CAPITOLO
I
Il
sole toccava con leggerezza il suo viso e il vento faceva danzare i suoi
capelli mentre il libro che teneva tra le mani si faceva sempre più
interessante. Nico Robin era completamente assorta da quelle pagine e da ciò
che le stavano rivelando per accorgersi di quello che le accadeva attorno.
Dalla cucina della Sunny arrivava una fragranza dolce
e delicata, un chiaro indizio dell’operato di Sanji
ai fornelli, che per un attimo riuscì a sovrastare l’odore salmastro del mare
che, calmo e placido, permetteva alla loro nave di navigare senza alcun
problema. Il verso di qualche gabbiano che volava verso la terra ferma, oltre
al rumore delle onde che si infrangevano sullo scavo della nave, fu l’unica
cosa che per un pezzo riempì le sue orecchie. Sorseggiò la limonata che teneva
sul tavolino accanto a sé e riprese a leggere con interesse avvolta da quella
serenità che tanto le era gradita. Serenità che, ne era consapevole lei stessa,
non ha mai vita facile quando si tratta della ciurma di cappello di paglia. La
porta della cucina, infatti, si aprì improvvisamente con un botto e con la
bocca e le mani piene di pasticcini corsero fuori Rubber,
Chopper e Usop inseguiti da un Sanji
infuriato per il furto di cui i tre si erano macchiati.
“FUORI
DALLA MIA CUCINAAAA!!!” gridò Sanji lanciando un
coltello verso Rubber che tra una risata e l’altra
era riuscito a evitare il colpo.
“Ono uonissimi, Anji” disse il capitano della nave al suo cuoco con la
bocca piena di quello che era il suo bottino.
Questo
fece infuriare ancora di più Sanji che continuò a
inseguire e a lanciare oggetti ai fuggitivi. Il più piccolo di questi, e forse
il più furbo, alzò i grandi occhioni alla ricerca di un’ancora di salvezza.
Finalmente la vide. Chopper corse verso Nico Robin, sicuro che Sanji non si sarebbe mai avvicinato a lui con quella furia
omicida se avesse cercato riparo tra le braccia della bella compagna di ciurma.
Così infatti fu. Nico Robin rise graziosamente di quella scena mentre gli altri
membri dell’equipaggio si raccoglievano sul ponte attratti dal fracasso causato
dai loro amici. Ci pensò Nami a sedare gli animi, a
spedire nuovamente Sanji in cucina e a far dono ai
tre furfanti di un bernoccolo ciascuno per quello che avevano fatto: non tanto
per aver rubato quelle leccornie destinate a tutta la ciurma, bensì per averla svegliata dal suo meritato riposino
pomeridiano. Nico Robin rise ancora affiancata da Franky
e Brook. Era davvero divertita da quello che niente
di più era se non un tipico pomeriggio a bordo della Sunny.
Decise però, in un fugace momento, di posare lo sguardo altrove, ben lontano da
Nami che sgridava Rubber e
i suoi due complici. I suoi occhi blu scuro giunsero fino all’altra estremità
della nave, dove se ne stava il membro più solitario di quella stramba e
straordinaria ciurma. Le parve strano, eppure non si sorprese di scoprire che
lui la stava guardando. Decise di sorridergli, inconsapevole della reazione che
avrebbe suscitato nell’abile spadaccino che, appunto colto dall’imbarazzo,
arrossì a volse lo sguardo altrove. Nico Robin vide Zoro allontanarsi
silenziosamente e sparire all’interno della nave. Non riuscendo a ignorare quella reazione, lei
lo seguì fino a che gli occhi glielo permisero e poi, non trovando più nulla di
interessante nelle lamentele di Rubber e complici, si rimise gli occhiali e
tornò al suo libro a cui, stranamente, non riuscì a dedicarsi completamente.
Zoro,
intanto, si era diretto nella sala che usava per allenarsi e non vi uscì se non
a notte fonda. Aveva mandato via il povero Usop
venuto a chiamarlo per la cena beccandosi un bel rimprovero per averlo
interrotto nei suoi complicati esercizi.
“Sei
davvero intrattabile, Zoro, più del solito aggiungerei” disse il giovane pirata
guardando l’amico con perplessità “non capisco che ti stia succedendo”. Zoro
gli sentì farfugliare l’ultima frase mentre Usoppe usciva offeso dalla sala e
rimasto solo si fermò d’un tratto. Mise giù i suoi pesi e con aria grave guardò
un punto impreciso della sala. L’allenamento di quel giorno, esattamente come
quello degli ultimi giorni, non sembrava andare bene. Era come se qualcosa
occupasse costantemente i suoi pensieri e si ripercuotesse su quello che era
per lui l’ideale di spadaccino. Si diresse vicino la finestra dove un asciugamano
poggiava accanto a una bottiglia d’acqua. Prese l’asciugamano e guardò fuori
dove il cielo e l’orizzonte si erano tinti di un intenso color arancio e dove
sul ponte risaltavano due figure. Erano quelle di Nami e Nico Robin che
chiacchieravano poco distanti dalla prua e sotto lo sguardo di Zoro che,
temendo di poter essere nuovamente colto in flagrante, si affrettò ad
allontanarsi dalla finestra e a tornare ai suoi allenamenti.
Nei
giorni che seguirono, Zoro si fece più evasivo che mai. In quei giorni di
navigazione aveva evitato di trascorrere il suo tempo con il resto della ciurma
usando come scusa il volersi concentrare nel suo allenamento. Il povero Zoro
ignorava come questa sottile richiesta di privacy in realtà avesse ottenuto
l’effetto opposto dai suoi compagni di avventura. Convinti infatti che egli
stesse mettendo appunto una nuova tecnica, Rubber,
Chopper e Usop venivano sorpresi più volte a spiare
furtivi i suoi progressi e cacciati dal burbero spadaccino che chiedeva solo un
po’ di solitudine per potersi concentrare. Una di queste volte, però, Zoro
perse la pazienza. Sentito l’ennesimo rumore di passi fuori dalla porta prese
in mano una delle sue spade, deciso a far passare una volta per tutte a quei
tre impiccioni la voglia di infastidirlo. Li avrebbe fatti spaventare a dovere
e qualche graffio avrebbe sicuramente fatto da monito per il futuro. In uno
scatto aprì la porta e come un lampo puntò la lama alla prima gola che si trovò
davanti, sbiancando non appena si accorse che la gola contro cui la sua spada
puntava aggressiva la lama non apparteneva a nessuno di quei tre buoni a nulla.
Nico Robin era riuscita ad arretrare in tempo e con le spalle al muro se ne
stava ferma e impassibile mentre Zoro continuava a tenere salda la spada verso
la sua gola. Sconcertato e mortificato, Zoro non riuscì a muovere un muscolo
sotto lo sguardo penetrante di Nico Robin come se ne fosse stato rapito. Era
questo forse che l’aveva sempre colpito di quella donna, pensò: Nico Robin era
forte, fredda e affascinante come la lama di una spada. Ritirò la spada e
cercando di nascondere come meglio poteva quello che pensava, si affrettò a
dare una giustificazione per le sue
azioni.
“Credevo
fossi uno tra Rubber e gli altri, sono giorni che non mi lasciano in pace, scusami”
Nico
Robin se ne stava immobile sotto la luce del crepuscolo che filtrava tra le
poche finestre di quella parte della nave “è ora di cena, la fame vince sulla
loro curiosità. Se dedicassi meno tempo ai tuoi allenamenti te ne saresti
accorto”
Zoro
le diede le spalle, odiava essere ripreso dagli altri per le sue decisioni e
voleva decisamente che quella conversazione finisse “cosa sei venuta a fare?”
“Volevo
vederti. Sono giorni che ci eviti tutti” fece una pausa “che eviti me”
La
risposta di Nico Robin fu semplice ma così penetrante che lasciò Zoro quasi pietrificato. Dopo alcuni secondi
si volse, ma di lei non vi era più traccia nel corridoio. In quel momento Zoro
si rese conto di quale fosse il vero problema. Chiuse la porta, urtato da
quello che era accaduto, e ben deciso a lasciare fuori tutti i suoi pensieri
per potersi concentrare sull’unica cosa per cui valeva veramente la pena
preoccuparsi: diventare lo spadaccino più forte del mondo. Eppure Zoro si sarebbe presto accorto che
esistono guerre che la spada non è in grado di combattere e che per quanto ci
si possa allenare, in realtà non si è mai realmente pronti per l’Amore.