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Autore: Tefnuth    19/11/2013    0 recensioni
Eos ed Alec sono due demoni sopravvissuti all'assassinio della loro famiglia da parte di un componente del loro clan. Per poter sopravvivere si nasconderanno tra gli umani che fanno parte di un'equipe scientifica. Ma il pericolo è dietro l'angolo e il rischio è alto non solo per loro ma anche per coloro che gli stanno attorno.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 ~~Il braccio di Keres presto si levò, la mano chiusa a pugno e arrivò il primo colpo dritto in faccia ma Eos non si piegò, rispetto a suo fratello riusciva a incassare molto meglio i colpi “Ero sicuro che mi sarei divertito con te” disse Keres mentre caricava il secondo colpo “Sei un sadico” sussurrò Eos poco prima che arrivasse anche il secondo colpo nello stesso punto, in modo che facesse più male. Nemmeno così si piegò, e dopo ogni pugno o calcio lo sguardo di Eos lo sfidava a fare ancora di più perché non era mai abbastanza, nonostante il corpo del ragazzo fosse ormai a contatto col pavimento freddo. Quando finalmente Keres fu soddisfatto del suo operato, costrinse Eos ad alzarsi e lo condusse per i sotterranei “Puoi anche coprirti la bocca, basta che resti in piedi io non ti tengo se svieni” gli disse ed aveva ragione di ammonirlo: quando iniziarono a scendere per le scale Eos iniziò a vedere sulle pareti delle macchie di sangue che diventavano sempre più grandi man mano che percorrevano la scalinata fino a diventare delle pozze coagulate sui gradini stessi e per di più l’aria si fece sempre più intrisa dell’odore ferroso e pungente del sangue quasi al limite della sopportazione, Eos arricciava il naso ad ogni respiro e fece di tutto per non vomitare. Quando arrivarono in fondo alla scalinata, l’aria era ormai insopportabile ed anche Keres dava segno di non gradire molto l’odore che gli entrava nel naso “Più avanti la situazione migliora” disse e, in effetti, aveva ragione: chi aveva scavato quel luogo aveva creato delle fenditure per far arrivare aria fresca così che entrambi poterono beneficiare di aria sempre pulita, anche se le pareti e il soffitto continuavano a essere sporchi di sangue. Continuarono a camminare finché non arrivarono a un cancello finemente lavorato, a Keres non servì una chiave per aprirlo gli bastò spingere con una mano; quando oltrepassò il cancello, Eos si accorse che erano arrivati in una grotta con le pareti alte, poco dopo vide che Cretos e Forco erano a poca distanza da loro e non erano soli. “Avete fatto quello che vi ho chiesto?” disse Keres ai due subalterni, loro non risposero e dopo essersi girati per un attimo scaraventarono Alec sotto l’unica luce disponibile nella grotta, aveva evidenti segni di percosse “Alec” gridò Eos ma Keres lo teneva fermo, saldo come una roccia “Stai indietro Eos - gridò Alec – è un sigillo” nemmeno incrociò il suo sguardo con quello del fratello che invece guardò i segni sopra cui Alec era posato, non gli ci volle molto per capire che il fratello aveva ragione “Lascialo andare, la faccenda è solo tra me e te” disse Eos a Keres “Sbagliato, lui è coinvolto quanto te” rispose Keres, poi fece un cenno con la testa e dal fondo della grotta si udì una litania nell’antica lingua che sembrava provenisse da una qualche entità invisibile. La nenia si fece sempre più forte, cantata da un coro di mille voci, poi il simbolo sotto Alec iniziò ad illuminarsi; il ragazzo capì che per lui non c’era più niente da fare così per evitare al fratello un’ulteriore sofferenza si posizionò meglio che poteva con la schiena dritta e lo sguardo fiero che poi rivolse al cielo da dove proveniva la luce; se doveva scomparire lo avrebbe fatto con la fierezza di cui erano capaci tutti i membri della sua famiglia e non avrebbe implorato nessuno per la sua libertà. Quando il sigillo fu del tutto attivato, per Alec fu come vivere un’esperienza extracorporea: tutto ciò che lo circondava, divenne più sfocato così come le voci dei sacerdoti che continuavano a cantare la formula; nonostante fosse fermo, si sentiva come trascinato verso il basso, il sigillo stava imprigionando la sua anima, ma non faceva alcun male. Pochi istanti ancora e tutto sarebbe finito; poco prima della fine, Alec girò la testa e guardò gli occhi disperati di Eos che inutilmente cercava di liberarsi dalla presa di Keres “Fino alla fine” sussurrò, poi alzò di nuovo lo sguardo al cielo e dopo un lampo di luce che riempì la grotta al posto del sigillo e di Alec comparve una colonna di pietra che arrivava fino al soffitto, ancora illuminata dalla luce che proveniva dall’esterno.

Eos rimase immobilizzato durante tutto il rito, per qualunque cosa facesse non riusciva liberarsi dalla presa di Keres eppure doveva farlo: suo fratello stava andando incontro alla morte, la sua anima sarebbe andata perduta per sempre. A ogni secondo che passava un pezzo di lui se ne andava e per Eos era come se la sua stessa anima se ne stesse andando con lui. Tendeva le mani ad Alec mentre lui teneva alto lo sguardo, fiero come lo era sempre stato, senza mai guardarlo negli occhi se non quando ormai era giunto per lui il momento di andarsene “Fino alla fine” gli disse e poi nulla.


Quando Keres lo lasciò andare, ormai era troppo tardi, lui non c’era più: al suo posto c’era ormai solo quella colonna di pietra ruvida che conteneva il suo corpo, ma la sua anima era lontana  “Non ridi più eh? Poverino sta per piangere” lo canzonò Forco, inconsapevole del pericolo che stava correndo “Chiudi quella bocca, avanzo di discarica” disse Eos, la disperazione era stata sopraffatta dalla rabbia che stava mandando l’adrenalina in circolo; Forco ne rimase quasi stupito, altri al posto del ragazzino si sarebbero arresi alla disperazione ed avrebbero invocato pietà. Nessuno dei presenti aveva ancora mosso un solo passo, forse aspettavano un segnale di Keres oppure volevano vedere Eos disperarsi, fatto sta che tra tutti solo Forco si avvicinò ma non appena fu abbastanza vicino la mano sinistra di Eos si staccò dalla colonna e scattò in avanti per andare a fare presa sulla gola del demone che poté solo inginocchiarsi, solo allora capì il suo errore: gli occhi di Eos erano intrisi di odio, la pupilla si era allargata fino al massimo quasi fino a far scomparire l’iride; i glifi sulla pelle, coperti dai vestiti, sembravano ora vene di lava; a Forco sembrò anche che Eos fosse più alto di quanto non fosse “La  curiosità uccide il gatto, nessuno te lo ha mai detto?” disse Eos, anche la sua voce era cambiata ed aveva assunto un tono che a Keres ricordava vagamente quello del padre dei due ragazzi “Lasciami andare, non lo faccio più” lagnò Forco, nonostante la sua natura era uno dei più codardi tra i subalterni di Keres ma le sue suppliche sembrarono non arrivare all’orecchio di Eos che, anzi, strinse la presa; adesso era vero che la sua altezza era aumentata, sembrava fosse cresciuto di qualche anno in pochi secondi  “Dunque è così” pensò Keres mentre lo osservava, ma pensò bene di ritirarsi nell’ombra mentre ancora Eos si divertiva con Forco, i suoi piani erano a lungo termine e non doveva rischiare di morire in quella notte.
Mentre Keres si allontanava, le grida di battaglia dei demoni che erano ancora nella caverna risuonavano per tutti i sotterranei. Lui stesso non si sarebbe mai aspettato una reazione simile da parte di Eos sebbene sapesse quale fosse la sua natura, era per questo che lo aveva incluso nei suoi piani. Non avrebbe mai dimenticato come il suo corpo fremeva mentre varcava la soglia della casa dove abitavano i due gemelli assieme alla famiglia; fu più facile del previsto, il capofamiglia, il nonno dei ragazzi, era vecchio ed era stato suo maestro d’arme quindi non c’era nulla di strano se l’allievo andava a trovare il precettore malato da qualche tempo. Iris, la madre di Eos e Alec, era intenta a pulire dalle interiora la preda catturata poco prima dal marito, Minos, che invece stava parlando assieme a lui. Dovette aspettare che anche i ragazzi rientrassero in casa verso sera perché potesse attuare il suo piano, anche se fu molto difficile perché ogni fibra muscolare fremeva per brandire l’ascia che portava alla cintura. Finalmente, ormai all’imbrunire, Eos ed Alec rientrarono in casa dalla loro esplorazione portando molte erbe medicinali ed aromatiche richieste loro dalla madre; fu quando loro sparirono dietro la tenda che separava il salottino dall’area cucina che senza battere ciglio prese l’ascia e con un colpo secco la piantò in testa all’anziano maestro, dovette faticare di più per riuscire ad uccidere Minos ma provò un enorme piacere nel vedere il suo sangue che fuoriusciva a fiotti dalla giugulare prima di infliggergli il colpo finale. Con Iris fu molto facile, anche se abile nella lotta era sempre stata di corporatura esile e non fece alcuna fatica a romperle il collo, l’ascia era rimasta nel torace di Minos, così come non faticò molto per prendere i due fratelli sotto braccio e portarli nelle segrete sorvegliati da Forco. Pensava che uno dei suoi sottoposti, uno tra quelli che riteneva i migliori, sarebbe bastato per tenerli d’occhio e invece non aveva considerato che con la loro parlantina avrebbero potuto facilmente confondere Forco e poi metterlo fuori combattimento; avrebbe passato un brutto quarto d’ora poco dopo. Per sua fortuna quando evasero era notte e poté utilizzare i segugi che, con il loro fiuto particolarmente fine, riuscirono immediatamente a ritrovare le orme dei due ed a riportarli indietro. Aveva appena posato il piede sul primo gradino della scala quando un odore intenso gli arrivò al naso, sangue fresco.


Intanto che Keres saliva le scale per tornare ai piani alti, nella grotta Eos lottava come se avesse il diavolo in corpo passando da un soldato all’altro ogni volta che uno di questi gli si lanciava addosso per cercare di fermarlo. La sua prima vittima era stata il sacerdote anziano, il primo ad intonare il canto del rituale cui sottrasse l’arma al primo assalto, una falce simbolo della sua posizione, e con quella stessa lama gli staccò di netto la testa lasciando che ricadesse al suolo e rotolasse lontano dal corpo, seguirono tutti gli altri che uccise passandoli a fil di lama oppure squarciandone la gola dopo averli fatti inginocchiare. Non riuscendo a ferirlo dal basso, alcuni pensarono di attaccarlo dall’alto senza fare i conti con la lunghezza della falce, gli bastò un colpo ben assestato per farli ricadere a terra. Sul suo viso e sul corpo il sangue dei nemici abbattuti che ancor prima di coagularsi veniva coperto da quello di un altro, poi non ci fu più alcun assalto e tutto si fermò. Quando finì, il terreno era ricoperto dei corpi dei demoni, i loro visi avevano ancora la bocca aperta a scoprire i denti in segno di minaccia; Eos non volle fermarsi di più e dopo aver fatto un saluto alla colonna  se ne andò, non senza portarsi dietro un piccolo souvenir. Qualcuno, nell’ombra, osservava.


Rallentava il passo ad ogni gradino che saliva, ormai era arrivato a metà della rampa e faceva sempre più fatica a sentire le grida che provenivano dalla grotta; in realtà stava solo aspettando perché voleva vedere chi ne fosse uscito indenne. Si fermò di nuovo quando non sentì più nulla, aspettò qualche istante e poi guardò di nuovo in basso alla base delle scale, c’era qualcuno. Keres non fece alcuna fatica a riconoscerlo: Eos, portava sulla spalla sinistra la falce del sacerdote anziano che si era fatto forgiare dall’artigiano migliore della zona e che era tenuta in equilibrio dalla mano corrispondente, nell’altra mano invece portava la testa del proprietario dell’arma con gli occhi ancora aperti per lo stupore. Si guardarono negli occhi intensamente, immobili come statue senza dire o fare nulla, solo Eos si mosse alzando semplicemente il braccio destro a mostrare meglio la testa. Nemmeno in quel momento disse nulla, ma il messaggio era chiaro “Il prossimo sei tu”. Subito dopo gettò la testa a terra e la infilzò con la falce ancorandola a terra con una forza tale che si creò una lunga crepa sul pavimento lastricato “Potresti diventare qualcuno se solo lo vorresti” gli disse Keres, la sua voce resa ancora più profonda dall’acustica del luogo “Mai” rispose semplicemente Eos “Ma non capisci quello che potresti avere?” “Nulla in confronto a quello che mi hai tolto” disse, poi tirò fuori un coltello e lo lanciò dritto alla testa di Keres che prontamente lo evitò, ma quando si girò non c’era più nessuno, era sparito “Bene, vattene pure. In fondo mi non sei così fondamentale, posso trovarne altri cento come te” disse Keres ad alta voce, sperando che lo avesse sentito. Da allora non ne seppe più niente.

 
  
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