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Autore: HOPE87    19/11/2013    2 recensioni
Un cielo pieno di stelle... e la consapevolezza di non appartenere a nessuna di esse. Quanto luminosa può essere la strada di chi sa di dover brancolare nel buio totale?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Mu, Nuovo Personaggio, Un po' tutti, Virgo Shaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Past, present and future.

 

E’ l’alba. Il baluginio delle prime luci del mattino filtra dalla finestra spalancata della camera illuminandola lievemente, quasi non volesse disturbare. Ma sono già sveglia da un pezzo. Ammesso che questo aggettivo sia corretto, considerando che non ho chiuso occhio.
Sdraiata supina sul letto, il braccio di Mu mi avvolge ancora il corpo. Le nostre gambe incrociate tra le lenzuola scomposte. I nostri capelli giacciono sui cuscini, mischiati, quasi formassero un’unica, folta chioma.
Ne ho carezzato una sua ciocca per tutta la notte, perdendomi nella piacevole sensazione che lasciano i suoi capelli al tatto, sicura di non disturbarlo. Anche lui, come me, non ha affatto dormito, sebbene abbia tenuto gli occhi chiusi, mentre io sentivo ancora le sue parole rimbombarmi nella mente e le sue mani amare il mio corpo, anche dopo molto tempo che ci eravamo uniti.
Volto lentamente il capo, a guardarlo.
Se c’è una cosa… una soltanto, che non rimpianga affatto di tutta questa vicenda, è di essermi innamorata di lui. Anche se non è corretto. Credo proprio di essermi innamorata di lui tanto tempo fa… e di essermene resa conto solo recentemente. Per fortuna.
Non mi ha più chiesto di Ganesha. Né di Parvati. Ha accettato di rispettare il mio silenzio, dando sfogo alla sua frustrazione stanotte, prendendomi con decisione e amore a lungo… amandomi cose se fosse l’ultima volta che potesse farlo.
Ha capito.
Sento spostarmi una ciocca di capelli dal viso e la mia testa si volta a guardarlo un’altra volta. L’ennesima volta, quella notte.
     - E’ ora di alzarsi. – mi sussurra. E quasi potrei dire di avvertirlo più tranquillo adesso. Ma forse è solo rassegnazione.
     - Guastafeste… - gli rispondo, sorridendo e stiracchiandomi, lasciando andare uno sbadiglio che tengo subito a spegnere con una mano. – Sei più tranquillo. – decido di esprimere, voltandomi di nuovo a guardarlo.
     - Perché lo sei tu. E questo, sebbene non sia da me, m’influenza. – mi risponde con una certa logica, distogliendo poi lo sguardo dal mio e prendendo a guardare il soffitto, posizionandosi supinamente e conducendosi una mano dietro alla testa, mentre l’altra va a stringere la mia, distesa lungo il suo fianco.
     - E’ vero, sono tranquilla. Perché penso che, nonostante tutto, poteva andare molto peggio. – gli spiego, ascoltando il suo respiro farsi irregolare. – Potevamo correre il rischio di non incontrarci mai. - .
Sento
la sua mano stringere di più la mia, vedendo poco dopo i suoi occhi chiudersi, tentando di nascondere ciò che sta provando.
     - Ti amo, Mu… - gli sussurro ad un palmo dalle labbra, baciandogliele dolcemente, stendendomi su di lui per poggiare un orecchio al suo torace, mentre le sue braccia vanno a stringermi in modo protettivo.


Il cavaliere del toro sospira, nel vedermi arrivare.
     - Buongiorno. – gli auguro sorridendo, vedendo i suoi occhi guardarmi dalla testa ai piedi, per poi incrociare di nuovo i miei.
     - Buongiorno a te, amica mia. – mi risponde dopo un po’, chinando il capo a di saluto e sorridendomi a sua volta, seppur in modo piuttosto triste. – Pronta? – mi chiede poi, cambiando tono e sguardo, ora più determinato. Annuisco, sicura di me.
     - Forse non ci crederai. – mi decido a dirgli. – Ma non vedo l’ora che tutta questa storia finisca. In qualunque modo sia essa destinata a farlo. E, a proposito… - dico, avvicinandomi alla sua enorme stazza, con sua somma sorpresa, circondandogli l’ampio torace con le braccia. – Grazie… - .
Avverto
il suo cosmo incrinarsi e mi sbrigo a slacciarmi da lui.
Non sollevo lo sguardo verso il suo, lasciandogli così la possibilità di ricomporre lo stato d’animo per non sentirsi inadeguato come temo farebbe.
     - Ci vediamo più tardi per gli allenamenti… - lo saluto infine, sorpassando la sua casa per dirigermi alla Tredicesima, vedendolo con la coda dell’occhio portarsi una mano al volto come per scacciare qualcosa, scuotere la testa e rientrare nel tempio del toro.


Busso leggermente alla porta, sebbene questa sia aperta, vedendo Saori focalizzare l’attenzione allo specchio ovale di fronte a sé e nel quale si specchia la mia figura, mentre – da un angolo recondito dell’ampia camera – il maggiordomo scatta verso la mia direzione col proposito, probabilmente, di sbattermi fuori.
     - Puoi andare, Tatsumi. – lo liquida in fretta Saori, precedendolo, invitando lui ad accomodarsi fuori e me ad entrare, chiedendomi di chiudere la porta per garantirci più privacy.
     - Perdona l’ora. – mi scuso, avanzando verso la poltrona da lei indicatami per sedermi. Si alza, avvolta dai suoi onnipresenti strati di tulle e raggiunge un tavolo disposto accanto al balcone, su cui si trova una teiera che lei adopera per riempire due tazze.
     - Non ve n’è bisogno.- .
Viene a sedermisi di fronte, non prima di avermi offerto una delle due tazze che ha tra le mani, restando poi in silenzio, a sorseggiare il contenuto di quella che ha tra le mani.
     - Il cavaliere di aries ti è molto fedele, Athena. –.
La
vedo sollevare gli occhi, sorpresa, prendendo a guardarmi interdetta e curiosa allo stesso tempo.
     - Lo so. – mi risponde lei semplicemente, deponendo la tazza sul tavolo, portandosi le mani in grembo.
     - Non ti ha mai mancato di rispetto. Mai. Ti ha sempre difesa a spada tratta. E quando non ha avuto bisogno di farlo indossando l’armatura, lo ha fatto da uomo. Mu di Aries crede fermamente e indiscutibilmente nella tua figura. - .
Lei
annuisce. – Ho avuto modo di appurarlo più volte. Ripongo fiducia nella mia casta di guerrieri, ma in lui e in pochi altri la mia fiducia è massima. Perché mi stai dicendo questo, Reiko? - .
     - Per ricordartelo. Perché tu ricorda quanto i tuoi cavalieri ti siano fedeli, per poterlo essere anche tu con loro. La battaglia è alle porte, avranno bisogno di tutto il tuo sostegno. - .
     - Reiko- .
     - Non mi fido di Ganesha. Sebbene non abbia nulla che possa mettere in dubbio la sua versione, non mi fido. -.
E
’ allora che i suoi occhi si spalancano appena, aprendo bocca per prendere parola.
     - Parvati ieri mi ha parlato. E’ stata lei a chiedermi di fidarmi di lui, dicendomi che, se l’avessi fatto, forse l’esito dell’intera storia sarebbe stato diverso. Sì, sembra proprio che lei sappia come questa storia andrà a finire. E che del suo adorato figliolo non si fidi affatto. - .
     - Aspetta un attimo, Reiko. – si decide finalmente a dire la reincarnazione di Athena, dopo aver boccheggiato più e più volte. – Aiutami a comprendere. Parvati ti ha parlato e ti ha narrato anche dell’esito della missione che dovrai svolgere col dio Ganesha? Tutto questo, pur non fidandosi di quest’ultimo? - .
Scuoto
mestamente la testa, cercando di riordinare le idee, portandomi una mano davanti agli occhi.
     - No. Andiamo un attimo a ritroso. – inizio, sporgendomi col busto in avanti, per coinvolgerla di più, poggiando poi i gomiti sulle ginocchia e iniziare la conta. – In India, quando i cavalieri sono venuti a liberarmi, avevo detto a Ganesha di aspettarmi, fino a nuovo avviso. Non passano che pochi giorni e ce lo ritroviamo alle porte del Santuario. - .
Saori
ha gli occhi fissi su di me, non perdendosi nemmeno una battuta, attenta.
     - Mu corre a difendere la prima casa e rischia di essere attaccato perché… - tentenno, non sapendo se sbilanciarmi o meno, vedendo poco dopo Saori annuire, ad indicarmi che ha capito. – Perché? – le chiedo allora, lasciando che sia lei a completare la frase.
La vedo roteare gli occhi.
     - Credevo che la tua opinione nei miei riguardi fosse mutata, Reiko. -.
     - Scusa? – le chiedo allora, sollevando un sopracciglio, rendendo quella conversazione ancor più enigmatica di quanto già non lo fosse.
     - Ganesha ha riconosciuto il rapporto che lega il cavaliere dell’ariete alla reincarnazione della sua generatrice e, propenso a confondere continuamente la natura divina con la natura umana di quest’ultima, l’ha attaccato, considerandolo blasfemo. – mi risponde lei, gesticolando con una mano continuamente come a sottolineare di star pronunciando una litania, una cosa ovvia.

     - Va avanti. – m’incita poi, facendomi strabuzzare gli occhi.
     - Aspetta un attimo. – le dico, decidendo di andare a fondo. – Quale rapporto legherebbe il cavaliere dell’ariete alla reincarnazione della generatrice di Ganesha? – le faccio il verso, guardandola scettica… assumendo un’espressione da pesce lesso quando la vedo sorridere divertita e scuotere la testa, a di rimprovero.
     - Tu non hai mai smesso di considerarmi una sprovveduta, non è vero Reiko? - .

     - Il cavaliere dell’ariete, identificatosi in un carattere pacato, schivo, solitario da che ha iniziato a servirmi, soggetto a turbamenti di cosmo e materialmente presente alla prima casa e non in Jamir sebbene non sia mai stato lanciato uno stato d’urgenza vero e proprio. - .

     - avanti. – m’invita a fare ancora una volta, sorridendomi conciliante, palesemente soddisfatta dello smacco che è riuscita a darmi, anche se tenta di dissimularlo, ricomponendosi quando prendo a guardarla seriamente.
     - … Non t’infastidisce? – decido di chiederle infine, cercando di chiudere quella parentesi in modo soddisfacente. E lei sembra capire subito a cosa, esattamente, mi riferisca.
     - E’ ancora presente tra le mie fila guerriere, indossa l’armatura spettatagli e difende la prima casa, il santuario e me con la stessa devozione che l’ha contraddistinto dall’alba dei tempi. Perché dovrebbe? - .
Sospiro
profondamente, ritornando per un attimo con la schiena dritta. Sono veramente sorpresa.
     - Possiamo andare avanti, adesso? - .
Annuisco
, rifacendo il punto della situazione. La parentesi di Mu mi ha fatto dimenticare cosa stavo dicendo.
     - Dicevo: Ganesha. Prima che Parvati iniziasse a comunicare con me, l’ho sentita irata, nei confronti della sua progenie. In un primo momento l’ho attribuito al fatto che lui abbia tentato di darle degli ordini… sai… io ho cercato di convincere Mu a spostarsi – le spiego, per non farle perdere nessun passaggio. - Avendo capito che ce l’avesse con lui e non col tuo santuario, e Ganesha mi ha chiesto di spostarmi. E in modo perentorio. L’ho avvertita scombussolarsi e manifestare il suo cosmo, attaccandolo, ma successivamente mi ha chiesto di ascoltare cosa avesse da dirmi e di condurlo da te, affinchè anche tu potessi ascoltare cosa avesse da dire. - .
Il
volto di Saori è contratto in un’espressione concentrata, gli occhi ridotti quasi a due fessure.
     - Sembrerebbe che Parvati, al contrario di quanto si sia pensato, voglia il mio intervento… - conviene lei, facendo prendere forma anche alla mia convinzione. - … ma allora perché non dirtelo chiaramente? Perché lasciare che Ganesha ti porti con sé, se quest’ultimo non vuole intralci di alcun genere? – dà forma anche alle mie perplessità, facendomi scuotere la testa, affranta dal non saper dare una risposta a nessuna di queste domande.
     - Forse Ganesha la sta tradendo – ipotizza ancora, facendomi quasi pensare che mi stia leggendo nella mente. – Reiko, perché non ne hai parlato al synagein? – mi chiede, giustamente.
Inspiro profondamente.
     - La terra soccomberà di fronte a forze oscure – inizio a recitare, ricordandomi delle parole della divinità che ospito, sentendo un brivido percorrermi la schiena. – Athena verrà sconfitta. I tuoi amici moriranno. – gli occhi di Saori ora sono spalancati. – Hai idea di cosa avrebbero potuto provocare queste frasi alle orecchie dei ragazzi? Sapere di star combattendo qualcosa che comunque finirà con l’ucciderli… - scuoto la testa. – Non me la sono sentita. – le spiego, notando che la sua espressione sconcertata non è cambiata di una virgola, da quando ho espresso l’ultima di Parvati. – Saori? – la chiamo, vedendola, assente, chinare il capo… per poi risollevarlo con una luce diversa negli occhi ametista.
     - Io non so perché Parvati abbia deciso di essere tanto enigmatica in una situazione che sembra stare tanto a cuore anche a lei, considerando si sia reincarnata. Non so nemmeno che genere di accordo o meno la leghi a Ganesha. Se quest’ultimo la stia realmente tradendo. tantomeno se esista davvero la possibilità che Kalì si reincarni in un corpo differente dal tuo… ammesso che, a questo punto, sia davvero lei il nemico in tutta questa faccenda. – dice con fermezza, recuperando il suo tono altezzoso e fiero. – Ma se è davvero scritto nelle stelle che dovremo soccombere, lo faremo combattendo. - .
Dalla
prima volta che la conosco, desidererei davvero abbracciarla. Ma naturalmente mi contengo, sorridendole solo riconoscente e commossa dalle sue parole. Per un attimo ho temuto di aver sbagliato a rivelare a lei tutto questo… ma a quanto pare ho sbagliato nel credere il contrario.
     - Oltre me, chi altri sa tutto questo? – mi chiede lei, riferendosi, evidentemente, in maniera sottile alla persona di cui abbiamo parlato prima.
     - Nessuno. – scandisco, vedendola farsi pensierosa.
     - Hai un piano? – mi chiede allora lei, ancora una volta.
     - Non esattamente… però… - inizio col dire, fermandomi giusto n tempo per dare la precedenza ad una cosa più importante. – Saori, devi promettermi una cosa. - . Lei si fa nuovamente attenta, facendomi intendere di aver drizzato le orecchie. – Qualunque cosa accada, promettimi che fermerai Kalì. - .
I
suoi occhi quasi si addolciscono.
     - Qualunque. – tendo a sottolineare, vedendo la sua espressione farsi comprensiva e il suo sguardo determinato riemergere.
     - Te lo prometto. - .

 

     - Reiko! -.
Mi
volto, intravedendo l’intera schiera dei bronzes, fatta eccezione per Ikki, correre verso di me. A quanto pare si muovono in sincrono.
Buon per loro.
Mi sforzo di sorridere e di essere accondiscente, sebbene non mi senta di rispondere a nessuna domanda.
     - Buongiorno – li saluto mesta, sorridendo affabile, vedendoli annuire col capo, in risposta.
     - Pensavamo fossi già partita! – esclama Shun, facendo trasparire dal tono di voce un po’ di preoccupazione.
Lo immaginavo.
     - Sono riuscita a convincere il divin pargolo a rimandare la partenza di venti giorni. – rispondo senza mezzi termini, cercando d’imprimere un tono simil simpatico alla faccenda. Ma, come m’immaginavo, almeno due su quattro spalancano gli occhi – rispettivamente neri e azzurri – in un’espressione che a primo acchitto sembrerebbe scandalizzata. Ora non so se sia per il “pargolo” o per, comunque, la quasi imminente partenza.
     - Ma la minaccia di Kalì è alle porte! Pensavo avessi già mandato giù quello che c’era da mandare! - .
Calma
, Reiko. E’ allarmato. Come tutti.
     - Scusa. – mi precede sorprendentemente Seiya, abbassando il capo, sconsolato. – Ammetto di essere piuttosto in ansia. - .
Resto
a guardarlo per un po’, indecisa sul cosa dire. Ricordandomi tutt’a un tratto di un episodio raccontatomi da Mu.
     - Mi è stato raccontato di un certo Piè veloce e del suo gruppo di amici che si è precipitato ad aiutare Lady Saori in una situazione di estremo pericolo più volte. – inizio, inclinando la testa di lato e sorridendo, quando vedo Seiya sollevare la sua, guardandomi sorpreso. – Anch’io sono in ansia. Ma lo divento meno pensando che ci siate anche voi a sostenere Athena, a fronteggiare tutto questo. – mi faccio loro più vicina, poggiando le mani sulle spalle dei cavalieri a me più prossimi, Shun e Seiya. – Quando avrò bevuto quel sangue… - storco appena la bocca, pensando cosa mi aspetta. - …potrebbe accadere di tutto… non abbassate mai la guardia. E non esitate ad attaccare, se lo ritenete necessario. Chiaro? - .
Mi
annuiscono tutti, chi più chi meno.
Quanto vorrei avere anche solo un briciolo della fiducia che sta brucando nei loro occhi, in questo momento.



La casa della vergine non è mai stata tanto silenziosa, da quando sono qua.
I raggi del sole appena sorto s’infrangono sul bianco delle mura che la compongono, lasciando che la luce si rifletta, andando a colpire gli angoli più nascosti, dove la luce sembra davvero inarrivabile.
E’ in uno di quegli angoli che scorgo in meditazione Shaka.
E’ avvolto in un’aura dorata, sospeso ad una spanna dal pavimento, in piena concentrazione, gli occhi chiusi ermeticamente, come suo solito. L’espressione impassibile.
Mi ritorna in mente venti anni or sono.
Il corpo minuto, i capelli lunghi, le mani candide a coprirsi gli occhi chiari, per nascondere il pianto. Rannicchiato per terra. Le spalle curve, piegate dal peso della carica che le sue stelle avevano deciso di relegargli. La statua del Buddha alle sue spalle con quella perenne espressione divertita, il sorriso sornione, lo sguardo indecifrabile. La mano alzata dal grembo a di saluto… che io, allora, seppi già interpretare a di condanna. Non ricordo in che modo riuscii a intrufolarmi in quel posto per lui tanto intimo, ricordo solo che lo vidi. Lo vidi a volto scoperto, con unicamente quell’orribile statua a tenergli compagnia.
Lo vidi sollevare il volto ancora rigato di lacrime e guardarmi. Lo sguardo troppo severo per un bambino, ma non spiccicò parola. Non so se fu per il modo in cui lo guardai, completamente privo di riso e derisione, o il fatto che mi convinsi, dentro di me, a non dirgli niente. Non gli chiesi né perché si trovasse là, né perché stesse piangendo. Stetti solo a guardarlo finchè non sentii il maestro Shin chiamarmi a gran voce, in lontananza. Lui sostenne il mio sguardo fino all’ultimo, finchè non fui uscita dalla sua visuale.
Così com’è cambiata la mia adesso, ponendo fine ai ricordi e riprendendo a guardare davvero davanti a me, rendendomi conto, solo in quel momento, che Shaka mi è davanti.
Il sari bianco a coprirgli il corpo pallido, i piedi nudi, le braccia distese lungo i fianchi, i lunghi capelli biondi a coprirgli le spalle, gli occhi aperti. Il suo volto non è più rigato dalle lacrime, come lo era allora. Anche se riesco a scorgere uno sguardo mesto che, seppur lontanamente, mi ricorda tanto quel bambino.
Restiamo in silenzio entrambi, a guardarci. Ed io non riesco ad avvertire il minimo imbarazzo. Solo ora mi rendo conto che, seppur in modo diverso, abbiamo finito col condividere lo stesso destino. Ma immagino che non avrei mai potuto comprenderlo, se non avessi attraversato tutto questo, no?
Resto
ancora poggiata allo stipite della porta che sta sostenendo il mio peso da quando ho fatto ingresso in quella camera, le braccia incrociate sul petto, lo sguardo basso, pensierosa.
Avevo quasi rimosso quel ricordo di tanti anni fa… e ora mi si è riaffacciato prepotentemente alla mente. Così. Senza un apparente motivo. Non ricordo nemmeno cosa esattamente mi abbia condotta alla sesta casa. Cosa mi abbia convinta ad entrare. Cosa mi abbia convinta a sostare.
Lui continua a starmi davanti nella stessa posizione in cui l’ho descritto poc’anzi. Gli occhi sempre aperti.
Nessuno dei due sembra voler infrangere il silenzio. Finchè i suoi passi non si muovono verso la mia direzione, facendomi prestare attenzione, curiosa.
Tutto a un tratto non voglio che se ne vada.
E riesco perfino a sorprendermi quando una mia mano va ad afferrargli un polso, poco prima che lasci la camera.
Non riesco ad articolar frase o parola di senso compiuto, restando in silenzio, mentre l’aria si riempie dei miei tentativi di esprimere qualcosa che non so dove fosse rimasto nascosto, per tutto questo tempo.
Mi sono sempre costretta ad odiare Shaka perché mi somigliava troppo. Nell’arroganza, nella saccenza, negli occhi chiusi. Sì. Lui aveva le palpebre a fargli da scudo. Io miriadi di scuse autorifilatemi per comprendere la mia stessa origine. Crescevo sola in un ambiente di soli maschi sotto le cure di un anziano e fingevo di non vedere.
Le bambine accompagnate dalle madri, tra le braccia dei padri. Ragazzine con indosso adorabili vestiti colorati, i capelli raccolti in splendide pettinature, le risate spensierate. Giovani donne accompagnate da giovani uomini. Gli abiti bianchi, il riso lanciato, i pianti dei loro bambini.
Ed io a combattere perennemente contro il mio stesso status. Le unghie corte, i pantaloni sfilacciati, i capelli raccolti grossolanamente, la fronte imperlata di sudore, le mani chiuse a pugno a colpire volti di uomini. Allievi e non. Finchè il maestro Shin sorrideva, mi dicevo, andava bene. Stavo andando bene.
Poi il maestro Shin aveva smesso di sorridere e, a quanto pare, a causa mia. Gli abiti neri, il suo corpo rimesso in comunione con la terra, i pianti di dolore.
Poi Mu e il suo amore puro, la sua incapacità nel saperlo riconoscere e gestire, la sua protezione.
E Shaka. Ritrovato tra le pareti di un altro tempio bianco, troppo bianco allora per un bambino solo e troppo bianco ora per un adulto solo. Il portamento fiero, la risposta pronta, i suoi occhi aperti. Solo per me.
Non so se Mu lo accetterebbe. So solo che sarei io stessa a non accettare di perderlo, a causa mia.
E non so perché.
Così come non so come giustificare la mia presa sul suo polso, ora fattasi ancor più salda. Non è giusto.
Ritraggo la mano lentamente, sentendo gli occhi pizzicarmi e avvertendo i suoi continuare ad osservarmi. Aperti. L’espressione corrucciata, infastidita. Ferita. E confusa. Forse è questa sensazione, ad infastidirlo di più.
Lo avverto osservarmi anche quando vado a sollevare entrambi i palmi delle mani, a di scusa, sfuggendo il suo sguardo e sentendo il volto venirmi ricoperto dalle lacrime, sebbene dalle mie labbra non fuoriesca un singulto.
Che sto facendo?
Poi
la sua mano, improvvisamente, rivolge il palmo verso l’alto, in un chiaro gesto d’invito. Mi vergogno. Sono qui a frignare dalla persona che ha confessato di amarmi e da cui sono fuggita per scappare da un’altra, a cui ho confessato di amare. Sono riprorevole.
E lo sono ancora di più quando Shaka, con estrema naturalezza, si avvicina a me, sollevandomi il viso e baciandomi. Con naturalezza. Cingendomi la schiena con un braccio, delicatamente. Con naturalezza. Approfondendo il bacio e prendendo a farlo come se lo facesse da sempre. Con naturalezza. Mentre io resto ferma, senza allontanarlo. Con naturalezza.
Finchè, dopo un ultimo bacio, non si allontana, sbilanciandomi, e una mano va a cancellarmi via dal viso le ultime lacrime rimastemi, allontanandosi subito dopo, non senza aver richiuso gli occhi, quando mi rivolge le spalle, uscendo dalla sesta casa.
Decido di muovermi nel momento in cui sento mancarmi il fiato, considerando che, non so come, sono entrata in apnea… prendendo a guardarmi intorno e a convincermi che quello che ho sulle labbra non sia davvero il… sapore di Shaka.
Dev’essersi trattato di un sogno.
Non può essere.
Mi lascio cadere a terra, sulle ginocchia, sentendo Parvati agitarsi dentro di me… preoccupata.















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Angolo dell’autrice…

Non dovreste sorprendervi di quest’aggiornamento, considerate le mie premesse precedenti
J
Forse dovreste farlo per altro (come immagino starete facendo…).
Io dichiaro omertà.
Reiko è venuta a bussare alla mia porta qualche notte fa, sfondandola e afferrandomi per la collottola.
Sosteneva di esser stata trascurata troppo, così mi son premurata di riprestarle più attenzioni del dovuto.
Ed è incredibile di quanto l’abbia trovata cambiata, la mia bambina.
Sebbene mica tanto… questa è solo una consapevolezza tramutatasi in reale. Punto.
Non ho nient’altro da aggiungere.
A parte le lacrime versate poco fa, sulla scaletta che mi ero preparata.
Ve lo dico: erano dieci capitoli. Poi ci avrei messo su un bel “the end” a caratteri cubitali, e vi avrei lasciati stare.
E invece no.
Questi qui han preso vita propria. La trama, per quanto mi concerne, è immutata. Ma altro che dieci capitoli. Ce ne vorrà il doppio, di questo passo -.-

Ringrazio sentitamente chi ha commentato lo scorso capitolo, chi l’ha letto, chi leggendolo s’è riletto tutta la storia. Masochisti!

A
presto.

HOPE87

ps: giusto per precisare… se notate qualche differenza di forma dai capitoli precedenti… è dovuto al fatto che ho cambiato il pc, installandoci su un recente pacchetto office. Non l’avessi mai fatto. Quindi non pensate che sia dovuto, qualche cambiamento, a trascuratezza nei confronti della forma. E’ che devo ancora capire PERCHE’ se evidenzio il titolo cercando di centrarlo, non solo non ci riesco, ma mi vien fuori anche il controllo vocale inglese…>__>
ci siamo capiti.

   
 
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