Past, present
and future.
E’ l’alba. Il baluginio delle prime luci del
mattino filtra dalla finestra spalancata della camera illuminandola lievemente,
quasi non volesse disturbare. Ma sono già sveglia da un pezzo. Ammesso che questo
aggettivo sia corretto, considerando che non ho chiuso occhio.
Sdraiata supina sul letto, il braccio di Mu mi avvolge ancora il corpo. Le
nostre gambe incrociate tra le lenzuola scomposte. I nostri capelli giacciono
sui cuscini, mischiati, quasi formassero un’unica, folta chioma.
Ne ho carezzato una sua ciocca per tutta la notte, perdendomi nella piacevole
sensazione che lasciano i suoi capelli al tatto, sicura di non disturbarlo.
Anche lui, come me, non ha affatto dormito, sebbene abbia tenuto gli occhi chiusi,
mentre io sentivo ancora le sue parole rimbombarmi nella mente e le sue mani
amare il mio corpo, anche dopo molto tempo che ci eravamo uniti.
Volto lentamente il capo, a guardarlo.
Se c’è una cosa… una soltanto, che non rimpianga affatto di tutta questa
vicenda, è di essermi innamorata di lui. Anche se non è corretto. Credo proprio
di essermi innamorata di lui tanto tempo fa… e di essermene resa conto solo
recentemente. Per fortuna.
Non mi ha più chiesto di Ganesha. Né di Parvati. Ha accettato di rispettare il mio silenzio, dando
sfogo alla sua frustrazione stanotte, prendendomi con decisione e amore a lungo…
amandomi cose se fosse l’ultima volta che potesse farlo.
Ha capito.
Sento spostarmi una ciocca di capelli dal viso e la mia testa si volta a
guardarlo un’altra volta. L’ennesima volta, quella notte.
- E’ ora di alzarsi. – mi sussurra.
E quasi potrei dire di avvertirlo più tranquillo adesso. Ma forse è solo
rassegnazione.
- Guastafeste… - gli rispondo,
sorridendo e stiracchiandomi, lasciando andare uno sbadiglio che tengo subito a
spegnere con una mano. – Sei più tranquillo. – decido di esprimere, voltandomi
di nuovo a guardarlo.
- Perché lo sei tu. E questo,
sebbene non sia da me, m’influenza. – mi risponde con una certa logica,
distogliendo poi lo sguardo dal mio e prendendo a guardare il soffitto,
posizionandosi supinamente e conducendosi una mano dietro alla testa, mentre l’altra
va a stringere la mia, distesa lungo il suo fianco.
- E’ vero, sono tranquilla. Perché penso
che, nonostante tutto, poteva andare molto peggio. – gli spiego, ascoltando il
suo respiro farsi irregolare. – Potevamo correre il rischio di non incontrarci
mai. - .
Sento la sua mano stringere di più la mia, vedendo poco dopo i suoi
occhi chiudersi, tentando di nascondere ciò che sta provando.
- Ti amo, Mu… - gli sussurro ad un
palmo dalle labbra, baciandogliele dolcemente, stendendomi su di lui per
poggiare un orecchio al suo torace, mentre le sue braccia vanno a stringermi in
modo protettivo.
Il cavaliere del toro sospira, nel vedermi arrivare.
- Buongiorno. – gli auguro sorridendo,
vedendo i suoi occhi guardarmi dalla testa ai piedi, per poi incrociare di
nuovo i miei.
- Buongiorno a te, amica mia. – mi risponde
dopo un po’, chinando il capo a mò di saluto e
sorridendomi a sua volta, seppur in modo piuttosto triste. – Pronta? – mi chiede
poi, cambiando tono e sguardo, ora più determinato. Annuisco, sicura di me.
- Forse non ci crederai. – mi decido
a dirgli. – Ma non vedo l’ora che tutta questa storia finisca. In qualunque
modo sia essa destinata a farlo. E, a proposito… - dico, avvicinandomi alla sua
enorme stazza, con sua somma sorpresa, circondandogli l’ampio torace con le
braccia. – Grazie… - .
Avverto il suo cosmo incrinarsi e mi sbrigo a slacciarmi da lui.
Non sollevo lo sguardo verso il suo, lasciandogli così la possibilità di
ricomporre lo stato d’animo per non sentirsi inadeguato come temo farebbe.
- Ci vediamo più tardi per gli
allenamenti… - lo saluto infine, sorpassando la sua casa per dirigermi alla
Tredicesima, vedendolo con la coda dell’occhio portarsi una mano al volto come
per scacciare qualcosa, scuotere la testa e rientrare nel tempio del toro.
Busso leggermente alla porta, sebbene questa sia aperta, vedendo Saori focalizzare l’attenzione allo specchio ovale di
fronte a sé e nel quale si specchia la mia figura, mentre – da un angolo
recondito dell’ampia camera – il maggiordomo scatta verso la mia direzione col
proposito, probabilmente, di sbattermi fuori.
- Puoi andare, Tatsumi.
– lo liquida in fretta Saori, precedendolo, invitando
lui ad accomodarsi fuori e me ad entrare, chiedendomi di chiudere la porta per
garantirci più privacy.
- Perdona l’ora. – mi scuso,
avanzando verso la poltrona da lei indicatami per sedermi. Si alza, avvolta dai
suoi onnipresenti strati di tulle e raggiunge un tavolo disposto accanto al
balcone, su cui si trova una teiera che lei adopera per riempire due tazze.
- Non ve n’è bisogno.-
.
Viene a sedermisi di fronte, non prima di avermi offerto una delle due tazze
che ha tra le mani, restando poi in silenzio, a sorseggiare il contenuto di
quella che ha tra le mani.
- Il cavaliere di aries ti è molto fedele, Athena. –.
La vedo sollevare gli occhi, sorpresa, prendendo a guardarmi interdetta
e curiosa allo stesso tempo.
- Lo so. – mi risponde lei
semplicemente, deponendo la tazza sul tavolo, portandosi le mani in grembo.
- Non ti ha mai mancato di rispetto.
Mai. Ti ha sempre difesa a spada tratta. E quando non ha avuto bisogno di farlo
indossando l’armatura, lo ha fatto da uomo. Mu di Aries
crede fermamente e indiscutibilmente nella tua figura. - .
Lei annuisce. – Ho avuto modo di appurarlo più volte. Ripongo fiducia
nella mia casta di guerrieri, ma in lui e in pochi altri la mia fiducia è
massima. Perché mi stai dicendo questo, Reiko? - .
- Per ricordartelo. Perché tu
ricorda quanto i tuoi cavalieri ti siano fedeli, per poterlo essere anche tu
con loro. La battaglia è alle porte, avranno bisogno di tutto il tuo sostegno.
- .
- Reiko… - .
- Non mi fido di Ganesha.
Sebbene non abbia nulla che possa mettere in dubbio la sua versione, non mi
fido. -.
E’ allora che i suoi occhi si spalancano appena, aprendo bocca per
prendere parola.
- Parvati
ieri mi ha parlato. E’ stata lei a chiedermi di fidarmi di lui, dicendomi che,
se l’avessi fatto, forse l’esito dell’intera storia sarebbe stato diverso. Sì,
sembra proprio che lei sappia come questa storia andrà a finire. E che del suo
adorato figliolo non si fidi affatto. - .
- Aspetta un attimo, Reiko. – si decide finalmente a dire la reincarnazione di Athena, dopo aver boccheggiato più e più volte. – Aiutami a
comprendere. Parvati ti ha parlato e ti ha narrato
anche dell’esito della missione che dovrai svolgere col dio Ganesha?
Tutto questo, pur non fidandosi di quest’ultimo? - .
Scuoto mestamente la testa, cercando di riordinare le idee, portandomi
una mano davanti agli occhi.
- No. Andiamo un attimo a ritroso. –
inizio, sporgendomi col busto in avanti, per coinvolgerla di più, poggiando poi
i gomiti sulle ginocchia e iniziare la conta. – In India, quando i cavalieri
sono venuti a liberarmi, avevo detto a Ganesha di
aspettarmi, fino a nuovo avviso. Non passano che pochi giorni e ce lo
ritroviamo alle porte del Santuario. - .
Saori ha gli occhi fissi su di me, non
perdendosi nemmeno una battuta, attenta.
- Mu corre a difendere la prima casa
e rischia di essere attaccato perché… - tentenno, non sapendo se sbilanciarmi o
meno, vedendo poco dopo Saori annuire, ad indicarmi
che ha capito. – Perché? – le chiedo allora, lasciando che sia lei a completare
la frase.
La vedo roteare gli occhi.
- Credevo che la tua opinione nei
miei riguardi fosse mutata, Reiko. -.
- Scusa? – le chiedo allora, sollevando
un sopracciglio, rendendo quella conversazione ancor più enigmatica di quanto
già non lo fosse.
- Ganesha
ha riconosciuto il rapporto che lega il cavaliere dell’ariete alla
reincarnazione della sua generatrice e, propenso a confondere continuamente la
natura divina con la natura umana di quest’ultima, l’ha attaccato,
considerandolo blasfemo. – mi risponde lei, gesticolando con una mano
continuamente come a sottolineare di star pronunciando una litania, una cosa ovvia.
…
- Va avanti. – m’incita poi,
facendomi strabuzzare gli occhi.
- Aspetta un attimo. – le dico,
decidendo di andare a fondo. – Quale rapporto legherebbe il cavaliere dell’ariete
alla reincarnazione della generatrice di Ganesha? –
le faccio il verso, guardandola scettica… assumendo un’espressione da pesce
lesso quando la vedo sorridere divertita e scuotere la testa, a mò di rimprovero.
- Tu non hai mai smesso di considerarmi una
sprovveduta, non è vero Reiko? - .
…
- Il cavaliere dell’ariete, identificatosi
in un carattere pacato, schivo, solitario da che ha iniziato a servirmi,
soggetto a turbamenti di cosmo e materialmente presente alla prima casa e non
in Jamir sebbene non sia mai stato lanciato uno stato
d’urgenza vero e proprio. - .
…
- Và
avanti. – m’invita a fare ancora una volta, sorridendomi conciliante,
palesemente soddisfatta dello smacco che è riuscita a darmi, anche se tenta di
dissimularlo, ricomponendosi quando prendo a guardarla seriamente.
- … Non t’infastidisce? – decido di
chiederle infine, cercando di chiudere quella parentesi in modo soddisfacente.
E lei sembra capire subito a cosa, esattamente, mi riferisca.
- E’ ancora presente tra le mie fila
guerriere, indossa l’armatura spettatagli e difende la prima casa, il santuario
e me con la stessa devozione che l’ha contraddistinto dall’alba dei tempi. Perché
dovrebbe? - .
Sospiro profondamente, ritornando per un attimo con la schiena dritta.
Sono veramente sorpresa.
- Possiamo andare avanti, adesso? - .
Annuisco, rifacendo il punto della situazione. La parentesi di Mu mi ha
fatto dimenticare cosa stavo dicendo.
- Dicevo: Ganesha.
Prima che Parvati iniziasse a comunicare con me, l’ho
sentita irata, nei confronti della sua progenie. In un primo momento l’ho
attribuito al fatto che lui abbia tentato di darle degli ordini… sai… io ho
cercato di convincere Mu a spostarsi – le spiego, per non farle perdere nessun
passaggio. - Avendo capito che ce l’avesse con lui e non col tuo santuario, e Ganesha mi ha chiesto di spostarmi. E in modo perentorio. L’ho
avvertita scombussolarsi e manifestare il suo cosmo, attaccandolo, ma successivamente
mi ha chiesto di ascoltare cosa avesse da dirmi e di condurlo da te, affinchè anche tu potessi ascoltare cosa avesse da dire. - .
Il volto di Saori è contratto in un’espressione
concentrata, gli occhi ridotti quasi a due fessure.
- Sembrerebbe che Parvati, al contrario di quanto si sia pensato, voglia il
mio intervento… - conviene lei, facendo prendere forma anche alla mia
convinzione. - … ma allora perché non dirtelo chiaramente? Perché lasciare che Ganesha ti porti con sé, se quest’ultimo non vuole intralci
di alcun genere? – dà forma anche alle mie perplessità, facendomi scuotere la
testa, affranta dal non saper dare una risposta a nessuna di queste domande.
- Forse Ganesha
la sta tradendo – ipotizza ancora, facendomi quasi pensare che mi stia leggendo
nella mente. – Reiko, perché non ne hai parlato al synagein? – mi chiede, giustamente.
Inspiro profondamente.
- La terra soccomberà di fronte a
forze oscure – inizio a recitare, ricordandomi delle parole della divinità che
ospito, sentendo un brivido percorrermi la schiena. – Athena
verrà sconfitta. I tuoi amici moriranno. – gli occhi di Saori
ora sono spalancati. – Hai idea di cosa avrebbero potuto provocare queste frasi
alle orecchie dei ragazzi? Sapere di star combattendo qualcosa che comunque
finirà con l’ucciderli… - scuoto la testa. – Non me la sono sentita. – le spiego,
notando che la sua espressione sconcertata non è cambiata di una virgola, da
quando ho espresso l’ultima di Parvati. – Saori? – la chiamo, vedendola, assente, chinare il capo…
per poi risollevarlo con una luce diversa negli occhi ametista.
- Io non so perché Parvati abbia deciso di essere tanto enigmatica in una
situazione che sembra stare tanto a cuore anche a lei, considerando si sia
reincarnata. Non so nemmeno che genere di accordo o meno la leghi a Ganesha. Se quest’ultimo la stia realmente tradendo. Nè tantomeno se esista davvero la possibilità che Kalì si reincarni in un corpo differente dal tuo… ammesso
che, a questo punto, sia davvero lei il nemico in tutta questa faccenda. – dice
con fermezza, recuperando il suo tono altezzoso e fiero. – Ma se è davvero
scritto nelle stelle che dovremo soccombere, lo faremo combattendo. - .
Dalla prima volta che la conosco, desidererei davvero abbracciarla. Ma
naturalmente mi contengo, sorridendole solo riconoscente e commossa dalle sue
parole. Per un attimo ho temuto di aver sbagliato a rivelare a lei tutto questo…
ma a quanto pare ho sbagliato nel credere il contrario.
- Oltre me, chi altri sa tutto
questo? – mi chiede lei, riferendosi, evidentemente, in maniera sottile alla
persona di cui abbiamo parlato prima.
- Nessuno. – scandisco, vedendola
farsi pensierosa.
- Hai un piano? – mi chiede allora
lei, ancora una volta.
- Non esattamente… però… - inizio
col dire, fermandomi giusto n tempo per dare la precedenza ad una cosa più
importante. – Saori, devi promettermi una cosa. - .
Lei si fa nuovamente attenta, facendomi intendere di aver drizzato le orecchie.
– Qualunque cosa accada, promettimi che fermerai Kalì.
- .
I suoi occhi quasi si addolciscono.
- Qualunque. – tendo a sottolineare, vedendo la sua espressione farsi
comprensiva e il suo sguardo determinato riemergere.
- Te lo prometto. - .
- Reiko! -.
Mi volto, intravedendo l’intera schiera dei bronzes,
fatta eccezione per Ikki, correre verso di me. A
quanto pare si muovono in sincrono.
Buon per loro.
Mi sforzo di sorridere e di essere accondiscente,
sebbene non mi senta di rispondere a nessuna domanda.
- Buongiorno – li saluto mesta,
sorridendo affabile, vedendoli annuire col capo, in risposta.
- Pensavamo fossi già partita! –
esclama Shun, facendo trasparire dal tono di voce un
po’ di preoccupazione.
Lo immaginavo.
- Sono riuscita a convincere il divin pargolo a rimandare la partenza di venti giorni. – rispondo
senza mezzi termini, cercando d’imprimere un tono simil
simpatico alla faccenda. Ma, come m’immaginavo, almeno due su quattro
spalancano gli occhi – rispettivamente neri e azzurri – in un’espressione che a
primo acchitto sembrerebbe scandalizzata. Ora non so
se sia per il “pargolo” o per, comunque, la quasi imminente partenza.
- Ma la minaccia di Kalì è alle porte! Pensavo avessi già mandato giù quello
che c’era da mandare! - .
Calma, Reiko. E’ allarmato. Come tutti.
- Scusa. – mi precede
sorprendentemente Seiya, abbassando il capo,
sconsolato. – Ammetto di essere piuttosto in ansia. - .
Resto a guardarlo per un po’, indecisa sul cosa dire. Ricordandomi tutt’a
un tratto di un episodio raccontatomi da Mu.
- Mi è stato raccontato di un certo
Piè veloce e del suo gruppo di amici che si è precipitato ad aiutare Lady Saori in una situazione di estremo pericolo più volte. –
inizio, inclinando la testa di lato e sorridendo, quando vedo Seiya sollevare la sua, guardandomi sorpreso. – Anch’io
sono in ansia. Ma lo divento meno pensando che ci siate anche voi a sostenere Athena, a fronteggiare tutto questo. – mi faccio loro più
vicina, poggiando le mani sulle spalle dei cavalieri a me più prossimi, Shun e Seiya. – Quando avrò
bevuto quel sangue… - storco appena la bocca, pensando cosa mi aspetta. - …potrebbe
accadere di tutto… non abbassate mai la guardia. E non esitate ad attaccare, se
lo ritenete necessario. Chiaro? - .
Mi annuiscono tutti, chi più chi meno.
Quanto vorrei avere anche solo un briciolo della fiducia che sta brucando nei
loro occhi, in questo momento.
La casa della vergine non è mai stata tanto silenziosa, da quando sono qua.
I raggi del sole appena sorto s’infrangono sul bianco delle mura che la
compongono, lasciando che la luce si rifletta, andando a colpire gli angoli più
nascosti, dove la luce sembra davvero inarrivabile.
E’ in uno di quegli angoli che scorgo in meditazione Shaka.
E’ avvolto in un’aura dorata, sospeso ad una spanna dal pavimento, in piena
concentrazione, gli occhi chiusi ermeticamente, come suo solito. L’espressione
impassibile.
Mi ritorna in mente venti anni or sono.
Il corpo minuto, i capelli lunghi, le
mani candide a coprirsi gli occhi chiari, per nascondere il pianto.
Rannicchiato per terra. Le spalle curve, piegate dal peso della carica che le
sue stelle avevano deciso di relegargli. La statua del Buddha alle sue spalle
con quella perenne espressione divertita, il sorriso sornione, lo sguardo
indecifrabile. La mano alzata dal grembo a mò di
saluto… che io, allora, seppi già interpretare a mò
di condanna. Non ricordo in che modo riuscii a intrufolarmi in quel posto per
lui tanto intimo, ricordo solo che lo vidi. Lo vidi a volto scoperto, con
unicamente quell’orribile statua a tenergli compagnia.
Lo vidi sollevare il volto ancora rigato di lacrime e guardarmi. Lo sguardo
troppo severo per un bambino, ma non spiccicò parola. Non so se fu per il modo
in cui lo guardai, completamente privo di riso e derisione, o il fatto che mi
convinsi, dentro di me, a non dirgli niente. Non gli chiesi né perché si
trovasse là, né perché stesse piangendo. Stetti solo a guardarlo finchè non sentii il maestro Shin
chiamarmi a gran voce, in lontananza. Lui sostenne il mio sguardo fino all’ultimo,
finchè non fui uscita dalla sua visuale.
Così com’è cambiata la mia adesso, ponendo fine ai ricordi e riprendendo a
guardare davvero davanti a me, rendendomi conto, solo in quel momento, che Shaka mi è davanti.
Il sari bianco a coprirgli il corpo pallido, i piedi nudi, le braccia distese
lungo i fianchi, i lunghi capelli biondi a coprirgli le spalle, gli occhi
aperti. Il suo volto non è più rigato dalle lacrime, come lo era allora. Anche
se riesco a scorgere uno sguardo mesto che, seppur lontanamente, mi ricorda tanto
quel bambino.
Restiamo in silenzio entrambi, a guardarci. Ed io non riesco ad avvertire il
minimo imbarazzo. Solo ora mi rendo conto che, seppur in modo diverso, abbiamo
finito col condividere lo stesso destino. Ma immagino che non avrei mai potuto
comprenderlo, se non avessi attraversato tutto questo, no?
Resto ancora poggiata allo stipite della porta che sta sostenendo il mio
peso da quando ho fatto ingresso in quella camera, le braccia incrociate sul
petto, lo sguardo basso, pensierosa.
Avevo quasi rimosso quel ricordo di tanti anni fa… e ora mi si è riaffacciato
prepotentemente alla mente. Così. Senza un apparente motivo. Non ricordo
nemmeno cosa esattamente mi abbia condotta alla sesta casa. Cosa mi abbia
convinta ad entrare. Cosa mi abbia convinta a sostare.
Lui continua a starmi davanti nella stessa posizione in cui l’ho descritto poc’anzi.
Gli occhi sempre aperti.
Nessuno dei due sembra voler infrangere il silenzio. Finchè
i suoi passi non si muovono verso la mia direzione, facendomi prestare
attenzione, curiosa.
Tutto a un tratto non voglio che se ne vada.
E riesco perfino a sorprendermi quando una mia mano va ad afferrargli un polso,
poco prima che lasci la camera.
Non riesco ad articolar frase o parola di senso compiuto, restando in silenzio,
mentre l’aria si riempie dei miei tentativi di esprimere qualcosa che non so
dove fosse rimasto nascosto, per tutto questo tempo.
Mi sono sempre costretta ad odiare Shaka perché mi
somigliava troppo. Nell’arroganza,
nella saccenza, negli occhi chiusi. Sì. Lui aveva le
palpebre a fargli da scudo. Io miriadi di scuse autorifilatemi
per comprendere la mia stessa origine. Crescevo sola in un ambiente di soli
maschi sotto le cure di un anziano e fingevo di non vedere.
Le bambine accompagnate dalle madri, tra le braccia dei padri. Ragazzine con
indosso adorabili vestiti colorati, i capelli raccolti in splendide
pettinature, le risate spensierate. Giovani donne accompagnate da giovani
uomini. Gli abiti bianchi, il riso lanciato, i pianti dei loro bambini.
Ed io a combattere perennemente contro il mio stesso status. Le unghie corte, i
pantaloni sfilacciati, i capelli raccolti grossolanamente, la fronte imperlata
di sudore, le mani chiuse a pugno a colpire volti di uomini. Allievi e non. Finchè il maestro Shin sorrideva,
mi dicevo, andava bene. Stavo andando bene.
Poi il maestro Shin aveva smesso di sorridere e, a
quanto pare, a causa mia. Gli abiti neri, il suo corpo rimesso in comunione con
la terra, i pianti di dolore.
Poi Mu e il suo amore puro, la sua incapacità nel saperlo riconoscere e gestire,
la sua protezione.
E Shaka. Ritrovato tra le pareti di un altro tempio
bianco, troppo bianco allora per un bambino solo e troppo bianco ora per un
adulto solo. Il portamento fiero, la risposta pronta, i suoi occhi aperti. Solo
per me.
Non so se Mu lo accetterebbe. So solo che sarei io stessa a non accettare di
perderlo, a causa mia.
E non so perché.
Così come non so come giustificare la mia presa sul suo polso, ora fattasi
ancor più salda. Non è giusto.
Ritraggo la mano lentamente, sentendo gli occhi pizzicarmi e avvertendo i suoi
continuare ad osservarmi. Aperti. L’espressione corrucciata, infastidita. Ferita. E confusa. Forse è questa
sensazione, ad infastidirlo di più.
Lo avverto osservarmi anche quando vado a sollevare entrambi i palmi delle
mani, a mò di scusa, sfuggendo il suo sguardo e
sentendo il volto venirmi ricoperto dalle lacrime, sebbene dalle mie labbra non
fuoriesca un singulto.
Che sto facendo?
Poi la sua mano, improvvisamente, rivolge il palmo verso l’alto, in un
chiaro gesto d’invito. Mi vergogno. Sono qui a frignare dalla persona che ha
confessato di amarmi e da cui sono fuggita per scappare da un’altra, a cui ho
confessato di amare. Sono riprorevole.
E lo sono ancora di più quando Shaka, con estrema
naturalezza, si avvicina a me, sollevandomi il viso e baciandomi. Con
naturalezza. Cingendomi la schiena con un braccio, delicatamente. Con
naturalezza. Approfondendo il bacio e prendendo a farlo come se lo facesse da
sempre. Con naturalezza. Mentre io resto ferma, senza allontanarlo. Con
naturalezza.
Finchè, dopo un ultimo bacio, non si allontana,
sbilanciandomi, e una mano va a cancellarmi via dal viso le ultime lacrime rimastemi,
allontanandosi subito dopo, non senza aver richiuso gli occhi, quando mi
rivolge le spalle, uscendo dalla sesta casa.
Decido di muovermi nel momento in cui sento mancarmi il fiato, considerando
che, non so come, sono entrata in apnea… prendendo a guardarmi intorno e a
convincermi che quello che ho sulle labbra non sia davvero il… sapore di Shaka.
Dev’essersi trattato di un sogno.
Non può essere.
Mi lascio cadere a terra, sulle ginocchia, sentendo Parvati
agitarsi dentro di me… preoccupata.
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Angolo dell’autrice…
Non dovreste sorprendervi di quest’aggiornamento, considerate le mie premesse
precedenti J
Forse dovreste farlo per altro (come immagino starete facendo…).
Io dichiaro omertà.
Reiko è venuta a bussare alla mia porta qualche notte
fa, sfondandola e afferrandomi per la collottola.
Sosteneva di esser stata trascurata troppo, così mi son premurata di
riprestarle più attenzioni del dovuto.
Ed è incredibile di quanto l’abbia trovata cambiata, la mia bambina.
Sebbene mica tanto… questa è solo una consapevolezza tramutatasi in reale. Punto.
Non ho nient’altro da aggiungere.
A parte le lacrime versate poco fa, sulla scaletta che mi ero preparata.
Ve lo dico: erano dieci capitoli. Poi ci avrei messo su un bel “the end” a
caratteri cubitali, e vi avrei lasciati stare.
E invece no.
Questi qui han preso vita propria. La trama, per quanto mi concerne, è
immutata. Ma altro che dieci capitoli. Ce ne vorrà il doppio, di questo passo -.-‘
Ringrazio sentitamente chi ha commentato lo scorso capitolo, chi l’ha letto,
chi leggendolo s’è riletto tutta la storia. Masochisti!
A presto.
HOPE87
ps: giusto per precisare… se notate qualche
differenza di forma dai capitoli precedenti… è dovuto al fatto che ho cambiato
il pc, installandoci su un recente pacchetto office. Non l’avessi mai fatto.
Quindi non pensate che sia dovuto, qualche cambiamento, a trascuratezza nei
confronti della forma. E’ che devo ancora capire PERCHE’ se evidenzio il titolo
cercando di centrarlo, non solo non ci riesco, ma mi vien fuori anche il
controllo vocale inglese…>__>
ci siamo capiti.