Anime & Manga > Detective Conan
Segui la storia  |       
Autore: mangakagirl    18/11/2013    7 recensioni
"-Sei il nuovo Silver Bullet: sei l’unico in grado di sconfiggere questa Organizzazione che si paragona ad un vampiro per dire che è immortale. E cosa uccide un vampiro, Kudo? L’argento-“
Dopo che l'Organizzazione tende una trappola al detective liceale, il segreto di Shinichi e di Shiho viene scoperto. Il pericolo è più vicino che mai e l'FBI propone di aprire il Programma Protezione Testimoni per salvaguardare la vita delle persone con cui sono venuti a contatto. Ed è proprio per questo motivo che Ran si ritrova a Komatsu, lontana da Shinichi, con una nuova identità dopo essere venuta a conoscenza della verità da parte di Jodie. 
Mentre Anokata osserva ogni mossa del detective con maestria, Shinichi lotta con il pericolo che lo circonda e con i suoi sentimenti in attesa di sparare il suo Proiettile d'Argento e di sgominare l'Organizzazione che gli ha rovinato la vita. Ma qualcosa andrà completamente storta...
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Gin, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Vermouth | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A Silver Bullet as a Prisoner

Capitolo 5

-Aniki- Vodka inspirò a fondo dalla sua sigaretta, osservando fuori dal finestrino le persone scivolare ignare sul marciapiedi e apprestarsi a tornare a casa per la cena -Quando faremo la nostra mossa?-
Gin si mosse sul suo sedile continuando a tastare lo schermo del suo cellulare ultra-moderno con frenesia, sorridendo malignamente a quella domanda.
-Stiamo aspettando il loro passo falso, Vodka. Non tarderemo ancora a lungo, vedrai-
-Ma hanno ingaggiato l’FBI…-
-Ahah- ridacchiò Gin accendendosi una sigaretta e portandola alle labbra quasi inesistenti con indice e medio destro -Questo non è affatto un problema…-
-Passo falso? Cosa intendi?-
Il biondo guardò lo specchietto retrovisore con uno sguardo divertito, lo sistemò meglio per vedere chi c’era dietro, poi mise in moto sfilandosi la sigaretta dalla bocca ed espirando una nuvola grigia di fumo.
-Ho la netta sensazione, e non solo io, che qualcuno compirà la sciocchezza più grande della sua vita molto a breve. E noi saremo lì per cogliere quell’occasione al volo: abbiamo i nostri mezzi-
Gin partì lasciando sull’asfalto i segni degli pneumatici, inoltrandosi poi nel traffico del tardo pomeriggio con destrezza.
***
 
Aveva il possibile numero del capo dell’Organizzazione da tempo ormai. L’idea di utilizzarlo gli era passata dalla mente tempo prima, dopo aver ascoltato i consigli di Haibara ed essersi arreso all’evidenza che chiamare sarebbe stato come invitare a cena la Morte o aprire il vaso di Pandora. Tuttavia, in quel frangente, quei dannati numeri continuavano a frullargli nella mente, affacciandosi traditori in ogni pensiero:
0858#969#6261
Karasu naze nakuno… Karasu wa yama ni… Kawai nanatsu no… Ko ga aru kara yo… Kawai kawai to… Karasu wa nakuno…
Nanatsu no ko: quella canzone per bambini, così rilassante e lenta, sua madre gliela aveva cantata tante volte da bambino quando era in procinto di addormentarsi, eppure… Eppure qualcosa non tornava. Quella melodia non poteva essere usata dall’Organizzazione solo per una coincidenza, e nemmeno per il loro aspetto nero e da corvi. Ci doveva essere dell’altro dietro, qualcosa che sfuggiva a tutti, ma che era di vitale importanza…
-Kudo, non è da Loro…- la voce di Haibara lo scosse dai suoi pensieri.
-Haibara, per l’amor del cielo, potresti smetterla!?- esclamò esasperato Shinichi passandosi entrambe le mani nei capelli, scuotendoli con forza mentre camminava avanti e indietro per il suo salone.
Non bastava l’agitazione dovuta alla consapevolezza che Hattori in quel momento stava sicuramente rifiutando il Programma Protezione Testimoni mentre Jodie, che era partita per Osaka con Black, glielo stava proponendo, in più Shiho continuava a fargli notare che il ritardo dell’Organizzazione non era normale…
La melodia continuava a rimbombargli in testa…
-Ma non capisci che…-
-Capisco, capisco! Ma che ci posso fare? Vado a cercarli e gli dico: “Hey, Organizzazione, non si mandano i messaggi minatori e poi non ci si fa vedere!” ?-
Shiho si alzò stizzita dal divano su cui era seduta, prese la giacca bianca che aveva accanto a sé e si avviò alla porta di ingresso a passo spedito, senza degnarlo di uno sguardo.
-Dove stai andando?!- le domandò Shinichi sorpreso.
-A prendere una boccata d’aria-
-Ma sei pazza?!- il ragazzo la afferrò per un polso saldamente -Vuoi farti uccidere?! E se fossimo sotto il loro mirino?-
La scienziata si liberò dalla sua presa brusca, poi mise su un sorriso ironico.
-Ma come? Non possiamo farci nulla se non arrivano, no? L’hai detto tu stesso proprio ora-
-Haibara, tu non capisci…!-
-Smettila. Non sei mio padre, né mia madre, né mia sorella. Non ho bisogno di sottostare a te. Ci vediamo dopo- tagliò corto lei uscendo e fiondandosi fuori dalla porta, ma lui si infilò in fretta la sua giacca in pelle, mise le chiavi di casa nella tasca e sbatté la porta alle sue spalle, seguendola repentino.
-Aspettami. Dannazione!- sbraitò seguendola mentre lei assottigliava gli occhi.
-Voglio stare da sola-
-Beh, nessuno te lo impedisce. Anche io voglio camminare un po’. Non posso? È una città libera: chiunque può andare dove vuole- rispose secco, degnandola di un’occhiata fulminante, quando lei lo distanziò di qualche metro distogliendo lo sguardo.
-Fa’ come ti pare- si limitò a mormorare incrociando le braccia al petto e dirigendosi verso il centro di Beika.
***
 
Si appoggiò al parapetto del ponte stradale che c’era sopra il piccolo rivolo d’acqua che scorreva nel centro di Beika e fissò il tramonto colorare le acque di rosso cremisi e arancione. Chiuse gli occhi lasciando che il vento scuotesse i suoi capelli corvini, ascoltando in silenzio il rumore delle auto che passavano, del fiume che seguiva il suo corso indisturbato, del suo respiro lento e regolare.
“-Sei diventato tutto rosso!-
-Ma che dici?! È colpa del tramonto!-”
Già, colpa del tramonto. Abbassò il capo sulle braccia incrociate e vi affondò sopra il mento, aprendo gli occhi e fissando malinconico l’orizzonte, cercando di individuare il punto in cui il fiume iniziava.
L’aveva lasciata andare. Le era stato così vicino, così vicino da poterle dire la verità in ogni momento, da poterle dire tutto ciò che aveva da dire.
Invece cosa aveva fatto? L’aveva lasciata andare.
Non l’aveva nemmeno vista lasciare la città, non l’aveva salutata né più sentita. L’ultima cosa che le aveva detto, qualche giorno prima, era stata: “Ran-neechan, ci vediamo al mio ritorno. In questi tre giorni con il professore al convegno per scienziati ci divertiremo tantissimo”
Affondò il viso nelle braccia, sentendo il petto farsi pesante: senso di colpa.
Quale congresso, quale divertimento? Aveva inventato quella storia per poter andare all’hotel con Haibara senza problemi. Aveva inventato l’ennesima bugia.
L’aveva lasciata andare senza lottare, senza parlarle. Questo era ciò che gli faceva più male.
Diede le spalle al parapetto, inclinando la testa all’indietro, chiuse gli occhi fremendo e chiudendo la mano a pugno, pensando che era stato un emerito idiota a non capire prima ciò che davvero avrebbe dovuto fare: dirle la verità.
E con essa, dirle che l’amava.
Gli mancava, gli mancava da impazzire. Non la vedeva da soli 5 giorni e quella situazione era già diventata insopportabile. Faceva male, terribilmente male, sapere che Ran non era più Ran e che non era più a Beika: Nene viveva a Komatsu.
Shiho osservò il ragazzo darsi il tormento da lontano, a circa 5 metri da lui, appoggiata anche lei al parapetto con le braccia incrociate. Immaginava cosa gli passasse per la testa, quali pensieri lo tormentassero tanto.
Perché Shinichi Kudo non era un ragazzo emotivo, di quelli che si lasciano trasportare dalle emozioni o che le esternano: era cinico, pungente, spesso un vero idiota.
Ma Shinichi Kudo era pur sempre un umano.
Ed era innamorato.
Rimase a fissarlo a lungo mentre sembrava perso nei meandri di un ragionamento senza via d’uscita, mentre lottava con la sua razionalità che cominciava a vacillare col passare delle ore lontano da Lei.
Si sentiva il responsabile di quella situazione più di quanto non lo fosse invece lei, che aveva creato quella dannata droga mesi addietro.
Shinichi era in lotta con il suo buon senso e con un sentimento che si rendeva conto di provare sempre di più solo ora che aveva perso la sua anima gemella: la razionalità gli sottolineava che aveva fatto bene a lasciarla andare senza incontrarla, che era stato meglio così, ma il cuore gli urlava che era un Idiota e che si era lasciato scappare la cosa più importante della sua vita, permettendole di scivolare via dalle sue mani con la stessa semplicità di un getto d’acqua sulla pelle.
Il ragazzo chiuse gli occhi ancora una volta, tentando di mantenere a freno il suo impulso di correre alla stazione, prendere il primo treno per Komatsu e raggiungerla per dirle tutto ciò che aveva seppellito nei meandri di se stesso fino a quel momento.
Ma non lo fece: doveva tenerla al sicuro e per farlo, come aveva detto ad Haibara mesi prima*, doveva essere disposto anche a perderla.
-Andiamo a casa- mormorò qualche secondo dopo, uscendo dal suo dibattito interiore e passandole accanto con lo sguardo chino e le mani nelle tasche dei jeans. Shiho lo seguì appena con lo sguardo, poi prese a camminare a sua volta, tenendo un passo un po’ più lento per lasciargli il suo spazio: sapeva che detestava essere visto mentre esternava anche solo apparentemente i suoi sentimenti e sapeva anche che tra loro, per quanto impercettibile, ci sarebbe stata sempre una barriera.
Nessuno poteva essere davvero se stesso in presenza dell’altro, perché entrambi lottavano col proprio orgoglio cercando di apparire intaccabili da ogni avvenimento.
Entrambi nascondevano la propria vera natura.
***
 
Ran alzò la testa dal suo banco al suono della campanella dell’intervallo, rendendosi conto che per le prime due ore della giornata non aveva ascoltato nemmeno una parola del professore di Letteratura giapponese, una delle sue materie preferite.
Era a Komatsu da appena pochi giorni, ma già trovava tutto dannatamente noioso e sbagliato, tutto semplicemente una montatura ridicola. Osservò le maniche della sua camicia bianca e sospirò scocciata: faceva talmente caldo che aveva abbandonato la giacca beige sullo schienale della sua sedia ancor prima che la lezione cominciasse.
-Emm… Ciao!- una ragazza dai capelli corti e spettinati, che ricordava lontanamente Masumi Sera, appoggiò le mani sul suo banco sorridendole con un paio di occhietti nocciola e una spruzzata di lentiggini in viso. -Sei appena arrivata… Sembravi voler stare da sola, ma… Volevo presentarmi: sono Kyoshin Akira- sorrise ancora mentre al suo fianco arrivava un’altra ragazza dai capelli tinti rosso mogano, mossi e setosi fino alle spalle, un paio di grandi occhioni verdi e un sorriso davvero invidiabile.
-Ciao! Io sono Utsukushi Nanako- si presentò mentre si sbottonava il bottone della giacca della divisa con le dita affusolate e le unghie con il french.
Ran le fissò qualche secondo curiosa, poi sorrise un po’: non era proprio dell’umore per fare amicizia, ma non voleva comunque sembrare scortese.
-Piacere mio- “Sei Noriyuki Nene!” -Noriyuki Nene-
-Noriyuki-san- disse Akira amichevole -Sappiamo che ti sei trasferita da Tokyo, vero?-
La karateka riportò velocemente alla mente le parole che Jodie le aveva ben scandito prima di partire…
“-Ti chiami Noriyuki Nene, hai 17 anni e sei nata il 5 Settembre…-
-Perché cambiare anche la data del mio compleanno!?- sbottò Ran furiosa e sdegnata mentre quella scuoteva il capo.
-Ran, non possiamo far rimanere nulla di te. Comunque, dicevo, sei nata a settembre e hai vissuto per tutto questo tempo a Tokyo. Ti sei trasferita a Komatsu perché tua madre ha avuto un trasferimento di lavoro. A Tokyo frequentavi il liceo Furinkazan e abitavi a Ueno. La tua vita è stata sempre normalissima, hai avuto un gatto per 5 anni, tua nonna preparava dei mochi squisiti quando era in vita e il tuo sogno più grande è diventare un chirurgo. Non hai mai praticato il karate a livello agonistico e hai avuto un ragazzo di nome Daichi per tre mesi prima di trasferirti-
Ran battè gli occhi sconvolta: se era un sogno, avrebbe voluto davvero tanto qualcuno che la svegliassi al più presto”
Ovviamente non aveva nessuna intenzione di tirare fuori la storia della nonna e i mochi, né tantomeno del gatto… Cosa rimaneva?  Ah sì: il chirurgo e il fidanzato immaginario.
-Vero- rispose un po’ distratta, tentando di mantenere presente che non doveva mandare il lavoro dell’FBI alle ortiche rivelando chi era davvero o sarebbe stata costretta a trasferirsi ancora.
-Allora? Come va?- un ragazzo dai capelli neri e spettinati spuntò alle spalle di Akira, scompigliando la zazzera scura della ragazza, che fece una smorfia.
-Bene, fino a quando non c’eri tu!- si finse sdegnata lei mentre quello le faceva la linguaccia, per poi voltarsi verso Ran e fare un ampio e amichevole sorriso.
-Non badare a queste due pazze, sono buone in fondo. Io sono Akira, Akira Toriyama- si presentò facendole l’occhiolino mentre Ran lo scrutava a fondo, sorpresa.
-Akira Toriyama?- ripeté in un sussurro, per poi osservare i tre davanti a sé ridere.
-Io e lui siamo omonimi- spiegò la ragazza Akira, indicandosi il petto -Lui è Akira-kun, io sono Akira-chan per distinguerci-
-Entrambi col nome di quel grande genio di mangaka che muore e resuscita in continuazione peggio di suo figlio Goku…- aggiunse Akira-kun beccandosi uno scapaccione da Akira-chan.
-Akira Toriyama non è morto! È il web che fa girare delle bufale assurde…-
-Sarà- alzò le spalle Akira-kun mentre Nanako osservava Ran sorridendo.
-Sono due fanatici del mangaka se non si fosse capito- le sussurrò divertita mentre lei fissava i due stranita. Si alzò dal suo posto e fece un piccolo inchino per presentarsi, ma il ragazzo la fermò con il gesto di una mano.
-Noriyuki Nene, 17 anni, edochiana- disse ridacchiando mentre lei annuiva confusa -Lo sanno tutti ormai-
-Akira-kun! Non è carino dire così!- lo rimproverò Nanako fulminandolo e poi fissando Ran mortificata, ma lei scosse il capo abbozzando un sorriso.
-Non ha tutti i torti, no? Penso sia l’unica cosa che si sappia di me in classe…- rispose la karateka allentandosi il fiocco al collo e frenando a stento la tentazione di lanciarlo fuori dalla finestra aperta della classe. Che razza di uniforme…
-Beh, Noriyuki-san…- cominciò Akira-chan sorridendole, ma Ran scosse il capo.
-Emm… Preferirei che usaste il nome per chiamarmi- sorrise in imbarazzo: quel cognome non se lo sarebbe ricordata mai e poi mai -Io non ho mai amato tanto distacco tra compagni di classe- aggiunse poi mentre un sorriso si apriva sul volto di tutti e tre i ragazzi.
-Nene-chan!- urlò la ragazza dai capelli spettinati battendo le mani al petto tutta euforica mentre Akira-kun alzava gli occhi al cielo.
-Non ti ha detto: “Fa’ la pazza con il mio nome!” -
-Uffa- lei gonfiò le guance contrariata -Perché mi smonti sempre, Akira-kun?!-
-Perché sei una pazza otaku che ha ereditato questa malattia dal suo nome uni-sex che a sua volta era quello del Sensei…-
-Akira Toriyama non è morto! Non parlare di lui al passato!- sbraitò scocciata la ragazza scaldandosi mentre Ran sentiva un sorriso aprirsi in viso, finchè non scoppiò letteralmente a ridere lasciando i tre sorpresi.
Era la prima volta che rideva da quando era a Komatsu.
-Ah-ah!- il ragazzo le batté una mano sulla spalla ridacchiando -Ma allora sai anche ridere oltre che avere una faccia impassibile-
-Akira-kun!- esclamarono in coro le due ragazze agitate, ma Ran scosse ancora il capo continuando a ridacchiare.
-Tranquille-
La classe si era svuotata per via dell’intervallo e a parte loro quattro non c’era più nessuno. Ran osservò i suoi nuovi compagni serena, poi si rivolse ad uno ad uno.
-Akira-chan- sorrise mentre quella saltellò euforica con le guance arrossate dalla felicità -Akira-kun- quello le ammiccò -Nanako-chan-
-Nana-chan basta- disse lei agitando una mano davanti al viso.
-Nana-chan-
-Hey ragazze- il ragazzo si sedette sul banco di Ran e portò le braccia dietro la testa -Che ne dite se dopo la scuola andassimo al karaoke per dare il benvenuto a Nene?-
La versione femminile di Akira si voltò verso “Nene” con gli occhi a cuoricino, prendendo poi a saltellare sul posto come una pazza e urlare “Sì, dai! Sì, dai!” mentre il ragazzo alzava gli occhi a cielo.
-Vedi a vedere e leggere troppi anime e manga come si diventa?- disse ridendo in direzione di Ran che ridacchiò scuotendo il capo mentre la ragazza dai capelli corvini si scaldava.
-Ma dai…- mormorò Ran.
-AKIRA-KUN! PIANTALA! Anche tu sei un otaku!- urlò quella saltandogli addosso e prendendo a dargli gomitate nelle costole, quando Nanako, ridacchiando rassegnata, intervenne staccandola.
-Akira-chan, dai… Lo sai che lo dice per provocarti-
-Questo dannato genio del computer!- sbraitò lei incrociando le braccia al petto mentre quello scoppiava a ridere piegandosi in due.
-Non è certo colpa mia se il Sensei mi ha trasmesso la sua genialità in informatica anziché in anime e manga…-
-Qualcosa contro gli anime e i manga?!-
-Ma se li leggo e vedo anche io! Lo hai appena detto anche tu!-
-Ma fanno sempre così?- domandò Ran divertita mentre Nana al suo fianco si portava un palmo sulla faccia scuotendo la testa senza speranza.
-Sì, tutti i giorni...- rispose sconsolata mentre i due continuavano a punzecchiarsi -Sono amici di infanzia: si conoscono da una vita- aggiunse poi mentre il sorriso sul viso della karateka cominciò a scemare lentamente.
Amici di infanzia.
Dannazione, ma perché ce n’erano dappertutto…
-Allora per il karaoke?-
Ran sprofondò di nuovo nei suoi pensieri, mentre le immagini di lei e Shinichi che si punzecchiavano tornavano vive nella sua mente come se accadute il giorno prima.
-Nene-chan?-
Shinichi. Lui era a Tokyo, a casa sua, a fare chissà che… Organizzazioni… FBI…
-Nene-chan!- la voce dei tre in coro la fece sobbalzare mentre tornava alla realtà stanca, come se avesse intrapreso un viaggio di intere settimane. Dai loro sguardi notò che sembravano preoccupati, ma quella strana sensazione di malinconia e rabbia le aveva attanagliato lo stomaco per l’ennesima volta e non sarebbe stato facile farla andare via.
-Scusate- mormorò abbassando lo sguardo mentre i tre notavano che era tornata al suo umore di quando era entrata in classe la mattina prima.
Non potevano immaginare cosa la tormentasse tanto, ma erano certi che doveva essere qualcosa di importante, perché non le fecero domanda, ma Nana le mise una mano sulla spalla sorridendole con dolcezza.
-Nene-chan, ti farà bene il karaoke- mormorò annuendo mentre lei alzava lo sguardo indecifrabile.
-Sì…- si limitò a risponderle per poi sprofondare di nuovo nei suoi pensieri, raccogliendosi dentro a riccio come aveva fatto da quando era partita per Komatsu.

*
 (ep 270 jap)


Mangakagirl's Corner:
Minna Konnichiwa :)
So, tadaima ^^
Lo so, avevo detto sarebbe stato un capitolo dinamico... Ma mi ero confusa con il prossimo O_O
Wari neh, minna ^^"
Il prossimo lo sarà: promesso 
*---*
Allora!!!!!!!!!!!! :D
Abbiamo la prima comparsa dell'Organizzazione... che a quanto pare ha ben in mente cosa fare, eh? xD
Ma cosa succederà?! o____O
E poi uno Shinichi in lotta con se stesso e una Ran che stringe amicizia con tre nuovi compagni :)
GRAZIE a chi mi sta seguendo, recensendo o anche solo leggendo *-*
Al prossimo capitolo!

Mangakagirl!
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: mangakagirl