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Autore: Aniel_    05/11/2013    6 recensioni
Dean è un giornalista di New York, autore di una rubrica che colpisce categoricamente gli stereotipi femminili. Quando l'ispirazione viene a mancare, decide di spostare i propri interessi in una cittadina del Kansas in cui, un ragazzo di nome Castiel Novak, viene conosciuto - e ricordato- come lo sposo che scappa...
AU!RunawayBride (Se scappi ti sposo, film del 1999)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Fandom: Supernatural
Pairing/Personaggi: Dean/Castiel, OT (Owen, a volte ritorna!), Sam Winchester, Bobby Singer, Anna Milton, Balthazar, Zaccaria, e vari
Rating: SAFE
Genere: introspettivo, sentimentale, commedia
Warning: slash, movie!AU

Betavampiredrug 
Words: 3939 (fiumidiparole)
Summary
Dean è un giornalista di New York, autore di una rubrica che colpisce categoricamente gli stereotipi femminili. Quando l'ispirazione viene a mancare, decide di spostare i propri interessi in una cittadina del Kansas in cui, un ragazzo di nome Castiel Novak, viene conosciuto - e ricordato- come lo sposo che scappa.
Dedica: alla mia unitata betosa che sta lavorando come non mai in questi giorni ♥
Disclaimer: nessun personaggio mi appartiene, naturalmente non mi appartiene nemmeno il film. Tristezza.

Ready to Run
Seconda Parte

 
Dean non aveva mai pensato a se stesso come un rompicoglioni di proporzioni bibliche, davvero, ma ormai che era stato gettato - contro la sua volontà, tra l'altro- nella pista, tanto valeva ballare.
Così, con un dolce comprato in pasticceria e i capelli di un colore che non lo facevano più sembrare un broccolo, invase letteralmente casa Novak, venendo accolto da un uomo stempiato che, non appena capì le sue intenzioni, lo fece entrare senza alcun problema.
A Dean sembrava quasi felice all'idea di poter spiattellare le disavventure di Castiel sul primo giornale.
Si chiamava Zaccaria e, per quello che gli era parso di capire, era lo zio di Castiel. I genitori del ragazzo erano morti una decina d'anni prima e, da allora, tra un matrimonio fallito e un altro, aveva vissuto con lo zio e con la nonna.
La nonnina in questione li raggiunse dopo una manciata di minuti, rientrando con un'acconciatura anni '30, presentandosi a Dean come se lo vedesse in quel momento per la prima volta.
Il giornalista, ovviamente, ebbe il buon gusto di non aggiungere altro.
La casa di Castiel era estremamente carina, piena di oggetti particolari o fatti a mano, lampade riciclate un po' ovunque che brillavano dando l'impressione che il sole lì non tramontasse mai.
Era piacevole.
Gli occhi di Dean indugiarono su una vecchia foto adagiata su uno scaffale del salotto: un piccolo Castiel con un cappello da cowboy spegneva le candeline sulla torta di compleanno mentre teneva stretta la mano della mamma.
Chissà se ne sentiva la mancanza. Nessuno meglio di Dean avrebbe potuto capirlo.
Attraversato da un moto di tenerezza quasi non si accorse del rumore all'ingresso e della voce squillante e vittoriosa di Castiel.
«Indovinate un po' chi è arrivato oggi con la coda tra le gambe? Quell'idiota, montato e assurdam-» si bloccò, vedendo l'uomo in questione appostato in un angolo.
«Ciao tesoro, finalmente sei a casa.» replicò Dean, sorridendo sornione.
L'altro parve sbiancare, guardando prima i propri parenti, poi il giornalista e poi la casa, come se non riuscisse a crederci. Eliminò passo dopo passo la distanza che li separava e, in tutto ciò, Dean non poté fare a meno di ghignare, divertito.
Castiel si fermò appena a pochi centimetri da lui, così vicino che i loro nasi avrebbero potuto sfiorarsi con il minimo movimento. «Che diavolo ci fai qui?» domandò in un sussurro, a denti stretti.
«Oh, sto ascoltando delle splendide storie di un bambino con gli occhioni blu. Sono entusiasmanti.»
«Non hai nessun diritto di stare qui.» ringhiò il padrone di casa.
Dean inclinò il capo, guardandolo attraverso le lunghe ciglia bionde. «Sono stato invitato ad entrare.»
«Certo, Eric Northman, trovato qualcosa di interessante?»
«In un certo senso.» replicò il giornalista, guardando oltre le spalle di Castiel e squadrando un uomo abbastanza alto, dai capelli e occhi castani, abbronzato e con un fisico allenato.
Non era un venditore di interni, su questo Dean non aveva alcun dubbio.
«Ehm ehm» sì schiarì la voce quest'ultimo, richiamando l'attenzione di Castiel che fece un balzo indietro, come scottato.
«Owen! Tesoro... non pensavo che-» balbettò, a disagio. «Non pensavo che saresti tornato così presto.»
Owen accennò quello che per Castiel doveva essere un sorriso e, contemporaneamente, un ghigno malefico per Dean. Il giornalista non riuscì a trattenersi dal voltarsi dall'altra parte e scoppiare a ridere.
«Non avevo molto da fare.» spiegò, «la squadra non vuole mettermi pressioni prima delle nozze e mi hanno assicurato che possono cavarsela anche da soli.»
Dean si voltò nuovamente, con la migliore faccia da schiaffi che riuscisse ad ostentare. «E cosa fai di preciso, Owen
Owen lo squadrò dalla testa ai piedi, come se Dean fosse una succulenta bistecca o giù di lì. «Non ho il piacere di conoscerti.»
«Dean. Dean Winchester.»
«Il giornalista.» sputò con astio.
Castiel si interpose tra i due, dando le spalle a Dean e cercando di mitigare la situazione. «Dean se ne stava andando.»
«E perché è qui?»
Il giornalista si sporse, poggiando il mento su una spalla di Castiel. «Ricerca. Sai sto raccogliendo informazioni... per la scienza.» replicò, beccandosi una gomitata in pieno stomaco da parte del padrone di casa.
«Sei qui perché credi che Cas scapperà, non è così? Beh, mi dispiace ma rimarrai molto deluso.»
«È la seconda volta che mi viene detto ma credo che correrò molto volentieri il rischio.»
«Okay, sei invitato al matrimonio allora.»
Castiel strabuzzò gli occhi e indietreggiò, cozzando contro Dean. «No! Cosa... no! No, assolutamente no.»
Dean ghignò. «Verrò volentieri.»
«No!» ripeté Castiel, voltandosi verso di lui e puntandolo con l'indice. «Tu non verrai al mio matrimonio, fine della storia.»
«Tesoro» lo tranquillizzò Owen, prendendogli la mano, «perché no? Tutto quello che vedrà saremo tu ed io con un anello al dito.»
«Sì, Castiel.» aggiunse Dean, gongolando allegro. «Se sei talmente sicuro del tuo epic love… che cosa avresti da perdere?»
Castiel sembrava davvero sul punto di avere una crisi nervosa ma prese un bel respiro, ad occhi chiusi, e cercò la mano di Owen. «Sto focalizzando.» sussurrò, concentrato.
«Bravo, Cassy, così. Focalizza.» lo incitò Owen.
Dean inclinò il capo e guardò prima l’uno e poi l’altro, confuso. «Che- uhm… che diavolo sta facendo?»
«Mi sto concentrando sulle cose positive della mia vita. Questo mi aiuta a raggiungere un equilibrio interiore e la pace dei sensi.» spiegò Castiel, aprendo nuovamente gli occhi.
«È una cosa che faccio spesso con la mia squadra, e-» tentò di puntualizzare Owen, ma quando gli squillò il telefono fu costretto ad allontanarsi.
Dean cercò di nascondere un ghigno che presto sarebbe sfociato in una risata incontrollata e annuì, coprendosi le labbra con una mano.
«Lo trovi divertente?» domandò l’altro ragazzo, piccato.
«Oh no, Cas, no. Anche io sto focalizzando.»
«Non riusciresti a focalizzare nemmeno provandoci, Winchester. Sei circondato da energia negativa… anzi, credo che sia tu ad emetterla. Sei il male puro.»
«Addirittura? E senti, figlio dei fiori, ora mi dirai che la mia aura è verde di invidia?» lo canzonò, accorciando le distanze.
Aveva notato che la cosa metteva Castiel a disagio.
Castiel sorrise e non si lasciò intimidire. «No, non vedo le aure. Se ti può consolare, però, sto focalizzando la tua faccia quando vedrai me e Owen ballare felici al ricevimento subito dopo il matrimonio. E ora, è meglio che tu vada.»
Il giornalista alzò le mani in segno di resa e si diresse lentamente verso l’uscita. «Ci vediamo in giro, Castiel.» lo salutò, con un cenno della mano.
L’altro lo ignorò e Dean si fece strada da solo, uscendo nel vialetto di casa, prima di essere fermato da un affannato Zaccaria. «Ho alcune cose che potrebbero interessarti.» gli disse, porgendogli una busta di plastica con tre videocassette dentro. «Sono i filmini dei matrimoni. Ne ho fatte diverse copie…»
Dean le accettò di buon grado. «Avevo proprio bisogno di un bel film, la ringrazio.»
Ed effettivamente, una volta rientrato in albergo, iniziò a visionarle con carta e penna alla mano. Il primo matrimonio sembrava essere uscito da un pessimo video musicale degli anni ’80: addobbi floreali ovunque, una band capellona su un piccolo palco e – andiamo, era davvero un tappeto elastico quello? Seriamente? – Castiel che, a petto nudo, si faceva largo tra la folla, con i capelli più lunghi che Dean avesse mai visto in vita propria su di un uomo, e un grande tatuaggio sulle scapole.
Un paio di ali.
Se non altro lo hanno aiutato a volarsene via in fretta, osservò il giornalista, ridacchiando, mentre Castiel sgranava gli occhi e iniziava a indietreggiare e lo sposo numero uno – Inias, gli era sembrato di sentire – anch’egli a petto nudo e con lo stesso tatuaggio, gridava qualcosa come “Baby, torna qui. Il Dio del rock ci unirà finché morte non ci separi!”
Di certo il Dio del rock non aveva fermato Castiel dal rubare una motocicletta e scappare via.
Il secondo matrimonio era stato il consacramento del passaggio dall’età rock a quella matura, lo si notava dalla sobrietà degli addobbi nel giardino di casa Novak. Castiel, vestito di tutto punto, varcava il giardino dirigendosi verso un omino più basso di lui e con la faccia da schiaffi che gli fece l’occhiolino quando lo sposo gli si avvicinò, lentamente. Ma Castiel, contro le aspettative di tutti, lo superò come se niente fosse, rientrando dalla porta sul retro di casa.
Il rombo del motore di una macchina segnò anche la fuga di quel matrimonio.
Il terzo matrimonio era stato spaventosamente pacchiano e sfarzoso, forse lo sarebbe stato di più solo se Castiel si fosse deciso ad indossare un abito fatto di diamanti.
Il viso felice di Virgil – ben diverso da quello che Dean aveva visto al bar qualche giorno prima – sorrise guardando la telecamera mentre Castiel faceva il suo ingresso trionfale. A cavallo.
Seriamente, a cavallo.
Castiel cavalcava un cavallo.
Dean mise in pausa e afferrò il telefono, digitando il numero di Sam. «Sammy, credo che mi piacerà tanto stare qui.»
«Scoperto qualcosa di interessante?»
Il giornalista premette play e si leccò le labbra quando Castiel prese le redini e cavalcò lontano, con i presenti che, sconsolati, dicevano qualcosa come “Oddio, di nuovo no.”
«Scapperà talmente in fretta che potrò scrivere l’articolo il giorno prima e mandarlo in stampa giusto in tempo.»
Certo, la pazienza non era una vera e propria virtù di Dean Winchester, ma si sarebbe adeguato. La vendetta, dopotutto, è un piatto che va servito freddo.
Il giornalista si addormentò con le fughe di Castiel in sottofondo, felice come un bambino la mattina di Natale.
 
Il giorno seguente Castiel si alzò presto, fresco e pimpante, approfittando del silenzio mattutino per dedicarsi al proprio lavoro e alle ultime modifiche per il matrimonio.
Attento a non svegliare la nonna, si chiuse la porta di casa alle spalle e raggiunse il bar. Balthazar gli offrì subito un caffè caldo e il giornale del giorno.
«Dormito bene?» domandò l’amico, poggiando i gomiti sul bancone.
«Divinamente. Sono molto rilassato, credo che sarà un’ottima settimana!» replicò Castiel, felice, bevendo un lungo sorso di caffè.
Balth chinò lo sguardo, imbarazzato, cosa che all’altro non sfuggì minimamente.
«Cosa?»
Balthazar scrollò le spalle. «Cosa?»
«No, tu! Cosa? Cosa c’è?»
«Niente, è solo che…»
«Sì?»
L’amico sospirò. «Il tuo amico, Dean Winchester. Sta ficcanasando in giro, sta chiedendo nomi, cerca informazioni. Devi tenerlo d’occhio, potrebbe diventare un tormento.»
Castiel sorrise, tronfio. «So benissimo come gestire un idiota che non ha mai avuto uno straccio di vita sentimentale. È un invidioso e meschino omuncolo.»
«Beh, il tuo invidioso e meschino omuncolo è andato in pasticceria stamattina.»
«Impressionante, Balth. Vorrà forse drogarmi con lo zucchero?» scherzò Castiel, non cogliendo il nesso.
«Tu sai chi lavora lì, vero Cas? Perché non credo che il nostro amico voglia comprarti una torta!»
Il sorriso sul viso di Castiel si raggelò poco a poco, fino a sparire del tutto. Quel figlio di puttana astuto!
Lasciò Balthazar con la bocca semiaperta e iniziò a correre per la strada, fino a trovarsi – sudato e affannato – di fronte alla pasticceria della città. Quando entrò, il campanello dell’entrata tintinnò, e un uomo fece capolino dal laboratorio, sorridente.
«Noi due dobbiamo parlare.» ringhiò Castiel, raggiungendo l’altro. «Stamattina è passato di qua un uomo alto, con le lentiggini, la faccia da idiota.»
«Oh sì. Voleva una torta di mele.» replicò il pasticcere, annuendo.
«Una torta di mele?»
«E cannella.» puntualizzò.
«Okay, non voleva altro? Non ti ha parlato o chiesto, che so… di me?»
L’altro si voltò, ignorandolo. «Forse mi ha accennato qualcosa, niente di importante, caro.»
«No, Gabe, non chiamarmi “caro”. Non è poi passato tanto tempo da quando mi chiamavi “stallone” infilandomi la lingua in bocca! Quel tizio sta cercando di rovinarmi la vita, quindi devo sapere che cosa esattamente voleva da te.» sbottò, infastidito.
«La tua colazione.» sospirò Gabriel, incrociando le braccia.
«Prego?»
«Sì, cosa ti piace mangiare per colazione.»
Castiel, preso in contropiede, arrossì. «Questo sì che è strano.» ammise.
Gabriel fece spallucce. «Lo è.»
«E poi figuriamoci se riesci a ricordare la mia colaz-»
«Pancake con sciroppo d’acero, i tuoi preferiti.» mormorò l’altro, chinando lo sguardo.
Castiel aprì le labbra e le richiuse subito dopo. «Scusa se ti ho urlato contro, non volevo Gabe. La… uhm… torta? Come va?» domandò, desideroso di cambiare discorso.
«Ci sto lavorando, sarà pronta per domenica, non preoccuparti.»
Il ragazzo annuì e indicò l’uscita, imbarazzato a morte. «Allora io vado, okay?»
Gabriel annuì e tornò nel laboratorio a lavorare, lasciando Castiel ad elaborare le informazioni: di certo non era un caso che Dean avesse scovato Gabriel, quindi sapeva benissimo dove trovare anche gli altri.
Doveva solo batterlo sul tempo e raggiungere Inias prima di lui. Poteva farcela.
Non avrebbe permesso a quell’idiota di rovinare la sua settimana!
Così, con la maglia zuppa di sudore, iniziò nuovamente a correre maledicendo il fatto di aver portato la macchina dal meccanico giusto il giorno prima… e il meccanico in questione era lo stesso Inias. Poteva essere più sfortunato di così?
Apparentemente sì dato che, quando arrivò, Inias stava lavorando tranquillamente e, non appena lo vide, gli sorrise apertamente.
Forse Dean non era ancora arrivato.
«Ehi Cas, sei qui per la macchina? Non è ancora pronta.» lo salutò, pulendosi le mani sporche di grasso con un panno.
«No, sono qui per… sai, non importa!» tagliò corto, riprendendo fiato. «Posso chiederti solo un favore? Nel caso dovesse passare un tipo alto, ben piazzato, con due fanali verdi al posto degli occhi che inizia a farti domande su di me… tu ignoralo, okay?»
Una risatina sommessa – che Castiel ormai conosceva troppo bene – risuonò nella piccola officina e Dean Winchester fece capolino da sotto una macchina, con una canotta bianca sporca di grasso e la salopette di jeans che gli ricadeva sui fianchi.
Come facesse a stare in piedi, per Castiel era un mistero.
Cercò di non concentrarsi su quel pezzo di stoffa pericolosamente sul punto di ammucchiarsi alle caviglie da un momento all’altro e guardò Inias, in cerca di spiegazioni.
Il meccanico scrollò le spalle e affiancò Dean che, nel frattempo, si era alzato per stiracchiarsi.
«Che cosa ci fai qui?» ringhiò Castiel, incrociando le braccia.
«Lavoro. Part-time. Da quando mi hai fatto licenziare non ho più di che vivere.» si lamentò, melodrammatico.
«Oh ma non farmi ridere. Il tuo materasso sarà pieno di centoni e vuoi farmi credere che ti serve un lavoro part-time per andare avanti?»
Dean inclinò il capo, studiandolo. «La cosa ti crea dei problemi?»
«Tu.» puntualizzò, avvicinandosi e colpendolo con l’indice della mano destra. «Tu mi crei dei problemi. E poi andiamo, il meccanico? Non sei nemmeno in grado di cambiare una lampadina, figuriamoci se sei capace di-»
«A dire il vero, Cas, Dean è stato di grande aiuto. Dice di aver imparato tutto da suo padre.» si inserì Inias.
Il sorrisetto che incurvò le labbra del giornalista indispose Castiel ancora di più.
«D’accordo. Bene! Sai riparare le macchine. Ma non puoi farmi credere che casualmente hai trovato un lavoro qui! Da lui!» sbottò.
Dean si passò una mano sulle labbra e afferrò una fotografia nascosta in una delle tasche del jeans. «Sai, Inias mi ha mostrato questa. Tralasciando le treccine che, devo ammetterlo Cas, non ti donano per niente, mi ha incuriosito molto questo bellissimo tatuaggio.» iniziò Dean, «Dimmi, ti prego, cosa simboleggia?»
«Io e Cas dovevamo partire per i Corpi di Pace, ma poi abbiamo preso strade diverse.» rispose Inias, annuendo.
«Capisco. Però ho notato una cosa… uhm… bizzarra. Ho visto altre fotografie ma non sono riuscito a vedere questo fantastico tatuaggio e mi piacerebbe molto ammirarlo dal vivo. Diciamo adesso.»
Castiel sapeva dove l’altro voleva andare a parare. Era lì da quanto? Cinque minuti? Come faceva a sapere così tanto di lui e del suo non-tatuaggio?
«Non ho alcuna intenzione di spogliarmi davanti a te, anche se so che ti piacerebbe.» replicò Castiel, infastidito.
«Dean sostiene che te lo sei fatto togliere, ma gli ho detto che non è possibile.» commentò Inias, intromettendosi nella discussione.
«Sai Inias? Rilancio: secondo me non è mai stato vero! Sicuramente era uno di quei tatuaggi fatti in spiaggia per un dollaro!»
«Questo non è affatto vero!» sbottò Castiel, allarmato.
«Allora provalo. Togliti la maglietta e facci vedere. Anche Inias è curioso quanto me, giusto amico?» domandò in direzione dell’altro, che guardò Castiel, confuso.
Preso in contropiede, Castiel si arrese e si sfilò la maglia, mostrando un gran bel… niente.
«Cas, ma- come?» domandò Inias, con la voce sottile.
«Ini, mi dispiace. Eravamo a un concerto e… dai, era solo- solo una fase!» tentò di scusarsi, ma l’altro abbasso lo sguardo, triste, e si sfilò la maglietta, mostrando un grande paio di ali bianche sulle scapole.
«Come hai potuto mentirmi?»
Castiel aprì le labbra e balbettò scuse sconnesse, distratto dalla risata soffocata di Dean.
Aveva voglia di ucciderlo.
Lento e brutale.
Quel gran figlio di puttana.
«Senti, ho un brutto, anzi pessimo rapporto con qualsivoglia strumento appuntito, compresi gli aghi e…»
Inias singhiozzò, interrompendolo. «Ma Cas… noi non dovevamo salvare il mondo insieme?»
«Sì Cas, non dovevate spiccare il volo e salvare il mondo insieme?» rimarcò Dean, imitando la voce piagnucolosa di Inias che, con una scusa, si era allontanato.
«Sei un vile, Dean Winchester!» ringhiò, cercando di impedire a se stesso di colpirlo con la spranga di ferro che aveva adocchiato da qualche minuto.
«Vile io? Non sono stato io ad aver mentito e spezzato il cuore ad un povero e innocente ragazzo. Cos’hai da dire a tua discolpa?»
«Questa non te la faccio passare liscia.»
Dean inarcò un sopracciglio. «Sai, nessuno usa più espressioni come “non te la faccio passare liscia”. Cosa sei, un gangster? Cosa mi dirai adesso, che questa città non è abbastanza grande per tutti e due?»
Castiel aprì le labbra e le richiuse: era esattamente quello che stava pensando.
Non era di certo colpa sua se tutto quello che riusciva a scovare sulla tv via cavo dal segnale pessimo da quelle parti erano vecchi film dalle strane colonne sonore e da tipi dal grilletto facile.
«E poi, caro Castiel, non hai nulla di meglio da fare che parlare con me? Non hai un fantastico e indimenticabile matrimonio da organizzare?»
«Hai detto bene, Winchester: fantastico e indimenticabile.» rimarcò Castiel, ormai sull’orlo di una crisi di nervi.
Dean si avvicinò a lui lentamente, fino a quando Castiel non riuscì a sentire distintamente il respiro del giornalista infrangersi contro il suo orecchio. Deglutì, a disagio.
Sapeva di dover indietreggiare ma qualcosa lo teneva incollato lì, come un perfetto idiota, alla mercé di un altro perfetto idiota.
Il giornalista rise, basso e suadente, portandogli via l’aria dai polmoni. «Sarà fantastico perché riotterrò il mio lavoro. E indimenticabile perché… beh… il quarto fiasco non si scorda mai, non è vero?» sussurrò, e Castiel venne catapultato nuovamente sulla terra.
Dean Winchester era il suo nemico mortale e non avrebbe permesso a nulla – nemmeno ai propri ormoni chiaramente impazziti – di mettersi in mezzo.
Lo avrebbe distrutto, esattamente come l’altro aveva intenzione di fare.
Indietreggiò, quel tanto che bastava da guardarlo negli occhi. «Sai, Winchester, quando un uomo con una lingua biforcuta come la tua incontra un uomo che sta per sposarsi, l’uomo con la lingua biforcuta è sempre un uomo morto.» ringhiò prima di fare dietrofront e uscire dall’officina.
Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederlo vacillare, di mostrarsi indeciso. Era Castiel Novak e se Dean voleva il gioco sporco, chi era lui per opporsi?
 
Tuttavia ogni piano di vendetta sembrò sfumare nei giorni successivi. Castiel si rintanò nella parrucchieria di Anna dopo l’orario di chiusura, sperando di fare il punto della situazione insieme ai propri amici e trovare una soluzione, magari.
«Cas, posso darti un consiglio spassionato? Smettila di avvilirti!» esordì Anna, porgendogli una tazza di tè. «Sono le undici, dovresti essere a casa e riposare.»
«Non posso tornare a casa, Anna. Sono abbastanza certo che lui sia lì, con nuove informazioni, sorrisi languidi, frecciatine…»
Balth quasi si strozzò con il proprio tè. «Sorrisi languidi?»
«Mi perseguita. Quell’uomo mi perseguita! È lì mentre faccio il bucato, è lì quando apro il negozio, e lì mentre vado a trovare Owen. Come diavolo fa ad essere ovunque?» domandò Castiel, esasperato. «Odio il suo atteggiamento, il suo essere tronfio, il suo volermi mettere in imbarazzo con tutti quei sospiri, e labbra, e lentiggini e…» si bloccò, studiando l’espressione dei suoi amici che, con occhi spalancati, non lo stavano davvero guardando.
Castiel si schiaffò una mano sul viso. «Oddio, è dietro di me, vero?»
Balthazar prese un bel respiro e gli si fece più vicino, posandogli una mano sulla spalla. «Cas, non dirmi che ti sei preso una cotta per Dean Winchester…»
Stavolta fu Castiel a strozzarsi. «Cosa? Ma che diavolo stai dicendo!» replicò, tossendo.
«Cas, devi sposarti! Per davvero, questa volta!» gli ricordò Anna.
Certo che doveva sposarsi.
Voleva. Voleva sposarsi.
E non si era preso alcuna cotta, tra l’altro. Lo trovava attraente, questo sì, ma non si poteva parlare di cotta, né di simpatia, né di qualsiasi altra cosa che presupponesse un minimo contatto tra sé e Dean Winchester.
«Ragazzi, non mi interessa affatto Dean Winchester, ve lo posso assicurare. Amo Owen e vivremo una lunga e felice vita insieme. So di non aver parlato molto di lui ultimamente, ma Dean mi sta letteralmente facendo impazzire. Vuole rovinarmi e sa come fare perché mi conosce… mentre io non posso rovinare lui perché non so un ben niente di quello che lo riguarda!»
E poi una lampadina si accese e i suoi occhi si illuminarono.
Come aveva fatto a non arrivarci prima?
«Non mi piace quello sguardo.» commentò Anna, allarmata. «Cas qualsiasi cosa tu stia pensando di fare… non farla.»
«Balth, hai detto che Dean si trattiene nel tuo bar fino a mezzanotte di solito, vero?»
Balthazar annuì, perplesso.
«Quindi ho un’ora di tempo a disposizione per sgattaiolare al motel, farmi dare le chiavi della sua stanza da Mike e raccogliere informazioni su di lui!» realizzò, esaltato.
«Non credo sia una buona idea…»
«No, è un’ottima idea. Se voglio sconfiggerlo, devo prima di tutto conoscerlo!»
Anna fece per ribattere ma Castiel lasciò perdere tutto, posò la propria tazza, e si diresse verso il motel, non troppo lontano.
Procurarsi le chiavi fu facile, comprarsi il silenzio di Mike una passeggiata.
Entrò in camera e iniziò a guardarsi intorno: era tutto raccapricciante, gli sembrava di trovarsi nel covo di un serial killer che lo aveva puntato… o di una maestra che preparava la lezione per il giorno dopo.
Foglietti, post-it, promemoria sparsi un po’ ovunque, tutti dedicati a lui.
Ne osservò una manciata, ammucchiati sulla piccola scrivania. «Egomaniaco.» lesse, aggrottando la fronte. «Non sono affatto egomaniaco! Vorrebbe insinuare che mi preoccupo solo di quello che mi riguarda e… Insicuro. Insicuro io? Narcisista. No, questo è davvero troppo!» si infuriò, strappandone alcuni, e intercettando un piccolo diario sotto la lampada.
Lo aprì e lesse la prima pagina.
Giorno 1,
C. presenta chiari disturbi di egomania, egocentrismo e disturbo della rabbia…
«Non hai capito proprio niente di me, Winchester.» commentò, amareggiato.
Non era così, sapeva di non esserlo. E di certo non poteva permettergli di scrivere tali assurdità.
Non fece in tempo ad elaborare un piano che la porta cigolò e Dean fece il suo ingresso, cogliendolo in flagrante, e Castiel sapeva che non avrebbe potuto fare nulla per spiegare la sua presenza lì, che scappare ormai non era che da stupidi, ma lo fece ugualmente, catapultandosi letteralmente fuori dalle finestra.
«Siamo arrivati a questo, Castiel?» domandò Dean, colpito. «Fammi indovinare, Mike è uno dei tuoi tanti ammiratori?»
Castiel penzolò per un po’ fuori dalla finestra, indeciso se buttarsi o meno: non era molto alto ma preferiva evitare di rompersi qualcosa.
«È stata una lettura interessante, Dean. Dico sul serio.»
«Cristo Cas, se ti ammazzi non potrò scrivere l’articolo che mi serve. Torna qui.» lo invitò Dean, sporgendosi dalla finestra e guardandolo dall’alto.
«Mai!»
«Vuoi restare lì tutta la notte? Non è un problema per me, te lo assicuro. Ma cosa mi dici delle malelingue? Sei in una camera di motel con il sottoscritto. Non molto rispettabile.»
«Come puoi notare, sono fuori dalla tua camera. E tu non hai capito un bel niente di me!» sbottò, trovando finalmente il coraggio di lasciarsi andare e toccando terra praticamente illeso.
Dean rise, salutandolo con un cenno. «Passa di nuovo a trovarmi quando vuoi, Castiel Novak!» disse, a voce abbastanza alta da farsi sentire dai passanti.
Castiel chinò lo sguardo, imbarazzato, e andò via.
Se voleva colpirlo, doveva usare un approccio diverso, anche se vendere la propria anima al demonio non era di certo nella top ten delle sue intenzioni settimanali.
A mali estremi, estremi rimedi.
Il ritorno verso casa fu il più lungo della sua vita.

 
   
 
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