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Autore: FragileGuerriera    08/11/2013    2 recensioni
Capitolo introspettivo di V all'interno del Larkhill e il suo legame con Valerie dal momento in cui riceve l'autobiografia della ragazza.
L'uomo prima della leggenda.
Il rating è passato da giallo ad arancio per determinate scene cruenti all'interno del racconto.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: V
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Con un  ritardo di tre giorni, pubblico la seconda shot di V. Chiedo umilmente perdono  a V per non  aver onorato il V Novembre e chiedo perdono anche a voi lettori per il mancato appuntamento. Il problema è che ho cambiato computer perchè il vecchio non funzionava (per aprire la pagina delle mie storie una volta ci ho messo cinquanta minuti!). Il nuovo computer invece non aveva open office, quindi...un casino assurdo! Ho dovuto riscrivere la storia sul nuovo pc, dovendo ritagliare tempo nella mia incasinatissima vita! XD
Ma bando alle ciance, non vi sto ad annoiare tanto con le cavolate sulla mia vita privata.  Quindi, lascio alla vostra lettura e al vostro parere questo capitolo.  Premetto solo che come, come vedrete, lo stile si avvicina a quello di un capitolo vero e proprio, ma preferisco considerarlo come una shot in quanto non so se seguiranno altri capitoli a questo. A dire il vero non credo, perciò considerate anche voi il seguente scritto come one-shot. In secondo luogo, so che non dovrei dirlo in quanto autrice, ma per quanto mi sia piaciuto scrivere la seguente shot, resto del parere che il mio scritto migliore sia quello del "capitolo" precedente. Credo che sia inutile rinfrescarvi la memoria su questo film, ma per scrupolo vi dico solo che il titolo del capitolo deriva dalla confessione che V ad Evey quando, libearata dalla sua prigionia, scopre che a torturarla è stato proprio V. L'odio che prova per lui finalmente la accomuna al V dei primi tempi.
Non mi resta che augurare una buona lettura a tutti (sperando nella vostra clemenza per il ritardo con cui pubblico questa storia) e ringraziare chi la leggerà, chi l'ha inserita tra le seguite, chi tra le preferite e chi tra le ricordate. In ultimo, ma non meno importante chi l'ha recensita e  chi vorrà recensire ancora :-)


Odio

Sono nudo, stanco e dolorante. Trovo casualmente un passaggio chiuso che conduce alla metropolitana. E' completamente sbarrata ed e' severamente punibile chi vi faccia accesso. Me ne frego completamente di quello che dicono le scritte. Mi sento morire e mi chiedo come potrebbero giustiziare un morto; se la mia forza di volontà mi permetterà di sopravvivere non mi farò mai mettere di nuovo le mani addosso. Apro quel varco. Dentro tutto e' buio. La metropolitana però non deve essere stata chiusa da molto poichè un cartellone pubblicitario, illuminato ormai da un solo neon rischiara appena la zona circostante. Lo raggiungo e trovo le porte del treno aperte. Entro e mi sdraio sui sedili. Sento le forze abbandonarmi all'istante.

Mi sveglio, senza ricordare dove mi trovo. Mi ci vuole un po' prima di ricordare che sono nella metro abbandonata. Non so quanto tempo ho dormito, quanti giorni. Però so di non avere vestiti addosso. Che strano, ciò nonostante non sento freddo. A dire il vero, ricordandomi di essere nel treno della metropolitana, non sento nemmeno i sedili sotto la schiena e le gambe. E' in questo momento che realizzo tutto. Il mio unico obbiettivo era fuggire, l'unico sentimento era di libertà e di gioia nell'aver riscoperto Dio e quindi di sapere che Valerie non era morta davvero, per sempre. Ero così pervaso da tutto ciò che non mi resi conto di cio che mi era davvero successo. Mi accerto di avere ancora la lettera in mano e per fortuna nessuna esplosione l'ha fatta rotolare via. Provo e a sedermi ed un dolore immenso mi pervade tutto il corpo. Un dolore indescrivibile e lancinante. Sento la pelle tirare ovunque e quasi bruciare. Un dolore allucinante parte dalla cute del corpo e arriva fino alle osse trasmettendo segnali di dolore acuto al cervello. Sforzandomi riesco a mettermi seduto ed appoggio la lettera sul sedile accanto e mi riaddormento sopraffatto dalla stanchezza.

Sono sveglio già da molto. Non saprei quantificare quanto, ma so che è tutto il tempo che medito sul da farsi: non posso dormire in questo squallido posto per il resto della mia vita. Armandomi di tanta forza e coraggio, esco dunque a fatica dal treno. Fuori è giorno, vedo uno spiraglio di luce dall'entrata (oltre che dal cartello pubblicitario). Mi avvicino all'ingresso con passi lenti dovuti al dolore della pelle sofferente almeno tanto quanto i muscoli. Anzi, forse sono i muscoli quelli più devastati da quell'incendio. So di essere completamente ustionato e il fatto che non senta più il freddo é una conferma del mio elevato grado d'ustione, oltre al dolore che sento; mi rendo conto benissimo di essere abbastanza orribile, ma... devo farmi forza e vedere cosa sono diventato; abituarmi a quel mio nuovo corpo. Mi avvicino piano all'entrata, cercando di non rimanere troppo abbagliato da quella luce. Non è forte, ma per uno che non vede la luce del sole da tanto tempo come me, è comunque abbastanza accecante. E' un miracolo che il fuoco non mi abbia divorato la vista la notte di quell'incendio, non posso dunque essermela cavata per rimanere accecato poi dalla luce del sole troppo forte ai miei poveri occhi da moribondo. La vista piano piano si adatta alla luce solare, prendo un bel respiro, sollevo le mani ed abbassà la testa per guardarle. Trattengo a stento un urlo di spavento e mi ritiro i all'istante nell'ombra. Quelle mani non potevano appartenere a... me! Mi tocco invano il volto! Non sento nulla, ne' sotto le mie dita, ne' sulla mia faccia. Ma d'altronde lo sapevo già di non essere uno spettacolo e se voglio continuare a vivere e portare a termine la difficile missione che mi sono prefissato devo abituarmi alla vista di un corpo probabilmente ridotto interamente come le mani. Il mio viso incluso. Mi avvicino di nuovo alla luce per poter constatare lo stato di piedi, gambe, torace e braccia. Non senza essermi prima preparato psicologicamente a ciò che potrei vedere, e a trattenere un altro possibile urlo di spavento.

*    *    *

Dopo aver rimuginato per delle ore su quanto è successo in quel lager, quella notte che mi ha divorato quasi completamente la pelle lasciandomi quasi tutti i muscoli in vista, mi chiedo come potrei uscire all'esterno ridotto in quello stato. La sera senz'altro era l'idea migliore. Dopo le tre, quando la città è sicuramente deserta. L'unico luogo dove potrei trovare dei vestiti è il mio lager senza nome.

Non so che ore siano, ma  non sentendo più una sola voce, capisco che è il momento opportuno per uscire dal mio nascondiglio.
Mi sento un ladro. Quando entrai in quel luogo incurante della vita e dei dolori del mio corpo mi stavo battendo per una grande causa, ora invece sto rischiando dei guai io e miei ambizosi progetti per un paio di vestiti, ma d'altronde mal messo come sono, non posso andarmene in giro tutto nudo in pieno giorno per comprarne di nuovi.
Ripercorro a ritroso la strada che ho fatto per giungere alla metropolitana e finalmente trovo quel posto maledetto. E' tutto transennato e c'è un cartello grande con scritto: "Fuori quarantena". Mi vengono in mente le grida disperate dei prigionieri, moribondi che si trascinavano per terra, gente che nell'esplosione era rimasta mutilata o sfigurata come me che urlava e piangeva. Poi i medici che si tenevano strette le loro cavie, dottori che sembravano mostrare un po'di pietà umana aiutando i detenuti a salvarsi, ma sapevo bene che in realtà salvandoli speravano di poter mandare avanti i loro mostruosi progetti. Ovunque era sangue e fiamme. Cerco di cacciare via quei ricordi non essendo il momento adatto per perdermi in essi. Giro il luogo in lungo e in largo, arrivando alla conclusione che se voglio girare per la città devo improvvisarmi ladro, una cosa che in realtà non mi farà certo onore.
All'improvviso sento qualcuno urlare: -Fermo!!- e una torcia mi punta contro. Scappo per non farmi vedere, ma il mio corpo non è più in grado di correre, è già uno sforzo muovermi normalmente come se non mi fosse successo nulla, figurarsi se sono stato in grado di fuggire a lungo! Cado. Vedo il ginocchio e la mano fatti di muscoli, vene, ossa e pochi brandelli di pelle sanguinare. Dovrò abituarmi a quella nuova vista! L'uomo di prima si avventa su di me: -Non lo sai che è severamente vietato aggirarsi dopo il copri fuoco e in questa zona in particolar modo?- e così dicendo mi punta la pistola contro la testa. -Ora girati lentamente!-
-Le assicuro che questa non è una tuta aderente, sono disarmato, nudo e davanti sono come dietro!- Probabilmente mi guarda meglio alla fioca luce della luna coperta dalle nubi e al fascio della torcia elettrica poichè poco dopo sento un atterrito: -Mio Dio!!
Mentre quello mi guarda con gli occhi spalancati dal terrore, medito sul fatto che quel cappuccio sarebbe stato perfetto per nascondere alla gente lo spettacolo sgradevole anche alla mia vista che sono divenuto. Quanto sono disgustoso me lo dice anche il giovane che, braccia tese in avanti a reggere l'arma, non da segni di vita. Immobilizzato dalla paura. Pietrificato come chiunque avesse visto Medusa. Senza perdermi in ulteriori analisi, scatto cogliendolo alla sprovvista. Uno scatto fulmineo, nonostante lo sforzo costatomi, e colpisco con l'avambraccio sul suo gomito con tanta forza ho. In condizioni migliori gliel'avrei sicuramente rotto, ma posso accontentarmi di averlo piegato abbastanza da procurargli male e prendergli con la mano sinistra l'arma da fuoco caduta dalla sua presa. Ora che i ruoli si sono sovvertiti, mi sento più sicuro di me. Gli punto l'arma addosso e gli dicoi: -Da bravo... Ora getta le altri armi.
Lui prende un'altra pistola, ma la presa non più salda, tradisce il suo tentativo di essere un duro. Così, intuendo chi mi trovavo di fronte, provo a far leva sulle sue paure: -Come vedi, io sopravvivo a tutto. Se provi a spararmi, credimi che non morirai senza che io sia l'ultima cosa che avrai visto dopo che avrò scaricato tutte le pallotole su di te.
I suoi occhi chiari si agitano, spostandosi prima su di me poi sull'arma; di nuovo su di me, a destra, poi a sinistra; ancora su di me e poi sull'arma, almeno un altro paio di volte. Infine lascia cadere la pistola, lo vedo slacciarsi lentamente la cintura e poi sfilarla prima di farla cadere cautamente a terra davanti a sè.
-Bravo... Ora togliti i vestiti.
Sgrana gli occhi, per quanto fosse possibile aprire ancora di più un paio di occhi già spalancati. -Fo-fottiti!- prova a dirmi, prima di girarsi per scappare.
Sparo un colpo sfiorandolo semplicemente e arrestando la sua misera fuga di pochi passi. La mira non mi è mai mancata. Sono contento di vedere che nonostante i danni che mi sono stati provocati all'interno di quella struttura, riesco comunque a fare molte cose incredibili per lo stato in cui mi trovo. E' in questo momento che inizio a intuire perchè ero un caso così interessante agli occhi della dottoressa. Ma mi risveglio quasi subito, ancora una volta, non p il momento per fare supposizioni. -Avanti, o i vestiti... o la vita più i vestiti! Ahahah.- Quella risata mi sorprende. Non perchè la situazione è tutt'altro che comica, o perchè sono l'ultima persona che avrebbe da ridere, ma per la risata in se'. Frutto dell'odio, carica di odio: odio puro che iniziò a scorrermi nelle vene insieme al sangue. Mentre medito sulla sensazione intossicante di forza che mi da l'odio lo vedo togliersi, esitante, i vestiti. Gli chiedo di raccontarmi cosa è successo negli ultimi anni. Tra un vestito in meno e l'altro, mi informa sul virus che colpì la Saint Mary in Scozia e Threewaters, le migliaia di vittime causate; su Suttler che era salito al potere ed era appena diventato Alto Cancelliere; sui moti rivoluzionari che si stavano affievolendo, grazie alla rigida politica del nuovo capo dello Stato. Nei miei polmoni, odio. Mi disse inoltre che da qualche settimana era stato imposto il coprifuoco a partire dalle undici in poi, il primo di una serie di provvedimenti che sarebbero stati applicati da lì a poco e che sono stati escogitati dal Cancelliere per riportare la pace in Inghilterra e gli Stati a lei annessi. Il mio respiro si fa pesante, come se l'aria si fosse intrisa di odio e fosse più pesante, più difficile da inspirare.
-Anche quello! Levatelo di dosso e dimmi perchè devi indossarlo- gli ordino riferendomi al suo cappuccio nero continuando a puntare la pistola su di lui. Esegue il mio ordine e mi racconta nel dettaglio infine del nuovo corpo di difesa dei Castigatori capeggiati da un certo Creedek. Sento che l'odio potrebbbe aiutarmi ad andare avanti, tanto è forte la carica che mi da.
Mi avvicino piano a lui, che mi guarda trattenendo il pianto o la voglia di urlare, a due spanne da lui lo colpisco al collo con la pistola. Cade privo di sensi. Non l'ho colpito forte, nel giro di dieci minuti si riprenderà, ma avrò avuto tutto il tempo necessario per legarlo e travestirmi da incappucciato. Prendo la sua cinghia e tolgo tutte le armi, mi avvicino e mi accorgo solo in questo momento che è un ragazzo della mia età o poco di più. Ora capisco perchè ho avuto tanta fortuna nella mia improvvisata. Solo lui sa cosa l'abbia spinto a fare un lavoro per il quale non era tagliato. Provo pietà, ma so che il mio corpo non è ancora pronto per una fuga perciò gli lego i polsi dietro la schiena.
  -Ah!- la pelle, o quel che ne è rimasto, tira bruciando di più all'ennesimo movimento forzato per vestirmi. Mi manca solo il cappuccio e sono a posto. Mi sforzo stringendo i denti e le mani intorno alla stoffa, ancora un ultimo sforzo... Solo ancora un po'... Finalmente! Sono totalmente coperto e dolorante. Un lamento porta l'attenzione a guardare verso il ragazzo seduto e legato. Alza la testa lentamente, ancora stordito. Cerco di riprendere forze aspettando che il giovane si riprenda totalmente. Quando quello si gira verso di me, le lacrime a rigargli silenziosamente il volto, gli dico: -Con una cintura, legata in modo maldestro da un uomo senza molte forze, ti libererai nel giro di cinque minuti. Tieni- gli lancio la ricetrasmittente -Di questa non so che farmene, quando sarai libero potrai chiamare i rinforzi. Ma ragazzo...- attirando ancora di più la sua attenzione -Se vuoi un consiglio, vedi di lasciar perdere questo mestiere e di non dire nulla di stanotte, se i tuoi superiori lo sapessero non esiterebbero ad uccidermi.
-Come ti permetti di darmi consigli?? Credi che non capiranno quando mi vedranno tornare alla base così??- mi urla in lacrime.
-Certo che lo capiranno, ma solo se sei così stupido da tornare direttamente da loro senza i tuoi vestiti addosso.
-Comunque mi uccideranno quando vedranno che sono scappato.
-Ssst!- lo zittisco portandomi alla sua altezza e una mano guantata sotto il suo mento: -Parli con un uomo che pur di salvarsi ha attraversato le fiamme dell'inferno. Scappa ragazzo, rifatti una nuova identità e non tornare più. Ti assicuro che nessuno ti farà del male se farai così.
-Ma come farò??- piagnucola dandomi sui nervi.
-Arrangiati!-
-Ma...-
-Ascolta bello, io ti sto risparmiando la vita pur sapendo che rischio molto. Quindi mi dovresti essere grato di lasciarti scegliere da solo l'esito della tua vita. Se resti sai che morirai, se scappi ti salverai. Basta che vuoi davvero vivere e vedrai che troverai il modo di farcela anche tu!- così dicendo, raccolgo tutta le armi precedentemente depositate e scatto in piedi. Le nubi coprono nuovamente la luna, ma io riesco a vedere perfettamente quel giovane singhiozzare. Lo supero, ma mi blocca il suo: -Gra... grazie- mormorato. Ma è questione di un attimo e riprendo il mio cammino verso l'uscita da quel luogo. Non devi ringraziarmi, stupido. Odio anche te. Piangi perchè ti ritrovi in mutande a dover scegliere del tuo destino, mentre ignori gli orrori che si sono consumati qui, ben più gravi di un giovane uomo sfigurato. Immagini di ciò che ho visto e vissuto mi si presentano alla memoria, vorrei urlare, ma non riesco. L'odio si accumula nel mio cuore. Mentre sto per uscire alzo lo sguardo sull'arcata del cancello d'ingresso e leggo la scritta in ferro "Larkhill". Ora quel lager ha un nome anche per me.

All'interno della metropolitana medito sui chiari progetti che ho sul domani: prenderò io il posto di quel ragazzo. Solo così potrò girare senza destare attenzione, potrò nutrirmi, rimmettermi in forze ed allenarmi; aggiornarmi meglio su ciò che sta succedendo e ciò che è accaduto mentre ero prigioniero. Guardo alla luce del neon il mio nuovo abbigliamento. "Oooh, nessuno di voi ha idea della portata che avrà la mia vendetta..." penso soffocando un ghigno soddisfatto, carico di odio e di sofferenza. La mia e quella di Valerie, simbolo di tutti quelli che sono morti al Larkhill.
  
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