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Autore: Lachelle Winchester    17/11/2013    4 recensioni
Come reagireste se un Dalek interrompesse una normale giornata di lezione e una strana cabina blu comparisse nella vostra scuola?
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 10, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elizah and the Doctor'
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Capitolo 2: Fidarsi di un Signore del Tempo

Dieci minuti dopo quello strano incontro, mi avviai a passo lento in classe, frastornata, aspettandomi uno di quei richiami che la cara professoressa riservava solo a me. Non saprei dire quanto durò, ma ricordo ancora benissimo quei lunghi baffi scuri sulle sue labbra che si muovevano ad un ritmo veloce.
« In classe si torna subito, nessuno deve perdere le mie spiegazioni. Io so cose che nessun professore conosce, io ho studiato più di tutti in questa scuola e gli altri non vi dicono quello che vi dico io. Quella che vi dico io è alta psicologia, non è scritta in nessun libro, ma dubito che il vostro quoziente intellettivo vi permetta di comprendere questo. » il modo in cui si vantava era disgustosamente patetico.
Avrei voluto tirarle quei baffi lentamente, ma mi costrinsi a rimanere in silenzio e a tornarmene al posto, e le sue ore di lezione furono una tortura infinita, interrotte soltanto, mezz'ora prima che suonasse la campanella, da una scossa di terremoto violenta. Avvertii un leggero tremolio dei banchi che man mano diventava sempre più intenso e frequente. Le ragazze nella mia classe avevano cominciato a gridare, spaventate, mentre la professoressa cercava di mantenere la calma e tenerle a bada, impazzite dopo aver sentito un boato nell'edificio accanto. Pochi secondi e tutto tornò immobile, non c'erano più scosse ma l'istituto era nel caos; ragazzi e professori correvano da una parte all'altra della scuola, i primi per scappare e questi ultimi per cercare di mettere ordine, compreso la nostra professoressa che cercava ad ogni modo di tenerci in classe.
« Non è successo niente, è finito tutto. Dovete stare sedute, gli altri devono vedere come io ho tutto sotto controllo. » gridò mentre afferrava una ragazza per la giacca per farla tornare in classe. « Bimbette, vogliamo andare dalla preside? E' finito il terremoto, non perdiamo altro tempo. ».

Dalla finestra si vedevano gruppi di ragazzi che scorrazzavano per il cortile della scuola, insegnanti che li tenevano insieme per riunirsi all'entrata del plesso principale, per assicurarsi che tutto fosse a posto ed essere sicuri di poter rientrare. Mi guardai intorno e vidi che anche altre ragazze erano rimaste in classe, vidi la preside parlare con alcuni professori, poi il mio sguardo si posò in direzione del giardino, dove avrebbe dovuto essere la cabina blu dov'ero stata poco prima, ma non c'era più e al quel punto una sensazione di vuoto pervase il mio corpo. In pochi minuti vissi troppe emozioni contrastanti; passai dall'ipotesi di essermi immaginata il Dottore alla consapevolezza che quell'uomo, con l'abito blu e le belle converse rosse, fosse reale e ne ebbi la conferma perché anche la mia classe lo vide. Non era frutto della mia fervida immaginazione, e per quanto pazzo possa essere un uomo, non era possibile che si fosse messo in ridicolo avanti ad un'intera classe e una persona adulta, per quanto il tricheco coi baffi più vanitoso del mondo possa essere considerata adulta.
Entrò spalancando la porta, dopo aver controllato tutto il plesso ed aver fatto uscire fuori i ragazzi e gli insegnanti, ma non immaginava minimamente con chi dovesse avere a che fare per farci uscire dalla nostra classe.
« Dovete uscire tutti. » furono le sue prima parole. Si voltò a guardare la professoressa, che lo fissava a braccia incrociate.
« Giovanotto, non ti immischiare. » questa si alzò in tutto il suo metro e dieci e si diresse verso la porta.
« Mi ascolti signora, siete in pericolo. Non c'è tempo da perdere. » continuò lui frettoloso, mentre guardava fuori dal corridoio.
«E qua questo facciamo, ci allarmiamo e poi vogliamo comandare, eh? » riprese lei, col solito tono sprezzante.
« Dovete evacuare l'edificio immediatamente, è pericoloso! » sbottò voltando lo sguardo verso di me.
Mi sentivo in colpa per non avergli dato fiducia, sembrava così buono ma non riuscivo a fidarmi di nessuno, anche se lui sembrava diverso.
« Lei chi è per immischiarsi? » gli chiese la professoressa, rimanendo con le braccia incrociate e muovendo il piede a terra, ad un ritmo frenetico.
« Sono il Dottore. » disse, guardandomi ancora.
« E io sono la professoressa. » precisò lei, che non aveva capito che "Dottore" era il suo nome.
Avevo cominciato ad accettare l'idea che quel momento era avvenuto davvero. L'insegnante aveva la solita espressione fiera, segno che stava per fare sfoggio del suo curriculum educativo. « Ho due lauree in filosofia, una in scienze umane, ho studiato anche medicina quando... ».
La sua voce monotona risuonava nell'aula come un ronzio di sottofondo, mentre alcuni alunni bisbigliavano un "Ora comincia" e il Dottore si guardava intorno, rivolgendomi più di qualche volta uno sguardo penetrante.
« Quindi non ci serve un dottore. » concluse lei, dopo un paio di minuti.
Il Dottore continuava a fissarmi, capii che voleva il mio aiuto perché non riusciva a convincere la professoressa.
« Ragazze, fate come vi dice. » le parole uscirono dalla mia bocca prima ancora che potessi pensarle. « Su, forza, dobbiamo uscire di qui e avvisare le altre classi. » le esortai a camminare fuori dalla porta.
Vidi di sfuggita il Dottore sorridere e questo mi fece sentire meglio.
« Bimbetta, vogliamo andare dalla preside? » la donna si mise avanti all'entrata, ma volevo dimostrare al Dottore di valere qualcosa, così mi opposi.
« Non credo ce ne sarà la possibilità se non diamo ascolto al Dottore. ».
« Ma quale dottore? Qui siamo a scuola, non in ospedale .» mi rispose col solito disprezzo.
Il Dottore mi guardò e mi indicò la finestra con lo sguardo. Uno di quei Dalek che mi aveva mostrato, e che precedentemente avevo visto in giardino, si avvicinava al nostro plesso, seguito da un altro paio di suoi simili. Un brivido mi percorse tutta la schiena quando sentii il Dalek che guidava gli altri parlare la mia lingua; non era più quel suono meccanico che avevo sentito poco prima, ma capivo benissimo quello che diceva.
« Non era un terremoto; sono arrivati rinforzi dopo che il Dalek ha distrutto un'intera ala della scuola e dovete uscire prima che raggiungano anche questa. » mi informò lui, facendo uscire tutte dalla mia classe.
« La generazione di oggi. Per uno stupido giocattolino fanno tutto questo chiasso e cominciano a farneticare. Vogliamo fare sempre le pecorelle smarrite? » la voce di quella donna era davvero fastidiosa, più del solito; neanche nei momenti di pericolo riusciva a stare zitta e a scendere dal piedistallo.
« La vuole chiudere quella cavolo di bocca una buona volta? » gridai con quanto fiato avevo in gola, senza riuscire più a trattenermi.
Non sapevo cosa mi era preso ma non mi ero mai sentita meglio in vita mia. « Lui è il Dottore, sa quello che fa. Dobbiamo fidarci di lui, senza che capiate. Evidentemente il vostro quoziente intellettivo non arriva a questi livelli. » conclusi, uscendo dalla porta per seguire le altre.

Dopo aver fatto uscire la mia classe dall'istituto, il caos aumentò perché tutti notarono l'arrivo dei Dalek e cominciarono ad andare in panico. Tutto ciò che riuscii a fare fu far uscire tutti, poco alla volta, passando inosservati da quegli esseri. Mi sentivo completamente a mio agio in quella situazione e non riuscivo a non pensare a quanto fossi felice che il Dottore fosse reale. Ripetevo tra me la conversazione che avevo avuto con lui, pensai a quanto potesse essere bello viaggiare nel tempo e nello spazio, visitare pianeti e vivere belle avventure tutti i giorni.
Mi fidavo di lui, non sapevo perché, ma non riuscivo a smettere di pensare che avrei potuto chiedergli di portarmi da qualche parte con lui qualche volta. Lo cercai per tutta la scuola e ad un certo punto ebbi anche paura che se ne fosse andato. I Dalek continuavano ad avanzare e ripetevano continuamente "Sterminare" in tono minaccioso e deciso, quasi come se fosse un ordine, come se si esortassero a vicenda. La pioggia riprese a scendere lenta, ogni tanto qualche tuono rimbombava, facendomi sussultare ogni volta tanto che ero immersa nelle mie fantasie, mentre cercavo di raggiungere il Dottore che sembrava essere scomparso nel nulla e con lui anche la cabina.
Quando tornai in classe non era lì, né in nessun corridoio; era completamente scomparso, nessuno l'aveva visto ma non persi la speranza e cominciai a cercare nei posti più insoliti, mentre sentivo l'avanzata dei Dalek in lontananza. Ero arrivata dietro la scala a chiocciola, accanto ai bagni del primo piano, quando rividi la cabina blu. "Il TARDIS" pensai, emanando un suono di stupore, e non ci ripensai due volte prima di rientrarci.
Il Dottore era lì, chino su una scatola rettangolare di un marrone chiaro, con due cinture più scure in pelle che terminavano con una serie di fori per potersi incastrare.
« Dottore, i Dalek si stanno avvicinando ma sono riuscita a far uscire la maggior parte delle persone. » parlare con lui mi venne spontaneo e andavo avanti e indietro, girando intorno ai comandi della cabina ed osservando ogni suo particolare mentre parlavo.  
« Non stai ferma un attimo. » disse voltandosi, dopo essersi sistemato gli occhiali.
« Ho problemi a gestire la mia iperattività. » confessai, ma volevo fare qualcosa, non parlare di me. « Stavo pensando, non posso darti una mano con i Dalek? ».
« Come hai cambiato idea? » mi chiese, alzandosi dopo aver preso dalla scatola un oggetto tondo, simile ad un disco ma più spesso, di un colore rosso acceso.
« Ho pensato che anche Clark Kent è un alieno ed è un supereroe. » come al solito io riuscivo a parlare solo citando le cose che mi piacevano; lo facevo per sentirmi a mio agio e fui felice quando mi sorrise, facendomi comprendere che conosceva Superman. « E tu mi ispiri fiducia. Hai delle belle scarpe, e non credo che tu mi stia prendendo in giro. » conclusi.
« Mi passeresti quel cacciavite sonico? » mi chiese, indicando un oggetto lungo e piuttosto sottile con la punta bombata blu. Aggiunsi anche quello alla lista di domande che dovevo fargli.
« Quei Dalek, io prima li ho sentiti parlare. Quando questa mattina ne ho visto uno ho sentito solo un rumore meccanico e invece prima li sentivo parlare. » gli passai il cacciavite mentre cominciavo a fargli domande a raffica, presa dalla mia solito curiosità, anche se quello era l'evento decisamente più interessante della mia vita.
« Sei entrata nel TARDIS, adesso puoi tradurre quasi tutte le lingue. » puntò il cacciavite sull'affare tondo e questo si illuminò, riflettendo la luce blu emanata dal cacciavite.
« Allora, adesso che mi fido di te, e non mi succede spesso, che facciamo? » gli chiesi, avvicinandomi cauta a lui.
« E' troppo pericoloso. Se vuoi fare qualcosa, fai restare tutti fuori. » rimasi spiazzata da quella risposta; ero piena di propositi riguardo le avventure, gli avevo detto che mi fidavo di lui e improvvisamente sembrò tenermi a distanza.
« Ah, certo, certo. » abbassai lo sguardo, delusa, e con esso anche il volume della mia voce. Fu quasi un bisbiglio.
« Va tutto bene? » mi chiese dopo aver infilato il cacciavite e l'affare rosso nelle tasche.
« Si, si. » mentii spudoratamente. Feci per andarmene, toccai la porta del TARDIS con la mano destra e mi bloccai. Feci un respiro profondo ma non spinsi la porta per uscire, mi girai di spalle per fissarlo. « No, a dire la verità no. Mi aspettavo di poter fare qualcosa, in realtà sogno una cosa del genere da tipo...sempre, e non mi aspettavo che se ne fosse presentata l'occasione e me la sarei fatta scappare così. » fui sincera, lo fissai negli occhi sperando che avesse cambiato idea.
« Potrebbe essere pericoloso. » mi avvisò, anche lui fu onesto con me.
« Lo so. Forse è per questo che sarebbe stato meglio se non ti avessi proprio incontrato. » conclusi. Feci spallucce e forzai un sorriso, ma non era un sorriso felice.
« D'accordo, ma se ti dico di metterti in salvo... » iniziò a raccomandarsi lui, ma ero troppo felice per poter prestare ascolto e gli mostrai uno di quei sorrisi a 32 denti che neanche Demi Lovato sarebbe riuscita ad eguagliare.
« Si, si promesso. Che cosa facciamo? » gli chiesi frenetica, facendo quasi dei piccoli saltelli, girandogli intorno.
Lui rise e mi rispose con un "Allons-y" ma non mi importava di non sapere cosa significava, avrei avuto tempo per stare con lui, con un Signore del Tempo.
   
 
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