sorrise cordialmente, prima di corrugare la
fronte.
“Severus, a cosa devo la tua visita a quest’ora tarda? Il bambino sta
bene?”
L’uomo annuì.
“Dorme”.
“Dunque cosa posso fare per te?”
Severus incrociò le braccia al petto.
Inutile tergiversare. Affrontare il nocciolo della questione era molto più
consono al suo carattere.
“Gradirei avere quelle indicazioni che hai riservato per chi intende
prendersi cura del bambino”.
Gli occhi della donna si fecero dapprima grandi poi si riempirono di
felicità.
“Oh, cielo, è magnifico – esclamò estasiata. – Sono davvero molto
contenta”.
Severus annuì di nuovo, semplicemente.
Un attimo dopo Madam Pomfrey riacquistò l’atteggiamento sobrio che meglio
la caratterizzava e si sedette su uno dei letti vuoti della sua
infermeria, le mani in grembo.
Il suo sguardo era tornato pratico e serio.
A sua volta Severus si sedette su una sedia poco distante.
“Non ti mentirò affatto Severus, perché voglio che tu sia pienamente
consapevole di quello che ti aspetta. Tutto questo non sarà affatto
facile. Ma prima ho assoluta necessità della tua parola, della tua
infrangibile promessa che manterrai quest’impegno. Che non tradirai la sua
fiducia. Che non lo abbandonerai anche tu. Perché se così fosse, ne sono
certa, nessuno potrebbe più salvarlo. Non questa volta”.
Severus Snape scrutò negli occhi la donna che aveva davanti e dalle sue
labbra un ‘Sì’ deciso risuonò nel silenzio.
Soddisfatta Madam Pomfrey sospirò e riprese a parlare.
“Come dicevo poc’anzi tutto questo non sarà facile. Il piccolo Harry, come
ben sai, non è un bambino che potremmo definire normale, sotto molti,
purtroppo tristi, aspetti. Il piccolo Harry è un bambino abusato.
Maltrattato. Ignorato. Negato. Umiliato. La sua mente è quella di un
bambino che non ha per se stesso alcun rispetto e che crede di non
possedere alcun valore. Per anni, come testimoniano molte delle vecchie
ferite che ho trovato su di lui, ha subito ogni sorta di crudeli soprusi.
E adesso si ritiene meritevole di tutto ciò che gli è stato inflitto, come
è piuttosto comune in bambini così piccoli che sono cresciuti in certi,
degradanti, ambienti. Il cammino che vi si stende davanti non sarà privo
di ostacoli. Dovrai essere in grado di guidarlo, giorno per giorno, verso
la conquista dell’autonomia. Dovrai insegnargli ad avere rispetto di sé
nei confronti degli altri, a preservarsi, persino a scegliere quando è
opportuno difendersi e come cercare protezione e aiuto. Da quando è nato
non ha conosciuto altro che violenza e cattiveria. Devi mostrargli che
quella vita, la sua precedente vita, non era giusta. Che non può e non
deve permettere che accada di nuovo, con nessuno. Harry può diventare
molto forte o molte debole in futuro. E non ti mentirò, molto dipenderà
anche da te, Severus”.
Il silenzio riempì gli spazi lasciati vuoti attorno a loro.
L’importanza del momento non andò persa
Severus Snape annuì con decisione, una sola volta.
Una volta per tutte.
Senza fretta Madam Pomfrey riprese.
“Le pozioni possono guarire tutte le ferite del corpo, la magia può dare
sollievo e curare. Ma per lo spirito e per l’anima soltanto il tempo è
nostro alleato. E inizialmente neanche questo ci aiuterà. Qualsiasi
piccola, scontata cosa, qualsiasi banale, insignificante situazione potrà
riportare alla sua mente ricordi e paure, terrore e panico. Tutto questo
per giorni, per mesi, per anni. Il bambino si aspetterà di essere punito
per ogni involontaria mancanza, per ogni sciocco errore, a volte persino
senza motivo. Perché a questo era stato abituato e paradossalmente questo
gli dava sicurezza, perché nella sua assurda crudeltà era una routine che
Harry conosceva bene. Tu puoi spezzare questo circolo. Tu devi spezzarlo.
Devi fargli conoscere ciò che è normale, ciò che è bene”.
Severus distolse lo sguardo dagli occhi luminosi della donna.
Per una frazione di secondo, ancora un volta, il dubbio lo assalì e lo
lasciò con un sapore amaro sulla lingua.
Tsk, l’ironia del destino.
Proprio lui di tutti, insegnare la differenza fra il bene ed il male?
Insegnare ciò che era giusto e buono?
Con quale sacrosanto diritto?
In rispettoso silenzio Madam Pomfrey attese che Severus combattesse la sua
personale battaglia.
E l’uomo la vinse.
Il tempo dell’incertezze era davvero finito.
Il suo sguardo d’onice si fece ancora più forte mentre acconsentiva a che
la donna proseguisse.
Ella sospirò.
“Non si può cancellare con un colpo di bacchetta tutta la sofferenza di
questi cinque, lunghi anni. Non si può chiedere che il bambino dimentichi
tutto il dolore che ha dovuto patire, tutta la paura, tutte le lacrime. Ma
lo possiamo, lo puoi sostituire con una nuova, meritata serenità”.
Oh, quanto bene lo sapeva Severus che il dolore non si poteva cancellare
con nessun incanto, con nessuna pozione. Quanto bene lo sapeva nelle notti
in cui la colpa ed il rimorso rendevano amaro lo scotch che beveva nel
tentativo di liberarsi delle urla degli innocenti, del sangue delle sue
vittime e delle atrocità commesse in nome di un assassino.
Madam Pomfrey si fece impercettibilmente più vicina.
“Se mi consenti qualche altro consiglio, Severus, avrei qualche altra cosa
da aggiungere a quanto detto finora”.
Il Death Eater in lui, che non aveva mai preso ordini da chi egli stesso
non considerasse a sé superiore, si rifiutava di spendere ancora del tempo
in simili stupidaggini.
L’uomo rinnovato, lo spirito purificato che si era seduto accanto alla sua
anima, così come il bambino-Potter si era seduto sulle sue ginocchia al
tempo stesso gli imponevano di restare ed ascoltare.
La questione era troppo importante affinché il suo orgoglio gli impedisse
nuovamente di prendere la decisione migliore.
Senza alcuna espressione diede quindi il suo assenso.
Graziosamente la donna lo ringraziò con lo sguardo.
“Scoprirai pian piano ogni altro aspetto sul quale intervenire. Parla con
il piccolo Harry e stabilite un vostro personale rapporto, una vostra
routine, almeno inizialmente. Devi conoscerlo e fare in modo che lui
riesca a conoscere te, a fidarsi ancor più di quanto non abbia fatto
finora. Inoltre il bambino ha bisogno di contatto fisico. Un contatto
fisico positivo, buono. Una mano sulla spalla per incoraggiarlo, una
carezza sulla testa, sul viso. Un abbraccio. Qualsiasi cosa che lo renda
consapevole di meritarsi, come tutti gli altri, qualcosa che sia bello,
che sia piacevole. Sono certa che saprai fare un ottimo lavoro. Per
qualsiasi altra cosa, qualsiasi sciocchezza sappi fin d’ora che potrai
sempre contare sul mio appoggio, perciò non esitare a rivolgerti a me se e
quando ne avrai bisogno”.
La donna si prese una lunga pausa, pareva aver finito, ma Snape la
conosceva ormai piuttosto bene.
Incuriosito alzò un sopracciglio, mentre inclinava la testa per invitarla
a completare il suo discorso.
Ella parve incerta, mentre poco dopo prendeva fiato.
“Ci sarebbe un’ultima cosa. Sulla terapia per il giovane Harry. So… so che
il mondo Muggle non gode di molto rispetto ai tuoi occhi, ma non tutto
quello che è stato inventato da loro è da buttare. Tu sai Severus quanto
io apprezzi la tua arte di creare pozioni, eppure in questo caso sono
certa che potremmo, come dire, apportare qualche ‘innovazione’ al solito,
vecchio programma”.
“Pare tu abbia passato troppo tempo con Albus… ti dispiacerebbe, Poppy,
parlare chiaramente?”
La donna arrossì lievemente, mentre lo riprendeva con uno sguardo che
sarebbe dovuto essere di rimprovero, ma che in fondo non lo era affatto.
“Ci sono in commercio, nei luoghi di vendita dove i Muggle comprano il
loro cibo, dei prodotti speciali studiati appositamente per i loro
bambini. Sono alimenti controllati e arricchiti di vitamine e altre
sostanze fondamentali per lo sviluppo. Benché vengano utilizzati quasi
esclusivamente su bambini molto piccoli d’età, sono positivamente certa
che anche Harry ne potrebbe trarre giovamento”.
Severus sapeva di non apparire assolutamente convinto.
“E come pensi che io possa procurarmi simili ‘provviste’? Non penserai
certo che io sia disposto a recarmi in un comune mercato Muggle, voglio
sperare…”
La donna sorrise, accondiscendente.
“Non ci vedrei nulla di male, Severus. Comunque se desideri possiamo
inizialmente occuparcene io e la cara Professoressa Rosebud. Sono certa
che nessuno meglio dell’insegnante di studi Muggle sappia come muoversi in
certi ambienti. Se acconsenti potremmo comprarne alcune varietà”.
Severus rifletté qualche istante poi si alzò.
“Va bene, ma prima di somministrarli a Potter mi permetterai di
analizzarne qualcuno”.
Poppy rise apertamente.
“Non sono esotiche, possibilmente velenose, pozioni, mio caro Severus”.
L’uomo la rimproverò con uno sguardo accigliato, ma lei continuò a
sorridergli.
“Molto bene – disse infine il giovane maestro di Pozioni. – Quando tutto
sarà pronto fa’ in modo di farmi chiamare”.
“Senz’altro, Severus”.
L’uomo la guardò.
“Grazie”.
Ed entrambi seppero che non era soltanto per quello.
Minerva McGonagall si fermò non appena riconobbe la persona che le stava
venendo incontro.
“Remus, che piacere rivederti, cosa ti porta qui da noi?”
“Salve Minerva, il Preside desiderava parlarmi”.
La donna lasciò che i suoi occhi si soffermassero un po' più a lungo sulla
figura palesemente angosciata del giovane uomo.
“Qualcosa non va, Remus? Posso essere d'aiuto?”
Il giovane licantropo sospirò. Le sue labbra dalla piega amara si
schiusero con riluttanza.
“Come si può stabilire a cosa e a chi credere, Minerva? Come posso
liberarmi in un istante di una convinzione che ho avuto per anni? Com'è
possibile sapere qual è la verità?”
La donna sospirò a sua volta.
“La verità, Remus, è al tempo stesso una cosa positiva ed una maledizione.
Non sempre si è pronti ad accettarla e anche quando lo si è, non sempre è
un processo facile e indolore. Come si suol dire il tempo porta consiglio.
Pensaci un po’, quando lo potrai sostenere e sarai pronto lo saprai”.
Il giovane mago sorrise lievemente.
“Ti ringrazio”.
Anche lei sorrise mentre si allontanava verso lo studio di Albus.
Ovviamente qualcosa stava accadendo e la caparbia strega aveva tutte le
intenzioni di venirne a conoscenza.
Dumbledore le porse la sua tazza di tè e lei la accettò con un inchino
cortese del capo.
Ma la luce nei suoi occhi non smise di brillare con determinazione.
“Albus, ho incontrato Remus nei corridoi, di ritorno da un incontro con
te. Pareva stranamente angustiato da qualcosa. Desidero essere messa a
parte di quello che sta accadendo. Sono un membro dell’Ordine della Fenice
da diverso tempo e ritengo di avere alcuni diritti al riguardo, non
credi?”
L’uomo canuto sedette alla sua scrivania ed intrecciò le dita.
“Molto bene”.
Ed in breve la informò sugli sviluppi della vicenda di Sirius Black. Le
diede il Pensatoio da guardare ed attese la sua scioccata opinione.
“Oh, Merlino. Adesso comprendo perfettamente l’afflizione di quel povero
ragazzo. Per anni eravamo tutti così convinti che fosse impazzito…no, non
tutti. Tu non hai mai voluto sentire parlare della sua colpevolezza, tu
confidavi ciecamente che fosse stato un errore, un inganno…oh, cielo
misericordioso…”
Albus sorrise amabilmente.
“Adesso debbo chiederti, Minerva, di non diffondere questa notizia. Non
voglio suscitare false speranze né desidero che i più maldicenti possano
ipotizzare che l’improvvisa scarcerazione di Sirius sia imputabile
unicamente grazie ad un mio intrigo”.
La donna rimase in silenzio per qualche istante, poi alzò sul vecchio mago
due occhi seri e accusatori.
“Questo significa che non intendi parlare di questo con Severus, dico
bene?”
Dumbledore sospirò.
“Non ritengo necessario avvertirlo adesso, sì, non gliene parlerò. Ho
commesso un errore ed ho già rimediato. Severus è stato affrancato dal suo
obbligo di allevare il giovane Harry e al contempo è stato informato che
entro la fine del mese qualcuno di più adatto verrà trovato. E chi meglio,
per Harry, del suo padrino?”
“Albus, sono assolutamente contraria! Sirius Black, per quanto innocente,
è rinchiuso ad Azkaban da ormai alcuni anni. Come puoi pensare che appena
uscito sia in grado di prendersi cura di un qualsiasi bambino, figurarsi
di un bambino come Harry i cui bisogni, come tu sai, sono particolari dato
il grado di abusi che ha ricevuto sotto la patetica cura di quei
disgustosi Muggle”
“Ne sono consapevole, Minerva. Per questo ne ho parlato per tempo con
Remus ed ho richiesto la sua assistenza. Sono certo che la presenza di uno
dei suoi migliori amici sarà assolutamente positiva per la sua ripresa
fisica e mentale, senza menzionare che nel frattempo Remus potrà aiutarlo
a gestire il bambino nel modo migliore”.
Minerva tacque, senza apparire per nulla convinta.
Dumbledore si alzò per portarsi accanto alla finestra.
“Per questo ti chiedo ancora una volta di non farne parola con nessuno,
soprattutto con Severus. L’ho appena liberato da un compito troppo gravoso
che egli non meritava affatto e voglio che abbia di nuovo del tempo per
sé”.
Minerva si alzò in piedi, di scatto.
“No!”
Albus la guardò seriamente.
Imperterrita lei proseguì con veemenza: “No, mi rifiuto di fare parte di
queste tue continue macchinazioni. Severus si è visto affidare il bambino
da un giorno all’altro dietro tua richiesta – e lo guardò aspramente, come
a ricordargli quanto le sue richieste somigliassero ad ordini. – Se come
dici tu ha sofferto a causa di questo compito è inammissibile tenerlo
all’oscuro. Severus ha ogni diritto di seguire fino in fondo questa
vicenda e di esprimere il suo parere sulla tua scelta di un nuovo tutore.
Severus conosce il bambino meglio di noi, Albus, ed è giusto che possa
avere parte in questo ed essere ascoltato!”
L’anziano mago la guardò senza tradire alcuna emozione.
“Quindi ne deduco che intendi parlargliene…”
“Se lo riterrò necessario, sì”
“Non ho la possibilità di fermarti in questo, non è vero?”
“Vorrei ben vedere, Albus…”
Il vecchio uomo, nonostante tutto sorrise. In qualche strano modo adorava
vederla così fiera e piena di spirito combattivo.
“Sai bene che non appena Severus lo saprà verrà qui a passo di carica…”
La donna sorrise amabilmente, a sua volta.
“Sai bene di meritarlo…”
“Ho sempre avuto le mie buone ragioni, Minerva” sospirò il vecchio mago.
“Oh, non lo metto in dubbio, ma mi chiedo: non sarebbe ora di mettersi da
parte?”
La Professoressa d’Incantesimi si congedò dallo studio di Dumbledore di lì
a poco.
Si ritirò nelle proprie stanze e si servì una buona tazza di tè,
riflettendo in completo silenzio, a lungo.
Per principio ella non concordava affatto con l’insana propensione di
Albus di manovrare gli eventi. Non in modo assoluto, almeno. Poteva
certamente comprendere che alle volte alcune cose avessero bisogno di
essere guidate nella giusta direzione, eppure di natura apprezzava
l’azione del tempo. Era sicura che molto spesso fosse molto meglio
lasciare che ogni cosa potesse evolversi secondo il suo naturale corso. Ma
Dumbledore era ovviamente di parere opposto.
Eppure non lo amava di meno per questo.
Conosceva gran parte dei motivi che Albus aveva citato a sua difesa e per
gli altri poteva immaginare, lo conosceva così bene ormai…
Sospirò, perdendosi con lo sguardo nel caldissimo ocra del suo tè.
A pomeriggio inoltrato del giorno dopo un lieve, quanto insistente e
fastidioso malditesta convinse la Professoressa di Trasfigurazione a
cercare l’aiuto di Poppy.
Le due donne si salutarono cordialmente e dopo aver ricevuto la sua
pozione Minerva era sul punto di congedarsi. Eppure qualcosa la incuriosì
e la trattenne.
“Poppy, mia cara amica, cosa fai con quel vestito così… Muggle in mano?”
“Oh, ne stavo provando alcuni perché questo fine settimana intendevo
accompagnare la Professoressa Rosebud in visita nella Londra Muggle”.
“E come mai, se non sono indiscreta? Solitamente non desideri spesso di
lasciare la tua infermeria…”
Madam Pomfrey ponderò alcuni istanti la questione.
In fondo non aveva fatto voto di silenzio…
“Non so se dovrei parlartene… comunque non qui. Prendiamoci una buona
tazza di tè nel mio studio. Vuoi?”
Minerva acconsentì prontamente.
Pochi minuti dopo la Professoressa venne messa a parte del progetto per il
piccolo Potter ed indirettamente delle intenzioni, più che serie, di
Severus.
Incomprensibilmente per Poppy, queste notizie sconvolsero l’anziana maga
più del dovuto ed in tutta fretta Minerva fece per congedarsi.
“Ti prego di perdonarmi, mia cara. Ma ho motivo di credere che Severus
vada informato al più presto che Albus si sta muovendo affinché entro la
fine del mese il giovane Potter abbia un nuovo tutore”.
“Oh, cielo misericordioso, no. Sono assolutamente certa che nessuno meglio
di Severus possa essere trovato. Il bambino ha molta fiducia in lui e lo
stima. Lo ascolta. Lo ritiene importante. Oh, avresti dovuto vederlo
mentre dormiva qui in infermeria coperto dal suo mantello nero…”
Minerva annuì.
“Concordo con te e non voglio che una simile opportunità vada persa. Devo
andare. Ti prego di perdonarmi, ma non posso trattenermi oltre. Grazie per
il tè”.
“Di niente”.
Severus si diresse lentamente verso lo studio di Minerva McGonagall.
Non immaginava affatto quale urgente affare l’avesse spinta a mandarlo a
chiamare per un colloquio privato. Sperò di non doversi trattenere troppo
in compagnia della donna. Aveva molto di cui occuparsi nei suoi quartieri,
compreso il bambino-Potter.
Discretamente bussò una volta giunto alla porta e attese l’immancabile
assenso ad entrare.
Una volta accomodatosi la donna espose immediatamente e senza molti
fronzoli la gravità del problema.
Minerva non fece in tempo a pronunciare il nome di Sirius Black nella
stessa frase che conteneva le parole ‘affidare’ e ‘nuovo tutore’ che
Severus si alzò di scatto, per nulla padrone dell’espressione di furore
che dilagava nei suoi occhi neri .
Senza una parola l’uomo uscì a passo di carica.
Non bisognava certo essere dotati in Divinazione per indovinare dove si
stesse dirigendo. Minerva soffocò una risatina inappropriata nella sua
tazza di tè e si concesse un minuto di dispiacere per Albus.
Severus Snape aprì la porta dei suoi quartieri con ira e lasciò che
sbattesse alle sue spalle. Raccolse un foglio di pergamena nuovo da una
pila sulla sua scrivania e fece per uscire di nuovo. Da dietro l’angolo
del muro del piccolo corridoio il bambino-Potter lo guardava.
Probabilmente il forte rumore lo aveva spaventato. Senza pensare Severus
lo raggiunse, notando tristemente come il bambino fosse già sul punto di
fuggire, ma senza riuscire a farlo veramente per paura di una punizione.
Avrebbero dovuto parlare, ma non adesso. Severus allungò piano una mano e
la posò sulla testa del bambino-Potter. Lo accarezzò un istante e poi
uscì.
Gli enormi occhi verdi di Harry lo seguirono fino alla porta e anche
oltre, se avessero potuto.
Severus avanzava imperiosamente nei corridoi ancora semi-deserti. Il suo
animo ribolliva di rabbia al solo ripensare alla brevissima conversazione
avuta con Minerva. Quel nome, quel dannato nome aveva il potere di
incendiargli d’ira la mente.
Oh, ma Albus questa volta si sarebbe sentito dire quel che meritava… oh,
se se lo sarebbe sentito dire…
Albus Dumbledore, evidentemente, non si aspettava una sua visita.
Non così presto almeno.
Severus Snape entrò senza annunciarsi e senza osservare nessuna delle
cortesie che solitamente non mancava mai di ricordare.
Prima ancora che qualsiasi cosa fosse detta Albus sospirò con
rassegnazione.
“Per il santo Merlino, Albus. Dimmi che quello che ho saputo oggi è
soltanto uno dei tuoi pessimi scherzi e lascerò immediatamente il tuo
studio senza aggiungere altro”.
“Temo di non poterti esaudire nemmeno questa volta, ragazzo mio. Benché tu
non ne abbia fatto menzione direttamente credo di comprendere a cosa fai
riferimento”.
“Inutile che io esprima il mio palese disappunto con altri sprezzanti
commenti velati, allora. Penso sia dolorosamente chiaro che sono
assolutamente, completamente e violentemente contrario alla tua decisione
di nominare Black come tutore di Potter”.
Albus sorrise.
“Ragazzo mio, ti ripeto che comprendo il tuo punto di vista e posso
immaginare i tuoi pensieri al riguardo, ma Black, una volta libero, avrà
ogni diritto di prendersi cura del giovane Harry. James lo ha nominato suo
padrino e sai bene che questo ha un gran valore nel nostro mondo come in
quello Muggle…”
Severus si voltò di scatto.
“Come puoi essere così irresponsabile, Albus? Black, ammesso che prima le
possedesse, avrà perso le sue facoltà mentali in quel buco dove lo hanno
rinchiuso. Vorresti affidare un bambino così piccolo ad un uomo del
genere? Tanto vale consegnarlo veramente a Malfoy. Sono certo che saprà
essere più misericordioso”.
“Non essere così duro con Sirius, il tuo giudizio non è mondato dai vostri
disagevoli trascorsi e lo sai bene. Inoltre Sirius non sarà solo in
questo. Ho parlato anche con Remus e sono certo che la sua presenza
renderà…”
“…più veloce la dipartita del bambino da questo mondo! – lo interruppe
Severus. – Ma certo, come non pensarci. Un matto assassino ed un
licantropo senza controllo. Sono certo che il giovane Potter ne trarrà il
‘massimo’ beneficio nel tempo in cui resterà indenne da tali minacce”.
“Severus…” lo ammonì l’anziano mago.
Ma gli occhi e l’animo di Severus erano persi nell’indignazione e
fieramente egli non avrebbe taciuto.
Avrebbe difeso con tutto se stesso il bambino-Potter.
Il suo bambino-Potter.
“No, Albus, non questa volta. Non anche questa maledetta, dannata volta”.
“Mio caro ragazzo, avevamo già affrontato un discorso simile poco tempo fa
e ancora ti chiedo perdono per averti caricato di un fardello troppo
pesante per te, mi rammarico di aver ferito i tuoi sentimenti e pensavo
che avessimo concordato che potevi ritenerti sollevato dai tuoi obblighi
verso il giovane Harry…”
Severus sbatté ferocemente un pugno contro il telaio della finestra. I
vetri tremarono come se un vento fortissimo li avesse scossi.
“TU hai concordato. TU hai deciso, Albus. Non ho avuto parola in questo,
come su molto altro”.
Snape si volse e lo affrontò con il suo sguardo nero come la pece.
Tradito.
“Lascia che io possa operare da solo le mie scelte, lascia che possa
decidere. Perché posso tradire, mentire, ingannare, persino uccidere, ma
non posso scegliere? Il mio giudizio ha così poco valore ai tuoi occhi?
Sono così fragile da farti credere che la pressione di una decisione
importante possa schiacciarmi? TU NON MI CONOSCI, ALBUS, TU ANCORA NON MI
CONOSCI. LASCIA CHE IO ABBIA LIBERTA’ E TI MOSTRERO’ IL MIO VALORE. LASCIA
CHE FINALMENTE IO POSSA SCEGLIERE”.
E Albus volse il viso. Abbassando uno sguardo pieno di dolore.
Ed in quel gesto si rivelò più sinceramente di quanto non avesse mai
fatto.
Perché quel ragazzo gli era così caro che la sofferenza lo dilaniava. Come
fosse stato il figlio che già una volta aveva visto sbagliare e che per
miracolo aveva riportato a sé fieramente desiderava proteggerlo da ogni
altra possibile decisione errata, da ogni insidia che la libertà di
scegliere trascinava con sé nel mondo. E per quanto sapesse che ciò non
era una soluzione non poteva portare il suo animo a fare diversamente. E
adesso soffriva enormemente.
E Severus lo capì e tacque.
Nel silenzio della prima sera il maestro di Pozioni si ricompose.
Trasse dalle sue tasche la pergamena pulita e la pose davanti ad Albus.
“Non ti chiederò niente oltre questo oggi. Per tutto ciò per il quale ti
sono caro, per tutta la fiducia che dici di riporre in me, se è vero che
affideresti la tua vita nelle mie mani e se realmente ogni parola che mi
hai rivolto aveva il suo proprio significato ti chiedo soltanto di firmare
quel foglio bianco. Solo questa sarà la prova che ti chiedo. Ti ho
dimostrato la mia lealtà. E’ tempo che tu faccia altrettanto con la tua,
Albus”.
Un foglio bianco di pergamena, senza nessuna lettera, senza nessuna
richiesta.
Un foglio da riempire con qualunque ordine, pretesa, scelta.
Albus sedette lentamente, mentre il tempo scandiva la sua agonizzante
situazione.
Severus si fece più vicino.
Gli istanti sparivano, diventando passato.
“Per favore, Albus. Nient’altro che questo”.
Ed Albus Dumbledore firmò.
Nella totale assenza di rumore Severus ritirò il foglio, con un sentimento
indefinito negli occhi
Quiete.
Ancora.
“Per cosa ho firmato, mio caro ragazzo?”
Severus si volse poco prima di raggiungere la porta.
Quasi sorrise nel vedere l’orgoglio per lui negli occhi di Albus mentre
gli diceva:
“Per unire di nuovo il mio futuro a quello del piccolo Harry Potter.
Questa volta indissolubilmente”.
Continua…
Nota grammaticale: per
mia decisione personale in questa fanfic tutti i nomi propri ed alcuni
altri di vario genere sono mantenuti originali, quindi con i termini
inglesi, non solo per rispetto alla signora Rowling che così li ha creati,
ma anche perché non approvo la dilagante malattia del ‛traduzionismo-sempre-e-comunque’.
Per correttezza nei confronti di chi è in disaccordo con me alla fine di
ogni capitolo metterò i termini italiani corrispondenti. Grazie mille.
Note del capitolo: Il Wizengamot è l'alta corte del mondo della magia. La
Professoressa Rosebud è un personaggio di mia invenzione. Gli studi Muggle
sono Babbanologia, ovviamente.
Ulteriori note: Potrebbe sembrare in questo capitolo che Severus sia
troppo succube del consiglio e della decisione delle persone che lo
circondano. Vorrei precisare che nella mia storia Severus ha soltanto 26
anni e che quindi è naturale che cerchi suggerimenti e che non sia già
indipendente da tutto e tutti come può sembrare nel periodo in cui, nei
film e nei libri, Harry arriva ad Hogwarts a 11 anni.
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