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Autore: Kirara_Kiwisa    17/11/2013    1 recensioni
Volume 2. Seguito di: "Victoria's Memories. Il Regno dei Demoni".
Victoria e Nolan si allontanano prendendo due strade diverse, la protagonista vorrebbe dimenticarlo ma il marchio che il demone le ha imposto le impedisce di essere realmente libera. Pur essendo legata a lui, tenta almeno di affezionarsi sentimentalmente ad una nuova persona. Ma l'amore non può durare quando appartieni al prossimo Re dei Demoni...
"Mi rivoltai verso la persona che mi aveva afferrata, verso Elehandro. Gli saltai addosso, iniziando a combattere e a rotolarmi sotto la pioggia con un vampiro che presentava un buco nel petto.
Nonostante le ferite, alle fine fu lui che riuscì ad atterrarmi. Mi bloccò a terra, sedendosi sopra di me stringendomi forte i polsi [...] Il sangue che perdeva dal petto mi gocciolava addosso, macchiandomi. Qualche goccia mi cadde sulle labbra. Lo assaggiai, anche se non necessitavo di possederlo. Il suo sangue mi stava già crescendo dentro. "
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Victoria's Memories'
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Dopo quella notte io e il capitano smettemmo di evitarci.
Migliorarono anche i rapporti con l’equipaggio, con la parte che non si era convinta nemmeno dopo il salvataggio di Thos. Quei pochi restii ad accettarmi, lo fecero quando macchiai il ponte del mio primo sangue. Sembrava quasi un rito di iniziazione.
Adesso facevo parte della ciurma, avevo ucciso qualcuno della mia razza per difendere una nave di demoni. Pare che avessi dimostrato fedeltà alla bandiera della Gold, senza nemmeno saperlo.
Qualcuno iniziò pure a temermi, dopo lo scontro con il rozzo e sporco pirata prima dell’attacco.
Era stata una notte proficua, avevo ottenuto rispetto e timore in un colpo solo. Per la prima volta dopo tanto, mi sentì soddisfatta.
L’unica che continuava ad odiarmi era Lucyndra. La sorella del capitano non mi voleva sulla nave ed io l’avevo capito. Purtroppo ero costretta a vederla ad ogni turno. La vedevo dovunque andavo. Mi mostrava sempre un ghigno, come se giurasse di uccidermi. Quando incrociavo i suoi occhi, un brivido correva lungo la mia schiena.
Ero abituata ad essere odiata senza motivo, ormai quasi non ci facevo più caso. Ma l’odio che provava quella vampira nei miei confronti, mi era inspiegabile. Non avevo fatto niente, eppure lei mi considerava un pericolo.
 
Una notte salutai Barbas in anticipo, dichiarando che mi girava la testa e avevo bisogno di un po’ d’aria. Mi sedetti nel mio solito posto sul bordo sinistro della nave, poco lontano dal punto in cui ero caduta la notte del mio primo assalto.
Stavo lì, in silenzio. La ciurma si stava dando il cambio del turno e quasi tutti erano in mensa a mangiare. Così avevo il ponte tutto per me. Rimasi sola con i miei pensieri, stringendo il polso che ormai era quasi del tutto guarito dal tentativo di Lucyndra di distruggermi il marchio.
Sospirai, rannicchiandomi sulla balaustra d’oro, con lo sguardo rivolto alle stelle.
Mi piaceva la luce bianca della luna nella notte scura.
Mi sarebbe piaciuto essere una creatura notturna, che poteva vivere solo sotto la luce opaca delle stelle. Di notte ero libera, mentre lui era legato.
Con i miei pensieri finivo sempre lì, a Nolan. Cercavo di dimenticarlo, ma non ci riuscivo. Ogni volta che stavo in silenzio il suo nome mi risuonava nelle orecchie.
Anche quella volta sul ponte, mentre scrutavo l’oscurità infinita dell’oceano. Mi mancava la sua figura che mi stava accanto e mi teneva la mano. Ma lui odiava la notte, pur essendo un demone.
I suoi poteri erano dimezzati a causa dello stesso sigillo che portavo io. Senza saremmo stati troppo forti, incontrollabili, un pericolo pure per noi stessi. Così le nostre ali erano tarpate, le mie di giorno mentre le sue di notte. Un angelo che aveva pieni poteri solo di notte e un demone che ne aveva solo di giorno. Sorrisi, avevano fatto in modo di farci odiare il nostro elemento naturale. Nonostante tutto io e Nolan ci eravamo adattati, riuscendo comunque a conquistare ciò che desideravamo.
Il Cielo e gli Inferi non l’avrebbero avuta vinta con noi, saremmo stati più forti…
- Allora eri qui-
Sussultai, quasi cadendo dal ponte. Il capitano spuntò improvvisamente dalla stiva, salvandomi dal passato e dai pensieri che cercavano di ingoiarmi lentamente.
- Ti cercavo in mensa, non mangi?-
Io scossi la testa, fissando ogni suo movimento. Si sedette davanti a me, sul piccolo bordo del ponte della Gold.
- Non ti vedo quasi mai mangiare-
- In questo periodo…non ho molta fame-
- Sei dimagrita da quando sei salita qui, non ti piace il cibo?-
Me ne ero accorta pure io. Stavo perdendo peso ma non per il cibo.
- No, è buono. Solo che non ho voglia di mangiare-
Il capitano sospirò e fissò il cielo.
- Ti piace stare da sola, eh?-
Io annuì.
- Di solito le persone cercano la compagnia-
- A me non piace stare con gli altri-
- Hai amici?-
Scossi il capo.
- Non ne ho bisogno-
- Un ragazzo?-
Aspettai prima di rispondere.
- Neanche…-
L’uomo tacque un istante. Sembrava che stesse scegliendo la domanda più giusta da farmi, come se ce ne fosse un numero limitato e lui non volesse sprecarle.
- Da chi stai scappando?-
Chiese improvvisamente ed io rimasi sorpresa, gli avevo già spiegato che ero ricercata in due stati.
- Da quelli che vogliono uccidermi-
- E basta?-
Fissai gli occhi neri del demone, non capendo quale risposta si aspettasse.
- Ho parlato con Hunter-
- Cosa ti ha detto?-
Sbottai spaventata.
- Posso spiegare tutto!-
All’uomo scappò un sorriso.
- Cosa vorresti spiegarmi, esattamente?-
Sbiancai, sedendomi compostamente sulla balaustra.
- Niente-
Bofonchiai fissando i suoi intensi occhi neri.
- Cosa ti ha detto Hunter?-
Chiesi, cercando di essere il più calma possibile.
- Che stai soffrendo per amore-
- Non è vero!-
Sbottai arrabbiata, arrampicandomi sul bordo per parapetto fino a giungere a pochi centimetri dal vampiro.
- Io non sono innamorata!-
- Sicura? Spiegherebbe molte cose. La tua fuga improvvisa, la tua mancanza d’appetito…-
- Io non lo amo!-
Affermai, senza riflettere che in questo modo stavo rivelando la sua esistenza. Hyner prese a ridere, io divenni completamente rossa, indietreggiando fino a tornare compostamente al mio posto.
- Si tratta di un demone?-
Domandò, aggiustandosi i lunghi capelli neri mossi dal vento.
Dopo un attimo di titubanza, annuì.
- E come si chiama?-
- Si chiama…Nolan-
Svelai, sospirando.
- Vorresti tornare da lui?-
- Certo che no!-
Urlai decisa, mentre il Capitano sorrideva.
- Allora perché stai piangendo?-
- Cosa?-
Mi posi una mano sulla guancia. Stavo piangendo.
Mi asciugai subito il volto, ero troppo orgogliosa e non volevo passare per una ragazza debole.
- Non posso tornare da lui-
Dichiarai.
- Non tornerò indietro sui miei passi-
Il vampiro rimase in silenzio, fissandomi dolcemente.
- Gli hai detto dove stavi andando, quando te ne sei andata?-
- Non mi troverà-
Assicurai, ricordando le parole dell’angelo caduto.
- Non può farlo. E anche se fosse, non sono preoccupata che sia lui a trovarmi…-
- Respingeremo chiunque tu non voglia ricevere-
Promise il vampiro, sorprendendomi. Alzai lo sguardo verso il suo, spalancando gli occhi d’oro.
- Ti proteggeremo, come tu hai protetto la Gold-
- Ma io non ho protetto la Gold!-
- Lo hai fatto dal primo momento che sei salita-
Risposi al suo sorriso, pur non capendo appieno le sue parole.
- Victoria-
Sussurrò il capitano avvicinandosi a me. Delicatamente l’uomo cercò il mio viso, nascosto dai capelli. Con un dito tentò di farmi alzare il capo e pronunciò ancora il mio nome. Cedetti, alzai il volto verso il comandante e lo guardai.
Non ebbi neanche il tempo di scorgere i suoi occhi che si avvicinò a me, al mio volto.
In un attimo pose le sue labbra sulle mie, con estrema dolcezza. Rimasi bloccata, pietrificata.
Il bacio durò pochissimo, sapeva che poteva toccarmi per poco tempo.
Mi guardò negli occhi e mi asciugò le guancie bagnate con le mani nude.
- Posso aiutarti a dimenticarlo-
Sussurrò il vampiro toccandomi le spalle e avvicinandosi ulteriormente a me, desiderando ancora un mio bacio. Rimasi immobile, senza muovere un muscolo.
Il mio corpo non seppe reagire fino a che il capitano non fu a pochi millimetri da me. Forse perché neanche io sapevo cosa fare.
Alla fine fu il cuore a prendere la decisione, ad avere il sopravvento, eclissando la mente e declinandola da ogni responsabilità.
I tristi sentimenti che ancora provavo per Nolan, decisero per me. Le istruzioni erano chiare ed esse determinarono le mie azioni. Fu l’animo che quella notte, alle quattro del mattino, ordinò al corpo di scendere dal bordo d’oro della nave, scusarsi e andarsene.
Senza rendermene conto, scappai dentro la stiva correndo fino alla mia cabina e chiudendomi dentro. Perché il cuore poteva essere tanto stupido?
Avessi potuto, me lo sarei cavato dal petto con le mie sole mani. Ma non potevo, ormai non era più di mia proprietà. Dovevo riprendermelo prima o poi.
 
Non ricordo l’età precisa in cui mi fu spiegato perché io non avevo la mamma, al contrario degli altri bambini. Non ricordo in che modo riuscirono a farmi capire il motivo per cui dovevo sempre stare in casa, in cosa io ero diversa dagli altri. Non mi ponevo il problema del perché la gente mi odiasse, per me era normale. Ricordo però che soffrì molto, quando uscita in strada mi accorsi che gli altri bambini non erano odiati come me. Essi venivano accarezzati e baciati dai genitori. Pensai che ci fosse qualcosa di strano in loro. Presto mi accorsi che strana ero io.
Non trovavo una spiegazione razionale, io ero l’unica che non veniva mai presa in braccio o abbracciata quando piangeva. Nessuno mi consolava quando cadevo, nessuno mi teneva la mano per attraversare la strada.
Cosa che mi parve ancora più incredibile, gli altri bambini non venivano regolarmente sequestrati dal Concilio o dalla congrega degli Angeli. Non stavano settimane fuori di casa, in una piccola stanzetta blindata piena di persone che li esaminavano e li studiavano. Non venivano portati in un grande tribunale pieno di strana gente che li scrutavano, dovendo decidere se farli vivere o morire. Erano proprio strani. La loro famiglia non cercava mai di ucciderli.
Crescendo, non tentavo mai di conquistarmi l’amore degli altri. Avevo vissuto senza il calore della mia famiglia, non mi serviva quello degli estranei. Non volevo che nessuno mi toccasse, non volevo che nessuno fosse gentile. Se mio padre non mi accarezzava, non volevo che nessuno lo facesse.
Se dovevo combattere giorno dopo giorno contro mia sorella che desiderava uccidermi, ritenevo normale dovermi difendere anche dagli altri. Se lei mi voleva morta, non pretendevo che gli altri mi volessero viva.
Un bambino che cresce nell’amore si aspetta sempre di riceverlo, io ero nata nell’odio e volevo che mi fosse dato solo quello.
Era l’unico sentimento che riuscivo a gestire. Ecco perché mi ritrovavo così impreparata all’amore.
 
Un pomeriggio mi svegliai da un brutto sogno e rimasi ferma, immobile nel letto. Ero parecchio stressata in quel periodo e avevo riunito tutte le mie angosce in un incubo che mi aveva fatto accapponare la pelle. Si dice che non sia possibile sognare la propria morte, eppure l’avevo sognato. Non ero stata capace di difendermi ed ero stata uccisa, sotto gli occhi attoniti di Nolan. Lo avevo sentito urlare, disperandosi per non essere riuscito ad adempiere alla sua promessa. Giacevo a terra e tutto divenne buio. A lungo restò buio, senza che io riuscissi a svegliarmi.
Quando finalmente aprì gli occhi, urlai. Riconobbi la cabina della nave e mi calmai, ritrovandomi fra le lenzuola di seta della Gold. Mi posi le mani fra i capelli. Dopo la paura sopraggiunse la rabbia. Io non ero debole. Non avevo bisogno del cavaliere, o del principe in questo caso, che mi salvasse.
Nel sogno venivo battuta per non saper usare la spada. Decisi dunque di imparare.
Corsi fuori, tranquilla che a quell’ora del pomeriggio nessuno mi avrebbe potuto impedire di imparare la scherma.
Passai per l’armeria e presi da Barbas una delle nuove e leggere spade che il carpentiere aveva forgiato da poco. Trovato Hunter, storse il naso vedendomi con una spada in mano.
- Hunter-
Dissi con il mio solito tono che usavo quando mi serviva qualcosa.
- Hai tempo per una ragazza che ti ammira moltissimo?-
- Tu mi ammiri?-
- Certo, sei uno stregone centenario, tieni a galla l’interna nave e la notte dell’attacco ho visto quanto sei bravo con la spada-
- Stai cercando di dirmi qualcosa?-
Mi avvicinai sorridendo e stringendo l’arma, goffamente.
- Mi insegni?-
- Cosa?-
- Ti prego! Ti prego! Insegnami a tirare di scherma!-
- Perché? Sei una strega, non una guerriera!-
- Anche tu sei uno stregone ma la usi-
Ribattei.
- Ma io sono un pirata, è d’obbligo per me-
- E daaaaaaai!!!! Anche io allora voglio essere un pirata!!-
Il ragazzo si avvicinò a me mettendosi le mani sui fianchi e guardandomi in volto, con gli occhi spalancati.
- Victoria?-
- Sì?-
- Sei sonnambula per caso?-
- Non sto dormendo! Dai! Dico seriamente! Voglio imparare!-
- Va bene, ti insegno. A patto che tu non dica più di diventare un pirata-
Presi a ridere e a saltellare dalla gioia per tutto il ponte. I membri dell’equipaggio mi guardavano straniti, pensando che fossi improvvisamente impazzita. Hunter si mise una mano sul volto, quasi facendo finta di non conoscermi.
- Grazie! Grazie!-
Continuavo a ripetere.
- Quando si inizia?-
Tornai davanti al ragazzo dai capelli marroni, che mi fissò pensieroso e mettendosi una mano sotto il mento. Mi spiegò che era parecchio indaffarato, a breve avremmo attraccato per i rifornimenti. Gli oggetti caricati andavano poi annotati e sistemati, quindi mi poteva dare la prima lezione fra due giorni. Espressi il mio malcontento ma lui non poté accontentarmi.
- Quando arriveremo a questo porto?-
- Credo verso le nove di sera. Perché?-
- Prima delle nove?-
- Victoria-
Mi ammonì con tono di rimprovero ed io smisi di insistere.
- Va bene, va bene. Fra due giorni-
Me ne andai, ma non riuscivo a stare con le mani in mano. Volevo almeno imparare la teoria. Tornai in camera per riporre la spada e guardai l’orologio che avevo sistemato sul comodino. Erano le sei di sera e c’era ancora luce fuori.
Uscì dalla stanza e mi incamminai verso il primo piano della Gold Sea, giungendo in un luogo sperduto dove nessuno quasi ci passava più. Ormai avevo imparato la strada, in poco tempo riuscivo benissimo ad arrivare alla biblioteca.
Come immaginavo, le porte erano aperte. Mi fermai poco fuori, osservando la soglia. Le grandi finestre facevano entrare i raggi del sole che illuminavano il tappeto che ricopriva il pavimento. Mi avvicinai, entrando e calpestando il prezioso persiano. Osservai le poltrone, il tavolo e gli scaffali estremamente lucidi e senza polvere.
- E’ permesso?-
Chiesi avanzando lentamente.
- Oh no-
Sentì una voce provenire da dietro i libri.
- Ancora tu-
- Salve-
Salutai la bibliotecaria che mi fissava con le braccia incrociate. Pareva arrabbiata, soprattutto quando vide che non avevo riportato il libro. Mi sgridò, ricordandomi quanto fosse prezioso e che non dovevo assolutamente sciuparlo.
- Lo tratto bene, non si preoccupi-
Dissi, cercando di far rilassare la donna.
- Ma è così interessante che ancora non sono pronta a riportarglielo-
- Però sei già venuta a prenderne un altro-
Io annuì e mi avvicinai agli scaffali, osservando i vari generi.
- Ho chiesto al capitano, non ha niente in contrario che io stia qui. Credo che sia perché non sono un demone-
La donna sbuffò, venendo verso di me.
- Se te lo ha detto quel demonietto, non posso ribattere. Ma devi sentirti lusingata, non dà a tutti questo permesso-
- Probabilmente è lieto che io le faccia compagnia. E’ dispiaciuto che lei sia sempre sola. Se ho capito bene, siete sposati, giusto?-
Vidi un velo di tristezza calare sul volto della bibliotecaria e pensai di essermi spinta oltre troppo in fretta. La donna abbassò lo sguardo e per un breve istante la sua figura divenne trasparente. Si riprese subito, tornando a fissarmi e aggiustandosi gli occhiali.
- Lo siamo, nonostante questo non viene mai a trovarmi-
- E’ molto occupato signora. Ha un’intera nave da mandare avanti, però vi pensa sempre-
- Lo spero-
Disse sospirando e venendomi accanto. Guardò le vesti che indossavo e credo che gli riconobbe, ma la paura le impediva di collegare. Se ammetteva che quelli erano i suoi vestiti ammetteva anche lei non poteva più metterli. Quindi sicuramente erano solo simili.
- Cosa ti serve?-
Sorrisi.
- Ho bisogno di un volume che insegni la scherma-
- Per principianti?-
Chiese avvicinandosi subito allo scaffale giusto. Salì sopra un piccolo scaleo e raggiunse in fretta l’ultimo ripiano della libreria. Prese un grosso libro blu, lo sfogliò un attimo per essere certa e venne verso di me.
- Questo dovrebbe andare. Vuoi imparare a tirare di spada?-
- Sì, per difendermi nel caso non potessi usare la magia-
- Sei intelligente-
Mi lodò sorridendo.
- Non è dalle streghe ammettere le loro debolezze. Per questo finiscono per morire in massa. La magia non è perfetta, lo sai?-
- Sì, per questo voglio imparare-
Affermai sorridendo e stringendo al petto il libro.
Osservai ancora la biblioteca, ammirando il suo splendore e come al solito la mia attenzione si rivolse verso le porte.
- Per caso, avete un orario di chiusura?-
- Certo, mio marito sarà un vampiro ma io no. Questa biblioteca chiude al calar del sole -
- Peccato-
Dissi io.
- Così il capitano non può mai venirvi a trovare-
La donna sospirò ancora e fissò le grandi finestre, dalla quale entrava la luce.
- Credo che non verrebbe a trovarmi neanche se fosse buio. Sono anni che non entra qua dentro, forse non gli piace più leggere-
- Le manca?-
La bibliotecaria annuì.
- A volte lo sento. Tutte le notti a dire la verità, odo i suoi passi. Sento il suo respiro che si infrange sul legno delle porte, percepisco il suo cuore battere. Il battito leggero di un cuore solitamente fermo, che batte solamente in mia presenza-
Si perse a raccontare.
- Ma non entra mai, non so perché. Eppure io sono qui. Forse è arrabbiato-
- N-No-
Sbottai con la voce strozzata. Mi passai una mano sugli occhi, scusandomi che mi era entrata un po’ di polvere. Di solito non mi facevo toccare dalle storie e dai racconti dei defunti, non volevo neanche parlarci. Avevo paura, anche in quel momento. Sapevo in realtà dov’ero e cosa avevo realmente davanti, comprendevo bene che quella era solo un’illusione. Però non riuscivo a lasciare da sola quella donna.
- Io penso che la ami tanto, lo leggo nei suoi occhi quando parla di lei-
- Davvero?-
- Sì, lo so per certo-
- Potresti farmi un favore?-
Io annuì.
- Se hai tempo, puoi chiedergli di passare…almeno una volta-
Attesi prima di rispondere ma mi mancò il coraggio. Ero solo una codarda.
- Certo e mentre lo aspetta, verrò io farle compagnia. Vuole?-
La donna annuì felice.
Salutai, non riuscendo più a contenermi. Uscì di corsa dalla biblioteca con in mano il libro.
Mi girai un attimo, le porte erano chiuse e sigillate come quella notte con il capitano. Non sapevo perché ma si aprivano solo per me, quando io volevo entrarci.
Mi asciugai gli occhi e tornai nella mia cabina, se iniziavo a farmi prendere dai problemi di tutti gli spiriti che incontravo, per me era finita.
 
Quella stessa notte, alle nove, qualcuno bussò alla mia porta. Mi alzai andando ad aprire, indossando la biancheria intima. Quando vidi il volto del capitano, la richiusi di scatto.
- Devi smettere di venire quando non sono vestita!-
Brontolai.
- Non sei mai vestita!-
Brontolò lui.
- Sono in camera mia!-
Mi giustificai. Lo sentì ridere. Andai ad aprire, vestita accettabilmente. 
- Stiamo scendendo nel porto, speravo che ti andasse di fare una passeggiata-
Erano settimane che non scendevo da quella nave. La Gold Sea aveva attraccato sempre di giorno, quando io dormivo. Era la prima sosta fattibile anche per il capitano e pareva proprio di buon umore.
Acconsentì, raggiungendo dapprima il comò con lo specchio per aggiustarmi un po’. Non volevo scendere nelle stesse condizioni di un mozzo, volevo essere bella. Indossai qualche gioiello che trovai e mi misi un rossetto nero sulle labbra.
Pettinai i capelli corti e posi il mio anello vicino al comodino.
- Mi dispiace…per i capelli-
Ammise il vampiro, per la prima volta. Mi voltai sorpresa, fissandolo.
- Non importa-
Rivelai.
- Mi piacciono anche così. E poi lo meritavo, ho messo in pericolo la nave-
- So che non sei stata tu-
Affermò l’uomo, facendomi sobbalzare. Mi volsi verso di lui preoccupata. Adesso non avevo più una merce di scambio per far tacere Hunter.
- Hunter me lo ha detto, ti sei fatta avanti per proteggere quell’uomo-
Strinsi i pugni, furiosa. Mi aveva fregata, adesso poteva correre a dirgli del marchio quando voleva.
- Ti ha detto altro?-
- C’è altro?-
Chiese il Capitano, preoccupato.
- Certo che no!-
Sbottai, finendo di truccarmi. Lasciai il comò raggiungendo la sua figura, notando che si era bloccato davanti al tavolino dove avevo lasciato il volume della scherma.
Senza riuscire a dire una parola si avvicinò al libro, lo toccò titubante. Lo prese fra le mani rigirandolo più volte, squadrandolo intensamente, non potendoci credere.
- Sei entrata di nuovo in biblioteca?-
Chiese fissandomi negli occhi. Io annuì.
- Ma si può sapere come fai?!-
- Non lo so-
Ammisi avvicinandomi lentamente.
- Nessuno può rompere l’incantesimo della porta! Neanche il Re dei Demoni in persona potrebbe! Mi dici tu come puoi farlo?-
Continuò l’uomo agitandosi. Non era arrabbiato con me, solo non si capacitava di come io potessi entrare in un luogo che ormai non esisteva più e prendevo libri che in quella stanza non c’erano ormai da anni.
- Questo volume…-
Mi spiegò.
- Andò perso molto tempo fa, distrutto dal fuoco e tu lo hai trovato nella biblioteca?-
Annuì ancora.
- Io non credo di spezzare il suo incantesimo, penso di passarci attraverso-
- Ma come è possibile?-
- Non lo so, ma ho capito che posso entrarvi solo di giorno. Basta che io arrivi in quel corridoio e le porte sono spalancate-
Il vampiro non rispose e si sedette sul mio letto, fissando il pavimento. Ci fu un attimo di silenzio, prima che riuscisse a trovare il coraggio per pronunciare le parole successive.
- E…E lei?-
- Lei è lì. Ti aspetta-
Affermai sedendomi di fianco al capitano che ancora stringeva il libro fra le mani. Sorrise.
- Sono io che aspetto lei-
- E’ bloccata, non può uscire da quelle porte. Non può venire da te-
- E’ colpa del mio incantesimo?-
Io scossi la testa.
- Lo sai benissimo perché Capitano. Lei è morta là dentro e tu non l’hai mai spostata, al contrario l’hai sigillata, per proteggerla-
Il vampiro si pose una mano sugli occhi e rimase così per qualche minuto. Anche i demoni si scioglievano davanti all’amore.
- Cosa posso fare?-
- E’ difficile, lei non ricorda cosa è successo. Non sa che la sua vita è già terminata. Però ti aspetta e non vedendoti crede che non l’ami più-
Lo sentì respirare forte. Non si tolse ancora la mano dagli occhi, al contrario rimase così, immobile. Non riuscì a darmi una risposta, non poteva rimanere legato ad una donna morta. Sicuramente aveva già avuto altre donne dopo di lei, se fosse rimasto legato al passato sarebbe stato distrutto da esso.
Però le voleva bene, dopo centinaia di anni che l’aveva persa, non smetteva mai di pensare a lei.
- Io non posso vederla?-
- Non potete vedere quello che vedo io, però potete vedere quello che c’è realmente in quella stanza. Lei vi sentirebbe, ascolterebbe le vostre parole-
- Non posso entrarci-
- Per l’incantesimo?-
- No. Perché crollerei-
Tacqui, cercando una soluzione migliore.
- Tu ogni notte passi davanti a quelle porte e lei sente il tuo cuore battere, il tuo respiro-
- Il mio cuore non batte più da tempo-
Spiegò, con una smorfia di dolore.
- Il cuore di un vampiro batte solamente in compagnia della persona che ama-
Espose. Sorrisi, ricambiando il suo sguardo amareggiato.
- Capitano, parla a quelle porte come se stessi parlando a lei. Le farai compagnia-
L’uomo annuì, con gli occhi arrossati, dicendo che quello poteva farlo. Gli accarezzai una spalla per incoraggiarlo. Sapevo che ne sarebbe stato capace, doveva solo farsi forza.
- Victoria, potresti continuare ad andare da lei? Giusto per farla sentire…meno sola?-
- Sarà un piacere, Capitano-
- Ti ringrazio-
Disse, avvicinandosi a me ancora di più. Eravamo già molto vicini, ma lui con il capo volle raggiungere il mio viso. Capì le sue intenzioni e rimasi bloccata come la prima volta. Il suo fascino, la sua bellezza mi impedivano di reagire. I suoi capelli neri lasciati sciolti sulle spalle, il viso scolpito nel marmo e delicato come la luna, gli occhi intensi come la notte.
Perché i demoni dovevano essere così belli?
Lasciai che l’uomo raggiungesse le mie labbra, accarezzandole con le sue. I nostri baci non potevano durare molto, dovevano essere presenti dei piccoli intervalli. Durante questi il capitano accarezzava il mio collo con la mano coperta dal guanto bianco, mi prendeva le spalle facendomi sentire piccola in confronto a lui. Mi avvolgeva completamente, dandomi una sensazione di sicurezza.
Non mi lasciava respiro, tornava subito a baciarmi ed io mi preoccupavo per la mia temperatura. Una parte di me rifiutava quelle attenzioni, non ero dunque in grado di compiere la magia che per poco avrebbe abbassato il mio calore corporeo.
Chiusi gli occhi. Dentro la mia anima stava avvenendo una furiosa lotta fra il passato e il futuro, i sentimenti e la ragione.
Le sue mani correvano veloci lungo il mio corpo, quasi volesse impararlo a memoria.
Improvvisamente mi spinse verso il letto, facendomi stendere completamente. Durante quei brevi baci, cercava di eludere le mie vesti. Con le labbra voleva tenere la mia mente occupata, quasi desiderasse che io non mi accorgessi di ciò che voleva fare.
Capivo anche troppo bene, ma non riuscivo a ribellarmi.
Continuava a percorrere le mie gambe, il mio petto e forse avrebbe voluto che anch’io lo abbracciassi. Al contrario rimanevo immobile, sul letto, incapace di accettare o di rifiutarmi.
In stallo.
In un attimo si tolse la giacca e fu già mi più libero di abbracciarmi. Io toccai la sua delicata e leggera camicia bianca di seta. Oltre quella, il suo petto.
Respirava pesantemente, sopra il mio corpo. Il suo cuore aveva ripreso a battere. Sussultai spaventata a quel tambureggiare nel suo petto, anche il Capitano se ne accorse. Parve accusare un senso di pesantezza, respirò profondamente catturando l’aria come se i suoi polmoni non lo facessero da centinaia di anni. Un sorriso smagliante comparve sul suo volto, luminescente quanto i suoi occhi. Mi fissò, mentre questi brillavano. Lui mi amava. Sorrisi, tornando a toccargli il petto.
Il cuore gli batteva forte, come un ragazzino che viene folgorato dall’amore per la prima volta.
Improvvisamente, mi sentì anch’io travolgere dalla sua stessa passione.
Mi baciò il collo, facendo attenzione. Stavo diventando sempre più calda ma pareva piacergli, come se fosse stata una sfida fra la mia temperatura e lui.
Sentì scorrere le sue zanne sulla mia pelle e un brivido mi percorse la schiena. Sapevo che non lo avrebbe fatto, non ancora almeno. Probabilmente se avesse morso, saremmo morti entrambi.
In quel momento però, accarezzata da quelle mani così forti e grandi, stesa sotto di lui, non mi pareva una brutta morte.
Quando percepì che il suo corpo era ormai pronto per portare a termine i suoi desideri, io aprì gli occhi. Se desideravo fermarlo, quello sarebbe stato il momento giusto. Gli occhi neri di Hyner incrociarono i miei, mi sorrise dolcemente, accarezzandomi il volto.
- Te lo farò dimenticare-
Promise.
Chiusi gli occhi, abbassando la mia temperatura corporea. Era il momento di riprendermi il cuore.
 
Uscimmo separatamente dalla cabina, lui promise di aspettarmi sul ponte mentre io dovetti vestirmi e truccarmi daccapo.
Mi presentai sotto la luce della luna, invisibile agli uomini occupati a scendere sulla terra ferma.
Hyner era lì, appoggiato sulla balaustra intento a fissare il porto. Rimasi bloccata qualche istante sulla porta, fissandogli la schiena. Si girò un attimo prima che io lo chiamassi, come se mi avesse sentito. Mi sorrise, facendomi cenno di scendere con lui, al suo fianco. Feci istintivamente un passo avanti, quando notai Hunter a pochi metri da me, indaffarato nello scarico di alcuni bauli.
- Andate avanti-
Dissi rivolta al Capitano.
- Vi raggiungo subito-
Mi avvicinai allo stregone, mentre il vampiro mi precedeva. Lo affiancai osservandolo attentamente, non sapendo neanche come esordire.
- Ciao-
Dissi goffamente.
- Ciao-
Rispose questo sorridendomi.
- Che fai?-
- Scarichiamo in porto alcune cose che abbiamo beh…preso in prestito nell’ultimo arrembaggio. Per venderle-
Chiarì. Io annuì, tentando di trovare il coraggio per arrivare dritta al punto.
- Hunter ti posso parlare un secondo?-
Lo convinsi ad allontanarsi dai compagni, ad abbandonare la fila dello scarico merci e ad appartarsi con me dall’altro lato del ponte. Il ragazzo mi fissò attentamente, incuriosito.
- Hunter…perché hai detto al Capitano di Thos?-
Non so quale risposta mi aspettassi. Probabilmente il mozzo aveva solo voluto togliersi un peso sullo stomaco, ma qualcosa mi diceva che c’era più di questo.
Il sorriso sul suo volto incrementò, trasformandosi in una smorfia maligna mentre abbassava lo sguardo per strofinarsi leggermente il naso.
- Per averti in pugno-
Rispose in fine, rialzando lo sguardo verso di me. Indietreggiai, spaventata. C’era di nuovo quell’ombra nei suoi occhi.
- Adesso non hai niente con cui ricattarmi, niente. Mentre io sì-
Rimasi ammutolita, a bocca aperta innanzi a quello sconosciuto. Non c’era niente in lui del ragazzo che avevo imparato a conoscere. Lo stregone che avevo incontrato appena salita sulla nave, quello che mi aveva salvato dalle grinfie dei suoi compagni, era sparito.
- Ma cosa ti prende?-
Domandai, del tutto impotente.
- Perché lo stai facendo? Pensavo che fossimo amici-
- Amici?-
Ripeté divertito.
- Tu mi hai mentito fin dal primo momento-
Ricordò, puntando al marchio sul mio polso.
- Stai mettendo in pericolo la nave con la tua presenza qui e francamente…-
Affermò, avanzando ulteriormente verso di me.
- Non so cosa mi trattenga dal denunciarti seduta stante-
Sbiancai, trovandomi a pochi centimetri dai suoi grandi occhi nocciola, così colmi di rabbia e odio.
- Ah no, aspetta. So perché non l’ho ancora fatto-
Continuò lo stregone ridendo.
- Forse perché da adesso in poi il Capitano avrebbe qualche riserva nel credermi, siccome sei andata a letto con lui-
Indietreggiai, sbattendo le spalle contro il muro.
- E tu…come…?-
- Sei stata abile nel portarlo verso di te in quel modo ma sappi che non è finita. Io non ho ancora perso-
Proferì lasciandomi lì, pallida e senza riuscire a respirare. Lo osservai allontanarsi con il cuore che batteva all’impazzata. Parlava come se la nostra fosse una qualche sorta di sfida, di partita. Io non volevo vincere, non stavo certamente cercando di vincere.
Scattai nuovamente verso di lui, raggiungendolo prima che potesse tornare con i compagni a scaricare le casse.
- Hunter-
Chiamai.
- Tu stai male-
Sbottai, fissandolo negli occhi a mezzo metro di distanza.
- Hai qualcosa che non va ed io dovrò dirlo a qualcuno prima o poi-
- Provaci-
Sfidò il ragazzo con uno sguardo di ghiaccio.
- E sei morta-
 
Non riuscì a trascorrere piacevolmente il tempo sulla terraferma. Continuavo a pensare ad Hunter, alle sue parole, ai suoi occhi. Questi mi comparivano innanzi ogni qual volta fissavo il Capitano, così intento a farmi da guida in un porto che forse vedeva per la centesima volta. Non mi prese mai per mano durante il cammino, mi restò semplicemente al fianco, proteggendomi con la sua figura dagli sguardi degli altri pirati che frequentavano quel paese formato da sole taverne e ostelli.
Mi condusse a mangiare forse nel locale più pulito e decente, per quanto fosse possibile in un covo di pirati provenienti da ogni parte del Regno dei Demoni. Vestita da pirata, lo seguivo silenziosamente ascoltando ogni sua parola. Le mie orecchie stavano ascoltando, il resto pensava ad altro. Il cuore continuava a dolermi, domandandomi se avessi dovuto dire qualcosa, chiedere aiuto.
- Tutto bene?-
Domandò il vampiro seduto a tavola, senza toccare cibo. Non ordinò niente. Il locandiere gli portò solo un calice colmo di un liquido di colore rosso intenso, dopo che Hyner gli aveva sussurrato qualcosa all’orecchio.
- Mi è stato detto che qui il cibo è buono. Era forse una menzogna?-
Inizialmente non capì a cosa si stesse riferendo. Abbassando lo sguardo mi resi conto, forse per la prima volta, di avere innanzi due grandi salsicce accompagnate da un delizioso purea di patate. Nelle mani tenevo una forchetta, con la quale avevo semplicemente stuzzicato il cibo.
- Perdonami-
Sbottai, lasciando la posata di fianco al piatto. Mi posi entrambi le mani sugli occhi, cercando di riprendermi.
- Sono certa che sia tutto buonissimo solo che…-
- Il posto ti mette a disagio?-
Domandò ancora l’uomo. Mi guardai intorno. Eravamo circondati da grossi e rozzi pirati che non facevano che bere, mangiare rumorosamente, cantare, urlare e giocare con le loro armi. Ogni tanto partiva un colpo verso il soffitto e tutti facevano un brindisi. Sorrisi, stranamente non mi infastidivano. Il loro rumore riusciva a colmare il vuoto e il silenzio che provavo dentro di me.
- No, è…rustico-
Risposi.
- Non si tratta di quello, sono preoccupata-
Rivelai, non riuscendo a tacere.
- Per cosa?-
Chiese impensierito il vampiro.
- Se ti riferisci a quello che è successo…-
Si bloccò, forse non sapendo come terminare la frase.
- No!-
Sbottai, ponendo le mani in avanti.
- Voglio dire…sì, forse. Ma no, non è per quello. Cioè, pensandoci…-
Divenni completamente rossa e lui rise per questo. Rise di gusto, portandosi una mano davanti alla bocca e abbassando lievemente il capo. I lunghi capelli gli coprirono il volto per un attimo. Quando tornò a guardarmi mi accorsi di arrossire ancora di più, questa volta per un motivo diverso.
- Sei incredibile-
Affermò.
- Riesci a sdrammatizzare ogni momento imbarazzante-
- Non lo faccio apposta-
Mugolai, come una bambina piccola che improvvisamente si dimentica come essere grande.
- Victoria-
Continuò il vampiro, tornando serio. Protese una mano verso le mie, afferrandole dolcemente con i suoi candidi guanti.
- Non vorrei mai fare qualcosa che possa metterti a disagio-
Affermò, facendomi sprofondare nei suoi intensi occhi neri.
- Quello che è accaduto, fra di noi, non vorrei che ti condizionasse. Non vorrei mai, che tu possa pentirtene-
Rimasi paralizzata, davanti al suo volto, davanti all’intero universo che potevo scorgere nel suo sguardo. Dimenticai quello che mi stava affliggendo, scordai completamente il motivo per cui avessi perso l’appetito. C’era qualcosa di più importante di cui mi dovevo occupare.
- Non lo farò-
Rispondendo d’istinto, dando voce al primo sentimento che provai dentro di me.
- Non mi pentirò di quello che ho fatto-
 
Tornati alla nave, ricordai ciò che mi aveva preoccupato per gran parte del tempo. Stava per sorgere l’alba e il Capitano mi salutò discretamente, allontanandosi il prima possibile dai raggi del sole ormai imminenti. Hunter sedeva sulla balaustra, fissando l’orizzonte e il suo chiarore. Come un felino, cercai di attraversare il ponte senza essere vista, sperando di arrivare alla mia camera senza dover affrontarlo ancora una volta.
- Victoria!-
Mi chiamò, congelandomi. Mi bloccai, voltandomi lentamente con i brividi lungo la schiena.
- Com’è andata? Ti sei divertita?-
Domandò il ragazzo raggiungendomi saltellando, spiazzandomi completamente. Ammutolì, incrociando il suo volto luminoso che aspettava una risposta.
- E’ stata una brutta serata?-
- No-
Sbottai.
- Sì, cioè no-
- Stai bene?-
Aprì la bocca, cercando di dar voce alle parole. Esse mi morirono fra le labbra, incredula di ciò a cui stavo assistendo.
- Hunter ti senti bene?-
- E’ quello che ho chiesto io a te, sciocca-
Affermò il ragazzo, ridacchiando.
- Sembra che tu abbia visto un fantasma-
Ancora una volta non risposi, lo fissai fino a che l’alba non fu sorta del tutto. Hunter allora si voltò verso il mare, sorridendo.
- Dovresti essere felice di essere scesa. Io sono centinaia di anni che non scendo sulla terraferma-
Sussultai, ricordando solo allora che lui era bloccato sulla nave.
- Tu non sei sceso…nemmeno una volta?-
- Non da quando ho riportato la Gold in superficie-
Rivelò, nascondendo la sua tristezza dietro un gigantesco sorriso.
- Ti manca? La terra ferma intendo-
- Ogni tanto. Ormai non ricordo più l’odore dell’erba o della terra. A malapena mi ricordo la forma di un fiore. Sembra una vita che non cammino su un sentiero e mi perdo in un bosco-
- Perché?-
Chiesi tristemente
- Perché lo fai?-
Il ragazzo trovò strana la mia domanda.
- Beh…altrimenti la Gold e tutto ciò che vi è sopra tornerebbero sugli abissi-
- Ma perché proprio tu?-
Continuai.
- Perché mai hai preso sulle tue spalle un peso del genere?-
Hunter smise di sorridere per un attimo, perdendosi nei ricordi.
- Ho un conto in sospeso con il Capitano, sto solo ripagando il mio debito-
- Per l’eternità?-
- Mi salvò la vita, adesso la voglio usare per tenere a galla il suo sogno-
Raccontò, tornando a sedersi agilmente sulla balaustra.
- Questa nave?-
- La nave che sua moglie adorava-
Mi spiegò guardandomi negli occhi.
- La Signora adorava le leggende antiche e il suo sogno era poter vedere navigare questa nave. Il sogno del Capitano è diventato dunque quello di realizzare il sogno della moglie-
- E tu…?-
- Io ero un cacciatore di taglie-
Sbottò il ragazzo improvvisamente facendomi sussultare. Rise, notando la mia reazione.
- Sì, non sono sempre stato un pirata. Il nome Hunter poi non è a caso, mi fu dato per la mia bravura. Non c’era criminale che non riuscivo a catturare. Tutti tranne il Capitano Hyner. Lui è quello che mi ha stroncato la carriera-
Disse ridendo.
- Non eri troppo piccolo per fare il cacciatore di taglie?-
Hunter sorrise ancora.
- Trecento anni fa era diverso. Il mondo era un posto più pericoloso. I confini non erano così delineati e, per gli stregoni, i demoni rappresentavano un vero pericolo. Chiunque ne fosse in forza doveva combatterli, io scelsi di farlo a pagamento-
Scoppiò a ridere ed io lo seguì.
- Il Capitano ti sconfisse?-
- Già. E lo fece anche alla grande. Non sai quanto sia forte quell’uomo, possiede una energia mostruosa. Ma anche un gran cuore. Invece di uccidermi volle tenermi nella sua ciurma, non ho mai capito perchè-
- Così tu gli ripaghi il favore-
- Solo uno stregone può adoperare questo incantesimo. Se anche il Capitano mi tenne in vita solamente per questo, non ha importanza per me. Lui mi ha permesso di vivere ed io voglio permettergli di navigare-
I suoi occhi si illuminarono a quelle parole, scacciando tutta la tristezza e la fatica. Sorrisi, riconoscendo finalmente in lui il ragazzo che mi aveva accolta nella ciurma.
Mi scappò uno sbadiglio, dalla stanchezza. Hunter sorrise e mi lasciò andare a dormire, dandomi appuntamento per imparare a tirare di scherma appena avesse potuto. Mi congedai da lui, sperando di non rivedere mai più l’ombra che stava continuando a divorarlo lentamente.
  
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