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Autore: Mimiwitch    11/11/2013    7 recensioni
Mille anni.
La gente tende sempre ad arrotondare le cifre, forse per impressionare il prossimo.
Perché dire mille anni fa molto più effetto che dire novecento ottanta nove o mille e due; o forse la gente trova la cosa solo più semplice da scrivere e ricordare.
E così la bella addormentata viene svegliata dopo cento anni dal bacio del principe, ma per quel che ne sappiamo avrebbero potuto essere settantasette o cento ventidue; per chi racconta non fa nemmeno differenza arrotondare per difetto o per eccesso, purché le menti di chi ascolta siano aggiogate alla storia.
Numeri buttati a caso, per impressionare.
Mille anni.
Eppure, per chi aspetta, il tempo non è così clemente, non si può raccogliere in un unico mucchio come se fosse sabbia senza importanza: per chi aspetta, ogni secondo si trascina infinito e angosciante, lungo come l'eternità, scavando un buco di dolore nel cuore, come una goccia su una pietra, lentamente.
Per chi aspetta senza sapere se e quando ciò che brama avverrà, il tempo diventa nemico e compagno eterno, in una lotta senza fine, trascinandosi.
*"Spoiler 5x13. Au, futuro alternativo. Una nuova avventura per Merlin e Arthur, una possibilità per un futuro assieme."*
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Gender Bender, Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Prego, entrate” disse Merlin, scostandosi pigramente dalla porta. Aveva un aspetto un po' sciupato, con delle delicate occhiaie sotto gli occhi, come se si fosse ritirato tardi.
Arthur varcò la soglia, guardandosi attorno, lo sguardo ancora stravolto .
La casa di Merlin era stata una sorpresa.
Era in campagna, alla periferia della città, circondata da un grande giardino e recintata da alte mura; ma era l'interno, la vera meraviglia: mobili in noce scuro, dalla forma squadrata e moderna; quadri luminosi, alcuni in stile astratto, altri di paesaggi da togliere il fiato; i soprammobili erano splendidi e dall'aria vissuta, antica; insomma, uno stile di arredamento sobrio, molto essenziale eppure affascinante.
E costoso.

Merlin, sei ricco?” chiese senza ritegno studiando un quadro di Klimt in salotto, che aveva tutta l'aria di essere vero.
Il servitore si affiancò con un sorrisino, mentre studiava la tela con amore.

Diciamo che sto bene. Ho accumulato qualcosa durante la mia lunghissima vita e ho investito bene, grazie alla mia esperienza” rispose vago; Arthur però conosceva bene quello scintillio nello sguardo e sapeva che voleva dire più di quanto intendesse.
Merlin ricco e lui donna: neanche la mente più perversa avrebbe potuto pensare ad una scena del genere, ricamandoci pure sopra, magari.

Come va il vostro braccio?” lo riscosse la voce del servitore, mentre si spostava in cucina.
Bene, ieri sera l'ho curato e ho preso un antidolorifico. Le medicine di questo secolo sono fantastiche” rispose muovendolo un po', sentendo la pelle tirarsi e i muscoli protestare di dolore per la lotta improvvisa, cosa a cui non era più abituato.
Erano ritornati in città intorno alle otto, la sera prima, e Merlin aveva insistito perché si medicasse il braccio, una volta a casa. Dopo averlo accompagnato e avergli lasciato numero di telefono e indirizzo, chiedendogli di passare da lui, era andato via mestamente.

Ho dovuto buttare la maglia, però. Se mia madre avesse visto lo squarcio e il sangue non so che avrebbe potuto pensare” ammise accettando la tazza di tè che Merlin gli offrì.
Non gli disse che aveva dormito col suo golfino addosso, respirando il suo profumo, perché sapeva che era una cosa sbagliata. Un segreto da portare nella tomba. Eppure non aveva avuto nessun incubo, la notte prima; non si era svegliato in preda alle convulsioni con il dolore della spada nello stomaco, come era accaduto per tutta la settimana da che aveva i ricordi. Ci pensò un po' su: in effetti gli incubi erano scomparsi da quando aveva incontrato Merlin, da quando aveva afferrato il suo polso e sentito quello strano brivido attraversargli il corpo.

Il servitore gli fece cenno di seguirlo, camminando a piedi scalzi per la casa. Entrò nello studio, dalle belle pareti color paglierino, dirigendosi verso la sedia girevole dietro la scrivania.
Pensavo che in una decina di secoli avessi imparato l'ordine” soffiò ironico Arthur.
Ho fatto delle ricerche, ieri notte. Ho sfogliato quasi tutti i libri, cercando qualche indizio, ma non ho trovato nulla” spiegò Merlin sorseggiando il tè, mentre lo sguardo spaziava dalla libreria con gli scaffali quasi vuoti alla montagna di libri aperti che aveva creato sul pavimento.
Cosa stavi cercando? Non avevamo nessun punto da cui partire! Le Disir avrebbero potuto dirmi: 'sei tornato perché sì' e avrebbe avuto lo stesso impatto. L'unica cosa interessante è che, se questo qualcosa va a buon fine, io potrò tornare uomo.”
Ho cercato riferimenti alla minaccia più grande. E' risuonato, nella mia mente, come una sorta di profezia, come una fine del mondo. Insomma, la minaccia più grande e temuta non può essere qualcosa che nessuno conosce, no?” esclamò pratico l'altro, poggiando la tazza sulla scrivania e passando le dita sugli occhi stanchi per la prolungata lettura notturna. La sua ricerca era stata lunga e infruttuosa, mangiandosi gran parte delle sue ore di sonno, facendogli accorgere per la prima volta di come la sua casa fosse vuota e silenziosa.
In effetti... adesso che mi ci fai pensare... sì, suona come qualcosa che potrebbe esser stato predetto” constatò Arthur, avvicinandosi ai pochi libri rimasti sugli scaffali.
Erano per lo più di avventura o romanzi, tutti sui cavalieri di Camelot; uno attirò il suo sguardo: aveva una spessa copertina in cuoio, consunta e lacerata, e sembrava molto vecchio; le lettere dorate, scrostate in molti punti, vergavano una sola parola: “Camelot”

Appoggiò la tazza sullo scaffale alto e poi lo sfilò, con deferenza, sfogliandolo piano con curiosità. Le pagine scrocchiarono con un rumore sordo, mentre si perdeva a leggere le storie che conosceva e studiava le miniature all'inizio dei capitoli; sorrise leggermente, mentre leggeva lo scambio di battute che era intercorso tra lui e Merlin la prima volta in cui si erano incontrati, le stesse che aveva ripetuto in quel vicolo in cui l'aveva salvato appena due giorni prima.
Questo libro... è giusto! La storia è perfetta, è esattamente così come è successa” esclamò sorpreso, mentre leggeva le pagine sempre più avidamente, ricordando cose stupide, come le sue esercitazioni al campo la mattina, il sapore del pane di frumento, il colore dei tendaggi della sua stanza. Una fitta di dolore per ogni cosa ricordata: quello era il prezzo della memoria.
Quello l'ho scritto io, intorno al quattrocento, quando ho capito che la vera storia di Camelot era perduta per sempre” raccontò con voce strozzata Merlin, l'attenzione catalizzata sulle pagine giallognole, che frusciavano tra le mani della ragazza.
Vedere Arthur scegliere quel libro, tra tutti, lo aveva spiazzato. Era stato un sollievo scrivere quelle storie, in un momento piuttosto cupo della sua esistenza: le persecuzioni alle streghe del medioevo, la solitudine prolungata, il diffondersi delle leggende Arthuriane, con i loro miti, con quei nomi che amava, stravolti, gettati per caso in trame contorte: scrivere lo aveva aiutato a superare quei tempi bui e al contempo a ricordare con nitidezza la sua vita di allora. Anche se ad ogni maledetta parola buttata giù era sempre seguita una lacrima.

Scrivi bene” confessò Arthur, continuando a sfogliare; “Potresti pubblicarlo.”
Non credo! I 'puristi' delle leggende Arthuriane mi lincerebbero” sbottò Merlin con tono ironico, mimando le virgolette con la mano libera.
Oh, già. Ne ho incontrato uno, il giorno in cui sono andato alla biblioteca sui miti Arthuriani più grande di Inghilterra; quando, dopo aver sfogliato decine di libri, gli ho detto che era tutto sbagliato, mi ha buttato fuori di peso dicendomi di studiare. A me!”

Merlin ridacchiò sottovoce, le labbra sul bordo della tazza.
Se sapessero come sono andate davvero le cose!”
Ma poi: Gueneviere bionda? Ma dove le hanno sentite queste cose?” sbottò, facendo ridere il suo servitore.
E voi magnanimo e di buon cuore! L'avreste mai detto?” domandò Merlin, notando che si era rimesso a leggere.
Raccontami di Camelot” sentì dire alla ragazza che incarnava l'anima del suo signore.
Cosa?” esclamò, confuso dal tono serio.
Cosa è successo dopo la mia morte? Che ne è stato di Gueneviere, di Leon, di Gwaine, Gaius, Percival? Nella storia non c'è memoria della vera Camelot. Sono tutte leggende, miti. Perché? Che cosa è successo?” chiese Arthur con un tono di voce sofferto, chiudendo il libro con un scatto deciso e poggiandolo con reverenza.
Camelot è scomparsa, Sire, in una notte” Merlin iniziò a raccontare, con lo sguardo perso di fronte a sé, la mente lontana, intrappolata in ricordi che credeva non potessero più nuocergli e che invece erano i più dolorosi mai avuti.

Arthur era un fascio di nervi e attenzione.
Dopo che siete morto io sono scappato. Mi vergogno a dirlo, ma è vero. Avevo fallito nella missione della mia vita, ciò per cui ero nato, e non riuscivo a perdonarmelo. Sono andato via, nelle terre a nord, guadagnandomi da vivere come medico in un villaggio.”
Si interruppe, tenendo lo sguardo basso, come se si aspettasse una critica o un rimprovero per il suo comportamento, che però non venne. Non ne fu comunque sollevato, perché lui sentiva di meritarsela, una ramanzina.

Dopo i primi sei mesi mi raggiunse una lettera. Era di Gaius. Il mio mentore aveva sentito parlare di me da uno dei miei pazienti che, notando la somiglianza tra i miei metodi e i suoi, lo contattò per raccontargli del mio lavoro. Gaius non mi chiese mai di tornare; sapeva cosa la vostra morte avesse significato per me e non mi biasimava, non mi giudicava. Iniziò a scrivermi, sempre più frequentemente, ed è così che appresi la sorte di Camelot e dei nostri amici.”
Bevve un grosso sorso di tè, per mandare giù quel magone che gli attanagliava la gola, ma che rimase comunque incastrato sul pomo d'Adamo. Si voltò un attimo, per valutare le espressioni di Arthur, ma non riusciva a leggere nient'altro che attenzione, pura e genuina: voleva sapere cosa ne era stato del suo regno, più di ogni altra cosa al mondo.

Gwaine è morto lo stesso giorno in cui siete morto voi, Sire. Morgana lo aveva torturato a morte per farsi dire dove fossimo diretti. E' spirato tra le braccia di Percival” raccontò tutto d'un fiato.
Arthur incassò la notizia con una smorfia colpita e sentì gli angoli degli occhi pizzicare. Un valido amico e cavaliere, il più indisciplinato e schietto, eppure leale come pochi; Gwaine non aveva meritato di sicuro quella morte.

Percival morì tre anni dopo la vostra morte, in un'imboscata di ribelli, vicino alle mura di Camelot.”
Ribelli?” si intromise Arthur, cercando di non pensare al buono e ingenuo Percival, tutto muscoli e cuore d'oro.
Ecco, Sire, non tutti furono contenti della salita al trono di Gwen. Ci fu una scissione, tempo dopo l'incoronazione. Apparve il figlio di vostro zio Agravaine, per richiedere il trono” rispose lentamente Merlin, con tutto il tatto possibile nel dare una notizia del genere.
L'ex Re aprì la bocca, indignato, ma tutto ciò che ne uscì fu un ringhio basso.

Vostro cugino, Constantine, apparve tre anni dopo l'incoronazione e mise in dubbio il diritto di Gwen di regnare, reclamando il regno per sé. Camelot cadde quindi in una guerra, con il vicino regno di Anglia, che spalleggiava Constantine, rifornendolo di uomini, armi e provviste, sicuro di essere ricompensato una volta che questi avesse avuto il trono.”

Un aereo passò alto sopra la casa, facendoli sobbalzare. Il suono sembrò riportarli a quel secolo, dove il racconto di guerra ed eredità di un regno ritenuto ormai mito sembrava irreale.
Arthur era sconvolto.
Non aveva mai pensato che qualcuno potesse discutere le sue ultime volontà, che Gueneviere potesse essere osteggiata, malvista; non aveva avuto tempo di pensare alle conseguenze della sua scelta, mentre la morte se lo mangiava rapidamente. Dato che tutta Camelot amava Gueneviere, aveva scioccamente pensato che anche fuori dal regno avrebbe riscontrato lo stesso supporto; tuttavia avrebbe dovuto prevedere che una volta morto, coloro che non vedevano di buon occhio una serva come Regina si sarebbero fatti avanti.
Perché Merlin, con la sua magia, non l'aveva impedito?

Io ero lontano, allora. Più di quanto possiate immaginare” disse Merlin, intuendo il pensiero che aveva attraversato la mente di Arthur.
E perché lo sappiate, non c'è giorno in cui io non me ne rammarichi, dicendomi che le cose sarebbero potute andare diversamente, forse. Tutto quello che vi sto raccontando, lo scoprii cinque anni dopo la vostra morte.

Mia madre morì, a causa di un'epidemia di peste, un anno dopo di voi. Il regno di Essentir dopo la morte di Cenred, sotto il dominio di Re Lot, conobbe presto la fame e la miseria, che sfociarono ben presto in malattie mortali. Io l'avevo abbandonata e lei era morta, senza che potessi rivederla. Ero disperato. La vostra morte era ancora fresca e la sua fu un duro colpo. Dopo il funerale sono andato a vivere come un'eremita, in una grotta, nelle terre perigliose.” Lo aveva detto con così tanto dolore che gli sembrò di poterlo quasi percepire fisicamente, come un pugno in pieno stomaco. Arthur cercò di ricordare quel nome, dapprima senza fortuna, poi in un'illuminazione ricordò: era un piccolo regno desertico, all'estremo nord dell'isola, ed era pericoloso, molto pericoloso.
Riemersi dalla grotta quattro anni più tardi, a causa di un sogno. Quando ritornai al villaggio in cui facevo il medico, trovai ad attendermi decine di lettere di Gaius, che il mio sostituto aveva conservato per me, negli anni. E così appresi della rivolta di vostro cugino, della guerra, degli attentati a Camelot.
Constantine aveva boicottato tutti i carichi di cibo diretti al castello, scatenando la carestia. Poi toccò alle malattie. Gaius sospettò fino alla fine che ci fosse una magia dietro, che Constantine si servisse di uno stregone, ma non ne fu mai certo.
Di fatto, però, tutti i rinforzi che i regni alleati mandarono vennero trattenuti lontano, da forze misteriose. Percival cadde in un'imboscata e Sir Leon morì per difendere la Regina. L'ultima lettera di Gaius diceva che stavano per barricarsi nel castello, in pochi, mentre aspettavano che la morte li prendesse.”

Deglutì, cercando con tutte le sue forze di non battere le palpebre, per non lasciare che le lacrime scendessero; ma anche Arthur aveva gli occhi lucidi, anche lui soffriva.
Andai subito verso Camelot, lo giuro. Con tutta la velocità che un cavallo potesse raggiungere, corsi, sicuro di poter dare una mano. E invece quello che trovai all'alba, furono solo macerie, ricoperte di fumo e polvere; ho chiamato i nomi di Gaius e Gwen per giorni, ma nessuno rispose mai. Ero arrivato tardi. Camelot era caduta, nessuno era sopravvissuto. Constantine si autoproclamò Re, spostando la capitale del regno nell'attuale Sommerset. In pochi anni la memoria di Camelot sbiadì dalla mente delle persone e divenne mito.”
Arthur tirò un pugno contro la parete, dalla frustrazione, facendo sobbalzare dalla sorpresa Merlin; se fosse stato lì, se avesse potuto difendere il suo amato regno, i suoi sudditi, era certo che avrebbe potuto cambiare le cose.
Merlin lo guardava dall'altra parte della scrivania, con un'aria da cucciolo bastonato, sicuramente addossandosi tutte le colpe. Per quanti secoli lo aveva fatto? Quanto ancora aveva intenzione di dannarsi?

Mi dispiace” lo sentì mormorare debolmente, in un sussurro talmente lieve che poté giurare di avere solo immaginato.

Arthur respirò a fondo, per calmare l'agitazione che si era impossessata del suo corpo da una settimana a quella parte.
E come sono arrivate le leggende a dipingerti come mago di corte, vecchio e barbuto? E saggio?” domandò sarcastico, per spezzare la tensione.
Merlin abbassò lo sguardo, con un sorriso acquoso.

Non sono sicuro. La storia è passata di bocca in bocca, finendo per essere distorta, in maniera irrimediabile. Credo che il Merlin delle leggende sia una sorta di miscuglio di me e Gaius. Ma mi è andata ancora bene, se consideriamo molti altri personaggi” ribatté il ragazzo, mestamente.
Arthur si passò la mano sulle nocche arrossate, poi tornò a guardare il bordo del libro appoggiato obliquamente sullo scaffale.

Voglio andare a Camelot” annunciò con voce mortalmente seria.
Non credo che sia...”
Voglio andare. Anche se non ci sarà più nulla. Sto cercando risposte e nemmeno tu sembri averne” ribatté con foga.
Stava impettito, con le mani strette a pugno, sembrando combattere con qualcosa di più grande di lui. O lei. Merlin ormai non sapeva più con quale pronome riferirsi ad Arthur.

Domani. Vi porterò domani” sospirò, sconfitto dall'espressione decisa dell'altro.
No, andremo oggi!” tagliò corto il Re.


Dieci minuti più tardi, Merlin, seduto dal lato del passeggero, si teneva forte al sedile imprecando nell'antica lingua. Arthur guidava la jeep di Yvonne, come se i segnali stradali fossero solo dei disegni buttati a casaccio lungo la strada; Merlin pensava con nostalgia ai cari, affidabili cavalli che usavano mille anni prima e si pentì di non aver mai pensato di prendere la patente; ma poi, chi avrebbe mai dato la patente ad un vecchio?
Sire, per favore, rallentate” mugugnò con gli occhi mezzi chiusi e il cuore che pulsava spaventato dalle parti della gola.
Chi sta guidando, Merlin? Io. Chi decide l'andatura, Merlin? Io. Adesso dimmi dove svoltare e poi chiudi la bocca” sbottò Arthur, girando il volante con un gesto deciso e urlando epiteti poco gentili ad un'auto che, a suo dire, si era affiancata troppo.
Quando arrivarono, dopo il viaggio di mezz'ora più lungo di tutta la sua vita, Merlin ebbe l'insano impulso di baciare la terra sotto i suoi piedi.

Si trovavano al limitare di un boschetto, poco fuori la città. Vide con la coda dell'occhio Arthur stiracchiare il corpo e respirare l'odore della natura, bagnata di fresco, con un'espressione di pace e nostalgia.
Si addentrarono tra gli alberi.
Non parlarono, presi in pensieri personali, troppo complicati per poterli condividere.
Merlin cercava di ricordare quando era stata l'ultima volta in cui si era trovato così vicino a Camelot, ma non ci riusciva; per quanto si sforzasse, riusciva solo a vedere il fumo lontano, mentre correva, quella maledetta mattina in cui il castello era caduto, in cui era scomparso. 
Arthur camminava a passo spedito, buttando lo sguardo a destra e sinistra, ma niente di ciò che vedeva gli era familiare; non si aspettava che le cose fossero rimaste come allora, -gli alberi non vivono per così tanto tempo-, ma ci rimase male. Sentiva tutto familiare e allo stesso tempo estraneo; non sapeva nemmeno lui cosa provasse, solo un nugolo di sentimenti assurdi, e dava la colpa al suo nuovo corpo, come sempre: lo odiava, lo detestava, lo temeva, così piccolo, così morbido, così fragile.
Uscirono dagli alberi, arrivando in una immensa radura di poco sopraelevata rispetto al terreno sotto ai loro piedi, spoglia e ricoperta di corta erba verde.

Camelot.
Se chiudeva gli occhi riusciva a vedere il fossato, le mura esterne sorvegliate dai cavalieri, le torrette bianche, le persone che si affaccendavano dentro e fuori; poteva sentire gli stendardi garrire nel vento, il vociare concitato dei sudditi.
Ma non c'era più nulla in realtà: solo terra, solo ricordi.

Si diresse verso lo spiazzo, camminando in tondo, seguendo un percorso che esisteva ormai solo nella sua memoria: su per la cittadella, poi nella piazza del castello, nel corridoio del primo piano, diretto alla sala grande; camminò un po', ricordando la tavola rotonda, le ampie vetrate baciate dal sole e poi si fermò, lì dove era stato il suo trono.
Sentiva di avere un mostro sullo stomaco, qualcosa che lo stava divorando e al quale non sapeva dare un nome, che si succhiava via tutta la sua tranquillità; sapeva che solo se fosse tornato nel passato avrebbe potuto ucciderlo e ritornare felice. E si ritrovò a pregare che un portale per la sua Camelot si aprisse sotto i suoi piedi in quell'esatto momento, inghiottendolo insieme a quel dolore.

Merlin lo osservava da lontano, cogliendo con facilità ogni pensiero su quel volto che non conosceva, ma che sapeva leggere perfettamente. E un po' lo spiazzava il modo in cui quel corpo, coi gesti che compiva, non avesse segreti per lui. Si ritrovò a chiedersi se quell'apparenza l'avrebbe attratto, se non fosse stata la nuova reincarnazione di Arthur.
Lui non era mai stato tipo da impazzire per le bionde.
Freya era stata una bellezza scura, mediterranea, niente a che vedere con quei capelli dorati e quegli occhi azzurri, che pure gli facevano perdere un battito.
Aveva davvero perso cinque minuti della sua vita a pensare a quello?
Si mosse, cercando di lasciarsi dietro quegli assurdi pensieri, -si sarebbe premunito di dare qualche altra craniata contro il tavolo, una volta a casa-, e si avvicinò al suo Re, che stava seduto sull'erba ad occhi chiusi con il volto verso il cielo.
Si inchinò, portandosi alla sua altezza.

Mi dispiace” disse con tutta la sincerità possibile. Le parole che seguivano quel 'mi dispiace': per non aver fatto nulla, per aver permesso che accadesse, per non aver protetto il vostro regno, gli rimasero tutte bloccate in gola dal senso di colpa.

Arthur aprì un occhio ceruleo, incorniciato da ciglia lunghissime, puntandolo sul suo valletto, che percepì un po' troppo vicino.
Se ti sento pronunciare un'altra scusa, una sola, giuro che ti punirò, Merlin. Non hai fatto altro che scusarti da quando ci siamo incontrati, come se tutto il dolore del mondo fosse causa tua. E, sinceramente, mi sembra presuntuoso: ti dai un po' troppa importanza” esclamò stizzito, richiudendo l'occhio.
Quell'idiota lo aveva interrotto mentre riviveva una serata piacevole nella sala del trono, una festa divertentissima in cui Gwaine si era giocato un turno di ronda con Percival e poi, ubriaco come pochi, aveva dato spettacolo baciando il poveretto: il pugno del colosso lo aveva fatto accartocciare come una foglia; Elyan si era ribaltato dalle risate, mentre il compassato Leon rideva cercando di darsi un contegno.
Arthur si mise a ridacchiare mentre, senza accorgersene, delle lacrime gli invadevano le palpebre. Deglutì, tirandosi su di scatto e trovandosi così a sovrastare Merlin, ancora accovacciato a terra, rimasto attonito alla vista di Arthur che rideva tra sé e sé. Era un'immagine così bella che l'avrebbe guardata ancora e ancora.

Si guardò attorno con aria delusa: non solo quel posto non gli aveva dato risposte di sorta, ma lo faceva anche star male. E se solo avesse potuto allenarsi, coi suoi cavalieri, anche contro il fantoccio, un po' di quello sconforto sarebbe andato via assieme al sudore e alla fatica.
Merlin” sbottò, mentre si chinava su di lui, spaventandolo; “Che ne è della mia spada?”
Il giovane, impegnato a non pensare ai boccoli morbidi che gli sfioravano il viso, non registrò la domanda immediatamente; rimase a fissare la ragazza per alcuni istanti a bocca aperta, tanto che Arthur mise le mani ai fianchi, in un gesto di impazienza.

Cosa?... La... la vostra spada, Sire?” balbettò non appena il cervello riuscì a connettersi.
Sì, Merlin, la mia fantastica spada, che ricordo fosse con me quando sono morto” urlò, frustrato dalla scarsa attenzione del giovane. Altro che il più grande stregone che avesse mai camminato sulla terra: era un idiota, un inutilissimo idiota.
Io... l'ho affidata a Freya” rispose atono Merlin, senza riuscire a credere di aver appena pronunciato quel nome davanti ad Arthur.
A chi?” chiese oltraggiato l'ex Re.
La sua spada, nelle mani di una sconosciuta. Che peraltro doveva essere deceduta da tempo.

La custode” disse Merlin, quasi con reverenza.
Non ci fu modo di farsi spiegare di più.

Ritornarono alla macchina e tornarono indietro, verso il paese, svoltando però un po' prima, verso sinistra; questa volta Merlin tenne gli occhi spalancati, per agire con la magia in caso di necessità.
La macchina si fermò in una stradina bianca, ricoperta di polvere e sterpaglia. Arthur seguì Merlin, ma le gambe lunghe dell'uomo lo costringevano a tenere un'andatura svelta; mentre prima erano perfettamente uguali, adesso era più basso di tutta la testa e il suo corpo era proporzionato a quella altezza. Stupido corpo femminile, pensò per la centesima e non ultima volta.
Percorsero una strada asfaltata, che costeggiava un lago; Merlin entrò nella cerchia di alberi che lo delimitava dall'esterno e si inoltrò a fondo, per arrivare al lato non visibile dalla strada. Arthur ricordava vagamente quel posto, ma lo aveva visto da lontano, mentre era a pochi passi dal nulla e stretto tra le braccia di Merlin, le sue ultime parole che gli rimbombavano nella testa ormai leggera e prossima all'oblio.

Restate con me... rimani con me.”
Il cuore accelerò un poco, ma si illuse che fosse solo per lo sforzo della camminata.

Si fermarono sulla sponda.
Freya” disse a voce alta Merlin, rivolgendosi al lago. Arthur pensò che fosse impazzito, poi con la coda dell'occhio colse un lieve gorgoglio dal centro della distesa d'acqua.
Freya!” urlò ancora il servitore, emozionato. E continuava a guardare il lago, aspettandosi qualcosa, col viso sempre più corrucciato, via via che i minuti passavano.
Freya?” chiamò per la terza volta, con tono preoccupato.
Merlin” disse una dolce voce, che sembrava parte integrante dello scenario.
Il ragazzo si gettò carponi, sfiorando l'acqua con le mani, lì dove c'era l'immagine di una ragazza. Arthur non riusciva a credere a ciò che stava vedendo: c'era davvero il riflesso di una donna sulla superficie del lago, bruna, molto bella, con occhi dolcissimi e pieni di calore.

Freya” mormorò Merlin, con una voce che Arthur avrebbe potuto giurare fosse soffocata dal sentimento.
Sono contenta di rivederti. Mi sei mancato così tanto” replicò lei, mentre due lacrime bagnavano il sorriso che le illuminava il volto.
Arthur non poteva vedere Merlin, ma avrebbe scommesso la sua corona che avesse gli occhi lucidi; e d'un tratto si sentì di troppo, come se stesse facendo il terzo incomodo tra due innamorati, che si rincontrano dopo molto tempo. Poi, a prendere il posto alla sensazione di imbarazzo, ne sopraggiunse una nuova: una rabbia bruciante sul fondo dello stomaco, che lo destabilizzò; gli sembrò d'improvviso di non sapere davvero nulla di Merlin, che avesse avuto una vita segreta di cui lui non conosceva niente.

Merlin fissava il lago, il lago fissava Merlin, Arthur fissava entrambi, e pregava che nessuno passasse di lì, nemmeno per sbaglio.
Freya, il Re è tornato” annunciò il servitore, come se fosse la notizia più importante del mondo. Lei sorrise alla buffa impazienza di Merlin, con gli occhi più innamorati che Arthur avesse mai visto.
Gueneviere l'aveva mai guardato con quella luce nello sguardo?
Il ragazzo gli fece segno di avvicinarsi.

Sire, questa è Freya, la signora del lago. Ha lei la vostra spada in custodia” le presentò Merlin, con una strana luce di orgoglio negli occhi, difficile dire per chi delle due donne. Arthur notò lo sguardo dello spirito divenire sempre più confuso e allarmato, mentre lo fissava: trovarsi di fronte Re Arthur in un corpo di donna doveva essere davvero assurdo.
Merlin, sei sicuro sia il Re?” domandò preoccupata Freya, le sopracciglia incurvate per lo sguardo serio.
Sì... perché...” la domanda gli morì in gola.
Che ne è della spada?” chiese bruscamente Merlin, schiaffando le mani sull'acqua dall'urgenza di sapere, sollevando spruzzi e gocce.
Freya si era portata le mani al volto, in un gesto disperato di colpa e vergogna.

Io... io l'ho consegnata al Re” mormorò lo spirito in risposta, col volto contrito di preoccupazione.

Merlin si girò ad osservare Arthur, che stava in piedi, con la mascella contratta e i pugni tesi, in piena crisi di confusione.
Cosa diamine stava accadendo?

Questo” e sottolineò la parola indicandolo con foga, “è Re Arthur, Freya! A chi hai consegnato la spada?”
Due giorni fa è apparso un uomo, al tramonto. Poco dopo che tu sei andato via” raccontò la donna, scuotendo la testa, come se non credesse a quello che stava dicendo.
Si è avvicinato al lago e io ho percepito la sua discendenza dai Pendragon. La spada è balzata fuori, richiamata dal suo potere e lui l'ha afferrata, sicuro. Ho creduto davvero che fosse il Re!” si scusò Freya, distrutta dal rimorso.
Difficile dire chi fosse più sconvolto: se Arthur, che pensava a chi fosse il misterioso uomo discendente dei Pendragon, o Merlin, che sapeva che una spada così potente in mani sbagliate poteva portare caos e distruzione. Aveva promesso a Kilgharrah che nessuno, a parte Arthur, avrebbe impugnato la spada e il drago era stato categorico riguardo al potere che possedeva e che poteva letteralmente distruggere Albion e migliaia di persone innocenti, se usata da mani malvagie.
E d'un tratto, l'immagine della sua morte acquistò senso: la spada di Arthur poteva uccidere le creature immortali.
Chiunque la possedesse, era da considerarsi un nemico.




Note:

Buon lunedì a tutti, per quanto queste due parole assieme non stiano mai bene.
Come va? Qua è finalmente arrivato l'autunno e io quindi muoio di gioia! Amo l'autunno! Ma a voi, giustamente, non frega nulla. Ritorno alla ff, vi assicuro.

Dunque: le cose si ingarbugliano ancora e ancora e invece di risolvere enigmi io ve ne do di nuovi. Immaginatemi come un enorme gattaccio dispettoso che vi ingarbuglia il gomitolo di lana in maniera spaventosa: solo alla fine riuscirete a dipanarlo, forse. E me la rido con la mia risata gatta! XD
Scherzi a parte, più problemi ci sono, più la storia si fa avventurosa. E i nostri eroi sono avvezzi alle avventure. E spero che vi piaccia la mia versione del perché Camelot sia diventata mito; ho cercato una spiegazione plausibile.

Grazie ancora a tutti!
A presto
Mimì


  
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