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Autore: Fish_789    05/11/2013    2 recensioni
Santana era esausta. Aveva camminato per chilometri, concedendosi poche, accurate pause. Ma non c’era mai stato il tempo di riposarsi. Se si fosse fermata troppo a lungo in un luogo, il suo odore avrebbe attirato spiacevoli incontri: era sola, quasi disarmata e non aveva la più pallida idea di dove le sue gambe la stessero conducendo. Cambridge non è esattamente un posto adatto nel quale cercare rifugio, quando ci si trova in mezzo a un agglomerato di villette che si estendono per miglia e sei consapevole che uno di quei cosi, potrebbe assalirti da un momento all’altro. Uno zombie.
Genere: Azione, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Nuovo personaggio, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                            Capitolo 4
“Blaine, che diavolo fai?”

“Mangio?”

“Quello è il panino numero?”

Il ragazzo lo squadrò in modo accigliato sollevando il suo pranzo.

“Tre?”

“Ecco, lo sapevo.”

Puck si allungò sul bancone e glielo strappò dalle mani.

“Ma che fai?”

“Non puoi mangiare più di due sandwich, altrimenti non ce n’è più per gli altri.”

“Stai scherzando??Tu ne hai presi quattro!”

“Io sono più alto, più robusto e ne necessito.”

“Oh, non ci credo. Andiamo ridammelo.”


“Non ci penso nemmeno.”

“Noah, non sono in vena di litigare ok?”

Puckerman alzò un sopracciglio e lo squadrò con aria di insufficienza.

“Abbiamo la luna storta?”

Blaine soffiò scocciato e intrecciò le mani dietro la testa. Ormai si conoscevano così bene che ognuno di loro era capace di tradurre i gesti dell’altro con estrema facilità.

“Ma come fai ad essere così ottimista?”

“Scusa?”

“Intendo…andiamo, siamo senza cibo e non sappiamo dove andare.”

“Non ti seguo” mormorò Noah fingendosi pensierioso.

“Dobbiamo iniziare a far girare le rotelle del cervello…dobbiamo…dobbiamo organizzare un piano di fuga!”

Puck continuò a masticare il pane con fare concentrato. Appoggiò il bicchiere sul ripiano e sfoggiò un sorriso a trentadue denti.

“Sai che ti dico? Hai ragione.”

Blaine gli si avvicinò.

“Hai in mente qualcosa?”

Il ragazzo annuì in modo soddisfatto.

“Spara!” esclamò l’altro facendosi attento.

Noah fece aderire i palmi e piantò lo sguardo alle sue spalle, verso un punto indefinito.

“…vado a letto.”

Si alzò dallo sgabello, accartocciò il bicchiere e lo fece cadere nel cestino nell’angolo. Riservò un’ultima occhiata all’amico che lo fissava con la bocca aperta e il viso dipinto dallo stupore più totale, prima di voltarsi e dirigersi in camera.

Blaine digrignò i denti, afferrò ciò che rimaneva del suo panino abbandonato da Puck, lo gettò nell’immondizia in un gesto di stizza e si nascose tra le sue stesse braccia, cercando di soffocare quell’opprimente sensazione di smarrimento. Si passò le dita tra i riccioli, lasciando che la mente vagasse a cercare il ricordo di un solo paio di occhi, di un solo profumo, di una sola persona. Le gambe si mossero da sole, portandolo in salotto, dove l’odore acre di morto aleggiava nell’aria e il pavimento, spaccato in più punti, era macchiato di un rosso indelebile. Osservò le foto incorniciate appoggiate sul tavolino scheggiato. Prese in mano quella che raffigurava due bambini abbracciati stesi su un pavimento, ripassandone per l’ennesima volta tutti i particolari, anche se li sapeva a memoria. L’epidemia aveva distrutto ogni cosa. Si era portata via ciò che non le apparteneva, la vita, la gioia, la pace. Anche l’amore.

*******

Brittany era stanca, terribilmente spossata. Ma non le importava. Aveva la testa di Santana poggiata sulle gambe e lo sguardo perso sul quel viso dai tratti angelici. Ogni tanto staccava gli occhi dal libro e lo poggiava sulla ragazza. C’era un’ insolita tranquillità in casa. Molto inusuale. Solitamente sentiva le urla di Puck e Blaine scontrarsi in offese concitate.

“Hey studiosa.”

Abbassò il viso inciampando nel sorriso di Santana.

“Hey.”

“Che leggi?”

“Qualcosa di leggero, giusto per tenere la mente occupata.”

“Mmm.”

“Come ti senti?”

“Lo sai che da quando sono arrivata qui non hai fatto altro che chiedermi se sto bene?”


“Questo perché sembri avere un’attrazione naturale verso il pericolo.”

“Ti sbagli, è il pericolo che è attratto da me.”

Brittany piegò le labbra in una smorfia divertita.

“Veramente. Qualche sintomo particolare?”

“A parte un’emicrania continua e un terribile bruciore di stomaco?”

“Non mi ci raccapezzo più” mormorò la bionda sollevando lentamente il capo per far riposare il collo.

“Cioè?”

“Dovresti esserti trasformata. O dovresti essere morta. Invece sembri stare bene.”

“Meglio così.”

“Si, ma tutto ciò non ha un senso.”

“Forse il virus sta mutando.”

“Il virus sta impazzendo, ecco cosa.”

Santana sospirò socchiudendo gli occhi.

“Mi manca la mia famiglia. Mi mancano i miei fratelli. I pomeriggi d’estate passati a inzupparci d’acqua e quelli in inverno a fare battaglie a palle di neve fino a che non sentivamo più le mani e non riuscivamo più a parlare tanto ci battevano i denti. Le domeniche spese in campeggio coi miei genitori, gli abbracci di mio padre, le carezze di mia madre, le risate degli amici…mi mancano queste piccole cose.”

“Non sono piccole cose. Era la tua vita, come quella di tutti noi.”

“E ci è stata sottratta.”

Quell’ultima frase rimase sospesa nella stanza come il puzzo opprimente che si respirava dopo l’attacco alla casa.

“Non sono ancora riuscita ad abituarmi a svegliarmi in un altro mondo. In un altro modo. Hai presente quando apri gli occhi dopo un sonno ristoratore e ti sembra tutto ok, anche se percepisci che c’è qualcosa di sbagliato?” mormorò osservando l’altra.

Brittany annuì.

“Ecco. All’improvviso ti colpisce l’ondata di ricordi e torni coi piedi per terra. Rimani a fissare il soffitto perché non vuoi alzarti. Non avrebbe senso iniziare una giornata uguale alla precedente, identica a sua volta a tutte le altre.”

Santana si zittì.

“Però alla fine ti alzi. Lo fai perché speri che tutto ciò possa vedere una fine, un giorno.”

Gli occhi color pece si fissarono nei suoi.

“Un giorno si… ma quando?”

********

Matthew stava sfogliando un fumetto. Era uno dei tanti che aveva già letto e riletto centinaia di volte, ma la console si era definitivamente rotta e per quanto Puck fosse bravo ad aggiustarla e l’avesse fatto spesso, questa volta aveva alzato bandiera bianca. Gli piaceva colorare, costruire e sbizzarrirsi in tutti i modi possibili e immaginabili ma dato che era vietato uscire, i pennarelli si erano consumati cosi come i pastelli e le poche matite che gli rimanevano, non aveva più colla o scotch, era definitivamente arrivato al punto di iniziare a sbattere la testa contro il muro, giusto per avere qualcosa con cui tenersi occupato. Oltretutto i grandi da un paio di giorni tenevano costantemente il muso, il che lo deprimeva maggiormente. Vociferavano su una fuga, sparivano sempre in cantina e ne tornavano più depressi di prima, stavano attenti a tutto ciò che usavano e si rintanavano in camera per ore.
E come se non bastasse lui provava da un po’ di tempo una fitta fastidiosa ogni qual volta masticava a destra. Odiava il mal di denti.

“Britt!” chiamò a gran voce.

Una figura si affacciò.

“Matt, Brittany è in bagno. Hai bisogno?”

Il bambino si sollevò dal pavimento lasciando che il giornaletto si chiudesse. Si avvicinò con fare preoccupato a Santana.

“Mi fa male quando mangio, qui” farfugliò aprendo la bocca e indicandone un punto in fondo.

La ragazza si abbassò e avvicinò il viso assottigliando la vista.

“Così mi sembra di non vedere nulla. Però qua c’è poca luce, spostiamoci in cucina.”

Lo prese istintivamente per mano sentendo come la sua pelle morbida si scontrasse contro la propria, ruvida e irregolare, segnata da tagli e sbucciature. Lo fece sedere  sul ripiano di marmo del bancone e poggiandogli due dita sotto il mento, gli sollevò delicatamente il capo.

“Apri più che puoi.”

Matthew fece come gli era stato detto.

“Hai male sopra o sotto?”

“Fopra” balbettò.

Santana piegò la testa e controllò l’arcata superiore. A sinistra sembrava pulita, ma a destra si vedeva chiaramente una macchietta nera su un molare. Aggrottò la fronte.

“Ho calcosa?”

“Ecco…puoi chiudere la bocca…diciamo che dovremo fargli dare un’occhiata a Brittany.”

Il bambino sgranò gli occhi.

“Non ho qualcosa vero? Ti prego, se Britt vede che non mi sono lavato bene i denti come mi aveva detto di fare mi sgrida…”

“Fidati, è meglio una sgridata in questo caso.”

Santana picchiettò con gli indici sulla superficie levigata, continuando a guardarlo apprensivamente.

“Ma tu hai visto davvero mamma e papà?” domandò Matthew velocemente fissandosi i piedi.

Santana si bloccò. Ingoiò a vuoto e si inumidì le labbra.

“Eccomi peste, qual è il problema?”

Brittany si avvicinò loro, asciugandosi le mani umide sui pantaloni.

“Stai bene?” domandò all’amica, insolitamente pallida.

“S-si. Si, tutto a posto è Matt quello da controllare.”

La bionda le riservò una lunga occhiata inquisitrice, affatto convinta.

“Mi fa male qui.”

“Ok, fa vedere. Oh, no. No, no, no! Quante volte ti ho detto di lavarti bene i denti?”

“Ma io l’ho fatto!”

“Non mi raccontare balle Matthew, non è possibile che a sette anni ti debba stare dietro come fossi un neonato, se ti dico di fare una cosa è per il tuo bene, non perché mi piace stuzzicarti!”

“Ma…”

“Ma niente!” sbottò arrabbiata la sorella.

Lo fece scendere dal bancone e gli ordinò di filare in camera e di non uscirne più fino all’ora di cena.

“Eh adesso?”

“Eh adesso non lo so. Quella è una carie.”

Brittany si massaggiò le tempie. Santana scorse il livido dell’ematoma che le aveva procurato sul braccio quando si erano scontrate, persino più visibile; il segno del morso sul suo polso sinistro le pizzicava ancora. Si sentiva terribilmente in colpa per averla attaccata. Quando aveva ripreso conoscenza si era trovato un’ascia e gli sguardi assassini degli altri ragazzi puntati contro. Non si ricordava nulla dell’aggressione a Brittany, ne del perché avesse agito in quel modo. Inizialmente i rapporti tra di loro erano stati freddi e distaccati proprio a causa dell’incidente e l’unica che le si era avvicinava senza timore era stata proprio Britt. Erano passati cinque giorni da allora. Nessuno era riuscito a trovare una risposta plausibile a ciò che le era successo. Ognuno si stava mentalmente impegnando a cercare di sopravvivere a quella situazione.

“Non ce la faccio più. Sono esausta.”

“Ti sei svegliata da mezz’ora.”

“Non riesco a tenermi in piedi.”

“Hai mangiato a pranzo?”

“Più o meno.”

“Come più o meno?”

Brittany sospirò.

“Ho dato il mio panino a Matthew.”

Santana le prese le mani interrompendo il suo massaggio.

“Devi mangiare la tua parte.”

“Ne ha più bisogno  lui.”

“Ne avete bisogno entrambi.”

Si fissarono per alcuni istanti, senza parlare. Santana dovette distogliere lo sguardo dal suo; se c’era una cosa che le dava fastidio, era proprio non riuscire a reggere lo sguardo delle persone. Non era mai stato un gran problema per lei. Ma con Brittany le cose si capovolgevano. I suoi occhi la attiravano di continuo, forse perché erano belli, profondi e limpidi e ogni volta che si incrociavano non riusciva a reggere la vista di quell’azzurro così forte, quasi come se le facesse male alla vista.

“Perché non mi guardi?”

Santana alzò il viso, sentendo il battito del cuore accelerare in modo spaventoso.

“Perché rischierei di baciarti” pensò tra se e se.

“Oddio ragazze ho una notizia non importante, di più” ululò Blaine piombando nella stanza accompagnato da un enorme sorriso.

Le due si separarono sentendo la tensione del momento scivolare via. Brittany percepiva quel fastidioso buco allo stomaco attorcigliarle le viscere e si chiedeva se fosse opera della fame o di qualcos’altro. Santana si sfregò le mani sudate sulla tuta. Si lanciarono uno sguardo nervoso.

“Ho recuperato questa vecchia radio sotto un cumulo di macerie nello scantinato” esclamò alzando in modo plateale l’oggetto mezzo sfasciato “e l’ho accesa. E funzionava! Poi ci ho armeggiato e mi sono imbattuto in un annuncio!”

“Che annuncio?” chiese Brittany.

“A pochi isolati da qui, un vecchio offre cibo e riparo per un’intera famiglia! Dice di avere abbastanza viveri per assicurare la sopravvivenza di un paio di persone per alcune settimane. Secondo me dovremmo organizzare un piano d’attacco domattina e lasciare questo posto al più presto.”

“Ok, è una bella notizia ma sarebbe meglio chiamare Puck e discuterne anche con lui. Oltretutto è da escludere di partire domani. Ci serve almeno una giornata per organizzarci.”

“Va bene, chiamo Noah.”

Il ragazzo uscì lasciandole sole.

“Non saprei.”

“Mm?”

“Lasciare la casa vuol dire affrontare ciò che c’è fuori. E fuori c’è la morte. Come facciamo a camminare per alcuni isolati con un bambino, poche armi e una superiorità numerica costituita dall’avversario?”

“In qualche modo faremo, Brittany. D’altronde non possiamo stare qui.”

“Lo so.”

Seguirono alcuni attimi di fastidioso silenzio. Quel silenzio imbarazzante che si può tastare con le dita e che vorresti spezzare dicendo qualsiasi cosa; solo che non riesci a spiccicare parola.

“…e quindi potremmo tentare.”

“Non so Blaine” commentò Noah entrando in cucina seguendo l’altro che conversava senza neanche prestargli attenzione, agitando le mani con fare eccitato.

“Come sarebbe a dire? È la nostra unica possibilità.”

“Sai cosa vorrebbe dire uscire là fuori?”

“Andiamo, Santana l’ha fatto ed è ancora splendidamente viva.”

“Io ero sola, facevo attenzione a ogni singolo passo che muovevo e la notte non ho mai dormito. Mai. Senza contare che ho spaccato un cinquantina di crani. Oltretutto adesso l’epidemia sembra stia subendo dei cambiamenti, perciò non sappiamo cosa aspettarci una volta che saremo usciti.”

“E allora che altro possiamo fare?”

“Sicuramente è un’ipotesi da prendere in considerazione ma bisogna prima accertarci della posizione del vecchio e capire come poter muoverci in cinque senza attirare l’attenzione” mormorò Brittany.

Santana annuì.

“Giusto. E Matthew ha anche una carie abbastanza profonda, il che vuol dire che ha bisogno di cure. Se il dente gli da già noie adesso, figuriamoci tra un paio di giorni. Il punto è..”

“Dove lo troviamo un dentista?” terminò la frase Puck.

I ragazzi si guardarono. Nessuno in realtà, sapeva dare una risposta positiva a quella domanda.

“Ok. A questo ci penseremo più tardi.”

Blaine prese la radio e fece per andarsene.

“Facciamo la lista di ciò che ci rimane da mangiare e degli oggetti necessari per la sopravvivenza, ci occorrerà portare solo lo stretto indispensabile. Puliamo e racimoliamo tutte le armi e le munizioni e prepariamo le valigie.”

“Sono con te fratello.”

“Perfetto, vieni con me, cosi iniziamo a controllare le riserve di cibo in cantina e poi passiamo al resto. Voi intanto potete preparare la cena.”

“Va bene, vi chiamiamo quando è pronto.”

I passi lenti dei due uomini sfumarono indistintamente, attutiti dal tappeto e coperti dai loro frenetici borbottii.

“Inizio a fare la pasta.”

“Aspetta, in freezer dovrebbe esserci una grigliata di pesce surgelata.”

Brittany aprì lo sportello tirando fuori dal vano brinato una scatola ricoperta di ghiaccio. La passò a Santana facendo inevitabilmente scontrare le loro dita: gli sguardi si incatenarono e entrambe persero un battito prima di voltarsi frettolosamente da parti opposte.

“È l’ultima che ci rimane, perciò finche possiamo mangiare qualcosa che non sia pane secco farcito con marmellata ammuffita o pasta….”

“Britt?”

“Si?”

“So che…ah niente, lascia stare.”

“No dimmi.”

“Niente.”

“Adesso lo voglio sapere.”

“Ho detto che non è nulla, stai tranquilla.”

“Ma dimmelo lo stesso.”

“No.”

“Si.”

Santana rovesciò il pesce in padella e accese il fuoco, girandosi a osservare l’altra. Si morse la lingua e parlò prima che riuscisse a fermarsi, dimenticando l’argomento del quale avrebbe voluto discutere.

“Mi piaci. Insomma, sono contenta di averti incontrata”

Passarono attimi inesorabili.

“Anche io.”

Brittany si era aperta in un sorriso tanto splendente da poter illuminare tutta la città. Il resto della serata passò tranquillamente tra le risate e quel poco di spensieratezza che il gruppo riusciva a concedersi solo a tavola, riunito davanti a un piatto, dimenticando per un attimo i problemi. E mentre Puck sorrideva alla battuta di Blaine, notò lo sguardo chiaro di Brittany perso negli occhi neri di Santana.
 
 
Angolo del pesce.
Evvai sono riuscita a postare! Saranno anche le nove di sera, ma grazie al cielo sono riuscita a ritagliarmi questo spazio di tempo. Il capitolo è questo, oramai siamo giunti al buono, i ragazzi devono lasciare tutto e imbarcarsi verso la salvezza, che però presenta qualche difficoltà. Grazie a chi legge e chi ha inserito la storia tra le preferite, da seguire o da ricordare:) Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto!
 
                                                                                                     Fish

 
  
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