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Autore: Sweetpeace    10/11/2013    6 recensioni
"Insomma, una giornata come le altre, o almeno così si era presentata, fino a quel momento."
Genere: Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Komachi Akimoto/Cure Mint, Nuts/Nattsu, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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-C-che stai dicendo?- Madoka era sconvolta, non riusciva a credere che Kaito, il suo Kaito, avesse rapito sua sorella.
-Ti ho solo chiesto se vuoi parlare con tua sorella, in caso contrario... Penso proprio che mi divertirò ancora un po' con lei- perse un battito, non poteva credere a quello che aveva appena sentito. Crollò a terra in ginocchio, una mano a coprirsi la bocca, gli occhi sgranati. Si sentiva svenire, violenti giramenti di testa la obbligarono a poggiare la schiena contro lo stipite della porta.
-Fammi parlare con lei, ti prego!- non si era nemmeno resa conto del tono supplichevole con cui lo aveva detto. Sentì una risata dall'altro capo del telefono.
-Dammi solo un secondo- la ragazza avvertiva che quel mostro si stava divertendo, sorrideva dall'altro capo del telefono.
-Madoka!- la sua voce, disperata, ma allo stesso tempo felice di poter parlare con lei.
-Komachi! Ti prego, dimmi che stai bene!- aveva gli occhi lucidi, sentire sua sorella l'aveva resa felice, almeno adesso sapeva che era ancora viva.
-Madoka, non fare pazzie, non venir...-
-Komachi? Komachi?!- 
-Credo che abbiate parlato abbastanza, ora ti saluto, mi farò sentire presto. Ciao, Madoka- la voce fredda e sadica. Aveva paura per sua sorella.
-Aspetta, ti prego! Non farle del male!- prima che potesse proferire altra parola, il suono cupo dello squillo del telefono la zittì. 
Non poteva essere vero, Kaito non avrebbe mai fatto una cosa del genere a Komachi, erano sempre andati così d'accordo. Che gli era preso? Perché lo aveva fatto? Che motivo aveva di rapirla o di farle del male? E poi, il suo carattere era così diverso da come si era comportato l'uomo al telefono, era sempre stato gentile e disponibile, e poi il suo Kaito odiava la violenza. 
Si tirò su e si diresse di corsa verso la sua moto. Doveva andare da loro e avvertirli. Avvertirli che Komachi era viva, che potevano ancora fare qualcosa per aiutarla. Corse fino a fuori dal cancello di casa e saltò in sella alla sua moto così velocemente che rischiò di scivolare ed avere un incontro ravvicinato del terzo tipo con l'asfalto. 
Mise in moto con foga e accelerò come non aveva mai fatto in vita sua, stringendo con forza il manubrio, come a voler allentare la tensione accumulatasi in quelle ore. Come a voler cancellare la voce di Kaito e le sue parole dalla sua mente. Il vento le sferzava il viso, spettinandole i capelli, si accorse solo in quel momento che nella fretta si era completamente dimenticata dell'esistenza del casco. Ignorò totalmente la violenza con cui il vento le impediva di respirare normalmente e accelerò ancora di più. Attraversò quegli stessi vicoletti che aveva percorso tante volte insieme a Komachi per accompagnarla dalle sue amiche e dai suoi amici, chissà come mai ogni volta che nominava Natsu arrossiva, gonfiava le guance e le ricordava gli stessi dolcetti di riso che lei tanto amava fare. Era innamorata, ovviamente. Probabilmente lo sapeva tutta la città a parte i due diretti interessati. Tutti sapevano dei sentimenti che provavano l'uno dell'altra, ma loro sembravano sempre non farci caso, e, a volte, negavano addirittura. Almeno questo era quello che faceva sua sorella. 
Chissà come stava lui in quel momento... Probabilmente sotto la sua corazza protettiva si sentiva morire... Proprio come era stata lei quando le avevano portato via il suo Kaito. 
Il suo flusso di pensieri fu interrotto dall'insegna della Natsshouse che le si parò davanti fin troppo velocemente, come aveva fatto ad arrivare lì così in fretta? Non importava, ora doveva andare da loro e parlare. Doveva vuotare il sacco, dire tutto di Kaito e delle telefonata, del fatto che aveva sentito la voce di Komachi e che lei era ancora viva. Potevano fare qualcosa. Troppo impegnata a pensare a come introdurre il discorso, non si accorse che dalla terrazza del negozio qualcuno la stava osservando, per poi precipitarsi giù per le scale e andarle incontro.

Urara se n'era andata dal negozio da mezz'ora circa, camminava senza una metà precisa, solo per pensare, solo per stare sola. Komachi. Lei che era sempre stata così buona e gentile con tutti, perché avevano dovuto prendere proprio lei? Non che lo augurasse a qualcun'altra delle sue amiche, ma Komachi... Lei non aveva abbastanza carattere per potersi difendere... Era troppo altruista e generosa. Non si sarebbe mai neanche lontanamente immaginata di poter fare del male a qualcuno per difendersi. 
Succedeva una volta su mille che venisse rapito qualcuno che ti stava a cuore, lo aveva letto da qualche parte... Allora perché? Perché proprio a una delle sue migliori amiche? Shiro aveva proprio ragione: non bisogna mai perdere di vista le persone e le cose a te care, sono loro a svanire più facilmente. Non osava nemmeno immaginare cosa poteva farle quel verme. Perché lui era un verme. Prendere una ragazza indifesa come lei era da vermi, se fosse stato un vero uomo non lo avrebbe fatto. Sentiva ribollire il sangue nelle vene se pensava a quel ragazzo, non capiva il senso di un'azione del genere.
Senza sapere bene come, si ritrovò scendere le scale mobili della metropolitana e ad aspettarla. La banchina era deserta, ma lo sguardo le cadde nuovamente sulle scale. Non si era mai accorta della monotonia con la quale scendevano e risalivano nella stazione. Di solito erano brulicanti di vita, gente che correva, saliva, scendeva, parlava con gli amici o al cellulare, ma ora no. Sembrava che il mondo si fosse rinchiuso in qualche angolo buio e disperso. Forse se lo stava immaginando? Era solo una sua impressione? Forse.
Distrutta, si sentiva come se fossero giorni che non dormiva, quella faccenda l'aveva spossata a tal punto da non riuscire nemmeno più a distinguere le esatte parole dell'altoparlante. La voce metallica era così dannatamente fastidiosa, le era venuto anche il mal di testa. 
Una volta aveva preso la metropolitana con Komachi.

*Flashback*
Erano uscite un'ora primaria scuola, lei e Komachi. Avevano deciso di andare a prendere un gelato per combattere il caldo infernale che quella primavera si era insidiato nella loro città. Quindi erano andate verso la metro, chiacchierando del più e del meno. Ricordava bene come era felice Komachi quel giorno, Natsu aveva letto il suo nuovo manoscritto, ma non era stato affatto duro con lei, anzi, era stato gentile e comprensivo nel spiegarle dove c'erano errori, strano a dirsi per uno come lui. 
-Qui c'è aria di Komachi innamorata!- aveva gridato lei, attirando si addosso gli sguardi divertiti delle persone che si riversavano in strada. Lei era arrossita e aveva gesticolato qualcosa di incomprensibile balbettando cose del tipo "Ma no! Che vai a pensare!?", oppure "Non dire sciocchezze!", oppure ancora "Non è affatto vero!". O almeno questo era quello che aveva capito lei. 
Scendendo le scale mobili aveva continuato a punzecchiarla, facendola arrossire per ogni sciocchezza, le aveva perfino detto che Natsu era dietro di lei. Si era irrigidita e si era girata piano, vedendo che dietro di lei no  c'era proprio nessuno, solo a quel punto aveva tirato un sospiro di sollievo. Poi erano scoppiate a ridere all'unisono, salendo sul veicolo.
-Oh no!- disse Urara tastando lo zaino nuovo, di un giallo limone così acceso da far invidia ai suoi capelli. 
-Che succede?- chiese Komachi vedendola così preoccupata.
-Ho dimenticato a scuola il copione per il provino!- Komachi sussultò. Il provino era tra un paio d'ore, potevano farcela. La prese per mano e scesero alla prima fermata, andando al binario opposto per tornare verso la scuola. Corsero come due matte, chiamando le altre per chiedere un piccolo aiuto. 
Quando Urara ebbe nuovamente il copione in mano, sorrise di sollievo, mentre Komachi la guardava a metà tra il divertito e il felice. Poi erano tornare di nuovo verso la metro e si erano dirette verso il luogo del provino. 
Appena uscita dalla stanza, la giovane attrice aveva visto Komachi seduta ad aspettarla con due gelati in mano e gli zaini ai piedi, quanto era stata felice in quel momento!
*fine flashback*

"Ce l'avevo fatta, quella volta" penso Urara con un sorriso malinconico. La gentilezza di Komachi aveva il potere di spiazzarla sempre. 
Mentre questi pensieri le affollavano la mente, una giovane ragazzo era appena sceso da un aereo, con un sorriso stampato sul viso e uno sguardo felice posato su una fotografia a colori, dove c'erano lui e una ragazza giapponese con dei bellissimi occhi verdi. 
"Finalmente sono tornato"

Angolino (non meritato) dell'autrice ritardataria:

*Si nasconde dietro ad un vassoio* lo so, non uccidetemi, sono dannatamente in ritardo, perdonatemi. Se vorrete recensire o anche solo leggere sto schifo, fate pure, a vostro rischio e pericolo. Grazie a tutti e alla prossima, spero presto,
Sweet.

Ps: Lo so, il capitolo è un po' corto, ma è una specie di ponte con i prossimi, quindi vi prego di sopportare.
  
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