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Autore: margotj    01/11/2013    1 recensioni
(Storia completa in pubblicazione a puntate)
PREMESSA ALLA STORIA: si tratta di un ALTERNATIVE UNIVERSE: con gran raccapriccio dei puristi, in questa storia Dc incontra Marvel: il presupposto? Bruce Wayne e Tony Stark si conoscevano, ben prima di divenire rispettivamente Batman e IronMan. Tutto ciò che viene visto nei film è quindi modificato opportunamente (stravolto, oserei dire, valgono le immagini più delle trame) per raccontare la storia della loro amicizia e dell'inizio della loro leggenda.
Spoiler: credo nessuno. Utilizzo spudorato di IronMan, IronMan2, Batman Begins e TheDarkKnight, qualche accenno agli Avengers
Pairing: canonico Tony/Pepper Bruce/Rachel
Rating: AU Angst, Dark, Friendship...
Disclaimer: i personaggi non appartengono ai legittimi proprietari. L’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.
Genere: Angst, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Batman aka Bruce Wayne
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[fanfic Batman/IronMan]  1.7 Mouse's trap Spoiler: credo nessuno. Utilizzo spudorato di IronMan, IronMan2, Batman Begins e TheDarkKnight, qualche accenno agli Avengers Pairing: canonico Tony/Pepper Bruce/Rachel Rating: AU Angst, Dark, Friendship 

EPISODIO 7/13 - (spoiler alla lettura)

http://www.youtube.com/watch?v=vAn0EyhWHpk&list=PLB1F21203D1E4126E

_____________

1.7 Mouse's trap

I can't resist dipping in the pool

I watch them watch me I watch them too

Across the street, across the room

(The servant - Cells)

Non so resistere al gettarmi nella mischia. Li guardo guardarmi, e ricambio lo sguardo Dall'altra parte della strada, dall'altra parte della stanza

Alba di un nuovo giorno.

Qualcuno stava spalancando le tende, dopo aver spalancato le finestre. Bruce, con un muggito, si coprì la testa con un lenzuolo.

“I pipistrelli sono animali notturni...” - gemette, mentre una mano, metallica e guantata, lo obbligava a tirar fuori la testa dalle coperte - “Ma che ci fai qui...”

“Io sono un eroe diurno che ha fatto outing. Vado dove voglio.” - replicò Tony, inginocchiato a fianco del letto, ancora in armatura - “Iron Man veglia sul mondo, oggi, non sei contento?”

“Io ero contento di dormire...” - replicò Bruce, girandosi a pancia in giù e seppellendosi sotto al cuscino. Bastò quel movimento per rendere evidenti i lividi circolari sulla spalle, la scapola, il fianco.

Gli aveva sparato di nuovo. L'armatura nuova fermava i proiettili ma non rispondeva dell'impatto.

Tony non disse nulla. Si girò e prelevò un sacchetto da terra.

“Tieni.” - disse, posandolo sul materasso - “Colazione a letto.”

“Vuole rubarmi il posto, signor Stark?” - domandò Alfred, entrando con un vassoio.

“E vivere con lui per il resto della mia vita?” - Tony gli andò incontrò, prelevando una brioche dal piatto e sedendosi in poltrona - “Mi creda, preferisco la gogna.”

“Tu sei già alla gogna.” - rispose Bruce, sedendosi finalmente sul letto - “Mi dici cosa ti è venuto in mente?”

“Alla luce del sole.” - replicò Tony, accettando anche la tazza di caffè che il maggiordomo gli porgeva - “Non mi viene in mente un altro posto dove stare...”

***

La conferenza stampa in cui si era rivelato aveva avuto lo stesso effetto della precedente, quella in cui aveva dichiarato chiusa la produzione delle armi: i giornalisti erano impazziti, gli azionisti erano collassati, i punti in borsa erano scesi a livello della tombola.

Per oltre tre settimane, la StarkIndustries era stata l'ottovolante del mondo della finanza e il suo proprietario, l'artista ormai meglio conosciuto con il nome Iron Man, il signore di ogni talk show, ogni testata giornalistica e ogni video youtube che si rispettasse.

Mai così tanto vestito online, sottolineava lui. Iron man era stato avvistato in parecchi teatri di guerra ed era difficile prevederne gli spostamenti, visto che, con la Mark 1, erano su scala mondiale.

Più semplice sapere dove sarebbe apparso Tony Stark, vista la mole di ingiunzioni con cui lo avevano seppellito: Tony era ininterrottamente convocato in tribunali dove gli Stati Uniti si battevano per avere in consegna l'armatura.

“Vendita di schiavi o contratto di prostituzione.” - erano le tesi con cui, volta per volta, Tony demoliva i senatori che provavano a circoscriverlo.

Bruce aveva seguito la conferenza stampa da casa, semisdraiato sul divano, un braccio lungo lo schienale, il ghiaccio su una coscia e l'ennesima costola incrinata. Anche se nel presente, tirato giù dal letto, si mostrava contrariato, allora, quando Tony si era svelato come Iron man, era solo scoppiato a ridere, provocandosi dei dolori atroci.

“Alla luce del sole.” - aveva commentato, mentre Alfred appariva, con un nuova ruga di preoccupazione, sulla soglia della stanza - “Alfred, temo di aver appena vinto la nostra scommessa.”

“Il signor Stark è di nuovo al centro dell'attenzione?”

“Eccome. Proprio come merita.” - aveva continuato a ridacchiare Bruce.

“Non mi sembra particolarmente preoccupato...”

“I rischi fanno parte del suo compito, non della sua notorietà. Quella serve a mantenerlo vivo.”

“Ne è davvero sicuro?”

“Vorrei fosse diverso ma è così.” - sospirò Bruce. I giornalisti lo stavano assediando, Tony alzava le dita in segno di vittoria - “Alla luce del sole, secondo Tony, è il modo migliore per restare protetti. Laddove ognuno può vederti, condannarti o approvarti.”

“Denota una certa fiducia nell'opinione del prossimo...”

“O un certo menefreghismo.” - Bruce cambiò posizione, con una mezza smorfia e si puntellò un pugno alla tempia - “Tony non è facile da capire...”

“Non lo era nemmeno da ragazzo.”

Questa sì che era una novità. Bruce alzò la testa verso il maggiordomo che gli porgeva un bicchiere.

“Tu lo ricordi?” - domandò, sorpreso.

“Perchè? Lei no?” - ritorse Alfred.

***

“Posso avere un'altra brioche?” - stava dicendo ora lo scandalo del mondo, un tempo conosciuto come Tony Stark, con la bocca piena - “Alfred, io non so dove tu le prenda ma sono...”

“Tony, posso sapere cosa fai qui?” - domandò Bruce, aprendo il sacchetto della colazione e prelevando un donut glassato e unto.

Di tutta risposta, l'uomo si sistemò gli occhiali da sole.

“Sono venuto a trovarti. Ho deciso di prendermi la mattinata libera. Non sei contento?” - rispose, accettando il giornale e aprendolo. La sua espressione cambiò all'istante. Chiuse il giornale e glielo porse - “No, come non detto.”

Anche a Bruce era passato l'appetito. Fissava la foto in prima pagina, incredulo.

Harvey Dent. Morto.

***

La macchina di Dent era esplosa la sera prima, a Washington, dove si trovava per lavoro.

Una pioggia di carte gioco, di cui era probabilmente imbottita, era scesa su mezzo isolato... il mezzo rimasto in piedi dopo la detonazione.

Carte del Joker.

Niente spada né bilancia per lui, pensò Tony, mente Bruce sfogliava il giornale. Solo le fiamme.

“E' successo fuori Gotham. Me ne occupo io.” - disse, tamburellando sul bracciolo e finendo il proprio caffè. Alfred gli gettò un'occhiata, cercando di non farsi vedere.

Così quella era la famosa armatura... Stark la portava come se fosse uno smoking.

“Non mi importa dove sia successo.” - rispose Bruce, rendendogli il giornale e alzandosi - “Joker è mio.”

“Scusami? Ma hai sentito ciò che hai detto?” - replicò, secco, mentre Bruce si lasciava andare a terra cominciando le flessioni mattutine - “Bruce, Joker non è tuo, Joker è un problema che dobbiamo risolvere.”

“Mio. Non intendo discuterne.”

Tony alzò gli occhi al cielo. Quando si mise in piedi, il desiderio di posargli uno scarpone sulla schiena e premere divenne incontrollabile.

“Sarà già tornato in città.” - aggiunse Bruce, senza smettere di flettere le braccia. Aveva negli occhi Rachel, Rachel come nel sogno - “Vorrà vedere le reazioni. Dent era un simbolo, si scatenerà il panico.”

“Non andare a cercarlo.”

“E' il momento migliore per colpirlo.”

“E' il momento migliore per infilarsi in una trappola.”

Bruce non rispose. Il ritmo delle flessioni aumentò.

“Ha ucciso lei, ha ucciso lui...” - mormorò, a denti stretti, per lo sforzo - “Chi pensi che sarà il prossimo, se non mi decido a fermarlo?”

Tony aveva una risposta. Ma non disse nulla. Bruce non lo avrebbe ascoltato.

***

“Ciao, tesoro, sono a casa. Oddio, l'ho detto di nuovo.” - sospirò Tony, mentre Jarvis gli levava di dosso la corazza. Pepper stava scendendo a precipizio le scale.

“Tony, hai sentito di Harvey Dent?”

“Sentito di Dent, visto Bruce e, adesso che ho parlato con te, capito che sono l'unico con i nervi saldi.” - rispose lui, afferrandola per le braccia e rifilandole un bacio con lo schiocco - “Alfred escluso, si intende. Quello è un fuoriclasse.”

“Hai visto Bruce? E che cosa ti ha detto?”

“Niente che valga la pena di essere ripetuto. Però posso dirti quello che so... che sta per infilarsi in un guaio. Uno di quelli grandi, puri e ingestibili. C'è del caffè fresco?” - si piegò sportivamente, frugando sotto la scrivania, a caccia di una placca di palladio nuova per il reattore. Si sentiva il torace esplodere - “Pepper, fingi di essere la mia assistente per un minuto e mi recuperi un caffè? Ho la testa che mi tortura...”

Pepper sollevò gli occhi, sopra la nuca di Tony. In perfetto silenzio, Jarvis aveva appena fatto apparire i segni vitali di Tony e il livello di radiazione.

Aritmia. Intossicazione al settanta per cento.

Il panico le chiuse la gola.

“Pepper?” - le parlava senza voltarsi, cercando di essere incurante. La donna fece finta di non aver percepito lo sforzo nella sua voce.

“Sei un uomo viziato.” - disse, sperando di essere un'attrice migliore di quanto si sentisse - “Salgo e torno subito.”

“Ti amo, lo sai?”

“Lo dici solo perché hai mal di testa...” - rispose lei, come un automa, salendo rapida le scale. Arrivata in cima, si sedette sull'ultimo gradino e si coprì la bocca con entrambe le mani, per non mettersi a gridare.

***

La sostituzione del palladio e i medicinali antiradiazione in quantitativo da overdose avevano fatto il loro dovere egregiamente, abbassando l'intossicazione sotto la soglia nel giro di un'ora. Continuando a gemere per un mal di testa che non aveva, Tony si era seduto in una delle sue macchine, aveva finto di bere il caffè e aveva acceso i notiziari per sapere tutto su Joker e sul messaggio alla nazione con cui, sicuramente, aveva celebrato la dipartita di Dent.

Pepper, che si stava occupando dell'ennesima causa a loro carico, era scesa a lavorare di sotto, con la scusa di sentire i notiziari e la possibilità di tenerlo d'occhio finchè non tornava di un colore decente.

Cambiando canale, o lasciando inerzialmente che Jarvis lo facesse per lui, Tony seguiva gli sviluppi delle indagini e non dubitava che Bruce, senza nemmeno essersi vestito, stesse facendo altrettanto.

“Tu credi che saprà resistere?” - domandò, ad un certo punto, rivolto a Pepper.

“Resistere a cosa? Chi?”

“Bruce, al desiderio di vendetta.”

Pepper si bloccò. Posò la penna e si voltò, ruotando sullo sgabello.

“Non avrei mai pensato tu mi facessi questa domanda.”

“Bhe, tu conosci Bruce, volevo un'opinione intelligente che non fosse la mia con cui confrontarmi.”

“Francamente ho i miei dubbi.”

“Pepper... lo sai che ti sono bastate cinque parole per distruggere oltre tre mesi di lavoro in un monastero tibetano?”

“Tu pensi che andrà diversamente?”

“Penso... non lo so, non lo so. Penso che lo voglia vedere morto e che, quando si tratterà di decidere...”

Pepper si alzò, aprendo la portiera e sedendo al posto del guidatore. Tony, sdraiato sul sedile posteriore, girò la testa verso di lei.

“Deciderà la cosa giusta?”

“Probabile. Sai, non mi preoccupa in sé la scelta... mi preoccupa quanto durerà l'incertezza.”

Non è la scelta … e nemmeno la colpa... è l'esitazione che potrebbe ucciderlo.

***

A Gotham, la morte di Dent fu un ciclone senza precedenti. Uomo rispettato, coerente e di integrità, che era stato il simbolo di una lotta strenua contro la malavita in ogni sua forma.

Dopo la morte dell'amatissima fidanzata, poi, era divenuto implacabile senza mai venire meno a quel senso di giustizia che aveva condiviso con Rachel e con cui aveva nutrito il loro amore per il breve tempo che era durato.

La sua scomparsa non creava solo un vuoto burocratico da colmare... era sconvolgente come era stata solo una morte precedente la sua: quella di Thomas Wayne. E, come oltre vent'anni prima, l'alta borghesia di Gotham trovò la forza di unirsi e serrare i ranghi a caccia di un un poco di speranza residua per andare avanti.

Il bombardamento mediatico divenne estenuante. L'ondata di emozione e i paragoni che seguirono, tra Dent e Thomas, obbligarono Bruce a tornare a vivere, simbolicamente, nella rinata WayneManor e Tony a rinunciare al riserbo che aveva deciso di tenere nei suoi confronti. La pressione che stava subendo riguardo i suoi genitori, andava a sommarsi ai ripetuti servizi scandalistici sull'amore di Harvey e Rachel trasmessi giorno e notte insieme ai continui reportages sul Joker e la sua attività criminale... anche ad essere distaccati, era troppo per un uomo troppo solo e troppo propenso agli incubi.

Così, senza tanti preamboli, complice Alfred, si era fatto invitare qualche giorno alla villa per ammirarne i lavori.

Ai cancelli, come previsto, sostavano troupes televisive in abbondanza. Bruce Wayne nella casa dei suoi avi, nella cui proprietà riposava la fidanzata di Dent, ormai assunta a figura tragica. Poco lontano, camionette della polizia, per contenere alcuni facinorosi decisi a colpire il lusso nel momento di crisi peggiore e a condannare il 'fatuo figlio' dell'amatissimo Wayne.

Bruce viveva assediato. E Tony, superando l'ingresso con una macchina anonima guidata da Happy, si chiese come fosse Bruce 'dentro' se questo era il 'fuori'.

Il blocco centrale, mirabilmente restaurato, era già abitabile. Un numero contenuto di stanze era agibile (se 'contenuto' si poteva intendere in senso lato), con un pianoterra già integralmente riorganizzato per i ricevimenti.

Ne andava il buon nome di Bruce, dopotutto. Ed era per il buon nome, che Tony trovò un ring da boxe montato in biblioteca.

“Accidenti...” - commentò, più colpito dalla struttura che dal vaso Ming del corridoio, dono dell'ambasciata cinese.

“Regalo della squadra di Wrestling femminile.” - spiegò il maggiordomo, in veste di guida turistica.

“Non voglio sapere cosa abbia regalato lui a loro...” - replicò Tony, restando a mani in tasca in contemplazione.

In quel mentre, si aprì la parete dietro il pianoforte. E ne emerse Bruce.

“Lunga vita e prosperità.” - lo salutò Stark, con la mano alzata nella posa tipica vulcaniana.

Bruce si bloccò, fissandolo.

“Preferisci che dica che sono il fantasma dei natali passati?” - gli chiese, sollecito, l'uomo.

“Cosa fai qui?”

“Lo sai che da qualche tempo non mi saluti mai? Potrei offendermi...” - Tony si avvicinò e strimpellò il piano. La porta segreta si spalancò di nuovo - “Ma che scelta banale! Junior, ma non ti ho insegnato nulla sui codici?”

“Tony...” - no, meglio un cambio di rotta - “Ciao, Tony.”

“Ciao, Junior. Come va?”

“Bene, grazie. Posso sapere cosa ti conduce qui?”

“Ho assoluta necessità di un weekend in campagna. Sono stato molto sotto stress, in questo periodo.”

“Non ne dubito. E, quindi...”

“Tu hai la campagna ed io lo stress. Siamo una combinazione perfetta.”

“Ti presto volentieri la mia campagna.” - replicò Bruce, rifilandogli una pacca sulla spalla - “Alfred, ho un impellente bisogno di città.”

“Bruce.” - Tony lo afferrò per un braccio, bloccandolo. E lo fissò dritto negli occhi - “Voglio dire tre cose: leggo i giornali, vedo la televisione e so benissimo che sai cavartela da solo. Ma che ne dici se resto?”

Si fissarono. Poi, Bruce districò il braccio, con calma.

“Sei il benvenuto. Benvenuto a WayneManor.”

***

Non si trattava di fargli la guardia. Né di fargli da analista. Né, tantomeno, di stargli appresso tutto il giorno. Bruce aveva affari di cui occuparsi e Tony altrettanto per cui non si videro, per buona parte della giornata. Bruce entrava e usciva passando da uno dei passaggi segreti della villa, Tony si era portato un computer di discreta potenza e il progetto della Mark 3 da mettere a punto.

“Il signore gradisce qualcosa?” - domandò Alfred, restando rispettosamente sulla porta. Tony aveva presidiato uno dei salotti interni, ponendo su un tappeto una piattaforma interattiva semirigida. Mentre attendeva la risposta, il maggiordomo la fissava, rapito.

A Tony non sfuggì l'occhiata ammirata, mentre stava declinando l'offerta. E si alzò.

“Può entrare...” - azzardò, avvicinandosi - “E vederla più da vicino...”

Il maggiordomo gli rivolse un sorriso compito, ma quasi di scusa.

“Deve perdonarmi... la tecnologia mi ha sempre affascinato.”

“Sì, anche a me.” - rispose Tony, ricambiando il sorriso.

“E' un sistema di quelli che chiamano.... touchscreen?”

“Bhe, sì... anche.” - confermò Tony. Sulla piattaforma, a grandezza naturale, in proiezione olografica, era visibile la Mark 3 in sovrapposizione alla 1, per mettere in risalto le differenze. Alfred le girò attorno, molto lentamente.

“Sembra molto sicura...”

“Lo è abbastanza, in effetti...”

“E scommetto che è divertente.”

“Questo lo posso personalmente garantire.” - confermò l'uomo, lanciando un comando dalla tastiera perché la proiezione mutasse e si vedessero altri particolari - “Ora sto lavorando alla maneggevolezza. Voglio sia più leggera e più snodata.”

“Sì, immagino. Anche qui si è attraversata una 'fase funambolo'...”

Tony ridacchiò. Bruce, con la 'fase funambolo', doveva essere stato insopportabile.

“Da quando ha le ali, poi...”

“Le ho viste. Ha fatto un gran bel lavoro.”

Settimane addietro, poco prima del debutto di Iron Man, dai magazzini della WayneEnterprises erano saltati fuori alcuni vecchi progetti della sezione scientifica e, tra i tanti, un tessuto a memoria di forma, ideale per l'attrezzatura dell' Uomo Pipistrello. Tony ne aveva verificato resistenza e sicurezza presso le StarkInd, Bruce aveva lavorato al progetto con Lucius Fox.

“Alfred... possiamo avere una conversazione e poi fingere di non averla avuta?”

“Dipende dalla conversazione, signor Stark.”

“Può ben immaginare il soggetto...”

“In tal caso, ritengo che lei si stia riferendo ai quadri che verranno disposti nel corridoio ovest. Posso mostrarglieli, quando meglio crede.”

“Penso che farò una pausa, allora.” - rispose Tony, mettendo in stand by la piattaforma e ritirandone la chiave di sblocco in tasca.

***

Il corridoio ovest necessitava ancora di qualche rifinitura, ma i quadri erano già posati a terra, nei punti in cui sarebbero stato appesi. Essendo un corridoio bello lungo, sarebbe stato perfetto per complottare.

Tony si avviò, lasciando che il maggiordomo dettasse il ritmo del passo. E si guardò intorno.

Fiamme, fiamme ovunque. Sbattè le palpebre e il mondo tornò ovattato, profumato di gesso e stucco.

“Lei che ne pensa, Alfred?” - domandò Tony, osservando i dipinti con le mani in tasca.

“Penso che non gli faccia bene stare qui. Se possibile, sta dormendo ancor meno di prima.”

“E il Joker?”

“Non esiste monitor senza la sua faccia.”

Tony non commentò. Non c'era da commentare.

“Non pensavo che lo avrei mai detto, ma gradirei uscisse e andasse ai party... trovo questo isolamento controproducente.”

“Ma necessario. Là fuori è caccia aperta all'erede Wayne.” - commentò Tony, incolore - “E... riguardo a Dent?”

“La famiglia preferirebbe venisse sepolto a casa. Ma, nel testamento...”

“Già.”

Quella era l'ultima ciliegina al discorso: Dent aveva lasciato espressamente scritto di voler essere sepolto vicino all'amore della sua vita e, essendo trapelata la cosa, la stampa ci stava facendo un bagno.

“Non c'è ancora stata richiesta ufficiale dagli avvocati e il signor Wayne non ha quindi ancora detto nulla... ma qualcuno ha già cominciato a porgli la domanda.”

“I miei sono sepolti in mare...” - mormorò Tony, seguendo il filo dei propri pensieri. La morte di Howard Stark era stata un trauma per il mondo scientifico ma non per le coscienze e gli animi... di questo, Tony era stato infinitamente grato sin dall'inizio.

Ma, per Bruce... Thomas Wayne aveva gettato un'ombra sul figlio, con la propria morte. Il futuro luminoso, che aveva immaginato, si era realizzato per ogni altro essere umano sfiorato dalla sua memoria, ma non per Bruce.

E non era poi un caso, che Bruce avesse scelto di essere un simbolo oscuro. Un simbolo di paura.

Tony si fermò, abbassando gli occhi sulla nuova pavimentazione. Poi li alzò verso il soffitto.

Quello era il punto in cui lo aveva trovato.

“Sa, Alfred... Bruce è stata la prima persona che ho salvato in tutta la mia vita.” - ammise, come se quella verità non lo avesse mai sfiorato - “E' possibile che nasca da questo, il mio senso di responsabilità?”

“Io ne sono certo. E, francamente, signor Stark, devo farle presente che ... lei è la prima persona che Batman ha salvato.

***

Bruce si stava esprimendo riguardo la sepoltura di Dent proprio in quel momento, in piena conferenza stampa. Pepper, seduta in prima fila, sbirciò i presenti, per cogliere le prime reazioni.

Bruce stava dichiarando, chiaro e tondo che 'no, Harvey Dent non sarebbe stato sepolto vicino a Rachel'.

“E non per mancargli di rispetto.” - stava aggiungendo, mentre si alzavano i primi mormorii - “Bensì per l'ammirazione sconfinata che avevo per lui e per la sua missione. La tomba di Dent deve essere un simbolo, come è stata la sua morte, non una lapide in un giardino privato. Perché è di questo che Gotham ha bisogno, di un eroe. Un eroe da cui trarre ispirazione. Grazie a tutti.”

“Questo discorso non vale per i suoi genitori?” - urlò una voce in fondo alla sala, obbligandolo a fermarsi, a non scendere dal palco - “Signor Wayne!”

“I miei genitori sono morti molto tempo fa.” - rispose, come se questo fosse l'unico dato di fatto da non perdere di vista.

“Ma anche allora si è discusso del sepolcro e, allora, la scelta migliore è stata opposta a quella che sta facendo ora. Ci dica, signor Wayne, ci sono altre motivazioni dietro la sua decisione?”

“Una cosa è mettere in discussione la mia decisione, un'altra è lanciare accuse infondate.” - replicò Bruce, tornando al podio.

Tony, seduto davanti al computer, si rese conto di stringere un pugno. E si impose di distendere le dita. In prima fila, da quel che poteva vedere, Pepper si stava dominando a stento.

“Non è infondato dire che lei e la signorina Dawes vi conoscevate, no? E la signorina è morta a casa sua, ad una sua festa a cui non è venuta accompagnata...” - insistette la giornalista, alzandosi. Era una rossa che Tony era sicuro di essersi scopato negli anni di libertinaggio e di cui non ricordava nemmeno il nome - “Non pensa che venga voglia di fare due più due?”

A Pepper salì l'atavico desiderio di ucciderla... lo stesso di quando l'aveva messa alla porta a nome di Tony dopo il sesso.

“Io non posso porre rimedio a nessuna delle sue voglie.” - sospirò Bruce, lasciando che qualche risatina si levasse, imbarazzata - “Ma, quando avrà finito di sollazzarsi, potrà rileggere la copia di questa conferenza stampa e scrivere il suo articolo.”

“Sta quindi dicendoci che esiste una versione ufficiale a cui dovremmo attenerci?”

“Le versioni ufficiali son nate per essere messe in dubbio. Ma, se decide di farlo... si accerti almeno di aver scritto la verità. Grazie a tutti.”

Adesso non era più brusio. Erano in piedi e urlavano il loro nome.

Ma Bruce abbandonò comunque la sala.

“Molto, molto male...” - sussurrò Tony, lasciando cadere la penna laser e allungandosi verso il cellulare.

“Bene, bene, bene...” - sibilò, contemporaneamente, il Joker. E il suo sorriso dipinto divenne una risata incontrollabile.

***

Pepper gli rispose al terzo squillo. Non era riuscita a intercettarlo. Bruce se ne era andato prima ancora che la sala si svuotasse.

Tony, quindi, premette i tre tasti del pianoforte e discese nelle profondità della terra, andandogli incontro. Lo trovò nella galleria centrale, quella che collegava WayneManor al deposito sotterraneo.

“Non dire nulla.” - ordinò Bruce, superandolo e proseguendo verso casa. I suoi occhi, solitamente dorati, erano scuri.

“Dico che invitarli a scrivere la verità quando sai che hanno ragione non è mai un buona scelta.”

Bruce si bloccò e tornò indietro.

“Parla quello che ha detto al mondo di essere Iron Man.” - lo aggredì.

“Io ho detto al mondo chi ero, non ho raccontato una balla per poi dire 'cercate pure di smentirmi'. Lo trovo controproducente.”

“Cosa ti aspettavi che facessi! Non sono io che sono andato in giro a mentire sul mio fidanzamento, non sono io che ho chiesto di farmi seppellire vicino a una donna che non mi amava! La sua tomba vicino ai miei genitori, Tony, ha osato chiedere di...” - Bruce si rese conto di stare urlando e, con uno sforzo titanico, si interruppe e cerco di ricomporsi - “Non possono chiedermi anche questo.”

“Tu non sei lucido. Ragiona, Bruce. Posso essere d'accordo con te ma non...”

“Prima o poi avrebbero iniziato a pensarci, no? Lei, lui e l'altro... ed io sono l'unico ancora vivo, per cui...”

“E' quello il problema, Bruce.” - lo interruppe Tony - “Tu sei quello ancora vivo.”

***

Una volta, Harvey Dent aveva detto: “O muori da eroe o vivi abbastanza a lungo da divenire il cattivo.”

Non era certo a chi avesse pensato, nell'affermare una tale idea... ma ciò non toglieva che Harvey fosse divenuto l'eroe e Bruce il cattivo.

Harvey era l'amante tragico, lo sposo. Bruce, l'amante e basta.

Harvey era l'uomo giusto. Bruce, l'erede inadeguato.

Harvey era morto. E Bruce... Bruce era vivo.

Eroe. Cattivo.

Ora, in piedi nel piccolo cimitero di famiglia, Bruce fissava lo spazio vuoto a fianco di Rachel. I fiori blu, che aveva piantato dopo il suo ritorno, erano spuntati e si estendevano, pigramente, senza intaccare il marmo.

Ma Bruce non vedeva nemmeno quelli. Fissava solo lo spazio vuoto, lo spazio a fianco di Rachel.

“Mio o tuo?” - si domandava - “Mia o tua?”

Poco oltre, i suoi genitori, sepolti uno a fianco dell'altro. I suoi nonni... i suoi bisnonni. E sentì qualcosa salirgli nel petto, inaspettato: tristezza.

Tristezza. Per tutti quelli che se ne erano andati. Solo tanta tristezza.

Si concesse un respiro profondo, alzò gli occhi alla quercia che li ombreggiava. Forse un elicottero stava sorvolando la tenuta. Che lo fotografassero, se ci tenevano tanto. Non aveva importanza.

Era un uomo davanti ad una tomba.

Era un uomo vivo che aveva deciso di tacere riguardo il silenzio dei morti. Era solo un uomo che rifiutava di parlare per chi non poteva.

Sentì i passi, ma non si voltò. E Tony lo affiancò.

“Vuoi dire qualcosa di memorabile?” - gli chiese Bruce. Adesso fissava la lapide, i fiori blu, le date.

“Se vuoi... avrei giusto una frase...” - rispose Tony, aprendo un bigliettino che aveva i tasca - “Ecco il destino mio: far da suggeritore e meritar l'oblio! Ed intanto che in fondo io son restato, altri a cogliere il bacio della gloria è montato! È giusto, ed io consento, sull'orlo dell'avello, che Molière ha genio, che Cristiano era bello!”

Bruce abbassò gli occhi. Nessun bigliettino, fingeva solo di leggere.

Non riuscì a trattenere una risata vagamente isterica. Avrebbe voluto dirgli che era un cretino, ma la voce non gli uscì dalle labbra.

Oh, Tony...

“Obbiettivo raggiunto.” - si complimentò l'altro, con se stesso, fingendo di ripiegare il biglietto e di rimetterlo in tasca. Poi gli posò una mano sulla spalla - “Andrà tutto bene, Bruce. E si stancheranno, dopo un po' si stancheranno, come fanno sempre.”

“Lo so. Ma non so se andrà tutto bene.”

“Per infangare te, dovranno infangare lei.” - rispose Tony, stringendo più forte quella spalla magra e parlandogli in un sussurro - “E non potranno. Non ci riusciranno mai.”

“Tu credi?”

“Bruce... Rachel è morta con una spada e una bilancia in mano. Ed è ora che il mondo lo sappia.”

L'elicottero stava compiendo una virata e passando di nuovo sopra il cimitero.

“Ti vedranno...” - mormorò Bruce, alzando gli occhi.

“Ti sbagli. Da circa due ore non riescono più a vedere nemmeno te.” - lo contraddisse Tony, senza lasciarlo andare e conducendolo verso casa - “Del resto, mio caro Cirano... il tuo Moliere è davvero un genio...

***

Le foto erano apparse nelle agenzie alle quattro in punto. Alle quattro e un quarto non esisteva testata che non si preparasse a stamparle, alle cinque non esisteva telegiornale che non le stesse mostrando.

Gli ultimi attimi di Rachel Dawes, recava il titolo, in sovrimpressione: Rachel, avvolta dalle fiamme, la spada, la bilancia. Terribili, vi mostriamo solo le meno impressionanti, diceva con voce rotta il cronista. Ma le foto di Rachel erano solo un assaggio. Il vero dolce erano quelle di Dent, disperato, tra le fiamme.

Emerse dai documenti personali del procuratore, diceva una voce. Occultate per rispettarne il dolore, diceva un'altra. Amanti tragici, già speculava una terza, un vero simbolo di umiltà non divulgarle...

Dent, non ritratto per un disguido nelle foto ufficiali scampate alla distruzione, era stato presente a WayneManor con la sua amata. E, in un ultimo disperato tentativo di gettarsi nel fuoco...

Commovente.

Drammatico.

Sconvolgente.

“Disgustoso.” - commentò Pepper, spegnendo il televisore. Piegò le ginocchia, rannicchiandosi sul divano e afferrò il cordless. Disgustoso cosa si potesse fare con un programma di grafica.

“Sei un vero farabutto. Bugiardo, calcolatore, insensibile e molesto.” - disse, quando sentì la sua voce - “Ma io ti amo alla follia per questo.”

“Posso sussurrarti delle porcherie, se mi vuoi più rude.” - rispose Tony, finendo di dare una sistemata al reattore e reinserendolo nel petto - “Così puoi commutare tutto in 'maschio brutale, possessivo, passionale e violento'. Che ne dici?”

“Mi vai bene così come sei.” - sospirò lei, lasciandosi andare sul divano e stiracchiando le braccia - “E, dimmi, hai fatto altro di così promettente?”

“Ho schermato WayneManor. Ogni volta che fanno una ripresa o scattano una foto, appare un bel disturbo di frequenza. E dubito che esista, nel raggio di qualche chilometro, qualcuno che abbia dei rullini di pellicola da vendere...”

“Sei stato in gamba, oggi...”

“A dire il vero, non sono contento.” - a Tony pesavano le foto di Rachel, fino a quel momento nascoste - “Ma non sono riuscito a pensare ad altro.”

“Rachel capirà, Tony. Ne sono sicura.” - sussurrò lei - “E Dent...”

“Dent aveva Due Facce, Pepper. Ma non era l'unico. Siamo in tanti in questo club...” - rispose Tony, quasi scusandolo. Dent, probabilmente, aveva sperato di riconquistare Rachel e non aveva avuto il tempo di provarci. Il suo calvario non era stato minore di quello di Bruce - “Ad essere sincero, mi dispiace per lui. E' davvero la figura tragica che credono... ma non per i motivi che sanno.”

***

Avevano parlato ancora un poco, di tante cose. Tony chiese a Pepper di cercare alcuni oggetti in casa, Pepper gli domandò se aveva intenzione di accompagnarla all'ennesima serata di beneficenza.

“Non sei costretto.” - aggiunse lei, ridacchiando ai suoi gemiti - “Mi piaci dove sei.”

Tony sorrise e alzò gli occhi verso la porta. C'era Bruce, in piedi.

“Ora ti devo lasciare.” - sussurrò, guardando l'uomo e facendogli un cenno perché entrasse - “Ci sentiamo più tardi.”

“Salutami Bruce. E digli che...”

Tony staccò la chiamata prima di ascoltare quelle che, si sentiva, sarebbero state smancerie che si rifiutava di ripetere.

“Pepper ti manda saluti e... boh, altro.” - gli comunicò - “Tutte cose carine, suppongo.”

“Non ne dubito.” - Bruce si sedette al tavolo su cui Tony aveva disposto la sua attrezzatura - “Ho visto...”

Si interruppe. Tony sapeva benissimo cosa avesse visto e, con buona approssimazione, riteneva anche di sapere cosa avesse provato.

“Ho pensato fosse un modo per ridurre il polverone.” - replicò. Per le scuse ci sarebbe stato tempo, se fossero servite - “Ho dato loro qualcosa di nuovo con cui sfamarsi...”

“Una nuova carcassa da spolpare...”

“Meglio una morta, che una viva.” - replicò Tony, senza tatto. Poi girò il computer - “Ti sei occupato di questo?”

Era la trascrizione di una telefonata di accordi per l'arrivo di una nave in porto.

“Lo sai che me ne sto occupando.” - rispose Bruce, riconoscendo il testo - “E' un file del mio computer...”

“Ti stavo solo svuotando il cestino.” - si difese. E aprì un altro file - “Poi, mentre svuotavo anche il cestino del dipartimento di polizia...”

Una mail privata riguardo un carico di droga. Stessa data, stesso molo.

“Non mi interessa rovinare il business delle bustarelle della polizia...” - aggiunse Tony, continuando a digitare - “... ma voglio sapere perché questo sia il terzo carico in arrivo in poche settimane.”

“Anche a me non è piaciuto... e, difatti...” - commentò Bruce, sporgendosi e premendo a sua volta sulla tastiera - “... se tu avessi frugato anche nella cartella documenti...”

“Ma così sarei stato un ficcanaso...”

“Avresti scoperto che Gordon mi ha fatto avere la documentazione senza la necessità di rubarla dai server della polizia.”

“Ah. Comodo. Non divertente ma comodo.” - disse Tony. Poi si sporse, leggendo gli altri files aperti - “E questo ci porta a...”

“A sapere con cosa si stanno finanziando. E, mentre noi parliamo... l'ultima partita di droga viene scaricata al commissariato, assieme a due testimoni. E una busta campione viene recapitata a Lucius Fox perché si diverta ad analizzarla in laboratorio.”

Bruce si interruppe e intrecciò le mani, in attesa. Sembrava... compiaciuto.

Tony si prese ancora del tempo per osservare i dati. Poi dovette rassegnarsi ai complimenti.

“Sono colpito, Junior. Stai crescendo proprio bene...” - ammise, con aria modesta - “Se penso a come eri, quando ti ho raccolto...”

Gli occhi di Bruce si spalancarono.

“Tu.. hai raccolto... me?” - scandì. Non si indicò con un dito perché poteva essere eccessivo.

“Oh, non mi ringraziare, l'ho fatto volentieri.” - rispose Tony, battendogli una mano sulla spalla e alzandosi per servirsi generosamente di liquore - “Quindi, la prossima mossa è...”

“La prossima mossa è sempre la stessa. Joker. Voglio Joker.”

“E fine della conversazione intelligente.” - sospirò, riempiendo un secondo bicchiere e portandoglielo - “Bevi. Ti renderà meno coriaceo.”

***

Coriaceo o no, squilibrato o meno, Bruce aveva ragione. Era ora di colpire il Joker.

Quello che Tony non poteva sapere era che Bruce, per farlo, aveva già una carta vincente in tasca.

Un carta con un Joker recapitata con la posta del mattino.

L'invito era dei più classici: serata di beneficenza, bla bla bla, aiutiamo i piccoli indifesi, bla, bla, bla, facciamolo in memoria di... Bla. Bla. E bla.

Come suo solito non lo aveva letto ma aveva confermato la propria presenza, per l'ormai noiosa abitudine a farsi vedere e giudicare. Ma, quando la carta era scivolata fuori dalla busta, la realtà era mutata di prospettiva.

Bruce l'aveva raccolta e fissata.

'All'amante della giustizia.” - c'era scritto, a pennarello, con calligrafia arzigogolata. Bruce la girò tra le dita, rendendosi conto di non riuscire a pensare.

L'ultimo vivo. Dopo Rachel, dopo Dent... ora il simbolo sarebbe stato Bruce Wayne.

Per la prima volta da molto tempo, fu consapevole della propria dicotomia agli occhi del mondo: Batman aveva inseguito Joker, ma era Bruce che, infine, aveva attirato la sua attenzione.

Bruce Wayne, il simbolo vivente della decadenza di Gotham, con il passato oscuro e il futuro già scritto. Il figliol prodigo, il principe ereditario che sperpera i soldi della corona e infanga la memoria paterna.

Dopotutto ha ragione, pensò Bruce, rigirando un'ultima volta la carta, anche io sono un simbolo, nel bene come nel male. E sono una bella testa da aggiungere alla collezione.

“E allora sia...” - sussurrò, lasciando cadere la carta sui documenti della scrivania - “Vienimi a prendere.”

***

Quando Bruce emerse dalla porta segreta, finendo di mettersi lo smoking e legandosi il papillon, Tony stava finalmente realizzando il proprio sogno della settimana: giocava alla boxe con Happy e inaugurava il ring di Bruce.

“Ne voglio uno uguale per Natale!” - gli urlò dietro, aggrappandosi ad una delle corde.

“Puoi prendere quello, a me non serve.” - gridò, di rimando, Bruce, aggiustandosi le bretelle.

“Dove stai andando?”

“Serata di beneficenza.”

“Anche tu? Anche Pepp... ehi, ci vai con la mia ragazza?” - urlò, bevendo l'integratore, come suo solito.

“No, non vado con la tua ragazza, vado solo.” - rispose Bruce, secco, mentre Alfred lo aiutava a mettersi la giacca - “Solo e con l'intenzione di comportarmi male.”

“Allora attiva il bracciale.”

“Tony...”

“Attiva il bracciale e non discutere con me, giovanotto!”

Bruce si voltò, dal fondo del corridoio, fulminandolo con un'occhiata. Poi, con gesto eclatante, rifilò un colpo al pipistrello di titanio che portava al polso.

“E non fare tardi o ti levo le chiavi della macchina.” - aggiunse Stark, sempre con il dito puntato. E sorrise. Ma tu guarda... assomiglio davvero a mio padre...

***

Deja-vu. Nei giorni a venire, Bruce avrebbe pensato a quell'istante come ad un deja-vu.

Una voce femminile...

Una presentazione...

Un nome difficile da pronunciare...

E l'attimo di consapevolezza, prima di voltarsi.

“La rabbia ti impedisce ancora di ragionare, Bruce.” - mormorò Ducard. La sua voce fece sparire all'istante ogni altro suono - “E di scegliere l'opportuno terreno di scontro...”

Bruce strinse i denti, non rispose.

“Prego... da questa parte.”

“E se non volessi?”

“Allora dovrei farti presente che gli inviti spediti per stasera erano due...” - sospirò Ducard, posandogli la mano sulla spalla, come un vecchio e caro amico - “E che la signorina Potts mi risulta essere ora in viaggio...”

Un colpo basso. Così basso che Bruce si sentì vacillare e percepì il proprio stomaco stringersi in un nodo.

“Prego...” - ripetè l'uomo, con uno splendido sorriso, indicando un corridoio - “Da questa parte...”

Bruce lo seguì e, facendolo, posò la punta del pollice sul bracciale sperando in un miracolo.

***

Il party... tutti avevano un party a quanto sembrava.

Pepper aveva un party... Bruce aveva un party...

“Alfred?” - chiamò Tony, al centro dell'ingresso.

Nessuna risposta. Magari anche Alfred aveva un party.

Poco propenso a sentirsi offeso, Tony vagò per un po' tra le sale e i corridoi. Si addentrò nel cantiere dell'ala di sud est, sollevando i teli plastici e guardando il rinascere del castello dalle proprie ceneri.

Alzò gli occhi verso un moncone di scala. Aveva un corrimano largo, ricordò, arrivando ai piedi di ciò che restava. Magnifico da percorrere in scivolata. Posò una mano sul legno bruciato e chiuse gli occhi.

Odore di cera sulle mani. Suo padre aveva capito così cosa stesse combinando. Aveva sentito il baccano e lo aveva annusato, per scoprire la sua colpa. Come la giustizia, suo padre non aveva bisogno di occhi.

Tony riaprì i propri e si rese conto di non provare rabbia, ma solo rimpianto. Tanto rimpianto.

“Questa casa fa un brutto effetto.” - sospirò, sollevando la mano in segno di resa e tornando sui propri passi. Poi si fermò e si voltò, guardando in aria. Si vedeva ancora la colonna dietro cui aveva fatto nascondere Bruce.

“Tranquillo, Junior. Inutile ci puniscano tutti e due.” - ricordava di avergli detto, per consolarlo. Era un tappetto di circa sei anni. Poi gli aveva mostrato le mani - “Se, mentre mi sgrida, gli arrivo abbastanza vicino, ti prendo delle caramelle...”

Ridacchiò, ripensando a se stesso e ai primordi della propria faccia da schiaffi.

Si incamminò, per tornare verso il blocco già restaurato. Non ricordava dove fosse il party di Pepper... ed era tardi per chiamarla. Ma, conoscendolo, Bruce aveva sicuramente lasciato l'invito in biblioteca, sulla scrivania, assieme a tutte le cose che non lo interessavano affatto.

Trovare l'indirizzo sarebbe stato uno scherzo. Dopotutto, niente è meglio di un bagno di folla, quando si è malinconici.

***

Ducard lo condusse lungo un corridoio, accentuando il senso di rivivere la sera della morte di Rachel.

Bruce si rendeva conto di non riuscire a pensare lucidamente: se era vero... se era vero che Pepper... strinse più forte il bracciale, cambiando la pressione del polpastrello, poi lasciò ricadere la mano.

“No, Bruce, niente fiamme.” - gli disse, all'improvviso, Ducard, facendolo quasi sobbalzare - “Anzi. Sono qui per consigliarti caldamente di andartene.”

“E' l'ultima cosa che intendo fare.”

“Ma sarebbe la più intelligente.” - Ducard alzò un dito. Sopra le loro teste, nel salone, riecheggiavano i primi spari - “Senti? È venuto per te...”

“Joker.” - sussurrò, senza riuscire a frenarsi.

“Sì, proprio lui. Joker. Un uomo interessante, non credi? Condivide con te e con me la consapevolezza del valore delle piccole cose... una maschera, una cicatrice... un pipistrello...” - sospirò, fermandosi a contemplare un quadro. A distanza di sicurezza, alcuni uomini li precedevano e li seguivano - “... una spada... oppure una bilancia...”

Sospirò ancora, quasi rammaricato.

“La tua conferenza gli è molto piaciuta.” - ammise - “Del resto, anche per la ragazza aveva avuto un occhio di riguardo... e una certa considerazione personale.”

Bruce si voltò, pronto a colpirlo. A Ducard bastò alzare il bastone, per frenarlo.

“Attento, signor Wayne.” - lo ammonì, utilizzando un'unghia per mostrargli la lama che il bastone conteneva - “Se proprio non riesce a pensare, almeno si nutra di ricordi che possano servire... non solo di memorie fatte per rimpiangere.”

Bruce arretrò di un passo.

“Così pieno di paura...” - lo commiserò l'uomo - “Così solo...”

“Gli hai detto chi sono?”

Di tutta risposta, Ducard sorrise.

“Non ce ne è bisogno. Spiegargli chi tu sia non peggiorerebbe le tue sofferenze e non cambierebbe la realtà dei fatti. È un segreto tra noi, un segreto che la Setta delle Ombre ha scelto di custodire.”

“Un segreto che non mi impedirà di fermarvi.”

“Un segreto che non ci impedirà di batterti, Bruce.” - replicò la sua nemesi, mentre gli occhi si illuminavano, sinistri - “Ben altri son i segreti che possono cambiare il corso della storia...”

***

L'invito c'era. Ma, quel che era peggio... c'era la carta.

Una dannata, fottutissima carta da Joker.

Tony si ritrovò a correre mentre ancora era certo di stare imprecando, fermo, davanti alla scrivania di Bruce. Frenò all'altezza del computer, cercando una connessione protetta con Jarvis.

“Rispondi, rispondi, rispondi...” - stava sibilando Tony, quando si aprì la schermata del bracciale. Elettrocardiogramma impazzito e un suono registrato.

Un suono ritmico, come un'unghia. Tony cercò di isolarlo, capire. Portò a massimo volume l'impianto e chiuse gli occhi.

Breve, lungo, lungo, breve.

Tre volte. Tre volte lo stesso suono. Cosa volevi dirmi, cosa, cosa... segnale Morse! Tony spalancò gli occhi e riprodusse il suono, a mano aperta sul ripiano.

Breve, lungo, lungo, breve.

Punto, linea, linea, punto... P... Tre volte P... Pepper!

La gola di Tony si chiuse. E, per la prima volta da molto tempo, ebbe paura.

***

Ducard lo accompagnò fino all'uscita. Quando furono sulla soglia, l'uomo sorrise della sua perplessità.

“E' presto perché tu muoia, Bruce.” - gli spiegò, con gentilezza - “Prima devi vedere cadere Gotham poi... poi ti ucciderò.”

“Di persona, Ducard?” - sibilò Bruce, arrivandogli, forse, troppo vicino - “E' un fatto personale?”

“Bruce... ho provato per te l'amore che può avere un padre. E tu mi hai deluso, rifiutando la mia eredità, come deludesti un tempo i tuoi genitori. Non sei stato punito allora... ma presto lo sarai.” - spiegò, con estrema gentilezza. Poi arretrò, prendendo le distanze - “Ora vai. E, se credi, vesti i panni dell'eroe che cerchi invano di essere.”

Ancora un passo, a ritroso.

“E' una splendida nottata, non credi?” - domandò, sorridendo - “Son certo che saprai assaporarla, con la vita di cui ancora godi...”

Bruce si mosse, deciso a rientrare. Ducard fu più pronto a bloccarlo.

“Lui non c'è.” - sussurrò Ducard - “Non è mai stato qui...”

Non è mai stato qui...

“Non ricordi? Eppure ti ho ben insegnato: la teatralità e l'inganno sono strumenti potenti...” - gli ricordò - “E' bastato qualche colpo di fucile, un volto truccato e ti sei convinto di sapere cosa ti attendesse. È bastato inviarti una singola carta da gioco perché tu credessi di avere tutto il mazzo.”

La mano di Ducard al centro del suo torace, la mano con cui lo aveva frenato, divenne pietra. Bruce si ritrovò a volare in strada, sul marciapiede, la testa a pochi centimetri da un Suv nero in frenata. Ducard gli sfrecciò rapido a fianco, colpendolo al viso con il bastone e sparendo dentro la macchina.

Intontito, senza riuscire ad alzarsi, Bruce lo vide fuggire e capì di essere stato battuto.

***

Il cellulare di Pepper suonava a vuoto. Ma Tony, già in volo con l'armatura, non demordeva.

“Signore...” - disse Jarvis, aprendo una comunicazione - “Una nuova trasmissione del Joker.”

“Guardala e riassumi le parti importanti, ora non ho tempo.” - replicò, secco, Tony. Un altro segnale gli stava balenando davanti agli occhi. Un pipistrello azzurro aveva iniziato a brillare tra le informazioni e i dati di volo. Virò e scese in picchiata in una delle strade del centro città.

Bruce si stava rialzando da terra, quando Iron Man lo investì in pieno, levandogli l'aria dai polmoni, nel tenergli il torace con un braccio. Un attimo dopo, era di nuovo a terra, sul terrazzo dell'attico alla WayneTower.

“Lui non c'era.” - gracchiò, mentre l'elmo si apriva e appariva la faccia di Tony - “Pepper...”

“Se le succede qualcosa io ti...” - si bloccò. Bruce lo guardava come se lo avesse appena colpito. Gli tese una mano, perché si rimettesse in piedi - “Non importa quello che voglio farti, non abbiamo tempo.”

“Signore...” - lo interruppe Jarvis, in un orecchio - “Credo sia necessario sentiate questo...”

“Bruce, la televisione.” - ordinò Tony, sfondando con un calcio la vetrata ed entrando - “Jarvis, la signorina Potts, a costo di orientare i satelliti della Nasa.”

Il Joker, in televisione, era quello di sempre: era certamente ad una festa, con un calice stretto in mano e i resti del buffet sul risvolto della giacca. Si scusava, genericamente, con tutti gli organizzatori di serate di beneficenza da Gotham alla costa, per aver dovuto scegliere a quale presenziare di persona e sperava, ovviamente, che gli 'amici' inviati a sostituirlo fossero una consona compagnia.

“Tuttavia, Amici miei, lasciatemelo chiedere ancora: Che deve succedere perché vi uniate al mio piano? Devo proprio togliervi dalla panchina e mandavi in campo. Stasera parteciperete tutti ad un esperimento sociale. Attraverso la magia del carburante Diesel e del nitrato d'ammonio, sono pronto fin d'ora a farvi saltare tutti quanti in aria. Ad ogni serata, da qui alla costa, è stato consegnato un telecomando al padrone di casa. Se uno solo tenterà di lasciare la festa, morirete tutti. Una festa, un telecomando. A mezzanotte vi farò saltare tutti in aria. Però, se uno di voi premerà il bottone e spazzerà via una concorrente, lascerò salvi i suoi ospiti. Ah, e vi consiglio di decidere in fretta perché non tutti sanno essere tanto altruisti... decidete, o morirete tra le fiamme... come la martire della giustizia...”

Bruce strinse i pugni, sentendo affondare le unghie nei palmi. Joker, nello schermo, rideva ma... si bloccò, fissando un punto alle sue spalle. Possibile che...

“Maledizione, Pepper, maledizione.” - ringhiò Tony. Bruce stava già aprendo uno dei passaggi segreti per raggiungere scendere ai piani inferiori della WayneTower - “Bruce...”

“Cercala. Io so dove si trova.” - urlò, correndo lungo il corridoio - “Salva Pepper, io vado a prendere Joker!”

***

“Pronto?”

Quando Pepper rispose, Tony ebbe la certezza di riuscire a respirare e si chiese come fosse stata possibile l'esistenza senza ossigeno negli ultimi quaranta minuti.

“Dimmi dove sei!” - si sorprese a gridare, in volo in direzione di Malibu - “Pepper, a che festa ti trovi?”

“Attualmente nessuna.” - rispose lei, mentre la macchina si fermava - “Sono allo stabilimento centrale, pare che ci sia un problema. Non sono nemmeno arrivata al party! Non sono riuscita nemmeno a passare da casa a cambiarmi... tutta colpa delle tue cause!”

“Le mia cause ti hanno appena salvato la vita.” - replicò lui, sottovoce. Il petto gli faceva male... strano - “Che genere di problema!”

“Tony, santo cielo, non fare l'ansioso! Ancora non lo so.” - replicò lei, scendendo e andando verso l'ingresso - “So solo che mi hanno avvertito e son venuta a contr...”

La terra le tremò sotto i piedi. La voce di Tony, nell'auricolare Bluetooth, si distorse, divenendo un fischio, mentre l'asfalto cominciava a rigonfiarsi e a sbriciolarsi.

“Tony?” - chiamò, guardando la macchina sollevarsi e ribaltarsi e una figura mastodontica, grigia, emergere dalle profondità della guerra.

Pepper non riusciva a muoversi. Di fronte a lei, con un Reattore Arc in petto e il braccio già levato per schiacciarla, c'era un armatura. E, al suo interno, sepolcrale eppure riconoscibile, sentì rimbombare la voce di Obadiah Stane.

***

Quando Tony aveva scherzato, riguardo al fatto che anche Alfred avesse un party, era andato così vicino alla verità da rasentare l'assurdo. Il party in questione era proprio quello aziendale della WayneEnterprises, ovviamente per beneficenza, quindici piani più sotto. E Lucius Fox, al momento, era l'uomo contrariato con il telecomando del Joker in mano.

Il Joker, sbavando e terrorizzando tutti, si aggirava per il salone.

“Dov'è? Dov'è il signor Wayne?” - cinguettava, facendo arretrare verso le vetrate ogni singolo ospite - “Eppure gli avevo annunciato che sarei venuto. Dov'è? Non è educato non presentarsi...”

“Mi spiace dirle...” - mormorò Fox, a quel punto - “Che qui è il posto più improbabile in cui trovarlo.”

“Davvero?” - il Joker tirò indietro un ciuffo di capelli e saltellò verso di lui - “Qui? No? Perché?”

“Il signor Wayne non ama organizzare le feste.” - spiegò Lucius, con il suo impareggiabile pigro sorriso - “Permette di organizzarle in suo nome, ma non con la sua presenza...”

“Ah sì? E dov'è? Là? Là?” - il Joker indicava i grattacieli illuminati - “Premi il bottone, premi.. vediamo se lo trovi...”

“Non premerò il bottone. Fa parte delle regole, posso … oppure posso non farlo.”

“Le regole non esistono... se esistono, si possono cambiare...”

“Esattamente.” - replicò Bruce, apparendo in quel momento sotto l'arco principale, in cima allo scalone - “Le regole sono create per essere cambiate.”

Al Joker non sembrò vero. Gli corse quasi incontro. Le luci si spensero. Quando si riaccesero, tra urla e rumore di bicchieri in frantumi, Bruce era scomparso.

Eccolo, di nuovo, in fondo al corridoio. Il Joker si mosse, le luci si spensero.

Di nuovo, in cima alle scale.

Di nuovo, nel buio.

Un gioco di inganni, aveva detto Ducard. Inganni e illusioni. E Bruce, con un banalissimo interruttore di segnale, stava ottenendo ciò di cui aveva bisogno.

Il Joker, disorientato, urlava.

Lo poteva sentire, nello scivolare lungo i corridoi del piano. Una coppia, appartata e ignara del disastro che gli altri invitati stavano vivendo, lo vide passare, sparire in una parete, come un fantasma.

Bruce non si curò di loro, scivolando nelle intercapedini e continuando a premere il pulsante.

Spento. Acceso. Spento. Acceso.

Le urla si stavano triplicando. Gli spari pure.

Quando ebbe indosso l'armatura, Bruce smise di creare questa alternanza. E spense, definitivamente, il palazzo.

Gli spari aumentarono. Poi cessarono del tutto. E scese il silenzio.

Fine della luce. Fine delle regole.

***

Pepper arretrò, cercando di non inciampare nei tacchi. L'armatura di Obadiah lo rispecchiava alla perfezione: minacciosa, imponente, schiacciante. Avanzò, allungando le braccia, come gli aveva visto di fare centinaia di volte, per complimentarsi o per salutarla.

E Iron Man gli centrò la fiancata, con una presa da football. A questo punto, Pepper cadde, sentendo le mani sbucciarsi e percependo l'impatto con il terreno come un segno.

Ancora viva. Sono ancora viva!

Tony e Obie erano volati fino al fondo al parcheggio, in un groviglio di lamiera e ingranaggi.

Poi sparirono alla sua vista, salendo fino alle stelle.

***

Il Joker non aveva perso tempo: aveva sguinzagliato i cani ed era salito in alto, a caccia della visibilità che gli sarebbe occorsa allo scadere della mezzanotte.

E lo attendeva.

“Il miliardario non è mai stato qui....”- cantilenò, quando il cavaliere Oscuro gli apparve alle spalle - “Una tua idea... tua, tua, tua...”

“Te lo hanno detto... questo è l'ultimo posto in cui avresti potuto trovarlo...”

“Il figliol prodigo che non vuol tornare a casa... il figlio di Gotham che ruba le donne degli eroi veri...” - si voltò, guardandolo, con curiosità. I cani ringhiarono - “Sono questi gli uomini che difendi? I ladri d'amore?”

“Difendo coloro che sanno amare.”

“E coloro che hanno regole, giustizia... passione... “ - gli occhi gli brillarono, divertiti - “Tutte belle cose... ma la pelle e le ossa bruciano comunque. E si accartocciano, si sbriciolano...”

Spalancò le mani, simulando un fuoco d'artificio.

“L'amore non mantiene integri i corpi.” - esclamò, come se la cosa fosse piacevole - “ Le membra si staccano e... si muore. Dov'eri, mentre Wayne vedeva morire la donna?”

Congiunse le dita, come un prete. Sapeva di essere in trappola, eppure...

“Non c'è armonia in una bara... c'è... solo... caos.”

Batman scattò. Scattò, incurante dei cani, verso di lui, cieco e sordo al dolore ed al pericolo.

Fu una colluttazione breve. E Joker volò fuori dal parapetto, nel vuoto.

***

Man mano che aumentava l'altitudine, la potenza del reattore si riduceva. Tony, stanco di sentirselo comunicare dritto dentro l'orecchio, aveva preteso di averlo scritto davanti agli occhi... come se lo ritenesse così meno preoccupante.

L'amore per il controllo di Tony era un fatto poco conosciuto. Perennemente in bilico tra la sbornia e l'eccesso, pochi intuivano come, invece, la precisione che riservava ai calcoli scaturisse perfettamente dal suo modo di essere.

Tony era preciso nei gesti, nelle battute, nelle scelte. E, in quel momento, costretto a neutralizzare Obie, i calcoli e la precisione erano tutto. La riduzione della potenza significava fusione del nucleo del reattore. La fusione del nucleo, un numero eccessivo di radiazioni e un possibile movimento delle schegge metalliche che aveva nel petto. E il cuore... bhe, se lo sentiva rombare dentro le orecchie... per questo non gli serviva anche la voce di Jarvis come monito.

Superato un certo livello sul mare, poteva succedere solo una cosa... congelarsi. O spegnersi.

Obie si era congelato. Tony... spento.

L'atterraggio sui tetti della StarkIndustries non era stato dei più felici. La comparsa di Obadiah, alle spalle, una vera sfortuna.

***

“Pepper, vai al reattore principale.”

“Tony? Tony, stai bene?”

“Vai alla consolle centrale e accendi tutti i circuiti. Devi far saltare la terrazza.” - sussurrò Tony, restando nascosto dietro un muro. Obie, confuso da una scossa elettrica di un voltaggio non trascurabile, si aggirava per la terrazza cercando di riavviarsi.

“Il punto debole è la conducibilità dei metalli di cui è rivestito.” - sussurrò, ancora, spiegandole, per tranquillizzarla - “Ma serve più di una scarica per stroncarlo. Il reattore è la nostra fonte migliore. Ti invio i dati per avviarlo e calibrarlo.”

Molleggiò sulle ginocchia, sentendo l'armatura ripristinare i contatti saltati nell'impatto con il terreno, gli ingranaggi allinearsi e dare la spinta necessaria.

Scattò, afferrandolo per la schiena, in un gioco non troppo diverso da quello che faceva da bambino.

Obie lo fece volare oltre, come un insetto. Tony, sbattendo sulla cupola vetrata del padiglione, senti il proprio cuore contrarsi in maniera del tutto anomala.

***

Afferrato. Lo aveva afferrato per un soffio. Senza vedere, solo sentendo, come un pipistrello... come la giustizia.

E il Joker rideva, rideva senza controllarsi.

Tu non riesci proprio a lasciarmi andare, vero? Ecco cosa succede quando una forza irrefrenabile incontra un oggetto inamovibile. Tu sei davvero incorruttibile, non è così? Eh!? Tu non mi uccidi per un mal riposto senso di superiorità. E io non ti ucciderò... perché tu sei troppo divertente! Credo che io e te siamo destinati a lottare per sempre.”

“Non ti ucciderò perché meriti un processo giusto. Meriti di essere punito da quello stesso sistema che hai cercato di distruggere, dall'armonia.” - rispose, sollevandolo - “Per quella compassione che ci rende diversi. Tu starai in una cella imbottita per sempre.”

Lo lanciò contro la parete, sentendolo disarticolarsi ma non smettere di ridere.

“Magari potremmo dividerne una!” - blaterava - “Perchè tu sei come me... e non saranno la compassione, l'amore e quant'altro hai letto sui libri a salvarti... il caos... il caso è il destino ultimo...”

Mezzanotte. Lo sentirono entrambi, in lontananza. Il Joker si irrigidì, cercando il telecomando. Si voltò, lo vide in mano a Batman. E, un istante dopo, lo vide lanciato nel vuoto.

“Niente fuochi d'artificio. Che cosa volevi dimostrare? Che in fondo sono tutti mostruosi come te? Sei l'unico.” - lo afferrò, tirandolo in piedi. Sentiva la polizia salire veloce le scale, inarrestabile - “Guardati attorno. Questa città ti ha appena dimostrato che ci sono ancora delle persone pronte a credere nel bene.

“Finché non perderanno completamente le speranze!” - sussurrò il Joker. Poi si interruppe e Batman lesse sorpresa nei suoi occhi... un'inspiegabile e gioiosa sorpresa. E il Joker gli accarezzò il viso, divertito, aumentando l'orrore - “Tu piangi, amico mio... piangi e non lo sai.”

Aprì la mano, mostrandogli i polpastrelli.

“Piangi, mio compassionevole pipistrello...” - sussurrò, ancora, senza smettere di guardarlo - “Perchè adesso so... io ti ho in pugno. Ora... e per sempre...”

La polizia irruppe. Batman lo lasciò andare e incespicò, con un singolo passo indietro.

Il Joker rideva, rideva mentre lo bloccavano, mentre gli mettevano le manette.

Solo una volta smise... smise per divenire serio, per guardarlo ancora in viso... e fargli paura.

La follia, come sai...” - sibilò, con estrema gentilezza - “... è come la gravità: basta solo una piccola spinta.”

***

Pepper alzò gli occhi, osservando lo spettacolo sopra di lei. Obadiah aveva appena lanciato qualcosa... un elmo?

Il reattore scattò, sovraccaricandosi.

“Tony, lascia il terrazzo, vattene!” - si sorprese a gridare.

Nulla, vedeva ancora il rosso, tra i proiettili.

Vedeva Tony appeso all'intelaiatura.

“Premi il pulsante, premilo, premilo, premilo!” - lo sentì urlare.

Fidati... di me... E Pepper premette, lasciando che, sopra di lei, l'energia divenisse luce e colonna nel pieno della notte.

***

Non attese di vederlo trascinato via. Saltò soltanto, sparendo nel buio, spalancando le ali.

Virò, seguendo il vento e atterrò su uno dei grattacieli circostanti. Le gambe gli cedettero, in una forma di debolezza improvvisa. Batté a terra, con le ginocchia, la schiena, le mani... rotolò, fino a fermarsi contro un muro. E lì, si rannicchiò, coprendo la testa con entrambe le braccia, in un attimo di disperazione.

Aveva preso Joker... aveva … perso?

Aveva davvero perso?

Sopra la sua testa, sopra le tempie che sentiva esplodere, il bracciale che aveva al polso emise un sibilo. Il suono peggiore che Bruce avesse mai sentito.

***

Un impulso, due... spento.

Ancora uno. Un ultimo tentativo.

Spento.

La voce di Jarvis si distorse. Scomparve, in lontananza.

Assieme, svanì la percezione del suo corpo.

E, in ultimo, quel cervello su cui aveva contato tutta la vita, non gli trasmise più nulla.

Nemmeno il freddo. Nemmeno il ricordo del suo nome.

The sun goes up the sun goes down

I drag myself into the town

All I do I an to do with you

(The servant - Cells)

Il sole sorge e il sole tramonta, Mi trascino in città Tutto ciò che faccio, vorrei farlo con te

(5 Luglio 2013)

  
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