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Autore: kk549210    18/11/2013    3 recensioni
Sarah deve affrontare un difficile problema personale, che rischia di coinvolgere negativamente tutta la sua famiglia.
Seguito di "With or without you"
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Cuore di padre'
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Sarah non voleva più soffrire. “A questo punto, il perdono serve più a te che a lei”. Queste parole, sia di Harm che del cappellano Turner, le si erano come stampate nella mente e da lì le erano scese giù nel cuore. Goccia a goccia. Sentiva che era ora di imprimere una svolta decisiva alla sua vita. Lo doveva alla sua famiglia, ad Harm e ai loro figli. Ma soprattutto a se stessa.  Voleva essere felice, anzi lo desiderava con tutte le sue forze.
 

 
Entrò con timore e tremore nella stanza. Ed ecco una piccola figura, quasi una larva leggerissima e inconsistente, distesa tra le bianche lenzuola del letto d’ospedale. Il fantasma di sua madre. Era l’ora della riconciliazione. Non perché doveva, ma perché quella era la volontà che aveva sentito crescere dentro di sé in quei giorni di dolore e di angoscia. Come una forza impellente a cui non riusciva a sottrarsi.
Si avvicinò al letto della madre che sembrava assopita e si fermò ad osservarla. A Sarah sembrava di non provare più nulla. Ma la rabbia e il senso di colpa non erano svaniti lasciando il lei il vuoto. Al loro posto, solo pace. Prese quindi la mano della donna che le aveva dato la vita e che fino a poco prima gliel’aveva anche  lacerata, e la accarezzò. La madre si accorse del suo tocco gentile e aprì gli occhi.
-Sarah, cara… sei venuta - disse con un filo di voce.
-Mamma… - rispose dolcemente la figlia..
-Che gioia vederti… non ci speravo più.
-Non ti affaticare, mamma. Sono qui, con te.
-Perdonami, figlia mia.
Sarah non rispose nulla. Non era più il tempo delle parole. Quelle gliele aveva dette superficialmente nove anni prima, alla morte di Joe, suo padre. Ora era giunto il momento di far parlare il cuore. Continuando a tenerle la mano, le posò un bacio sulla fronte. E sentì le lacrime salire, ma non fece nulla per trattenerle.
 
 
 
 
Questa volta non era successo come con suo padre. Sarah non era arrivata fuori tempo massimo per stabilire un contatto, per riconciliarsi con la sua famiglia d’origine e con il suo doloroso passato. Ma ora sua madre era entrata in coma, le avevano detto i medici. Si era avviata lungo l’anticamera della morte.
Sarah uscì nel corridoio, con la mente gravida di un inusitato senso di sospensione. Come se tutta la sua vita precedente fosse stata riavvolta intorno a un fuso e fosse in procinto di essere tagliata. E ora lei attendeva un nuovo inizio. Ma ignorava completamente quale sarebbe potuto essere. Si sedette su una poltrona a pensare. Accanto a lei, una donna di una cinquantina d’anni che beveva un caffè e leggeva alcuni fascicoli. Sul suo viso, stanco e affaticato da chissà quante nottate insonni passate lì in ospedale, risplendeva però un’aria serena. Il lungo saio e lo scapolare di jeans chiaro, l’ampio fazzoletto bianco legato dietro la nuca rivelavano la sua scelta di vita. Una suora cattolica. Sarah ricordò l’agonia di suo padre, in quell’ospizio californiano gestito dai francescani, quando aveva trattato con ostilità e diffidenza il frate che donava conforto ai moribondi. Le sembrò che anche in quell’occasione le fosse stata offerta la possibilità di guardarsi dentro con gli occhi di un altro. Ma questa volta, però,  non intendeva guastarla.
-Le è mai successo di sentirsi sospesa?
-Come dice, signora? Sospesa? Nel senso di non essere mai arrivata a un punto fermo?
Sarah annuì.  
-Tutti i giorni – rispose la suora lasciando di stucco la sua interlocutrice, che si aspettava tutt’altra risposta - La vita è un cammino.   Ah, io sono suor Martha.
-Piacere. Sarah – sorrise colpita dalla stretta energica della esile donna.
-Le suonerà strano, ma anche per noi monaci la vita è piena di buche e di cadute. Soprattutto per noi.  
-Mi permette una domanda personale?
Suor Martha sorrise annuendo. Essere monaci nel deserto della città, soprattutto in un paese complesso come gli Stati Uniti, comportava anche situazioni come quella.
-Lei è felice della sua vita?
-Molto. Anche se non mancano le fatiche. Ad esempio il lavoro a contatto con persone molto diverse da me, per convinzioni e per scelte. E anche accompagnare un Fratello attraverso il dolore – disse alludendo al reparto di malati terminali in cui si trovavano - non è facile nemmeno per me, mi creda. Ora devo andare, mi scusi – si congedò da Sarah appoggiandole una mano sulla spalla, in atto di benedizione – Pace a te!
Sarah le sorrise in atto di ringraziamento. Suor Martha si alzò e andò ad abbracciare affettuosamente un ragazzo giovane che la aspettava nel corridoio. Forse un familiare del monaco morente.
Quella donna di Dio le aveva risposto con sincerità, senza farle prediche o domande. E ora Sarah rivolgeva al proprio cuore lo stesso quesito fondamentale.
“E io, sono davvero felice della mia vita?”
  
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