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Autore: Graine    06/11/2013    2 recensioni
Che succede quando la disperazione è tale da non lasciar intravedere alcuna via di fuga? Quando l'unico desiderio è che tutto finisca?
Non tutti sono lasciati a se stessi, alcuni finiscono per attirare l'attenzione di presenze ghiotte di quella disperazione che permea la loro esistenza; presenze che, celandosi dietro la promessa di un dolce riposo, succhiano la vita anche da chi, nonostante tutto, la considera qualcosa per cui valga la pena lottare.
Attenti, se anche voi sentirete galleggiare nell'aria le struggenti note dell'inquietudine e vedrete gli occhi rossi del loro compositore, non avrete scampo.
Questa raccolta ha vinto il Premio Halloween classificandosi prima al Mini-contest di Halloween indetto da Jo_gio17, sul forum di EFP.
Questa raccolta ha ottenuto la nomination all'Oscar per la Miglior Colonna Sonora e la menzione speciale agli Oscar EFPiani 2014 di Frandra, sul forum.
Questa raccolta partecipa al contest Il meglio di me indetto da Lilith in Capricorn sul forum.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Di nuovo, vi ricordo il link del brano musicale, sempre lo stesso per tutti i racconti, augurandomi che lo ascoltiate anche questa volta: https://www.youtube.com/watch?v=QIvaZwkiA3E 
Buona lettura!




Le cose ora erano diverse
 
«Fammi entrare, tesoro».
Guardava il legno bianco della porta con un misto di disperazione e rassegnazione, le braccia strette attorno alle ginocchia portate al petto, mentre si dondolava sul letto come faceva sempre da bambina dopo essersi svegliata da un brutto incubo; ma per quanto lo desiderasse, quello non era un incubo e quella misera barriera non lo avrebbe tenuto lontano ancora per molto.
«Andiamo, Katy, apri la porta», la invitò ancora suo padre, con quel tono fintamente garbato che mal celava la rabbia che in realtà provava.
Poi un tonfo inconfondibile, il pugno che cozzava con violenza sul legno, e lei si portò immediatamente le mani a coprire le orecchie, dondolando ancora più velocemente.
«Ho detto apri questa maledetta porta, dannazione!», le urlò l’uomo battendo ancora le mani sul legno e scuotendo furiosamente il pomello; sfogando solo superficialmente una rabbia ben più profonda di quella causata da una porta chiusa in faccia.
«Vedrai quello che ti farò quando entrerò, brutta puttanella! Sei identica a tua madre!».
Katy strinse le dita fra i capelli e aumentò la pressione delle mani sulle orecchie, nel tentativo di attutire il più possibile il suono delle urla e dei colpi.
Non ce la faceva più, desiderava solo che la smettesse.
Desiderava solo che tutto finisse.
Suo padre si era addormentato ubriaco davanti alla televisione per l’ennesima volta e quando lei era rientrata e lo aveva trovato afflosciato sulla poltrona, si era fatta largo tra le bottiglie di birra vuote e aveva tentato di svegliarlo per convincerlo ad andare a letto.
Nemmeno sapeva perché lo aveva fatto: lo detestava. Con tutta se stessa.
Lo detestava per tutte le volte che le aveva fatto del male, per tutte le volte che l’aveva picchiata e umiliata. Quindi perché continuava a ripetere idiozie di quel tipo? Forse perché non era sempre stato così, non quando sua madre era ancora viva, almeno. Ma da quando lei era morta, era cambiato tutto.
Quella sera, trovandolo in poltrona, al suo rientro, si era ricordata di sua madre e del modo in cui lo accompagnava in camera ogni volta che, puntualmente, lui si addormentava davanti al film che avevano deciso di guardare tutti insieme, quando lei era piccola.
Le cose, però, ora erano diverse.
Dopo che era riuscita a farlo alzare, suo padre le si era praticamente accasciato addosso e quando finalmente aveva aperto gli occhi annebbiati dall’alcol, l’aveva scambiata per sua madre.
«Sally».
«No, papà, sono io, Katy».
«Oh, è vero, sei Katy», aveva biascicato lui, la bocca impastata dal sonno e dall’ubriachezza. «È che le somigli così tanto», aveva aggiunto guardandola in modo strano, come se, nonostante tutto, quella che aveva davanti non fosse davvero sua figlia. «Le somigli ogni giorno di più», e aveva avvicinato il viso al suo, come per baciarla. A quel punto lei si era spaventata ed era scappata in camera, sbarrando a chiave la porta.
Suo padre le urlò altri insulti e lei strinse ancora di più le mani sulle orecchie.
Non ce la faceva più.
Desiderava solo che tutto finisse.
Finché il suo udito non afferrò un suono diverso, nuovo, e lei smise di dondolarsi. Sollevò il viso e guardò verso la finestra aperta.
Violino e pianoforte.
Da dove provenivano? Era la prima volta che li sentiva, nel vicinato nessuno suonava uno strumento, né, tantomeno, sarebbe stato in grado di eseguire una melodia come quella.
Chiuse allora gli occhi, come per ascoltarla meglio. E in quel momento capì.
La melodia parlava di lei.
Era certa di non aver ascoltato nulla di più bello e struggente in vita sua; nulla di così dolente e rilassante allo stesso tempo. E di colpo dimenticò suo padre e le sue urla e i colpi contro la porta.
Quella musica era tutto ciò che contava.
«Posso aiutarti a farlo cessare, se lo desideri», le sussurrò dolcemente una voce.
Sì, ti prego… Non posso più sopportarlo.
 
*****
 
Quando finalmente la serratura cedette e lui riuscì a entrare nella stanza, in un primo momento ebbe la sensazione che sua figlia dormisse. Strizzando, però, gli occhi percepì qualcosa di innaturale nella sua postura e, benché ancora ubriaco, l’intuito lo spinse a girare l’interruttore accanto alla porta.
Perse così l’equilibrio e cadde a terra, arretrando goffamente fino alla parete del corridoio con gli occhi sbarrati: quella sul letto non era Katy, ma il cadavere di una vecchia dalle guance incavate e i capelli bianchi.
«Non si preoccupi», disse una voce assurdamente gentile. «L’aiuterò come ho fatto con lei».
Subito, due occhi rossi furono su di lui.





Angolo Autrice:
Rieccomi qui con il terzo racconto della raccolta.
Se lo scorso, a parer mio, era il più angosciante per via dell'ambientazione, questo credo sia il più triste. E il senso di angoscia che ho cercato di tramettere nella raccolta, qui è determinato proprio da questa tristezza.
Stavolta siamo tornati a una prigione emotiva, come nel primo racconto; al contrario di quest'ultimo, però, la vita della protagonista non è sempre stata così soffocante, ma lo è diventata, si è trasformata in prigione di colpo, in maniera traumatica e permanente.
Spero di essere riuscita nel trasmettere tutto ciò. E spero di stare riuscendo nel mio intento originario e cioè di rendere questo famoso effetto climax di angoscia e paura che culminerà nel prossimo nonché ultimo racconto.
Altro elemento importante... cominciate a intuire qualcosa di più riguardo agli occhi rossi e al loro legame con la musica? Non mi piace particolarmente dare anticipazioni, quindi mi limiterò a dirvi che alla fine verrà finalmente chiarita ogni cosa xD
Un bacio a tutti e ci rivediamo l'11, cioè tra cinque giorni, con l'ultimo aggiornamento.

Graine

 
   
 
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