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Autore: __Orange    19/11/2013    0 recensioni
–Ogni chitarra ha una sua storia. Ma non la racconto di certo a chiunque.- alzò un sopracciglio, con la sua solita faccia da schiaffi.
-Dio, ti conosco da due ore e già vorrei riempirti di schiaffi.-
Lui ridacchiò –Benvenuta in casa mia, piccola Gin.-
-Nostra, Edward. Volevi dire "nostra".-
Fece finta di non sentirmi-Chiamami Ed, piccola Gin. Quando diventerò famoso mi farò chiamare Ed Sheeran, vedrai. E tutti mi acclameranno.-
Ah, sì, certo. Come no, Ed SonoUnIdiota Sheeran. Già suonava bene.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cape of Good Hope.
 
La speranza , Marie, è un condimento indispensabile
al grigiore dei bisogni utili.
Boudu sauvé des eaux
 
 
Bartolomeo, per un cane, era un gran bel nome, diciamocelo. Questo nome, la prima volta che l’avevo sentito, era stato in terza elementare.
La mia maestra, la signora Smith, era la più simpatica tra tutte quelle che avevo mai avuto. “Bartolomeo Diaz – diceva –è stato l’esploratore che scoprì..che cosa scoprì, Ginevra?”
Mi aveva colta in flagrante mentre stavo guardando assorta fuori dalla finestra “Oh..- avevo cominciato, riscuotendomi -..credo abbia scoperto..l’Australia?”
Lei si mise a ridere “No, Gin. L’Australia la scoprì un certo James Cook, ma ci arriveremo. Lo sai che cosa scoprì il signor Bartolomeo Diaz? Il Capo di Buona Speranza.”
Buona Speranza. Mi aveva subito colpito quel nome.
La guardai confusa “La Buona Speranza ha un capo, signorina Smith?” le avevo chiesto.
Io, di capi, conoscevo solo quello di mia madre, un capo che la faceva lavorare giorno e notte e che lei malediceva sempre. I capi erano persone cattive, mi ero sempre detta.
Lei sorrise. “Certo che no, Ginevra. La Buona Speranza è senza capi. La Speranza è l’ultima a morire, e Bartolomeo lo sapeva bene. Bartolomeo ha sperato tanto di scoprire questa nuova terra e così l’ha chiamata Buona Speranza, perché non aveva mai smesso di crederci, che l’avrebbe trovata. Era uno fiducioso lui, era un ottimista. Quindi no, Ginevra, la speranza non può avere un capo, la speranza è di tutti ed è tutto ciò che ci rimane quando ci succedono le cose brutte, quelle che non vogliamo che ci succedano. Ma la cosa importante è che tutti noi, quando sembra che non ci sia nulla da fare, la usiamo, questa speranza!” mi aveva sorriso “E adesso, riprendiamo con i grandi esploratori: Cristoforo Colombo scoprì l’America nel..”
 
Bartolomeo, mi ero detta, tu sì che eri un figo. Chiamare un posto “Good Hope”. E’ meglio di dire Buona fortuna! Buona giornata! Buona Speranza.
Col tempo poi avevo scoperto che, in realtà, il nome gliel’aveva dato il Re del Portogallo, e nemmeno per le stesse motivazioni che ci aveva detto la maestra, ma ero così convinta di quello che ci aveva detto a otto anni che a poco a poco avevo distorto la storia dal mio punto di vista.
 
 
Me l’ero dimenticata, quasi, il signor Diaz, fino a quando, seduta sulla panchina di un parco, pochi giorni dopo il mio arrivo a Londra, avevo visto una giovane donna con in mano un cruciverba, che sbuffava. Io stavo portando a spasso Bartolomeo, che allora era chiamato solo come “Cane” o “Ehi tu”. La ragazza parlava a bassa voce, ma io la sentivo lo stesso.
-Scoprì il Capo di Buona Speranza..- era ferma su quella 16 orizzontale da cinque minuti. Poi sbuffò –Uffa, non è possibile, sono bloccata!-
Io  le sorrisi –Scusa, posso darti una mano? E’ Diaz, Bartolomeo Diaz.- le dissi, imbarazzata, cercando di non intromettermi troppo.
In quello stesso istante, il mio cagnolone saltò su e si avvicinò alla ragazza che mi guardava con un gran sorriso –Bartolomeo Diaz!- ripeté, dandosi una pacca in testa. Il cane, ancora, cominciò a saltarle sulle gambe, prima a lei, e poi a me. Io ridacchiai, guardando quel cucciolo che cercava di attirare l’attenzione, cosa che non aveva ancora fatto da giorni.
Bartolomeo. Eccolo il suo nome. Bartolomeo Diaz, l’uomo che aspettò e trovò la Buona Speranza. Senza un capo, e quindi senza un padrone, il mio Bartolomeo.
Risi, guardando il mio nuovo Bart mettersi a pancia in su per ricevere le coccole dalla ragazza seduta davanti a me. Lei lo accarezzò, e poi mi ringraziò.
-Grazie della dritta, ero bloccata su questo cruciverba da dieci minuti!- mi sorrise, rivelando il sorriso più dolce al mondo. –Per sdebitarmi ti offro..- cercò dentro la borsa a tracolla una merendina al cioccolato -..ti offro questa. Non ho altro. E a questo bel cane, un pezzo del mio panino, che dici, bello?- chiese, rivolto a Bart che era sempre davanti a lei, con occhi sognanti.
-Gli piaci.- le rivelai io, addentando la merendina con foga –E’ diffidente con le persone, l’ho trovato abbandonato una settimana fa..-
-Povero cucciolo..- si dispiacque lei, guardando quel goloso che si sbafava il panino. -Oh, che sbadata! Non ti ho nemmeno chiesto il tuo nome! Mi faccio aiutare con le parole crociate e non chiedo nemmeno le presentazioni!- mi disse, ironica.
Io risi –MI chiamo Ginevra, ma è un nome troppo da nobile. Pensa che il mio nome di battesimo sarebbe Genevieve- scossi la testa – Chiamami Gin.- le sorrisi io, porgendo la mano.
Lei arricciò il naso –non sei l’unica con il nome strambo. Piacere, Coralie, ma chiamami Coco, ti prego.-
 
 
***
 
 
-Non mi piace questo quartiere!- continuava a dire Coco da circa venti minuti –E’ brutto. E poi, guarda, più indietro ho visto persino un barbone!-
Il fatto che Coralie fosse iper protettiva non era solo un caso. Si era considerata la mia seconda mamma dal primo momento in cui mi aveva vista, perciò ogni cosa, se pur fantastica e calcolata nei minimi dettagli, non poteva non sfuggire alle critiche non proprio costruttive di Coco.
Scesi dalla macchina, davanti al palazzo dove dovevamo incontrarci con il mio nuovo coinquilino, lei non accennava a frenare la sua vena osservatrice.
-Guarda, lì sotto c’è una cartaccia! C’è gente proprio maleducata in questo quartiere!-
Greg e io ci guardammo, per poi alzare gli occhi al cielo e aprire le porte dell’ascensore.
Come se in giro per tutta Londra non ci fosse nemmeno una cartaccia.
-Anche l’ascensore, sembra uscito dal diciannovesimo secolo!-
Gregory ridacchiò e schiacciò il pulsante del secondo piano, permettendo all’ascensore di alzarsi con un rumore sordo. Scendemmo con la testa che pulsava da quello “strumento dell’inferno! Cadrà da un momento all’altro!” e ci dirigemmo verso l’unica porta di tutto il piano.
 
 
 
Non ho mai creduto ai colpi di fulmine. Nel senso, non avevo mai creduto alla classica “la prima impressione è quella che conta”. Non amavo classificare le persone a prima occhiata.
E infatti, anche in questo caso, quando ad aprirmi la porta fu un ragazzo con dei disordinati capelli ross..no aspetta. Quelli sono arancioni! Non è possibile!
Non avevo mai visto dei capelli arancioni. Anzi, sì, ma non valevano quelli dei punk per strada. A lui invece incorniciavano un viso tondo e un sorriso cordiale, ed era vestito con una felpa pesante grigia e un paio di pantaloni della tuta.
Se è la prima impressione quella che conta, quella che quel ragazzo mi aveva dato era quella di un tipo un po’ nerd, attaccato ai videogiochi, con pochi amici.
Mai prima impressione sarebbe stata più sbagliata.
 
-Ti sei fatto vedere presto, Greg!- sorrise lui dando la mano a Gregory che gli sorrideva di rimando.
-Te l’ho detto che eravamo in una situazione critica! Lei è Coralie, la mia fidanzata..- disse, presentando Coco che lo guardava in modo truce, cosa che non spaventò affatto il ragazzo
–Piacere, sono Ed.- le disse, porgendole la mano, che lei afferrò con un gesto stizzito e borbottando qualcosa che doveva suonare “Coralie, piacere”.
-Lei invece è Ginevra.- disse Greg, indicandomi.
-Gin.- lo corressi subito, avvicinandomi e porgendo la mano ad Edward.
Lui sorrise –Ed.- disse semplicemente.
Continuammo con il giro della casa.
-L’unica cosa che ti devo dire è che prima qui abitava un ragazzo che se n’è andato..le stanze da letto sono comunicanti, nel senso..- aprì una porta del corridoio –che tra il mio letto e il tuo c’è in pratica un separé, ma per il resto, tutta la camera è in comune. C’è qualche problema, per te?-
-Assolutamente n..-
-Sì che c’è un problema!- quasi urlò Coco, che, stranamente era stata zitta fino ad ora, senza risparmiarci però delle sue occhiatacce a tutto quello che c’era in casa.
Greg la tirò verso di lei –Coco, stai tranquilla, se a Gin va bene, va bene a tutti, giusto?- la guardò con fare eloquente.
Lei sbuffò per poi fare dietrofront verso la cucina, per ispezionare la presenza di droghe e qualsiasi arma nucleare di massa nel frigorifero, seguita a ruota da Greg che ormai era abituato alle sue uscite.
-Mi dispiace per Coco,- cercai di spiegare a Ed –fa un po’ da madre iperprotettiva con me, insiste sempre per accompagnarmi a vedere gli appartamenti dove vado a vivere per verificare che nessuno voglia uccidermi..però è un ragazza buonissima e gentilissima, non darà nessun fastidio..-
Ed rise –Tranquilla, ho capito il genere, mia sorella fa lo stesso con me.. quando sono venuto  a vivere qui ha controllato perfino il mobiletto del bagno del mio coinquilino..ah, a proposito di questo, quando saprà che arriverà una nuova coinquilina ti farà il terzo grado.-
Alzai le spalle –Nessun problema.-
Se potevo sopravvivere a Coco, potevo sopravvivere a tutto.
 
Gregory portò dalla macchina all’appartamento la mia roba, che consisteva in poco più di un borsone.
Edward evitò di dire qualsiasi cosa sulla quantità misera di indumenti/effetti personali che aveva appena trasportato Greg. Insomma, ricca non lo ero mai stata, questo era certo, ma il fatto di cambiare casa e lavoro continuamente non mi permetteva di guadagnare abbastanza per farmi un guardaroba da perfetta ragazza londinese ed abbandonare la faccia della ragazzina di periferia.
-Amore, dobbiamo andare..- cercò di dire Greg a Coco che continuava a ispezionare centimetro per centimetro la stanza. –Abbiamo un appuntamento, te lo ricordi?-
Lei sbuffò –D’accordo.- di si girò verso di me, con dito accusatore –Ma dopo ti chiamo!-
Misi le mani avanti –Non lo metto indubbio, figurati.-
Lei mi fissò, gli occhi ridotti a fessure –Sarà meglio.-
Terrorismo psicologico?
Ed represse una risata e accompagnò alla porta i miei due amici.
-Allora.- cominciò, sedendosi sulla poltrona davanti a me. –Dimmi cosa fai, chi sei, eccetera, perché solitamente non accetto serial killer in casa mia.-
Io sorrisi –Allora, non ti piacerà, te lo dico già. Al momento non ho un lavoro, ecco..-
Lui non sembrò stupito. –Ah, nemmeno io.-
-Come nemmeno tu? E allora come abbiamo intenzione di fare? Per pagare l’affitto, le spese..- chiesi, un attimo confusa.
-Tu non ti preoccupare di questo, poi ti spiego.- sorrise lui.
Ah, poi ti spiego. Rassicurante come Lord Voldemort che entra in camera mia con una pistola in mano “No, ma vai tranquilla, poi ti spiego.”
Deglutii –Allora, dicevo, mi chiamo Ginevra, ma chiamami Gin, il mio nome di battesimo è Genevieve, ma..-
Ed scoppiò in una fragorosa risata. –No, dai, Genevieve non è possibile! Non può essere un nome!-
Io lo guardai con l’istinto di ucciderlo. Ma chi si credeva di essere, lo conoscevo da circa un’ora e mezza e lui si permetteva di parlarmi in quel modo?
Gli tirai uno scappellotto sulla nuca.
-Ahi!- urlò lui, massaggiandosi la testa –L’avevo detto io che non  accettavo gente strana in casa mia!-
Io misi le mani sui fianchi, gonfiando le guance, come era la mia abituale posa da scocciata.
-Hai intenzione di ridere ancora per molto del mio nome o passiamo oltre? Non so, forse potrei cominciare a ridere dei tuoi capelli. Che prodotto usi per tingerli?-
Lui aprì la bocca, offeso, portando le mani sulla nuca –Non ti permettere di offendere i miei capelli! Sono tutti naturali!-
Sbuffai –Lo diceva anche Pamela Anderson sulle sue tette, sai..-
Lui si alzò, facendo il finto incazzato –Mi ferisci, Genevieve.-
-Mi cominci a stare abbastanza sulle cosiddette, Edward.-
Lui rise –“Le cosiddette”? Cos’è nel collegio dove ti hanno dato quel bel nome non ti facevano dire le parolacce, piccola principessa? Palle, maroni, coglioni..-
Lo guardai, gli occhi rivolti a fessure – Evito di dire parolacce, semplicemente. E comunque, sei simpatico come la sabbia in mezzo alle dita dei piedi. Ringrazia il fatto che non ho altro posto dove andare oppure ti avrei già..-
Lui ridacchiò –Dai, Gin. Vuoi un the?-
Ah ma credeva stessi scherzando?
-Guarda che non scherzo. Sono arrabbiata veramente!-
Lui rise, indicandomi –Sei davvero buffa, come ti metti quando ti arrabbi, intendo. Metti le mani sui fianchi e gonfi la faccia, poi ti sporgi in avanti. Sembri uno struzzo.-
Calmati, Gin, calmati.
Lui ridacchiò –Dai, scherzo, Gin!- mi si avvicino per darmi un buffetto sulla guancia –Sei buffa sul serio, che ci vuoi fare. Allora, lo vuoi questo the?-
Io mi sedetti sul divano, incrociando le braccia –Sì.- risposi, secca.
Lui se ne andò in cucina, ridendo –Genevieve..-
Oh, ma taci.
 
***
 
-Dobbiamo fare le presentazioni!- mi disse Edward, poco dopo che io avevo finito la mia tazza fumante.
Era simpatico, in fondo. In fondo. Forse. Ma neanche tanto.
Mi aveva chiesto di me e della mia vita a Londra, ma mi ero tenuta molto sul vago. Non avevo sicuramente intenzione di raccontare al primo che passava del mio passato.
Lui aveva detto di avere una sorella che stava a Londra, sposata e con un bambino, ma che i suoi genitori erano tornati in Irlanda dopo una vita passata in Inghilterra.
-Le presentazioni con chi, scusami?- chiesi, subito sulla difensiva.
Lui mi guidò, senza rispondermi, verso camera sua. Cioè nostra, insomma. Dalla sua parte di camera erano appoggiate al muro quattro chitarre.
-Ecco i miei ragazzi!- disse lui, quasi con le lacrime agli occhi.
Mi girai verso di lui –Ok. Sei pazzo. Condivido la stanza con un pazzo.-
Lui mi zittì –Ragazzi, lei è G..- lo fulminai, intuendo che stava per dire il nome che fino a poco prima aveva sbeffeggiato -…inevra, ma potete chiamarla Gin. Sapete, ha un altro nome, ma non riesco a dirlo senza smettere di ridere.-
-Oh, ma che simpatico.-
-Gin, loro sono  Felix , Cyril , Nigel e Lloyd.-
-Hai dato dei nomi alle tue chitarre?- chiesi, preoccupata.
Lui annuii, quasi con le lacrime agli occhi. Mi aspettavo quasi volesse lanciarsi ed abbracciarle tutte.
-E tutte le chitarre hanno un nome maschile.- chiesi di nuovo, quasi non ponendo domande, quasi parlando con me stessa.
-Esattamente.- rispose lui, come fosse la cosa più normale del mondo.
Mi rigirai di nuovo verso di lui –Che sei pazzo te l’ho già detto?-
Lui ridacchiò –Penso una decina di volte.-
-Ma perché hai quattro chitarre?- chiesi, curiosa –Insomma..che te ne fai?-
-Io sono un cantautore. Scrivo canzoni e suono..- mi spiegò, muovendo le mani facendo finta di scrivere e suonare, come fossi una menomata.
-So cos’è un cantautore, grazie. Ma come mai così tante, chiedo..-
Lui alzò le spalle –Ogni chitarra ha una sua storia. Ma non la racconto di certo a chiunque.- alzò un sopracciglio, con la sua solita faccia da schiaffi.
-Dio, ti conosco da due ore e già vorrei riempirti di schiaffi.-
Lui ridacchiò –Benvenuta in casa mia, piccola Gin.-
-Nostra, Edward. Nostra.-
-Chiamami Ed, piccola Gin. Quando diventerò famoso mi farò chiamare Ed Sheeran, vedrai. E tutti mi acclameranno.-
Ah, sì, certo. Come no, Ed SonoUnIdiota Sheeran. Già suonava bene.

 
 

 
Ciao a tutti <3
Volevo solo dire che ringrazio le due preferite del primo capitolo e le cinque seguite :) siete cuccioli cosììììììììììììììììììì!
Quello che mi preme dirvi è che i nomi dei personaggi non sono certamente a caso, sia chiaro. E questo ve lo spiego in quattro semplici mosse, olé!

GENEVIEVE: è, in pratica, la santa patrona di Parigi e si traduce con Genoveffa, in italiano. Genoveffa, si sa, è uno dei nomi più odiati, a causa delle sorellastre di Cenerentola e, comunque, non è poi così usato qui in Italia. Genevieve è un nome un po’ così, è certamente strano, ma è bello, in sé, e racchiude un significato più grande, in un personaggio come Gin.
GINEVRA, GIN: insomma, Ginevra. Città svizzera nel cantone francese, in francese appunto, Geneve.  Ginevra, la moglie di Artù, la regina traditrice,
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.
Galeotto fu quel libro. Galeotta è qualsiasi passione irrefrenabile.

CORALIE: Coralie deriva, ovviamente da corallo, caratteristico per il suo colore rosso. Insomma, in una storia dove c’è Ed come può mancare il colore rosso? Coralie è, ugualmente, un nome francese, ma questo solamente perché il francese dimostra la fragilità delle persone. Non ha vocali dure, ma, le persone fragili come Genevieve e Coralie hanno dei nomi che ricordano una certa fragilità. Coco è il nome di una mia amica francese, con cui mi sento a distanza via facebook (sia benedetto facebook, ciao Coco :) )
GREGORY: questo è il nome di uno dei miei migliori amici, che ho cercato di utilizzare un po’ qui, ma che ho stravolto, per il suo carattere. Lui è un po’ diverso dal Greg di questa storia, solo per il fatto che lui, all’anima gemella, non ci crede. E non è poi così tanto razionale come lo è il Greg della mia fantasia. Ma è cucciolo ugualmente.
ED: mai nome fu più bello di questo. Amen.
 
 
Oddio, è un compito arduo quello di scrivere senza storia in chiave “seria!" e io non sono certamente bravissima, però ci vorrei provare.
Sono la minchiona number one, ma non preoccupatevi tornerò presto con un nuovo progetto di cavolate :) se siete ovviamente interessati!
Dovrete pazientare perché questa università mi uccide e riesco ad aggiornare poco alla volta :( 

Un bacione e grazie a tutti di cuore :)

 
Anna
  
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