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Autore: Kim NaNa    30/10/2013    5 recensioni
Alla ricerca di una preziosa e misteriosa collezione di opere d'arte, Michiru si imbatte in Haruka, bella, seducente e sfrontata.
Un conflitto tra senso del dovere e sentimento, un mistero intorno ad una missione ed uno strano segreto...
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Capitolo 3
 
Furiosa, sul marciapiede, Michiru ripensava all’incontro, senza risultato, di qualche minuto prima.
Curioso personaggio quel Taiki Kou, olezzante di profumo e con quell’assurdo codino lungo. Era stato incaricato di scoraggiarla, era evidente. Ma perché?
Forse qualcun altro non aveva voglia di privarsi di quei capolavori…
Caro il mio signor Kou, lei è cascato proprio male! Se crede che io me ne torni, buona buona, a Tokyo…
Pensò.
Dopo tutto poteva continuare le sue ricerche anche senza l’appoggio ufficiale di quei damerini!
E se si fosse trovata costretta a violare qualche divieto burocratico a forza di quattrini, tanto peggio:
 una volta aver messo le mani su quella collezione, nessuno le avrebbe impedito di riportarla a Tokyo.
Erano opere d’arte confiscate dalla polizia della metropoli giapponese e appartenevano, di diritto, alla città.
Fu con uno splendido sorriso al portiere del Planetarium che ritornò in albergo, i tacchi che risuonavano come un segnale di battaglia nel grande atrio marmoreo.
Davanti al banco del portiere un gruppo di tedeschi era in grande agitazione. Apparecchi fotografici a tracolla, camicia bianca a maniche corte e cravatta, scarpe da tennis bianche, sembravano una scolaresca in gita e stavano rivoluzionando l’albergo arrivando prima del previsto.
Dovette intervenire il direttore dell’hotel per riportare la situazione alla calma, dopo di che, come bambini mansueti, i turisti si avviarono verso l’ascensore, scattando una foto dietro l’altra e mostrandosi interessati ad ogni particolare della hall..
Michiru lasciò che la piccola bufera si calmasse, poi chiese la chiave della camera ventisei, ritirò la posta, senza trovarvi alcun fax del signor Kou ma solo una lettera di Setsuna, e si diresse verso l’ascensore.
Sautome aprì la porta asciugandosi la fronte con un fazzoletto immacolato.
«Si direbbe che i tedeschi le diano problemi.»  Disse Michiru, sorridendo.
«Un po’.» ammise l’uomo.
«Sono molto gentili e cerimoniosi, ma fanno troppe domande e si agitano continuamente… »
Michiru scoppiò a ridere.
«Saranno solo dei tipi allegri, caro Sautome!»
«Mi domando cosa ci sia di così tanto divertente…» continuò l’uomo che con aria interrogativa.
«La vita, Sautome, la vita!»
Invece di sentirsi scoraggiata dall’atteggiamento di Taiki Kou, una voglia di rivincita solleticava l’animo della giovane donna. Si sentiva stranamente allegra.
Era, forse, quella bella giornata di settembre, chiara ma fresca, con quella limpidezza nell’aria come un annuncio d’autunno?
O l’immagine di due occhi verdi che le ritornava alla mente come un melodioso ritornello?
«Siamo arrivati, signorina.»
Michiru si diresse in fretta verso la sua camera, già rimuginando un piano d’azione.
Alcuni dettagli da verificare, una veloce messa a punto di un piano di controlli sistematici su alcuni luoghi individuati già a Tokyo, un’ulteriore richiesta d’appuntamento con Koishikawa da inoltrare via ambasciata…
Il piano prendeva forma nella sua testa. Giunse all’angolo del corridoio a testa bassa, persa in quel turbine di pensieri, con la borsa stretta al petto.
Nessuno dei due vide arrivare l’altro, stessa fretta e stessa concentrazione e l’urto fu inevitabile e violento.
Michiru dovette aggrapparsi al muro per non cadere e si rivolse verso l’altro, furibonda:
«Ma non può guardare dove mette i piedi?»
E solo allora riconobbe la misteriosa donna di quella mattina.
Gli occhi non avevano più quell’aria magnetica: erano duri e fissi e turbarono la stessa Michiru.
Si chinò per raccogliere la borsa che le era caduta:
«Chiedo scusa…»
Il ritratto.
Era là sulla moquette, in mezzo alle altre carte sparpagliate, uscite da una cartellina della sconosciuta.
Non aveva dubbi: quella era una foto del “Ritratto della Princess “, come chiamava lei il dipinto di Queen Serenity.
Non poteva confondere quel sorriso misterioso, l’amore e la tristezza che emanava da quel volto diafano e delicato.
Lentamente, come ipnotizzata, allungò la mano per prendere la fotografia, ma l’altra donna fu più rapida, l’afferrò e la infilò in mezzo alle altre carte che mise alla rinfusa nella cartellina che stringeva tra le mani.
Si misero dritte in piedi insieme, guardandosi fisso, come due combattenti pronti a scoprire la prossima mossa dell’avversario.
La chioma fluente di Michiru scattò nell’aria, decisa.
«Si interessa anche lei alla “ Collezione Silver Royal»? Domandò d’impeto.
«La… che?» rispose la donna dagli impenetrabili occhi verdi.
«La collezione di Queen Serenity!»
«Mai sentita.» Bofonchiò l’altra.
«Ma… quel ritratto…»
«Mi scusi, ma sono di fretta.»
E già si era allontanata a grandi passi lungo il corridoio. Michiru restò piantata là, la testa confusa da mille pensieri, a sentire i passi che si spegnevano in lontananza.
 
                                                                                                 ***
 
La sala da pranzo, quella sera, traboccava di gente.
I tedeschi occupavano diversi tavoli, mentre le vecchiette erano al loro solito posto, sempre intente nel loro chiacchiericcio.
Haruka Tenou si fermò sulla soglia e abbracciò la stanza con un’occhiata. Il suo sguardo si fermò sulla bellezza dagli ondulati capelli, la cui immagine l’aveva seguita per tutto il giorno. Il tailleur verde mare era stato sostituito da un abito blu notte aderente, che metteva in evidenza la linea sottile e curva sinuosa del seno. Dal colletto rigido di velluto spiccava un collo dalla pelle candida, sormontato da un volto splendente, i lineamenti delicati, la bocca rosea e carnosa che, in quel momento, sfoggiava una smorfia deliziata mentre scorreva la lettura del menu.
Michiru Kaioh.
Elegante e delicata, eppure determinata e coraggiosa, pensò lei.
Il suo sguardo discese lungo il corpo della giovane donna osservando le lunghe gambe perfette, inguainate in calze di seta, che il vestito rivelava fino a metà coscia.
Raffinata, ma con un’indubbia audacia tesa a lanciare una sfida continua al mondo,
Haruka si guardò in giro e, con un gesto discreto, richiamò l’attenzione del  maître che accorse con prontezza.
Chinandosi all’orecchio del capo cameriere, gli sussurrò qualcosa mentre delle banconote passavano da una mano all’altra. Con un gesto impercettibile il maître controllò la mancia, sorrise soddisfatto e si avviò verso il tavolo di Michiru, seguito dall’altra ospite.
«Mi scusi se la disturbo, signorina.»
La giovane donna alzò lo sguardo e vide il maître inchinato davanti al suo tavolo, l’aria cerimoniosa. Dietro di lui, con un leggero sorriso sulle labbra, la donna con cui si era incontrata e scontrata.
Una luce di collera infiammò i suoi occhi e il sorriso di Haruka Tenou si allargò.
«Sì?» chiese lei, impettita.
«Come può constatare» cominciò a mormorare il maître insinuante.
« L’arrivo dei nuovi clienti ci ha messo in difficoltà. La sala da pranzo grande è ancora in ristrutturazione, purtroppo, e questo ci costringe a degli accorgimenti inusuali. Mi auguro che lei non si senta troppo disturbata ad accogliere al suo tavolo questa nostra ospite. È solo per questa sera, le assicuro! Una cosa temporanea. Da domani tutto sarà sotto controllo.»
Con un tono che lasciava intendere esattamente il contrario, Michiru rispose:
«No, non mi disturba affatto!»
L’uomo fece un sorriso un po’ forzato, ringraziò e fece accomodare la nuova commensale senza aggiungere altro. Haruka Tenou, intanto, si mise a guardare ostentatamente la donna che aveva davanti, la quale si era rifugiata dietro al menu con altrettanta ostentazione, mentre il cameriere sistemava il suo coperto.
Di lei vedeva solo le lunghe dita, su cui spiccava uno smeraldo dai lucenti riflessi, serrate sul cuoi nero del menu.
Aspettò, placida, che lei finisse la lettura che l’assorbiva da un tempo decisamente eccessivo.
Il cameriere, infatti, con il blocchetto delle ordinazioni e la penna in mano, aspettava ormai da tempo.
«La signorina ordina?»
Haruka sentì una voce melodiosa scegliere una zuppa di verdura, un’anatra all’arancia…
«E per il dessert deciderò dopo.»
Ad Haruka venne il desiderio improvviso di strapparle di mano quel dannato menu, così, giusto per vedere quale sarebbe stata la sua reazione, ma si trattenne.
Fu il cameriere ad afferrare il menu, che la ragazza lasciò andare controvoglia e a passarlo ad Haruka che lo guardò solo per pochi minuti prima di ordinare.
«Prenderò una zuppa, come la signorina.» Disse al cameriere.
«E poi del manzo con funghi e bambù. Per il dessert, anche io deciderò in seguito.»
Poi si rivolse a Michiru, rimasta senza alcuna barriera.
«Mi chiamo Haruka Tenou e sono davvero desolata di doverla disturbare, ma il mio tavolo è stato occupato dall’invasore tedesco.»
Michiru non raccolse la battuta e rispose freddamente.
«Volendo, avrebbe potuto sedersi con quei signori!»
«Ma non avrei avuto il piacere di fare la sua conoscenza!»
Le unghie smaltate della giovane donna tamburellavano sulla tovaglia di lino.
Nervosa la donzella. O contrariata. O le due cose insieme? Pensava Haruka mentre Michiru si era ostinata a fissare una vetrata buia.
Si chinò verso di lei che lo guardò, alla fine, con aria severa.
Si domandava se era il caso di attaccarla subito. Chiedere, brutalmente, una spiegazione sulla foto del ritratto. Domandarle se sapeva si trattasse di un quadro confiscato.
Decise di usare la diplomazia e respirò a fondo.
Pensierosa aveva girato attorno lo sguardo e la guardava, adesso, di sottecchi.
Era bella, davvero.        
Gli occhi verdi erano più luminosi e profondi di quanto non ricordasse. Un ciuffo biondo sulla fronte richiamava la piega ironica della bocca e contrastava con l’aria insolente, da invincibile guerriera, che emanava la sua figura.
Diamine, Michiru! Ti sembra questo il modo di esprimersi su una perfetta sconosciuta?! Pensò.
«Lei non si fida, vero? Ma si sta sbagliando, signorina Kaioh.»
«Lei conosce il mi nome?»
«È così imperdonabile?»
Gli occhi di Michiru si oscurarono incolleriti.
«È da indiscreti! Lei non ha alcun diritto…»
«…di chiedere chi è quell’affascinante donna vestita di verde che ha illuminato la mia colazione? Chiunque avrebbe fatto la stessa cosa, al mio posto. Salvo un imbecille o un miope!»
Michiru aprì la bocca per rimbeccare quella donna così insolente, ma fu fermata dall’arrivo del cameriere che portava una bottiglia immersa in un secchiello di ghiaccio.
«Un po’ di vino? Si tratta di uno Chambertin, un vino francese rosso, che ho ordinato apposta per farmi perdonare.»
Senza  aspettare risposta versò il vino nei due bicchieri e ne porse una alla donna che la guardava contrariata dicendo:
«A cosa potremmo brindare, Michiru?»
La ragazza esitò un attimo, disorientata da quel sorriso pieno di seduzione, dal suono del suo nome, pronunciato come una carezza.
Era attirata verso quella donna come da una calamita, non poteva resistergli.
Ma era una donna, una bellissima donna, un'affascinante donna. Si ripeteva Michiru.
Gli occhi verdi di quella ragazza sfrontata si erano trasformati in due pozze di velluto e lei si lasciò attrarre dal loro magnetismo.
L’altra Michiru, quella che faceva tutto d’impeto, Michiru la saggia, era stata confinata da qualche parte, ammutolita e imbavagliata. Prese il bicchiere e urtò delicatamente quello della donna, scoppiando in una risata squillante.
«All’autunno che sta per arrivare! Al mare che tanto amo e al vento che ha portato lei in questa serata!»
«Tutto insieme?»
Occhi negli occhi vuotarono i bicchieri e Haruka si affrettò a riempirli di nuovo. Una leggera vertigine si era già impossessata di Michiru.
«Non troppo, grazie!»
Haruka la guardò per un attimo, poi chiese.
«Come mai si trova qui a Niigata, Michiru?»
« In missione. Lavoro per la Sovrintendenza nazionale dei  patrimoni artistici/culturali e sono qui per… un affare importante. Diciamo che… sono venuta qui per valutare la possibilità di organizzare delle mostre… »
Il vino cominciava a dare i suoi effetti e permise a Michiru di inventare una risposta fasulla quanto assurda che lasciò stupita, in primis, se stessa.
«Sto cercando i giusti contatti per poter avviare seriamente il progetto. E lei, invece?»
«Io? Niente di così divertente, purtroppo.»
Ci fu uno scambio serrato di sguardi sospettosi  che Michiru interruppe per insistere:
«Cioè?»
Haruka si spazzolò velocemente una manica per poi rispondere.
«Organizzo dei corsi di formazione negli USA, nel campo commerciale. Sono qui per offrirli alle nuove aziende. Tecniche di marketing, studi di mercato…»
«Ma, allora è americana?»
«Solo a metà, mia madre era giapponese.»
Le portate si susseguivano mentre la conversazione diventava brillante, leggera e scherzosa. Era come una partita di tennis giocata in tutta rilassatezza: si rimandavano la palla senza cercare i colpi difficili e vincenti. Giocavano solo per il piacere d scoprirsi l’un l’altra, il piacere di parlare, dimenticando, pareva, quello che li aveva fatti scontrare.
Giunti al dessert, Michiru non faceva più nessuna fatica a chiamare Haruka per nome.
«Cosa mi consigli, Haruka? Questi dolci sembrano tutti deliziosi, ma proprio non saprei…»
«Anche io sono indecisa… Mmm… vediamo…»
Scorse il menu, di colpo seria. Era sempre più bella, osservò Michiru guardando i folti capelli color oro, le mani energiche e insieme eleganti. Quella cena stava diventando un sogno e Michiru stentava a credere di pensare tutte quelle cose per una donna.
Si accorse di sentirsi stregata, come vinta, disarmata, pronta a tutto…
«Io al suo posto prenderei la Tsukimi dango (*)»
Dal fondo dell’euforia che l’aveva presa, Michiru sperò che la conversazione si fermasse lì. Non si sentiva più molto tranquilla, qualcosa si agitava dentro di lei.
Sentiva il rumore delle onde del mare in tempesta e ciò le accadeva solo quando le cose avrebbero preso una piega poco piacevole.
Era un presagio quello, lo sentiva.
Si raddrizzò, quasi irrigidendosi, allontanò il bicchiere di vino  e ordinò:
«Vada per la Tsukimi dango. E mi porti anche dell’acqua minerale, per favore.»
«La vuole davvero?»
La guardò negli occhi e la diffidenza si riaffacciò prepotentemente.
Fidarsi di lei? Ci mancava solo quello! Le stava raccontando frottole dall’inizio della cena. Quando si organizza corsi di marketing non si va in giro con delle foto di quadri nella borsa! Quadri confiscati e spariti nel nulla poi…
«Da bere con il dolce.» Precisò lei.
Stavano giocando ad armi pari: menzogne contro bugie.
A parte quello, tutto il resto era confuso, vago. Restava inesplicabile anche l’attrazione torbida che sentiva per lei. Haruka Tenou era una sconosciuta, una perfetta estranea…
E sicuramente non era una donna per lei: troppo forte e decisa. E troppo smaniosa…
Il dolce arrivo proprio in tempo.
Haruka aveva ordinato uno strudel alle mele che mangiava mentre guardava, con riprovazione, la bottiglia di acqua minerale.
«Non dovrebbe rovinare quel dolce delizioso con quella cosa lì, Michiru.»
«Come rovinare?»
«Bere dell’acqua! Il vino si intona meglio. E poi le dona un’aria da ragazzina insopportabile e scapestrata. E io… ho un debole per le ragazzine scapestrate!»
«Io invece no!»
Michiru era seria, quasi seccata.
«Peccato. Quando ride per niente, in quel modo… Quando appoggia i gomiti sulla tavola come un ragazzaccio… Mi dica una cosa, Michiru… Mi scusi, ma adoro pronunciare il suo nome…»
D’istinto, Michiru lanciò il tovagliolo sul tavolo, con gli occhi che ardevano dalla rabbia.
«Mi dica esattamente quello che vuole!»
Haruka sentì che il vento era cambiato, l’atmosfera era diversa. Appoggiò la forchetta nel piatto vuoto e si alzò lentamente:
«Esattamente non lo so…»
 
                                                                                                         ***
 
Era andata via così, senza aggiungere neanche una parola, un saluto, una formula di cortesia. In generale la gente rispetta le piccole regole di buona educazione. Haruka Tenou no: evidentemente si riteneva al di sopra di quelle regole meschine.
Michiru era divisa fra l’irritazione e la gioia. Da una parte era felice per quella deliziosa serata, mentre dall’altra la intrigava quella sensazione di averla avuta così vicina ma così irraggiungibile, come l’acqua di un torrente che scorre tra le dita.
Aveva cercato di afferrarla quando aveva smesso la commedia e, per un attimo, le aveva dato l’impressione di tenerla ma, dopo pochi istanti, lei era sparito, preferiva recitare la sua commedia.
Una volta in camera sua, Michiru cominciò a passeggiare nervosamente su e giù. L’elegante vestito aveva lasciato il posto ad una maglietta bianca e ai pantaloni blu di una tuta, i dossier giacevano sparsi alla rinfusa sul tavolo.
Doveva pur esserci una soluzione…
Telefonare a Setsuna Meioh avrebbe potuto esserle d’aiuto. Era una donna pratica, Setsuna.
Conosceva quasi tutti nel mondo dell’arte, aveva contatti e riusciva a recuperare qualsiasi informazione.
E poi, almeno all’inizio, aveva lavorato con lei sulla Collezione Royal Silver e quindi conosceva il problema.
Aveva mollato per proseguire il suo obiettivo, diventare una ricercatrice scientifica, ma continuava a coltivare le sue passioni per l’arte e la musica.
Si sedette sul letto e prese il telefono.
«Ciao Michiru-chan! Come va? Lo sai che mi manchi? Giro per lo studio come un’anima in pena e non so con chi diavolo sfogare i miei problemi…»
La voce allegra dell’amica e quel suo modo di scherzare la rassicurarono.
«La smetti di fare l’esaltata, Setsuna? Ti chaimo da Niigata…»
«E quando torni?»
«Non immediatamente.»
Rapidamente le raccontò il suo starno incontro con quel personaggio che si era rivelato essere Taiki Kou.
«Comunque, ho bisogno di un favore. » Concluse la giovane.
«C’era da aspettarselo… Avanti, cosa vuoi?»
«Delle informazioni su una persona.»
«Un uomo, suppongo…»
Michiru si lasciò sfuggire un sospiro.
«Sbagliato! Si tratta di una donna.»
«Hai dei problemi? Vuoi che ti raggiunga?» chiese prontamente l’amica.
«Sì…no!»
«Dovresti deciderti, Michiru-chan!»
«Sì al problema, no alla proposta di raggiungermi.»
«Ma deve essere sicuramente qualcosa di grosso per averti invogliato a richiedere il mio aiuto. Preferisci ammazzarti di lavoro piuttosto che chiedere l’aiuto di qualcun altro…» rise Setsuna, aggiungendo che negli anni Michiru era rimasta la bella e affascinante guerriera solitaria che aveva conosciuto tempo addietro.
«Ma quale guerriera! Ascolta, Sets! C’è una donna che circola con la foto di uno dei quadri della Collezione Silver Royal.»
Un attimo di silenzio dall’altra parte del filo, poi la voce di Setsuna risuonò grave: «Me ne occuperò. Come si chiama questa donna?»
«Tenou. Haruka Tenou.»
 


Note: Tsukimi dango:  dolce tipicamente autunnale fatto con farina di riso, amido di mais, salsa di soia e fecola di patate e ripassato nelle salse dolci che più si preferiscono.


NdA: Vorrei innanzitutto ringraziare le care lettrici che hanno dedicato del loro tempo a questa "pazza" fanfiction e per avermi dato quel pizzico di entusiasmo in più che mi mancava per procedere nella stesura di questo terzo capitolo. Sono incredibilmente sorpresa di aver attirato la vostra attenzione, ma non posso far altro che esserne felice.
Spero di non aver deluso le vostre aspettative con questo capitolo e che lo abbiate apprezzato un pochetto... :)
Al prossimo aggiornamento,
la vostra Kim NaNà

 
   
 
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